La relazione tra il deficit strutturale di bilancio di un governo e la crescita economica è cruciale per capire l'impatto della politica fiscale sulla crescita del prodotto interno lordo (PIL) di un paese. Secondo la regola di Domar, il rapporto tra il deficit strutturale sul PIL (SDGDP) e il tasso di crescita economica reale (gY#) offre una misura significativa per determinare come la politica fiscale contribuisca alla crescita economica. In particolare, l'analisi dei dati dal 2000 al 2018 evidenzia come la politica fiscale negli Stati Uniti abbia avuto un effetto sostanziale sulla crescita del PIL, con variazioni significative nelle componenti della politica fiscale, come la spesa federale, la spesa statale e locale, e i programmi fiscali e di benefici sociali.

Quando si considera il debito estero di un paese, un'analogia con la regola di Domar può essere utilizzata per calcolare l'indebitamento estero relativo al PIL, noto come FIGDP. In questo caso, il rapporto tra il deficit della bilancia dei pagamenti (CAGDP) e il tasso di crescita economica reale (gY#) diventa fondamentale. Superare soglie critiche di debito pubblico o di indebitamento estero rispetto al PIL potrebbe portare a un abbassamento del rating sovrano e a un aumento degli spread sui tassi di interesse reali. Questo concetto è di rilevanza particolare per economie avanzate come gli Stati Uniti e il Giappone, dove la gestione del debito pubblico e la sostenibilità delle finanze esterne sono temi centrali.

Un altro elemento chiave per comprendere la dinamica della crescita economica globale è la posizione commerciale internazionale di un paese. Ad esempio, le lamentele da parte delle autorità statunitensi riguardo ai surplus commerciali di molti paesi dell'Unione Europea, in particolare della Germania, mettono in evidenza una visione controversa delle relazioni commerciali globali. Sebbene i surplus commerciali possano apparire come vantaggiosi per alcuni paesi, la visione meccanica del deficit commerciale, come sottolineato dal presidente Donald Trump, non coglie completamente la complessità dei benefici derivanti dal commercio internazionale.

L'approccio protezionista adottato dagli Stati Uniti sotto la presidenza Trump, che ha incluso l'imposizione di dazi sull'acciaio e sull'alluminio, ha innescato una guerra commerciale globale che ha avuto impatti significativi sulle economie di tutto il mondo. Tuttavia, un'analisi più approfondita suggerisce che l'adozione di politiche protezionistiche potrebbe ridurre la competitività internazionale e ostacolare i benefici derivanti dalla globalizzazione. La globalizzazione ha spinto molti paesi verso un maggiore specialismo economico e un aumento della produttività, con vantaggi per tutte le nazioni coinvolte.

Inoltre, è essenziale comprendere la relazione tra il commercio internazionale e la creazione di posti di lavoro. L'idea che un miglioramento del bilancio commerciale possa portare a una creazione di posti di lavoro nel settore manifatturiero non tiene conto dell'evoluzione economica e della crescente importanza del settore dei servizi negli Stati Uniti. Infatti, i settori dei servizi hanno generato un numero crescente di posti di lavoro ben remunerati, compensando in parte la perdita di posti di lavoro nel manifatturiero. Nonostante ciò, la crescita stagnante dei salari per i lavoratori non qualificati negli Stati Uniti suggerisce che la globalizzazione ha avuto effetti disparati sul mercato del lavoro.

La politica fiscale espansiva negli Stati Uniti, che ha incluso tagli alle imposte e aumenti della spesa, ha cercato di stimolare la crescita economica, ma ha anche aumentato il deficit federale, contribuendo al dibattito sulle implicazioni a lungo termine di un debito pubblico crescente. La riduzione delle imposte, ad esempio, ha avuto un impatto significativo sul bilancio, mentre il protezionismo, seppur volto a migliorare la posizione commerciale, potrebbe minare la competitività globale degli Stati Uniti nel lungo periodo. L'approccio che Trump ha adottato nei confronti delle relazioni commerciali e fiscali si basa su una visione meccanica dell'economia, che non considera appieno gli effetti a lungo termine della globalizzazione e dell'integrazione economica.

La competitività internazionale di un paese è sempre più influenzata dalla sua capacità di adattarsi ai cambiamenti tecnologici e economici globali. La leadership degli Stati Uniti nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) è un esempio lampante di come l'innovazione possa portare a un vantaggio competitivo, ma anche a un aumento delle disuguaglianze economiche. L'espansione di questo settore ha generato ricchezze enormi per alcuni, ma ha anche contribuito all'accentuarsi delle disuguaglianze salariali, un fenomeno che merita attenzione.

Infine, l'analisi della posizione commerciale globale degli Stati Uniti, della Francia, della Germania, del Regno Unito e dell'Italia mostra una tendenza comune: il valore aggiunto domestico nelle esportazioni totali è diminuito nel tempo, riflettendo la crescente importanza dei prodotti intermedi. Questo fenomeno è legato alla globalizzazione economica e alla maggiore competitività internazionale, che a sua volta ha implicazioni per la politica commerciale di ciascun paese. Le tariffe imposte sugli importati potrebbero compromettere la competitività a lungo termine, danneggiando in particolare i settori che dipendono dall'importazione di beni intermedi.

Come il Protezionismo Influisce sul Reddito Pro Capite nel Lungo Periodo: Un Modello di Crescita in Economia Aperti

L'introduzione di tariffe sulle importazioni e l'espansione del protezionismo internazionale hanno un impatto significativo sulle economie globali, e in particolare sulle relazioni economiche transatlantiche. Quando si analizzano le dinamiche del commercio internazionale e le politiche tariffarie, si evidenziano effetti indiretti e diretti che influenzano le imprese, la produttività e, in ultima analisi, il benessere economico dei paesi coinvolti. Un caso esemplare di questo fenomeno è rappresentato dalle politiche commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina, le quali hanno visto un inasprimento delle tariffe doganali durante la presidenza Trump, ma gli effetti di tali politiche non si limitano a questi due paesi, ma si propagano attraverso il sistema economico globale.

Un aspetto fondamentale della teoria economica che cerca di spiegare questi effetti è il modello di crescita neoclassico modificato, il quale integra l’impatto dei dazi e degli investimenti diretti esteri (IDE). Questo approccio, che considera il commercio internazionale come un motore fondamentale per la crescita economica, suggerisce che l'intensità delle esportazioni e le tariffe d'importazione siano strettamente legate alla produttività, al risparmio e alla crescita del capitale, che, a loro volta, influenzano il reddito pro capite nel lungo periodo.

In un modello economico semplificato, il risparmio (S) è composto da due componenti: il risparmio domestico (S1), che è proporzionale al Prodotto Nazionale Lordo (PNL) reale, e il risparmio proveniente dalle filiali estere (S2), che è influenzato dai profitti derivanti dalle esportazioni. Tuttavia, quando viene introdotto un dazio doganale su prodotti importati da un paese straniero (t∗), i profitti delle filiali estere subiscono una contrazione, riducendo così sia i risparmi totali nel paese d'origine che quelli nelle economie ospitanti.

L’impatto di queste politiche è più complesso quando si introduce un tasso di crescita della conoscenza (A), che è determinato dalla proprietà straniera (α∗) del capitale e dal tasso di progresso tecnologico (a∗). In un modello modificato di crescita Schumpeteriana, l'aumento dei dazi sulle importazioni di un paese estero ha effetti distorsivi sul tasso di crescita del reddito pro capite, poiché riduce sia la crescita del capitale che l'intensità di capitale a lungo termine. In altre parole, l'introduzione di tariffe potrebbe ridurre significativamente la crescita economica nel lungo periodo.

Nel caso di un conflitto commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina, le tariffe applicate agli esportatori cinesi avranno inevitabilmente un effetto negativo sulla Cina stessa, poiché la sua intensità esportativa è maggiore di quella degli Stati Uniti e dell'area Euro. In particolare, l’imposizione di una tariffa del 25% su 250 miliardi di dollari di esportazioni cinesi avrà un impatto diretto sui prezzi dei beni cinesi, aumentando i costi per i consumatori e riducendo la competitività dei prodotti cinesi sui mercati internazionali. Di conseguenza, l'effetto indiretto di questa politica potrebbe essere una diminuzione della produttività e della crescita economica globale.

Nel contesto di un mondo globalizzato, gran parte del commercio internazionale riguarda il cosiddetto commercio intra-aziendale, cioè quello che avviene all'interno delle multinazionali. Le transazioni di tecnologia, in particolare, sono scambiate attraverso licenze incrociate, che permettono alle aziende di evitare comportamenti opportunistici da parte dei licenziatari. In questo scenario, i dazi sulle importazioni non riguardano solo i beni fisici, ma anche il flusso di tecnologie e know-how, il che implica che il protezionismo può ostacolare in modo significativo l'innovazione.

La protezione commerciale, pur promettendo di proteggere le economie interne da concorrenza esterna, può effettivamente rallentare la crescita economica. Il modello di crescita neoclassico aperto dimostra chiaramente che l'introduzione di dazi riduce la capacità di un paese di beneficiare delle efficienze economiche derivanti dal libero scambio. L'imposizione di dazi può ridurre l'intensità delle esportazioni e l'integrazione nelle catene di approvvigionamento globali, limitando la capacità delle imprese di sfruttare i vantaggi economici di un mercato mondiale più ampio.

Oltre agli effetti diretti delle tariffe sulle esportazioni e sui profitti delle filiali estere, bisogna considerare anche il loro impatto sull'innovazione. La protezione dei mercati interni potrebbe ridurre l'incentivo all'innovazione, poiché le imprese non sono costrette ad adattarsi a un ambiente competitivo internazionale. Inoltre, l'aumento dei dazi può danneggiare la cooperazione internazionale nel settore della ricerca e sviluppo, diminuendo la disponibilità di capitali per il progresso tecnologico.

Per una comprensione completa degli effetti del protezionismo sulla crescita economica, è essenziale esaminare il contesto in cui si sviluppano queste politiche, considerando il ruolo degli investimenti diretti esteri, delle tariffe doganali e dell'integrazione nelle catene globali del valore. Solo analizzando questi fattori si può avere una visione chiara su come il protezionismo possa influenzare la crescita economica e il benessere a lungo termine di un paese.