La progettazione di velivoli senza pilota, in particolare per operazioni specifiche come i voli urbani o rurali, richiede un approccio centrato sull’operazione più che sul veicolo stesso. Questa differenza rispetto alla progettazione tradizionale di velivoli con pilota a bordo pone nuove sfide e opportunità per l'aviazione senza equipaggio. Per affrontare tali sfide, diventa imprescindibile l’utilizzo di simulazioni integrate che considerino tutti gli aspetti delle operazioni dei velivoli senza pilota, permettendo di analizzare l’impatto di vincoli operativi e di validare requisiti specifici legati al contesto d’uso.

Un esempio avanzato di questo approccio è rappresentato dal framework di simulazione sviluppato nel progetto di ricerca ALAADy (Automated Low-Altitude Air Delivery), che estende modelli e moduli per simulare missioni a lungo raggio e a bassa quota con diverse configurazioni di velivoli cargo. Questo strumento permette di condurre studi approfonditi sulla sicurezza e sull’efficienza delle operazioni, includendo anche l'automazione e la configurabilità, elementi chiave per un’analisi versatile e multidisciplinare.

La simulazione dinamica riveste un ruolo centrale in questo ambito, in quanto permette di integrare nel tempo i segnali e i dati necessari per prevedere il comportamento del sistema in scenari complessi. Pur non raggiungendo la formalità e la rigidità di una prova matematica, le simulazioni sono spesso l’unico strumento praticabile per validare sistemi con livelli elevati di complessità. La loro credibilità può essere accresciuta attraverso processi di standardizzazione, che nel settore dell’aviazione abitata trovano riferimenti consolidati, ma che per i velivoli senza pilota sono ancora in fase di definizione.

L’ecosistema attuale offre numerosi strumenti open-source per la simulazione di piccoli droni, come AirSim, Gazebo o Paparazzi Simulator, sebbene questi non siano sempre applicabili direttamente a velivoli di maggiori dimensioni o con specifiche missioni come quelle trattate da ALAADy. Dal punto di vista operativo, le simulazioni possono variare per livello di integrazione con componenti reali: dal software-in-the-loop (SIL), dove software specifici vengono testati in simulazioni, al hardware-in-the-loop (HIL), che include componenti fisici, fino a sistemi ibridi come computer-in-the-loop. Questi approcci migliorano la fedeltà e la robustezza dei test, consentendo una validazione più concreta delle soluzioni progettuali.

Le simulazioni coinvolgono anche l’interazione umana attraverso ambienti human-in-the-loop, fondamentali per studiare l’interazione con operatori o piloti e per addestramento. Sono inoltre sviluppate simulazioni di realtà mista, dove elementi reali e virtuali si combinano per testare situazioni complesse e potenzialmente pericolose, come l’evitamento di ostacoli o la coordinazione di più velivoli nello stesso spazio aereo.

Oltre alla descrizione tecnica e ai modelli implementati, è importante comprendere che la simulazione è uno strumento di sintesi che unisce molteplici discipline: ingegneria aerospaziale, informatica, gestione del traffico aereo e sicurezza. La capacità di modellare fedelmente non solo il comportamento fisico del velivolo, ma anche le condizioni ambientali, le interazioni con infrastrutture e operatori, e i vincoli normativi, rappresenta il cuore della ricerca in questo settore.

Per il lettore è essenziale considerare che la simulazione non è solo una fase di verifica, ma un elemento fondamentale per la definizione stessa dei requisiti progettuali. Essa consente di anticipare criticità operative, di esplorare soluzioni innovative e di validare scenari realistici prima che il sistema venga realizzato fisicamente. In un mondo dove la complessità tecnologica e normativa cresce rapidamente, la simulazione diventa la base per garantire sicurezza, efficienza e affidabilità nell’operatività dei velivoli senza pilota.

È possibile garantire sicurezza e sostenibilità operativa nei droni cargo di grande capacità a bassa quota?

L’utilizzo di sistemi aerei senza pilota (UAS) per il trasporto merci è una prospettiva che ha cessato di appartenere alla sola dimensione sperimentale. Tuttavia, i limiti attuali in termini di capacità di carico, confinati a pochi chilogrammi, rappresentano un vincolo ancora dominante. Le evoluzioni normative, in particolare attraverso strumenti come il metodo SORA (Specific Operations Risk Assessment), hanno aperto lo spazio per l’integrazione di UAS di scala maggiore, capaci di trasportare carichi fino a una tonnellata, senza compromettere gli standard di sicurezza richiesti dall’aviazione.

Il progetto ALAADy (Automated Low Altitude Air Delivery) del Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt (DLR) affronta questa sfida mediante una prospettiva sistemica, che integra configurazione del velivolo, contesto operativo e requisiti normativi in un quadro coerente e valutabile. L’approccio olistico adottato permette non solo di analizzare l’efficienza tecnico-operativa, ma anche di ribilanciare in modo intelligente autonomia, affidabilità e interazione con le infrastrutture esterne, in funzione del rischio operativo e del contesto territoriale.

Il concetto centrale è che, limitando l’operazione a quote basse e a zone scarsamente popolate, sia possibile ridurre drasticamente i rischi associati, semplificando contemporaneamente i requisiti di certificazione e ottimizzando i costi. Questo non implica un’accettazione passiva di atterraggi d’emergenza, ma una progettazione strutturale che preveda la terminazione sicura del volo come ultima contingenza in scenari controllati, senza mettere in pericolo infrastrutture o persone. L’architettura concettuale del progetto assume come vincolanti tre assi portanti: i requisiti fondamentali del velivolo (TLARs), la limitazione operativa a basse altitudini, e la scelta di percorsi esclusivamente sopra aree a bassa densità abitativa.

Attraverso la segmentazione dei fattori critici in quattro interdipendenze principali — Caso d’uso e affidabilità, Configurazione e gestione delle emergenze, Integrazione nello spazio aereo e capacità di rilevamento/evitamento, Operabilità e autonomia sicura — il progetto individua le principali leve progettuali. Tali segmenti non solo facilitano il mapping tra classi di rischio del SORA e requisiti tecnico-operativi, ma rivelano anche nuove libertà progettuali prima non esplorate. Il valore di tale segmentazione sta nella capacità di riconciliare la complessità sistemica con la necessità di concretezza progettuale, rendendo la simulazione e l'esperienza sperimentale strumenti chiave di validazione.

Durante lo sviluppo del progetto, la sperimentazione pratica ha avuto un ruolo determinante. Dimostrazioni tecnologiche, prove in volo e simulazioni hanno permesso di validare i concetti su scala ridotta, offrendo una base solida per la scalabilità futura. Questo approccio incrementale, fondato su una progressiva espansione della complessità mantenendo al contempo il controllo sul rischio, si è rivelato essenziale per garantire la coerenza tra progettazione teorica e applicazione reale.

Il modello proposto non si limita a suggerire soluzioni tecnologiche, ma invita a una riflessione più ampia sull’architettura della mobilità aerea futura. L’integrazione regolamentare e tecnologica è vista come un processo dialettico, in cui il concetto di sicurezza si trasforma da vincolo rigido a opportunità progettuale. In questo senso, la metodologia SORA non è soltanto uno strumento di valutazione, ma una guida strutturante capace di generare coerenza sistemica e affidabilità operativa anche in scenari di alto impatto sociale, come il trasporto di aiuti umanitari.

L’utilizzo di UAS cargo di grande capacità in scenari selezionati, grazie a una visione sistemica coerente con i principi SORA, permette di esplorare un nuovo equilibrio tra efficienza economica e sicurezza aeronautica. Ma ciò implica anche una ridefinizione del concetto stesso di autonomia, che non è più intesa come semplice capacità tecnica, bensì come risultato di un’integrazione consapevole fra sistemi di bordo, infrastrutture digitali e scenari operativi. La sicurezza non viene più garantita solo dalla ridondanza tecnica, ma dal disegno intelligente dell’intero ecosistema operativo.

Affinché questa visione si realizzi pienamente, è essenziale che il lettore comprenda il valore trasformativo della segmentazione proposta. Ogni interdipendenza rappresenta una soglia di progettazione: il caso d’uso determina le specifiche di missione e il livello di affidabilità necessario; la configurazione del velivolo, con la sua strategia di emergenza, stabilisce la resistenza del sistema agli imprevisti; l’integrazione nello spazio aereo esige una riconfigurazione dell’interazione uomo-macchina; l’autonomia sicura, infine, pone il problema del rapporto tra decisione automatica e controllo esterno.

Oltre a quanto discusso, è fondamentale comprendere che lo sviluppo di UAS cargo a bassa quota richiede una convergenza tra ricerca multidisciplinare, disponibilità politica e flessibilità normativa. Non basta ottimizzare i parametri tecnici: serve un’infrastruttura normativa adattiva e una visione strategica condivisa che riconosca il potenziale trasformativo di questi sistemi. Le future sfide non saranno solo tecnologiche, ma anche sociali e giuridiche. La legittimazione del drone cargo come attore stabile nello spazio aereo europeo dipenderà dalla capacità di dimostrare, nel tempo, un equilibrio sostenibile fra rischio accettabile, valore economico e responsabilità sociale.

Quali sono le sfide e le soluzioni tecnologiche per l’implementazione di UAS cargo pesanti in scenari reali?

L’impiego di velivoli senza pilota (UAS) cargo di grandi dimensioni pone una serie di sfide tecniche e operative che devono essere affrontate per garantire la sicurezza e l’efficacia delle missioni. Un importante passo avanti è rappresentato dal dimostratore tecnologico basato su un girocottero ultraleggero pilotato, convertito in UAS cargo, che viene operato attualmente in visual-line-of-sight. Tale dimostratore permette di testare in maniera concreta le ipotesi riguardanti i requisiti di sicurezza e la valutazione del rischio operativo, oltre a dimostrare la fattibilità tecnica di un UAS cargo pesante.

La progettazione del sistema di emergenza e il relativo approccio alla sicurezza sono stati centrali, con particolare attenzione all’allocazione dei ruoli durante il volo e alle procedure operative del team di volo. Le prove si sono articolate in fasi progressive, a partire dai test a terra fino all’espansione graduale dell’inviluppo di volo e dell’automazione, seguendo rigorosamente le linee guida EASA SORA e realizzando un concept operativo (ConOps) condiviso con le autorità aeronautiche locali. L’avionica sviluppata supporta esperimenti di validazione per funzioni di autonomia e sicurezza, mentre meccanismi di sicurezza specifici sono stati implementati per garantire l’operatività sperimentale.

La scelta di un girocottero noto e già utilizzato nei centri di ricerca del DLR ha consentito di avvalersi dell’esperienza di piloti qualificati e di un modello meccanico di volo già validato, evitando così numerosi errori e percorsi infruttuosi. In assenza di tale base di conoscenza, lo sviluppo di nuovi velivoli non basati su sistemi pilotati può avvantaggiarsi di dimostratori in scala, sebbene questi presentino limiti, specialmente riguardo alle caratteristiche di volo non scalabili, come l’influenza delle proprietà dei materiali.

Un punto critico riguarda il primo volo di un nuovo velivolo: la scelta tra un volo inaugurale manuale, che richiede una stazione di controllo altamente avanzata e piloti estremamente preparati, e un volo assistito da controllo automatico, che necessita di modelli meccanici di volo ad alta fedeltà e di un sistema di controllo robusto per gestire eventuali discrepanze. Attualmente, il dimostratore opera in visual-line-of-sight e consente di mettere alla prova componenti progettate nel progetto ALAADy, includendo pianificazione basata sul rischio, gestione operativa (SOM), interfacce uomo-macchina (HMI), e integrazione nello spazio aereo.

Il processo di test e validazione costituisce un riferimento concreto per l’applicazione delle norme di idoneità al volo e sicurezza per UAS di dimensioni maggiori, rappresentando un passo fondamentale verso l’applicazione industriale. Tra le sfide future emerge in particolare l’operatività Beyond Visual Line Of Sight (BVLOS), che richiede sviluppi sia nel design di sistema sia nelle procedure operative.

L’analisi dei casi d’uso è essenziale, soprattutto per applicazioni come il trasporto umanitario, che può rivoluzionare il mercato ma solleva molte questioni scientifiche. In un esperimento condotto in collaborazione con organizzazioni non governative, è stato sviluppato e testato un sistema di consegna di aiuti tramite UAS, focalizzato su missioni di emergenza in aree isolate da eventi alluvionali nella Repubblica Dominicana. Il sistema si basa su scatole di cartone biodegradabili, capaci di trasportare fino a 20 kg senza necessità di paracadute, e consente la consegna aerea diretta di beni di prima necessità.

Le operazioni sono state valutate da operatori umanitari locali e si sono svolte in due regioni con caratteristiche logistiche diverse: una area con scarsa connettività e una più facilmente raggiungibile, identificando così due categorie di applicazioni, una per eventi critici singoli e l’altra per situazioni logistiche ricorrenti. L’esperimento ha dimostrato la fattibilità di operazioni sicure a breve termine mediante la metodologia SORA, sottolineando però la necessità di sviluppare un concetto operativo generalizzato, facilmente trasferibile a diverse località di missione. Attualmente, le autorizzazioni sono state ottenute caso per caso, ma un quadro normativo che definisca condizioni tecniche e procedurali condivise faciliterebbe notevolmente l’adozione su larga scala.

Oltre a quanto già dimostrato, è fondamentale comprendere che il successo nell’implementazione di UAS cargo pesanti dipende non solo dalla tecnologia e dalle procedure operative, ma anche dall’interazione armoniosa tra regolamentazione, formazione degli operatori e accettazione sociale. La complessità della progettazione richiede una visione sistemica, che tenga conto delle interdipendenze tra hardware, software, operazioni e contesto normativo. Solo un approccio integrato e iterativo potrà garantire l’evoluzione sostenibile di questa tecnologia, capace di rispondere efficacemente alle esigenze reali in scenari complessi e variabili.

Come viene progettata e modellata la struttura di un velivolo a doppia ala e carico pesante?

L’architettura aerodinamica di un velivolo a doppia ala, noto come box wing, si distingue per la presenza di due ali collegate da elementi verticali, tra cui un profilo alare simmetrico è adottato per l’elemento verticale al fine di evitare forze aerodinamiche indesiderate che aumenterebbero il carico sulle punte alari, influenzando negativamente la massa strutturale. Questa configurazione si traduce in un vantaggio significativo: una riduzione della resistenza indotta a parità di apertura alare, permettendo così una struttura più compatta con migliori caratteristiche di manovrabilità a terra rispetto ad altre configurazioni come quella a doppio pilone.

Il fusoliera, suddiviso in tre sezioni (anteriore, centrale e posteriore), ospita al suo interno il carico utile, oltre ai sistemi di sicurezza e ai serbatoi di carburante. La forma del fusoliera si modifica longitudinalmente: la sezione anteriore si espande lungo la linea centrale, mentre la parte posteriore si assottiglia verso la coda, con una lunghezza complessiva di circa 7,5 metri. La propulsione è affidata a due motori principali da 231 kW complessivi, con eliche dal raggio di 0,71 m montate lateralmente sul corpo centrale, affiancati da quattro motori elettrici da 50 kW montati sulle ali superiore e inferiore, disposti in senso longitudinale a 3 metri dalla radice alare. Questa combinazione aumenta significativamente il coefficiente di portanza in fase di decollo e salita, incrementando spinta e accelerazione e consentendo un decollo con spazio di corsa ridotto (TOFL, Take-Off Field Length). Le eliche sono ripiegabili in crociera per minimizzare la resistenza aerodinamica. Inoltre, un paracadute di emergenza è posizionato nella sezione posteriore del fusoliera.

Il modello agli elementi finiti (FE) adottato per l’analisi strutturale di tutte le configurazioni si basa su una topologia classica con telai, longheroni e gusci. Questi modelli vengono generati con il software interno ModGen, che consente una parametrizzazione indipendente dal solver utilizzato, sebbene il programma principale per l’analisi strutturale sia MSC Nastran. L’analisi dei carichi comprende modelli aerodinamici basati su metodi rapidi come il Vortex Lattice Method (VLM) e il Doublet Lattice Method (DLM), quest’ultimo impiegato per analisi aerodinamiche instabili. Questi metodi si fondano sulla teoria del potenziale e rappresentano le superfici portanti come pannelli piani suddivisi in piccoli elementi trapezoidali per stimare le forze aerodinamiche generate durante il volo subsonico.

Il modello di massa distribuisce la massa strutturale, i sistemi come motori e carrelli d’atterraggio, il carico utile e altre masse residue, collegandoli ai nodi di un asse di riferimento chiamato LRA (Loads Reference Axis). Quest’ultimo, definito lungo l’asse elastico dell’ala e l’asse centrale del fusoliera, trasferisce i carichi aerodinamici alla struttura portante, come la scatola alare. La connessione tra i componenti è realizzata tramite elementi rigidi RBE2 e RBE3 che assicurano il trasferimento efficace di forze e momenti.

La scelta del materiale strutturale ricade sull’alluminio 2024, apprezzato per il suo bilanciamento tra leggerezza, costo e facilità di lavorazione rispetto a strutture sandwich più complesse e costose. Per la progettazione strutturale si applica un fattore di sicurezza pari a 1,5, con spessori minimi per gusci di 2 mm (pelle, longheroni, costolature) e 3 mm per gli elementi dei piloni doppi, limitazioni stabilite per contenere i costi produttivi e garantire la robustezza necessaria, in particolare per prevenire fenomeni di instabilità come il buckling.

Nel caso specifico del giroplano, il modello agli elementi finiti integra fusoliera, ala, superfici di coda e l’attacco del rotore, quest’ultimo modellato manualmente come elementi a trave e guscio per trasferire le sollecitazioni generate al corpo del velivolo. Il rotore genera circa il 70% della portanza durante il volo di crociera, e viene considerato nel modello aerodinamico tramite pannelli dedicati. La fusoliera è modellata in tre sezioni, con una minore quantità di longheroni nella parte anteriore, dove i carichi strutturali sono più ridotti.

La configurazione a doppio pilone (twin boom) presenta un modello agli elementi finiti che include fusoliera, ala, coda a “V” invertita e i piloni stessi, costruiti con gusci shell. La loro geometria varia per aumentare il momento d’inerzia e resistere ai momenti flettenti indotti dalle forze aerodinamiche sulle superfici di coda, con un progressivo aumento del raggio dal pilone verso l’ala.

È cruciale comprendere come la sinergia tra modelli aerodinamici e strutturali permetta una progettazione ottimale, bilanciando performance e robustezza. La parametrizzazione e l’automatizzazione tramite strumenti come ModGen favoriscono iterazioni rapide e precise nel processo progettuale, consentendo di adattare i modelli a diverse configurazioni e requisiti di carico. La gestione del peso, la distribuzione dei carichi e la scelta dei materiali sono aspetti imprescindibili per garantire efficienza, sicurezza e costi contenuti.

Inoltre, la comprensione del comportamento dinamico del velivolo, soprattutto in presenza di elementi mobili come eliche ripiegabili o rotori, è fondamentale per prevenire problemi strutturali durante le diverse fasi di volo. La protezione mediante sistemi di sicurezza come paracadute integrati sottolinea l’importanza di considerare anche l’affidabilità in situazioni critiche.

Quali sono le implicazioni dell’architettura di sistema e dei livelli di ridondanza nello sviluppo di veicoli aerei certificati?

L’evoluzione delle architetture di sistema nel contesto dei veicoli aerei, in particolare quelli operanti in ambienti popolati, richiede una rigorosa applicazione di livelli di sicurezza e affidabilità, espressi attraverso i livelli di Design Assurance Level (DAL) e i requisiti di ridondanza (ARC). Questi livelli, definiti in accordo con normative come quelle descritte nell’Annex D e nelle sezioni dedicate, influenzano profondamente la configurazione e la complessità dell’architettura stessa.

Per esempio, sistemi come il TARMS-b non necessitano di un DAL, poiché la loro eventuale malfunzione non porta alla perdita del veicolo, mentre componenti più critici richiedono livelli di sicurezza crescenti, con una corrispondente ridondanza per assicurare la continuità operativa in caso di guasti. L’architettura si compone di moduli, quali il Flight Control System (FCS) o il Flight Control and Emergency Landing System (FCELS), che devono soddisfare requisiti specifici in termini di affidabilità e capacità di gestione delle emergenze, come atterraggi di emergenza automatizzati.

Lo sviluppo delle architetture segue una progressione definita dai livelli SAIL (Specific Assurance and Integrity Levels). Le architetture SAIL III e IV, ad esempio, mostrano differenze significative in termini di componenti integrati e possibilità operative: SAIL IV introduce un Mission Data System (MDS) e supporta missioni con un livello di ridondanza ARC-c, ampliando così le capacità rispetto a SAIL III. I livelli superiori, come SAIL V e VI, includono maggiori ridondanze e requisiti di sicurezza, avvicinandosi a un sistema certificato. Quest’ultimo sostituisce componenti come il FCS con un FCELS più avanzato e rimuove sistemi meno critici, creando un’architettura più robusta e adatta all’operatività su aree densamente popolate.

La valutazione dello sforzo di sviluppo associato a ciascuna architettura si basa su una metrica relativa, che pondera la complessità funzionale di ciascun componente in base al suo DAL e al livello di ridondanza richiesto. Questo metodo evidenzia che l’incremento di complessità e costi di sviluppo non è lineare: la differenza tra SAIL III/IV e SAIL V/VI o un sistema certificato è sostanziale, soprattutto per le condizioni più stringenti di sicurezza (come richiesto da OSO#5). Tuttavia, la differenza di sforzo tra SAIL V/VI e un sistema certificato è relativamente contenuta, suggerendo un vantaggio nell’adottare una certificazione completa per missioni su popolazioni, che altrimenti potrebbero essere limitate.

È importante sottolineare che la stima dello sforzo non tiene conto di tutti gli elementi strutturali del veicolo né di variabili critiche come l’esperienza del team di sviluppo o le implicazioni di massa e complessità dovute alle ridondanze aggiuntive. Questi fattori possono modificare sensibilmente la fattibilità tecnica ed economica. Inoltre, le semplificazioni applicate nelle stime indicano la necessità di valutazioni più approfondite e contestualizzate in progetti specifici.

L’adozione di sistemi certificati, pur comportando un incremento marginale nello sforzo di sviluppo rispetto a SAIL V o VI, garantisce una maggiore libertà operativa e sicurezza, permettendo di superare restrizioni normative su rotte e missioni. Al contrario, scegliere sistemi più semplici come SAIL IV con ARC-c può limitare le operazioni, anche se richiede uno sforzo di sviluppo relativamente inferiore. Pertanto, il bilanciamento tra complessità, sicurezza, costi e capacità operative è fondamentale nella scelta dell’architettura più appropriata.

Questa valutazione evidenzia come la progettazione e la certificazione di sistemi aeronautici moderni debbano integrare molteplici dimensioni: non solo la conformità ai livelli di sicurezza e ridondanza, ma anche la considerazione di aspetti pratici come i costi di sviluppo, la flessibilità operativa e le condizioni di utilizzo finale. La complessità crescente dei sistemi e la necessità di operare in spazi aerei complessi impongono un approccio multidisciplinare e iterativo, capace di adattarsi a evoluzioni normative e tecnologiche.

È cruciale comprendere che la definizione dei livelli di sicurezza e ridondanza non è una mera formalità tecnica, ma un elemento che incide profondamente sull’intero ciclo di vita del veicolo: dalla progettazione iniziale fino alla manutenzione e all’operatività quotidiana. Questo richiede un coordinamento continuo tra ingegneria, regolatori e operatori, per assicurare che le soluzioni adottate siano sostenibili, efficaci e rispondenti alle reali necessità operative.