Il panorama politico statunitense degli ultimi anni è stato segnato da un intreccio complesso di eventi, figure e rivendicazioni che riflettono una profonda polarizzazione e una crisi di legittimità istituzionale. Tra gli aspetti più rilevanti emergono le contestazioni riguardanti le elezioni presidenziali del 2020, che hanno alimentato accuse di frode elettorale e di furto del voto, rilanciate soprattutto dal partito repubblicano e da figure di spicco come Sidney Powell e Donald Trump. Queste affermazioni, pur smentite da numerose verifiche e processi, hanno avuto un impatto destabilizzante sulla percezione pubblica e sulla fiducia nelle istituzioni democratiche, contribuendo a una serie di azioni legali, contestazioni parlamentari e tensioni sociali culminate nell’assalto al Campidoglio.

Le dinamiche interne al partito democratico mostrano invece un contrasto tra progressisti e moderati, con figure come Bernie Sanders e gruppi come “The Squad” che spingono per una riforma radicale, in opposizione a posizioni più centristi che cercano di mantenere un equilibrio politico. La questione del razzismo sistemico, dei diritti degli elettori e della giustizia sociale rimane al centro del dibattito, con Biden e la sua amministrazione impegnati a gestire sia le aspettative di cambiamento sia le resistenze interne ed esterne.

Gli scandali e i momenti di crisi politica non sono solo questioni di retorica o scontri verbali, ma coinvolgono istituzioni chiave come il Pentagono, il Dipartimento di Giustizia, e la Corte Suprema, che spesso si trovano al centro delle dispute. Ad esempio, le discussioni sull’invocazione del 25° emendamento, la gestione delle elezioni di revisione del Senato in Georgia e il ruolo di figure militari e politiche come il generale Milley mostrano come la politica americana si incroci con la sicurezza nazionale e la gestione delle crisi istituzionali.

Altro elemento cruciale è la gestione della pandemia e delle relative misure di emergenza, come il Public Readiness and Emergency Preparedness Act, che si intrecciano con le dinamiche di potere e le divisioni ideologiche. La pandemia ha accentuato le disuguaglianze sociali e sanitarie, alimentando ulteriormente le tensioni e le accuse reciproche tra fazioni politiche.

È fondamentale comprendere che queste vicende non sono episodi isolati ma riflettono una trasformazione più ampia della democrazia americana, segnata da un confronto acceso tra tradizione e innovazione, stabilità e cambiamento, legittimità e sfiducia. La complessità del sistema politico degli Stati Uniti si manifesta nel continuo bilanciamento tra rami del governo, partiti politici, media e società civile, con un impatto diretto sulla governance e sulla coesione nazionale.

Inoltre, la polarizzazione crescente e la diffusione di teorie cospirative come QAnon mostrano la difficoltà di mantenere un dibattito politico basato sui fatti e la verità, mettendo a rischio la stessa sopravvivenza del sistema democratico. È quindi importante considerare anche le implicazioni a lungo termine di queste crisi, come la necessità di rafforzare l’educazione civica, promuovere la trasparenza e sviluppare strumenti efficaci di dialogo e riconciliazione sociale.

Come affrontare una crisi sanitaria globale: le lezioni apprese dalla pandemia e la risposta del governo USA

Nel dicembre 2020, mentre il vaccino contro il COVID-19 veniva distribuito con una velocità senza precedenti, la sfida più grande per il governo degli Stati Uniti era la sua somministrazione a una quantità sufficiente di persone. Nonostante la rapida creazione e approvazione del vaccino, il suo impatto sarebbe stato limitato se non fosse stato somministrato in modo diffuso. Klain osservava con preoccupazione le prime vaccinazioni che iniziavano il 14 dicembre, con 3.913 operatori sanitari in prima linea che ricevevano la dose. Entro il 30 dicembre, 12,4 milioni di dosi erano state distribuite, ma il target iniziale di 20 milioni era ancora lontano. Il sistema di distribuzione, come molte altre infrastrutture, era carente, e la domanda fondamentale si poneva: sarebbe stato possibile risolvere il problema della distribuzione? Inoltre, come sarebbe stato possibile far ripartire un’economia in profonda crisi?

Il numero di americani che avevano perso il lavoro nel mese di dicembre ammontava a oltre 140.000, con i settori della ristorazione e dei bar che subivano licenziamenti massicci. Nonostante un inizio di recupero dell'economia a partire da maggio, la situazione era ora in forte deterioramento. La gestione della pandemia richiedeva scelte difficili e rapide, ma anche la capacità di separare la scienza dalla politica. Klain, come zar dell'Ebola nel 2014, aveva appreso che le epidemie richiedono una risposta tempestiva e adeguata, anche se ciò significava agire senza certezze immediate. La pandemia del COVID-19 era un incendio che, anche con solo pochi tizzoni accesi, avrebbe potuto riprendere vigore in qualsiasi momento. Il rischio era di agire troppo tardi, come accaduto in passato.

Un altro aspetto fondamentale emerso dai preparativi per affrontare la pandemia era la necessità di scalare le risorse in maniera massiccia e continua. Secondo Klain, occorreva acquistare tutto ciò che gli Stati Uniti avrebbero potuto necessitare, per evitare di trovarsi senza risorse nei momenti più critici. Inizialmente, gli Stati Uniti avevano sofferto carenze gravi di dispositivi di protezione, ventilatori e mascherine, fattori che avevano contribuito alla rapida diffusione del virus nei primi mesi della pandemia.

Biden, che aveva imparato dalle esperienze passate, era determinato a non ripetere gli errori del passato. Sebbene i vaccini fossero ormai disponibili, le difficoltà pratiche di somministrarli a milioni di persone richiedevano un piano ben strutturato. Il nuovo presidente designato, Joe Biden, durante il periodo di transizione, nominò Jeff Zients come responsabile della risposta federale al COVID-19. Non un medico, ma un esperto di gestione, Zients aveva avuto esperienze significative nella gestione delle crisi, come la ristrutturazione del sito Healthcare.gov sotto l'amministrazione Obama. La sua filosofia era semplice ma potente: fronteggiare i problemi con una pianificazione dettagliata, impegno delle risorse e la volontà di adattarsi continuamente. Il suo approccio, che gli aveva permesso di accumulare una fortuna personale, era ora applicato a una crisi sanitaria senza precedenti.

Zients e il suo team iniziarono subito a lavorare su una strategia nazionale di risposta al virus, con un piano che includeva 200 pagine di dettagli operativi. La cooperazione con l'amministrazione Trump fu scarsa, e le informazioni sul piano di distribuzione del vaccino erano insufficienti. Ben presto, Zients e Klain si resero conto che l'amministrazione precedente non aveva un piano chiaro e strutturato per la distribuzione dei vaccini. L'amministrazione Trump aveva contribuito allo sviluppo del vaccino, ma si era limitata a inviare le dosi ai singoli Stati, lasciando a loro il compito di gestire la distribuzione. Secondo Dr. Anthony Fauci, che sarebbe diventato il principale consigliere medico di Biden, questo approccio si era rivelato un fallimento, poiché ogni Stato aveva agito in modo autonomo senza coordinamento federale.

Nel pianificare la risposta al COVID-19, Zients suddivise il lavoro in tre ambiti principali: aumentare la produzione e la fornitura di vaccini, reclutare sufficiente personale per somministrare i vaccini, e acquisire i siti adatti per la vaccinazione. Il sistema sanitario era già sotto pressione, e l’efficacia della vaccinazione dipendeva dalla creazione di un’infrastruttura adeguata per la somministrazione su larga scala.

In questa fase, la FEMA (Federal Emergency Management Agency), sebbene fosse stata utilizzata in precedenza per altre emergenze, aveva un ruolo cruciale da giocare. Zients capì che l'agenzia poteva essere fondamentale nella gestione delle vaccinazioni su larga scala, e contattò Tim Manning, ex vice-amministratore della FEMA durante l'amministrazione Obama. Manning confermò che la FEMA sarebbe stata in grado di gestire e operare siti di vaccinazione di massa in tutto il Paese.

Tuttavia, la risposta del governo non si limitava alla distribuzione del vaccino. La legge sulla produzione in tempo di guerra, conosciuta come il Defense Production Act, avrebbe dato al presidente l’autorità di mobilitare la produzione e le risorse delle aziende private per accelerare la produzione di vaccini, dispositivi di protezione e ventilatori. Questo approccio mirato a “sovraccaricare” il problema, mobilitando tutte le risorse disponibili, sarebbe stato essenziale per affrontare la crisi sanitaria globale.

L'approccio della nuova amministrazione Biden era incentrato su un principio fondamentale: equità e giustizia. Non solo la distribuzione dei vaccini doveva essere rapida ed efficiente, ma doveva anche garantire che tutte le comunità, indipendentemente dal loro status socio-economico o razziale, avessero accesso al vaccino in modo equo. La risposta federale doveva essere affiancata da una stretta collaborazione con gli Stati e le autorità locali, che avrebbero avuto bisogno di supporto, risorse e guida operativa per affrontare la pandemia.