I cavernomi orbitali (OCH), noti anche come cavernomi orbitali, sono tra i tumori primari intra-orbitali più frequenti negli adulti. Questi tumori vascolari, che costituiscono circa il 17% di tutte le lesioni orbitali, sono il terzo tipo di tumore più comune dopo quelli linfatici (10%) e le sindromi infiammatorie orbitali (11%). Tra i tumori di origine vascolare, le malformazioni cavernose sono le più frequenti, seguite da linfangiomi, emangiomi capillari ed emangiopericitomi. Nonostante siano lesioni a basso flusso, i cavernomi orbitali sono generalmente caratterizzati da un andamento lento, e solo in rari casi si osservano emorragie o un aumento rapido della dimensione del tumore.
I cavernomi orbitali sono malformazioni venose a bassa pressione composte da un insieme di canali vascolari sinusoidi, rivestiti da un endotelio schiacciato e da una fibrosa avventizia priva di elastina e cellule muscolari lisce. La crescita di queste lesioni avviene lentamente, e la loro progressione è solitamente asintomatica, a meno che non si verifichino complicazioni come sanguinamenti o effetti massivi locali che possono comprimere i tessuti circostanti.
Il sintomo principale dei cavernomi orbitali è la proptosi assiale progressiva, che rappresenta un ingrossamento visibile del bulbo oculare, spesso indolore. Con la crescita del tumore, possono insorgere disturbi della visione, problemi nei movimenti oculari, diplopia (visioni doppie), dolore e segni oculari. La comparsa di questi sintomi generalmente indica l’ingrandimento del tumore o la presenza di un sanguinamento extra-lesionale. Tuttavia, in molti casi, i cavernomi orbitali sono scoperti casualmente, in quanto spesso non causano sintomi evidenti.
La gestione dei cavernomi orbitali si è evoluta nel tempo, con un crescente ricorso a trattamenti meno invasivi. In passato, la chirurgia era la principale opzione terapeutica, soprattutto in caso di proptosi disfigurante o di progressione dei sintomi visivi. Tuttavia, per lesioni asintomatiche o che presentano una crescita lenta, l'osservazione attiva o la radiosurgia stereotattica (come la radiochirurgia Gamma Knife) possono essere opzioni valide. Questi approcci non invasivi sono sempre più utilizzati grazie alla loro capacità di ridurre la necessità di interventi chirurgici tradizionali, che possono comportare rischi e complicazioni, tra cui infezioni, danni ai nervi oculomotori e perdita della visione.
La scelta della strategia terapeutica dipende dalla posizione del tumore nello spazio intracronale. Esistono diversi approcci chirurgici, come quello transcongiuntivale anteriore, l'approccio laterale alla orbitotomia, l'approccio endonasale endoscopico e l'approccio transcranico fronto-orbitale. La scelta dell'approccio dipende dalla localizzazione esatta del tumore e dalla necessità di garantire il massimo risultato terapeutico con il minimo danno ai tessuti circostanti.
La prevalenza di questi tumori è maggiore tra le donne, rappresentando il 60% dei casi, e recenti studi suggeriscono che gli ormoni femminili possano avere un ruolo nella patogenesi e nell'evoluzione clinica di queste lesioni. Sebbene i cavernomi orbitali siano generalmente unilaterali, si osserva una leggera predominanza della lesione nell'orbita sinistra. In termini di frequenza, il carcinoma cavernoso rappresenta il 36% delle malformazioni vascolari orbitali, seguito da linfangiomi (25%), emangiomi capillari (17%) e emangiopericitomi (4%).
Per quanto riguarda il rischio di sanguinamento, la frequenza di emorragie nei cavernomi orbitali è molto bassa rispetto ad altre malformazioni cavernose, come quelle cerebrali. Gli studi sulla storia naturale dei cavernomi orbitali hanno riportato tassi annuali di sanguinamento che vanno dallo 0,7% al 3,1%. I principali fattori di rischio per il sanguinamento sono il sesso femminile, episodi di sanguinamento precedente e la posizione anatomica del tumore.
Un'altra caratteristica importante di questi tumori è che tendono a rimanere asintomatici fino all’età adulta, manifestandosi generalmente tra i 40 e i 60 anni. Solo in rari casi, come nel caso della sindrome di Maffucci, i cavernomi orbitali possono essere osservati in età infantile, specialmente nei neonati con emangiomatosi diffusa.
Le opzioni terapeutiche si sono modificate nel corso degli anni, passando dalla chirurgia tradizionale alla radiochirurgia stereotattica, che offre il vantaggio di trattare le lesioni in modo non invasivo. La decisione finale su come trattare il cavernoma orbitale dipenderà non solo dalla localizzazione e dalle dimensioni del tumore, ma anche dai sintomi presentati dal paziente e dalla velocità di crescita del tumore stesso. La gestione conservativa con osservazione è un'opzione valida per tumori di dimensioni ridotte e che non causano sintomi significativi. Tuttavia, se i sintomi si intensificano o il tumore cresce, il trattamento chirurgico o la radiochirurgia potrebbero essere necessari.
Qual è il sistema VBAS® e come ha rivoluzionato l'approccio chirurgico ai ventricoli laterali e al terzo ventricolo?
L'approccio al terzo ventricolo è stato storicamente un campo di sfida per i neurochirurghi, richiedendo tecniche altamente sofisticate e precise. Con l'introduzione del sistema VBAS® (Viewsite™ Brain Access System), è stato possibile modificare radicalmente le modalità di intervento chirurgico, migliorando significativamente la sicurezza e l'efficacia delle procedure, in particolare per l'accesso ai ventricoli laterali e al terzo ventricolo. In questo contesto, l'integrazione della navigazione chirurgica, assieme a ricostruzioni tridimensionali e proiezioni basate su realtà aumentata, ha portato una nuova dimensione nella pianificazione e realizzazione di interventi neurochirurgici complessi.
L'utilizzo del sistema VBAS® ha dimostrato vantaggi significativi rispetto agli approcci tradizionali, come quelli transcallosali interemisferici. Un aspetto fondamentale è la possibilità di evitare la retrazione della superficie cerebrale mediale lontano dalla falce del cervello, prevenendo danni alle vene di drenaggio, alle arterie pericalloso e alla sezione del corpo calloso. Questo approccio riduce al minimo le lesioni al bianco del cervello lungo il percorso chirurgico, come documentato nelle immagini di risonanza magnetica post-operatorie. La possibilità di navigare attraverso il sistema portale VBAS® permette un accesso microscopico assistito che, grazie alla realtà aumentata, offre una visione microscopica migliorata, consentendo l'uso di strumenti chirurgici a due mani con microscopi a manico bayonetta. In questo modo, è possibile eseguire interventi in modo più preciso e meno invasivo.
Un altro vantaggio del sistema VBAS® riguarda la pianificazione pre-operatoria. L'integrazione di immagini f-MRI e DTI nella navigazione consente di valutare prima dell'intervento il punto di accesso più sicuro e il percorso ideale per l'operazione, minimizzando il rischio di danneggiare fibre sensitivo-motorie, aree del linguaggio e del percorso visivo. Ciò è particolarmente importante in chirurgia cerebrale, dove la preservazione della funzionalità neurologica è essenziale.
Per quanto riguarda l'accesso al terzo ventricolo, la chirurgia moderna si è evoluta rispetto agli approcci tradizionali sviluppati da pionieri come Walter Dandy nel 1933. Gli approcci oggi si distinguono principalmente in due categorie: anteriori e posteriori. Gli approcci anteriori al terzo ventricolo, come quello subfrontale e frontotemporale, sono tra i più comuni, ma l'introduzione della navigazione assistita e del sistema VBAS® ha permesso una precisione senza precedenti, soprattutto quando si opera su lesioni che coinvolgono aree difficili da raggiungere, come la regione del forame di Monro. L'approccio transcorticale è tra quelli preferiti, in quanto riduce al minimo la manipolazione delle strutture cerebrali e consente di entrare nel ventricolo in modo diretto, senza compromettere aree vitali del cervello.
Anche se la chirurgia del terzo ventricolo è intrinsecamente complessa, l'adozione del sistema VBAS® ha cambiato il panorama, riducendo significativamente i rischi di danni a strutture delicate come il corpo calloso, il fornice e altre aree limbiche. In passato, l'approccio transcallosale era il metodo principale per accedere al terzo ventricolo, ma con il sistema VBAS® è stato possibile ridurre al minimo la necessità di tecniche così invasive.
In aggiunta, la gestione della hydrocephalus massiva è stata migliorata grazie alla possibilità di fenestrare il setto in modo preciso, evitando complicazioni come l'effetto di pressione sul ventricolo controlaterale. Questa tecnica consente una gestione più efficace del liquido cerebrospinale, contribuendo a migliorare il recupero post-operatorio.
Tuttavia, nonostante i vantaggi offerti dalla tecnologia moderna, l'approccio chirurgico al terzo ventricolo richiede sempre una preparazione meticolosa e una valutazione approfondita del rischio di danni alle strutture cerebrali circostanti, in particolare per quanto riguarda il fornice, il cingolo e il corpo calloso. La presenza di tumori o altre lesioni nei ventricoli laterali e nel terzo ventricolo impone una valutazione accurata della posizione e della natura delle masse, poiché le lesioni più rigide richiedono manipolazioni più delicate per evitare danni alle strutture periventricolari.
La tecnologia del sistema VBAS®, integrata con la navigazione chirurgica avanzata, ha senza dubbio migliorato l'approccio ai ventricoli laterali e al terzo ventricolo, ma è importante che i neurochirurghi continuino a rimanere vigili e preparati a rispondere alle sfide che ogni intervento comporta, anche con gli strumenti più avanzati. In particolare, il monitoraggio costante delle funzioni neurologiche durante l'intervento e la capacità di adattarsi rapidamente a situazioni impreviste rimangono aspetti fondamentali della chirurgia cerebrale.
Come si esegue il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio nelle chirurgie cerebrali e spinali?
Il monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio (IONM) rappresenta oggi una tecnica essenziale per la tutela delle funzioni neurologiche durante interventi chirurgici complessi su cervello, tronco encefalico e midollo spinale. La stimolazione elettrica diretta della corteccia, sottocorteccia e delle radici nervose, unita all’analisi continua delle risposte motorie ed evocati somatosensoriali, permette di identificare in tempo reale strutture eloquenti e di minimizzare il rischio di danno funzionale permanente.
Nel campo della chirurgia cerebrale, la stimolazione della corteccia temporo-occipitale basale induce risposte visive di varia complessità, dal semplice al complesso, con correlazioni che identificano le diverse aree visive: primaria, secondaria e di associazione. Durante la craniotomia in pazienti svegli, la valutazione del campo visivo mediante perimetria statica o cinetica consente di monitorare la funzionalità retinica e di individuare eventuali deficit omonimi provocati dalla stimolazione simultanea bilaterale. In presenza di lesioni adiacenti a zone critiche per il linguaggio, come la scissura di Silvio, la stimolazione elettrica corticale consente l’interruzione temporanea delle funzioni linguistiche, permettendo così la mappatura precisa delle aree da preservare.
Le tecniche di stimolazione si articolano in impulsi biphasici a frequenze attorno ai 60 Hz, con intensità crescenti che partono da 1 mA fino a 4-5 mA, valori oltre i quali si osservano interferenze sulle funzioni neurologiche monitorate. Le metodiche di registrazione utilizzano elettrodi a strip per la stimolazione corticale diretta e la registrazione continua dei potenziali evocati, tra cui SEP (potenziali evocati somatosensoriali) e MEP (potenziali evocati motori) derivati da stimolazione transcranica e periferica.
Nel territorio infratentoriale, la sorveglianza funzionale del tronco encefalico e dei nervi cranici si basa su metodiche integrate, quali BAEP (potenziali evocati uditivi del tronco), SEP e MEP corticobulbari, oltre alla registrazione EMG libera dai muscoli innervati dai nervi cranici a rischio. Questi strumenti consentono di prevenire lesioni dovute a manipolazioni meccaniche, termiche o metaboliche. La stimolazione elettrica diretta dei nuclei cranici è indispensabile nelle rimozioni chirurgiche di lesioni a livello del pavimento del IV ventricolo, assicurando la massima preservazione delle funzioni motorie e sensitive.
La chirurgia del midollo spinale beneficia largamente dell’IONM, che offre una valutazione in tempo reale dell’integrità dei tratti motori e sensitivi. In particolare, le resezioni di tumori intramidollari sono favorite dall’individuazione precisa dei confini anatomici funzionali, spesso indistinti, mediante stimolazione e registrazione continua. L’uso combinato di SEP e tcMEP (potenziali evocati motori transcranici) permette di rilevare tempestivamente segni di compromissione neurologica anche in assenza di evidenti alterazioni anatomiche visive.
Nel contesto della chirurgia del cono midollare e della cauda equina, la mappatura neurofisiologica permette di distinguere le radici nervose motorie da quelle sensitive, essenziali da preservare per mantenere l’integrità funzionale. Le tecniche includono registrazioni anterograde e retrograde dei potenziali evocati, stimolazioni delle radici dorsali e controllo continuo con MEP e riflessi bulbocavernosi (BCR), garantendo un feedback immediato sullo stato funzionale delle strutture nervose coinvolte. L’EMG libero, infine, consente di individuare rapidamente eventuali danni in corso alle radici o ai nervi, migliorando così la sicurezza chirurgica.
L’IONM non si limita alla semplice mappatura anatomica, ma rappresenta uno strumento dinamico che accompagna il chirurgo lungo tutto il percorso operatorio, dalla fase di induzione anestesiologica fino alla chiusura della ferita. Questo monitoraggio continuo riduce significativamente l’incidenza di deficit neurologici postoperatori e migliora gli esiti funzionali complessivi.
Va considerato che la complessità delle funzioni neurologiche e la variabilità anatomica individuale rendono indispensabile un approccio multidisciplinare, con neurofisiologi, neurochirurghi e anestesisti che collaborano strettamente. La corretta interpretazione dei segnali neurofisiologici, unita a una conoscenza approfondita delle vie nervose e delle possibili risposte alla stimolazione elettrica, è fondamentale per sfruttare appieno le potenzialità dell’IONM. Inoltre, la scelta delle tecniche di monitoraggio deve essere personalizzata in base alla sede della lesione, al tipo di intervento e allo stato clinico del paziente.
È altresì importante comprendere che il successo del monitoraggio intraoperatorio dipende dalla qualità della registrazione dei segnali, dalla stabilità anestesiologica, e dalla collaborazione attiva del paziente nei casi di chirurgia awake. La capacità di adattare in tempo reale le strategie chirurgiche in base ai dati neurofisiologici consente di evitare lesioni irreversibili e di preservare la qualità di vita postoperatoria.
Come affrontare il trattamento del meningioma del tubercolo sellae: approcci chirurgici e radioschirurgia
Il trattamento del meningioma del tubercolo sellae (TSM) presenta una serie di sfide uniche, in particolare a causa della posizione anatomica del tumore, che si trova vicino a strutture vitali come il nervo ottico e la ghiandola pituitaria. La gestione di questi tumori richiede un approccio chirurgico meticoloso, spesso combinato con tecniche adiuvanti come la radioschirurgia, per garantire i migliori risultati possibili.
Un approccio chirurgico efficace è fondamentale per il trattamento dei TSM. L'approccio transcranico (TCA), in particolare, è stato utilizzato con successo per rimuovere completamente il tumore in molti casi. L'adozione dell'approccio cranio-orbitale (CO) e la decompressione del nervo ottico, sia extradurale che intradurale, sono state comuni. Questi approcci consentono un'esposizione adeguata del tumore, riducendo al minimo i danni ai nervi circostanti e alle strutture vitali. I tassi di resezione totale (GTR) variano tra il 43% e il 100%, con un miglior esito osservato nei casi trattati con TCA rispetto agli approcci endonasali estesi (EEA). Nei casi in cui non è possibile ottenere una resezione totale, vengono prescritte terapie adiuvanti come la radioschirurgia.
La radioschirurgia è particolarmente utile nei casi di resezione subtotale, in cui il tumore residuo può continuare a crescere nel tempo. Gli studi dimostrano che l'uso precoce della radioschirurgia, subito dopo l'identificazione di un residuo tumorale su risonanza magnetica (RM), può migliorare il controllo del tumore e ridurre i tassi di progressione. Inoltre, la moderna pianificazione della radioschirurgia consente di mirare con precisione alle lesioni cerebrali, limitando al minimo il danno ai percorsi ottici e ad altre strutture circostanti. La combinazione di chirurgia e radioschirurgia ha dimostrato di portare a tassi di sopravvivenza senza progressione del tumore significativamente migliori rispetto all'uso di una sola modalità di trattamento.
Il monitoraggio post-operatorio è essenziale per garantire che i pazienti siano correttamente seguiti dopo l'intervento. Gli esami RM post-operatori sono solitamente effettuati tra i 3 e i 6 mesi, con follow-up annuali successivi. È fondamentale eseguire una valutazione endocrinologica completa, che includa il monitoraggio dell'assunzione di liquidi, la produzione urinaria e la misurazione della gravità specifica dell'urina nei primi giorni post-operatori, per rilevare eventuali anomalie nel sistema ipotalamo-ipofisario posteriore. In particolare, se non viene somministrata una copertura steroidea durante il periodo peri-operatorio, è cruciale prestare attenzione ai potenziali difetti ormonali, che si verificano in una percentuale significativa di pazienti.
L'esperienza clinica e la letteratura suggeriscono che, nonostante i progressi nei trattamenti, la recidiva del tumore rimane un rischio, con tassi di recidiva che vanno dal 3% al 42%, a seconda della tecnica chirurgica utilizzata e della durata del follow-up. Nella nostra esperienza, tuttavia, il tasso di recidiva nei pazienti con resezione totale è relativamente basso. È fondamentale che i pazienti siano monitorati regolarmente nel lungo periodo, in particolare per identificare eventuali segni di progressione del tumore o di sviluppo di nuovi difetti ormonali.
Oltre alla resezione del tumore, il trattamento del meningioma del tubercolo sellae implica una gestione attenta dei difetti visivi e ormonali. La disfunzione visiva è un sintomo comune in molti pazienti con TSM, e la funzione visiva dovrebbe essere monitorata attentamente durante il follow-up post-operatorio. In alcuni casi, i pazienti possono sviluppare una perdita permanente della vista, in particolare se il nervo ottico è stato danneggiato durante l'intervento. Allo stesso modo, i difetti ormonali, come l'insufficienza pituitaria anteriore, sono comuni dopo la resezione del tumore e richiedono una terapia ormonale sostitutiva. Questi aspetti sono cruciali per garantire la qualità della vita del paziente dopo il trattamento chirurgico.
Infine, la decisione di adottare una strategia combinata che includa chirurgia e radioschirurgia dipende dalle caratteristiche specifiche del tumore e dalle condizioni cliniche del paziente. La personalizzazione del trattamento, tenendo conto delle dimensioni del tumore, della sua posizione, e delle condizioni generali del paziente, è essenziale per massimizzare i benefici terapeutici e ridurre i rischi di complicazioni.
Come i Meningiomi Petrociclivici e Clivali Influiscono sul Trattamento Chirurgico e sul Risultato Clinico
I meningiomi petrociclivici e clivali rappresentano un gruppo complesso di tumori del sistema nervoso centrale, spesso caratterizzati da una localizzazione difficile e da una vicinanza a strutture neurovascolari critiche, tra cui i nervi cranici, il tronco encefalico e il seno cavernoso. La loro gestione terapeutica richiede una valutazione precisa della posizione tumorale, della sua relazione con le strutture circostanti e una pianificazione chirurgica altamente specializzata. La classificazione basata sulla localizzazione tumorale, come quella che distingue i meningiomi petrociclivici (PCM), i meningiomi dell'apice petroso (PAM) e i meningiomi clivali (PPM), si è rivelata uno strumento utile nel prevedere gli esiti clinici e le difficoltà chirurgiche. I risultati delle serie chirurgiche più rilevanti confermano che i meningiomi petrociclivici, purtroppo, continuano a essere tra i più difficili da trattare.
Studi recenti hanno mostrato che le difficoltà chirurgiche associate ai meningiomi petrociclivici e clivali sono molteplici. La vicinanza ai nervi cranici, in particolare al nervo trigemino (V), ai nervi facciali e acustici (VII-VIII) e, in alcuni casi, al nervo oculomotore (III), può causare deficit neurologici permanenti anche dopo un intervento chirurgico apparentemente riuscito. Questi tumori richiedono una resezione totale o quasi totale per ridurre il rischio di recidive, ma questa resezione comporta inevitabilmente il rischio di danneggiare nervi vitali. Il trattamento chirurgico è spesso accompagnato da terapie adiuvanti, come la radioterapia stereotassica (Gamma Knife), per trattare i residui tumorali o per ridurre la possibilità di recidive in pazienti che non possono essere sottoposti a resezione completa.
L'analisi dei dati provenienti dalle serie chirurgiche di meningiomi petrociclivici ha permesso di stabilire che la prognosi varia significativamente in base alla localizzazione del tumore e alla risposta del paziente al trattamento. Mentre i meningiomi dell'apice petroso tendono ad avere una prognosi meno favorevole, con un'alta incidenza di complicanze neurologiche, i meningiomi clivali, pur essendo più facili da accedere chirurgicamente, presentano un rischio maggiore di danno ai nervi cranici e al tronco encefalico. Questi tumori sono anche più suscettibili di manifestare una crescita più lenta ma insidiosa, che può comportare sintomi neurologici invalidanti, come atassia, deficit motori e sensoriali, oltre a disturbi dell'equilibrio.
I dati provenienti da varie serie chirurgiche, come quelle di Yasargil et al. (1980) e di Al-Mefty et al. (1988), offrono un quadro delle difficoltà associate all'intervento. Secondo questi studi, il trattamento di questi tumori richiede un approccio multidisciplinare che combini la chirurgia con la radioterapia, al fine di ottimizzare gli esiti a lungo termine. L'approccio chirurgico varia in base alla posizione e alla grandezza del tumore. L'uso della neuro navigazione e della chirurgia assistita da immagini è diventato essenziale per ridurre al minimo il rischio di danneggiare le strutture vitali durante l'intervento.
Inoltre, l'analisi dei deficit post-operatori mostra che i nervi cranici coinvolti, come il nervo trigemino, il nervo facciale e i nervi acustici, sono i più comunemente danneggiati. Studi come quelli condotti da Kawase et al. (1994) e Goel et al. (1999) hanno identificato che i pazienti sottoposti a resezione totale di meningiomi petrociclivici riportano frequentemente deficit neurologici residui, soprattutto in relazione alla sensibilità facciale e alla funzione uditiva. La gestione di questi deficit è cruciale per migliorare la qualità della vita post-operatoria del paziente.
La prognosi a lungo termine per i pazienti con meningiomi petrociclivici rimane complessa. Nonostante l'avanzamento delle tecniche chirurgiche, la resezione completa dei tumori petrociclivici continua a essere una sfida. Tuttavia, l'approccio multimodale, che include la chirurgia combinata con la radioterapia, ha mostrato una riduzione significativa del tasso di recidiva in molti pazienti. È importante sottolineare che, anche nei casi di resezione parziale, la qualità della vita può essere mantenuta se il tumore viene monitorato regolarmente e trattato tempestivamente con radioterapia.
Un aspetto fondamentale che spesso viene trascurato è l'importanza di una valutazione pre-operatoria accurata, che comprenda la mappatura precisa delle strutture circostanti attraverso la risonanza magnetica con contrasto e la tomografia computerizzata. Questo passaggio è cruciale non solo per la pianificazione chirurgica, ma anche per ridurre al minimo i rischi di danni ai nervi cranici e altre strutture sensibili. I pazienti devono essere informati in anticipo delle possibilità di complicanze neurologiche post-operatorie e dei possibili benefici della radioterapia per il trattamento di tumori residui.
La qualità della vita post-operatoria dipende anche dalla gestione dei sintomi neurologici, come la cefalea, la vertigine, l'ipoacusia e l'atrofia muscolare. Il trattamento dei meningiomi petrociclivici richiede un approccio completo, che consideri non solo la resezione del tumore, ma anche il supporto riabilitativo e psicologico per affrontare le sfide neurologiche che i pazienti possono incontrare dopo l'intervento.

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