L'approccio diagnostico all'addome acuto è complesso e richiede una valutazione accurata tramite diverse modalità di imaging, che permettono di identificare le patologie che possono causare dolore addominale acuto. Le tecniche di imaging più comuni includono l’ecografia, la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM), ognuna con specifici vantaggi e limitazioni.

L'ecografia (US) è un esame fondamentale nella valutazione del quadrante superiore destro dell'addome, soprattutto per la sospetta patologia epatica o biliare. È anche utile per la rilevazione di liquido libero nella cavità peritoneale, così come per visualizzare gli annessi femminili. Tuttavia, l’ecografia presenta limitazioni significative in presenza di obesità o distensione intestinale. Nonostante queste limitazioni, l'ecografia è spesso la prima scelta diagnostica, soprattutto nei bambini e nelle donne in gravidanza, in quanto non implica l’uso di radiazioni ionizzanti.

La tomografia computerizzata (TC) dell’addome e del bacino è un esame più dettagliato che consente di rilevare una vasta gamma di malattie infiammatorie, ostruttive e vascolari. L'uso del contrasto endovenoso è fondamentale per caratterizzare l'infiammazione, la perfusione tissutale e l’integrità vascolare. In situazioni di emergenza, come nella valutazione dell’addome acuto, il contrasto orale può essere rinviato per migliorare l’efficienza diagnostica, senza compromettere significativamente la precisione del risultato. La TC è particolarmente utile per diagnosticare l’ostruzione intestinale e le complicanze correlate, e può essere seguita da una sfida con contrasto orale idrosolubile se necessario.

La risonanza magnetica (RM) è utilizzata soprattutto per la colangiopancreatografia (MRCP), un esame che consente di valutare la presenza di choledocholithiasis o colangite. In presenza di rischi intermedi o in caso di controindicazioni all'ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica), la RM rappresenta un’alternativa non irradiativa alla TC. È particolarmente indicata per le pazienti in gravidanza e per i bambini, sempre che siano disponibili risorse adeguate in radiologia pediatrica.

Se i risultati degli studi diagnostici non sono conclusivi, la chirurgia esplorativa è il passo successivo. Questo intervento è fondamentale quando la condizione del paziente peggiora nonostante una rianimazione aggressiva. La chirurgia esplorativa è giustificata anche quando una TC non rivela findings significativi, poiché è più sicuro intervenire chirurgicamente per non perdere una diagnosi urgente come l'appendicite o l’infarto intestinale.

Per quanto riguarda l’ulcera peptica perforata (PUD), la chirurgia è necessaria in caso di perforazione, con la chiusura mediante un patch omentale, soprattutto nei pazienti senza una storia precedente di PUD o nei pazienti emodinamicamente instabili. L’intervento definitivo è indicato nei pazienti stabili con una storia di PUD cronica, e la resezione dell’ulcera con margini adeguati deve essere effettuata per gli ulcere gastriche. Se durante la resezione viene trovato del carcinoma, sarà necessario un intervento definitivo, come la gastrectomia.

Nel caso di pancreatite acuta, la chirurgia è indicata nella fase precoce se si sviluppa la sindrome da compartimento addominale. In caso di pancreatite emorragica, solitamente causata da un pseudoaneurisma delle arterie spleniche o gastroduodenali, si ricorre alla embolizzazione angiografica prima di procedere a un intervento chirurgico aperto. La debridazione chirurgica della necrosi pancreatica, invece, viene generalmente rimandata per almeno quattro settimane per ridurre il rischio di mortalità dovuto all’infiammazione chirurgica in un paziente già gravemente compromesso.

Altri processi come l'infarto omentale e l’appendicite epiploica possono mimare una appendicite acuta, ma sono generalmente autolimitanti e rispondono a trattamenti conservativi. La diagnosi di queste condizioni viene effettuata principalmente tramite TC.

Infine, la gestione chirurgica di alcune patologie croniche come la malattia di Crohn deve preservare la lunghezza dell’intestino tenue. La plessatura della stenosi (strictureplasty) è una tecnica efficace per trattare le stenosi multiple, mantenendo la lunghezza intestinale, mentre la resezione è riservata a situazioni di complicazioni acute come perforazione, fistole o emorragie.

Oltre alle tecniche di imaging e alla chirurgia esplorativa, una gestione tempestiva e mirata è cruciale in casi di complicazioni addominali acute. La chiave è non trascurare i segnali di pericolo e non aspettare che i sintomi evolvano, ma intervenire in modo rapido e preciso, quando necessario.

Quali sono le sfide nella diagnosi e gestione dell'epatite autoimmune e delle sue varianti nei bambini e negli adulti?

La distinzione tra le varianti dell'epatite autoimmune (AIH) e le sindromi da overlap con colangite biliare primitiva (PBC) o colangite sclerosante primitiva (PSC) impone una precisione diagnostica che non tollera approssimazioni. Il fulcro diagnostico deve fondarsi sulla componente predominante della patologia presente, piuttosto che su criteri convenzionali destinati all’AIH pura. I sistemi di punteggio diagnostico dell’AIH non sono stati validati nei pazienti con PBC o PSC, e la loro applicazione in questi casi può essere fuorviante. L’estrema rarità della sovrapposizione tra PBC e PSC suggerisce che molte cosiddette sindromi di overlap rappresentino, in realtà, patologie classiche con elementi infiammatori aspecifici simili all’AIH.

Nei bambini, la diagnosi di AIH è particolarmente ostica. Spesso asintomatici, presentano marcatori sierologici deboli e manifestazioni cliniche sfumate. Qualsiasi titolo positivo di ANA, SMA o anti-LKM in un bambino assume valore patologico, ed è significativo che l’anti-LKM sia espresso con maggiore frequenza nei bambini rispetto agli adulti. L’analisi limitata a ANA e SMA può portare fuori strada, mentre nei bambini va mantenuto un basso soglia di sospetto per colangite sclerosante autoimmune, anche in assenza di malattia infiammatoria intestinale o di segni colestatici, rendendo spesso necessaria la colangiografia.

La presentazione clinica nei bambini differisce sensibilmente rispetto agli adulti. Circa due terzi dei casi pediatrici sono AIH-1, che tende a manifestarsi in adolescenza, mentre l’AIH-2 colpisce prevalentemente bambini più piccoli, anche in età neonatale. La prevalenza femminile, comune negli adulti, si conferma anche in età pediatrica. Tuttavia, l’insorgenza acuta è molto più comune nei bambini, presente in oltre il 60% dei casi, e la forma fulminante è più frequente nell’AIH-2, interessando fino al 25% dei pazienti. Sintomi lievi e aspecifici si riscontrano nel 40% dei bambini con AIH-1 e nel 25% con AIH-2. È da notare che i pazienti pediatrici con AIH, di tipo 1 o 2, mostrano frequentemente una carenza parziale del componente C4 del complemento HLA classe III, un difetto geneticamente determinato. Inoltre, l’AIH-2 può inserirsi nel quadro della sindrome da poliendocrinopatia autoimmune-candidiasi-distrofia ectodermica, presente nel 20–30% dei casi.

La forma autoimmune indotta da farmaci è