La varietà di strutture cristalline osservabili nei composti ossidici riflette non solo la diversità chimica degli elementi, ma anche la complessità dei legami e delle simmetrie spaziali che regolano l’organizzazione microscopica della materia solida. Tra queste strutture, alcune presentano un'importanza cruciale per via delle loro implicazioni nelle proprietà magnetiche, elettroniche e meccaniche dei materiali. Le strutture perovskitiche, gli spinelli e i silicati costituiscono tre esempi emblematici di tali sistemi.

La struttura della perovskite, denominata così dal minerale CaTiO₃, è rappresentata dalla formula generale ABX₃, dove A e B sono cationi metallici e X è solitamente ossigeno, ma può anche essere un alogeno o, in casi più rari, il boro. La cella unitaria della perovskite può essere visualizzata come un'estensione della struttura di ReO₃, in cui un atomo addizionale, spesso più grande (il catione A), occupa la posizione centrale del cubo (il centro del corpo). Questo atomo si coordina con gli 8 atomi B ai vertici e i 12 atomi X lungo gli spigoli della cella. Tuttavia, una descrizione alternativa ed estremamente utile dal punto di vista strutturale consiste nel considerare la perovskite come una rete di ottaedri [BO₆] connessi tra loro per mezzo dei vertici.

Questa flessibilità strutturale consente la formazione di numerose varianti e fasi distorte, capaci di ospitare elementi diversi mantenendo la topologia fondamentale. Esempi significativi includono SrTiO₃, BaSnO₃, SrZrO₃, che mostrano proprietà elettroniche e magnetiche notevoli, tra cui la superconduttività nei cuprati ad alta temperatura e i comportamenti delle fasi Ruddlesden–Popper. Inversioni cationiche all’interno della struttura portano alla formazione delle anti-perovskiti, in cui la distribuzione catione-anione è ribaltata: i siti A sono occupati da alogeni o elementi metallici grandi, i siti B da anioni o piccoli metalli, e i siti X da cationi come terre alcaline o rare. Queste strutture risultano interessanti per applicazioni emergenti, tra cui batterie allo stato solido, materiali luminescenti e sistemi a magnetoresistenza gigante. Alcuni esempi sono Na₃OCl, Li₃OBr e Ca₃NAs.

Un altro paradigma strutturale notevole è rappresentato dagli spinelli, che seguono la formula AB₂O₄, derivata dal minerale spinello (MgAl₂O₄). La struttura può essere descritta come un impacchettamento cubico compatto (ccp) di anioni ossigeno, in cui i cationi occupano selettivamente i siti tetraedrici e ottaedrici disponibili. Nel caso dello spinello normale, gli ioni A²⁺ si collocano nei siti tetraedrici, mentre i B³⁺ in quelli ottaedrici. Tuttavia, esiste anche lo spinello inverso, che si scrive più correttamente come B(AB)O₄: metà degli ioni B³⁺ si distribuiscono nei siti tetraedrici, mentre l’altra metà, insieme agli ioni A²⁺, occupa i siti ottaedrici. Questo schema complesso di distribuzione cationica influenza profondamente le proprietà magnetiche del materiale. Esempi significativi sono magnetite (Fe₃O₄), Fe(MgFe)O₄ e Fe(ZnFe)O₄.

Nella famiglia degli ossidi più complessi si inseriscono anche i silicati, la cui importanza geo

Come si valuta la sostenibilità dei materiali: Indici di monopolio, energia incorporata, exergetica e ciclo di vita

L’indice Herfindahl-Hirschman (HHI) rappresenta uno strumento economico essenziale per misurare il monopolio e la concentrazione nella disponibilità di elementi chimici, integrando variabili quali l’abbondanza nella crosta terrestre, la produzione globale, le riserve accessibili, l’uso corrente e le dinamiche geopolitiche. Un valore basso di HHI indica che un elemento è abbondante e facilmente accessibile nel contesto attuale, mentre valori elevati suggeriscono una maggiore scarsità e rischio di approvvigionamento. Interessante è il caso dello stagno (Sn), che pur essendo il 50° elemento per abbondanza nella crosta terrestre, mostra un HHI relativamente basso grazie alla sua maggiore accessibilità rispetto ad altri elementi più abbondanti ma meno disponibili politicamente o geograficamente. Questo indice si presta come primo filtro rapido nella valutazione di materiali per applicazioni tecnologiche, come nei dispositivi di visualizzazione, dove l’indice composizionale ponderato dell’ossido di indio-stagno (ITO) si colloca intorno a 1070, mentre il grafene, grazie alla disponibilità del carbonio, presenta un HHI più favorevole di circa 500. Tuttavia, l’HHI non fornisce indicazioni sulla sostenibilità della produzione, sottolineando la necessità di approcci multipli e integrati.

L’energia incorporata rappresenta un ulteriore indicatore chiave, definita come l’energia totale necessaria per trasformare materie prime in un prodotto finito, comprensiva di estrazione, trasporto e raffinazione. Questo parametro è strettamente correlato alle emissioni di gas serra equivalenti (CO2 eq) associate, e mostra chiaramente come materiali con processi produttivi ad alta intensità energetica, quali alluminio vergine o silicio monocristallino, comportino elevati impatti ambientali. Il confronto fra materiali più comuni, come il cemento o il vetro, con quelli ad alta tecnologia, evidenzia come anche prodotti con minore energia incorporata possano contribuire significativamente all’impatto globale se utilizzati in grandi quantità. Un aspetto cruciale riguarda il riciclo: il recupero energetico e materiale permette di sfruttare l’energia incorporata evitando perdite irreversibili, come avviene nel caso della combustione delle plastiche, dove quasi metà dell’energia incorporata va persa. I processi produttivi, in particolare quelli che implicano forni ad alta temperatura o metodi di deposizione chimica a vapore con bassa resa, incidono notevolmente sull’energia incorporata, suggerendo che la scelta delle tecnologie può fare la differenza nella sostenibilità complessiva.

Il concetto di exergetica, strettamente legato alla termodinamica, fornisce un’ulteriore dimensione nell’analisi della sostenibilità, definendo la massima quantità di lavoro utile ottenibile da un sistema o il minimo lavoro necessario per produrre un materiale da risorse naturali. A differenza dell’energia incorporata, l’exergia si basa su uno stato di riferimento più realistico, che considera i composti presenti in natura anziché gli elementi puri. Questo approccio permette di valutare quantitativamente il lavoro minimo termodinamico richiesto per la sintesi di un materiale, come dimostrato dal caso dell’alluminio prodotto dal sillimanite, la cui exergia elevata conferma la complessità e l’intensità energetica del processo di raffinazione. L’exergia offre quindi una guida teorica preziosa per identificare le vie più efficienti di produzione e per ridurre l’impatto energetico complessivo.

Il Life Cycle Assessment (LCA) rappresenta il metodo più completo e quantitativo per valutare la sostenibilità di un materiale o prodotto, considerando tutti gli impatti ambientali associati dalla produzione al fine vita. L’LCA richiede la definizione di un’unità funzionale, che può essere espressa in massa, volume, numero di dispositivi o durata d’uso, e delimita l’ambito dello studio in modo da includere tutte le fasi significative. Questo strumento è fondamentale per confrontare materiali alternativi o processi diversi, fornendo dati essenziali su consumi energetici, emissioni di gas serra e uso dell’acqua, supportando decisioni informate e strategie di sviluppo sostenibile.

Oltre agli aspetti quantitativi illustrati, è fondamentale considerare l’integrazione di vari fattori quali la geopolitica, la disponibilità a lungo termine delle risorse, la possibilità di sostituzione dei materiali, nonché le innovazioni tecnologiche che possono modificare radicalmente l’accessibilità e l’impatto ambientale. La sostenibilità non può essere ridotta a un unico indicatore, ma deve essere affrontata come un sistema complesso, che richiede una visione olistica e multidisciplinare per valutare e progettare materiali e processi che siano realmente compatibili con le esigenze ambientali e sociali attuali e future.