La matematizzazione delle teorie scientifiche nel XVIII secolo presenta una complessità che non si limita a un semplice uso del calcolo o delle espressioni numeriche per spiegare fenomeni fisici. La sua importanza sta nel fatto che il processo di matematizzazione implica un profondo impegno filosofico, il quale attraversa due poli distinti ma non incompatibili: il polo matematico e quello meccanicistico. A questi poli corrispondono stili di ragionamento che influenzano la scelta teorica e la costruzione di spiegazioni scientifiche. Il concetto di "progetti epistemici" è utile per comprendere come diverse modalità di matematizzazione possano essere integrate o in conflitto all'interno di una teoria scientifica.

Il caso di Johann Euler esemplifica l'approccio meccanicistico alla matematizzazione. Quando Euler si occupò di fenomeni elettrici, la sua spiegazione si basava sull'esistenza di un etere, il quale serviva come entità fisica per mediare l'attrazione elettrica. In questo caso, la matematizzazione non rappresenta la parte centrale della sua teoria, ma piuttosto un ausilio per esprimere concetti fisici più profondi. Sebbene l'approccio matematico fosse presente, il cuore della spiegazione era ancorato al meccanicismo, per cui la matematizzazione assolveva un ruolo secondario. Questo ci mostra come i due poli possano coesistere, con il polo meccanicistico che mantiene una preminenza rispetto al polo matematico.

Nel caso di Franz Aepinus, invece, la matematizzazione gioca un ruolo centrale. La sua teoria elettrica si basa su un fluido elettrico che è descritto e modellato matematicamente, cercando di collegare forze elettriche alla quantità di fluido presente. Aepinus utilizza la matematica per dedurre leggi e interrelazioni, ma non senza mantenere una connessione con la meccanica. Sebbene la matematica prenda il sopravvento, essa non è mai pura astrazione: la teoria matematica di Aepinus è, infatti, costruita in un contesto meccanicistico che cerca di rimanere aderente alla realtà fisica dei fenomeni elettrici. In questo senso, la matematizzazione in Aepinus è un caso di interazione costruttiva tra matematica e meccanicismo.

Al contrario, Charles Coulomb rappresenta un caso di matematizzazione antagonista. Quando Coulomb sviluppò la sua legge sull'interazione elettrica, si concentrò su un'analisi puramente matematica della distribuzione della carica elettrica in un conduttore. Tuttavia, egli non riuscì a mantenere una coerenza con la sua teoria fisica di base, che si fondava sull'idea dei due fluidi elettrici. La matematica, in questo caso, ha una priorità tale che compromette la capacità di Coulomb di fornire una spiegazione fisica completa del fenomeno, creando una disconnessione tra la sua visione fisica e le sue deduzioni matematiche. Questo ci mostra un esempio di matematizzazione che non solo non interagisce costruttivamente con il meccanicismo, ma lo esclude, portando a una forma di spiegazione che non può rispondere alle questioni fisiche sollevate dalla stessa teoria.

La distinzione tra questi stili di matematizzazione non è solo una questione di preferenza teorica. Essa implica una riflessione profonda sulle scelte metodologiche e sulle implicazioni filosofiche che le accompagnano. Ogni stile di matematizzazione comporta guadagni e perdite epistemiche. L'approccio di Euler, pur mantenendo una certa semplicità, riesce a fornire spiegazioni più ricche sotto il profilo fisico, anche se non si spinge troppo in là nelle deduzioni matematiche. L'approccio di Aepinus, d'altro canto, mentre è più profondo dal punto di vista matematico, porta con sé una contraddizione teorica che emerge quando la sua teoria entra in conflitto con la legge di gravitazione universale. Coulomb, infine, sembra sacrificare la profondità fisica in favore di una matematizzazione che rischia di diventare fine a se stessa, senza rispondere adeguatamente alle necessità esplicative della sua teoria.

La riflessione sugli stili di matematizzazione non può prescindere dalla comprensione di come questi stili influenzino la scelta teorica e, in ultima analisi, l'evoluzione del pensiero scientifico. La matematica non è solo uno strumento per rendere precise le teorie fisiche; è un mezzo che, a seconda di come viene usato, può favorire o ostacolare la comprensione dei fenomeni naturali. Inoltre, non si può ignorare l'importanza della dimensione estetica e soggettiva di queste scelte. La matematizzazione di un fenomeno, infatti, non è mai neutrale: è sempre mediata da opinioni, preferenze e presupposti filosofici che influenzano non solo la ricerca di risposte scientifiche, ma anche il modo in cui tali risposte vengono accettate o respinte dalla comunità scientifica.

In questo contesto, la filosofia di Hacking e quella di Kuhn offrono spunti significativi per comprendere la flessibilità e l’adattabilità degli stili di matematizzazione. Sebbene entrambi abbiano trattato in modo approfondito l'evoluzione delle teorie scientifiche, Hacking suggerisce che alcuni stili siano più facilmente scalabili e adattabili rispetto ad altri. L'idea di "scalabilità" in questo caso implica la capacità di un determinato stile di essere adattato e modificato in base ai progressi scientifici, senza perdere la sua efficacia. La matematizzazione, come processo dinamico, può quindi essere vista come un elemento che si evolve in risposta alle sfide teoriche e sperimentali, trasformandosi in una sorta di linguaggio scientifico universale che connette diverse epoche e teorie.

Come la Teoria Elettrica si è Evoluta nel XVIII Secolo: Dalle Scoperte Empiriche alle Prime Teorie

Nel XVIII secolo, il campo delle scoperte elettriche si arricchì di osservazioni e teorie che cambiarono radicalmente la comprensione della materia e dei fenomeni naturali. Una delle prime manifestazioni della natura elettrica fu descritta nel 1675 da Jean Picard, attraverso l'apparizione di effetti luminosi nel barometro di Torricelli, un esperimento che attirò l'attenzione di scienziati e filosofi naturali dell'epoca. La crescente curiosità portò a una serie di studi che, a partire dalle prime osservazioni empiriche, culminarono in teorie sempre più articolate.

Nel 1706, Francis Hauksbee cominciò a delineare una teoria dell'elettricità attraverso gli effluvi, aprendo la strada a studi più sistematici. Fu attraverso Hauksbee che Stephen Gray, un astronomo, si interessò ai fenomeni elettrici, iniziando a esplorare l'attrazione tra un piumaggio e un cilindro di vetro con basi di piombo. In seguito a numerosi esperimenti, Gray comprese che il fenomeno osservato non si limitava all'attrazione tra il vetro e la piuma, ma si estendeva anche ai tappi di sughero, i quali non erano elettrificati, ma che in qualche modo comunicavano la virtù elettrica presente nel vetro. Nel 1731, Gray pubblicò le sue scoperte, aprendo la strada a una nuova comprensione del fenomeno della conduzione elettrica, un concetto che sarebbe diventato fondamentale per la teoria elettrica moderna.

Nello stesso periodo, venne riconosciuto un nuovo fenomeno elettrico: la repulsione elettrica. Nel 1733, Charles François de Cisternay Dufay, un altro studioso francese, teorizzò l'esistenza di due differenti tipi di elettricità, da lui chiamate elettricità vitrea e resinoso. Secondo Dufay, i corpi caricati con elettricità vitrea respingevano altri corpi della stessa natura, ma attiravano quelli carichi di elettricità resinoso. Questo concetto segnò una distinzione qualitativa fondamentale nel campo dell'elettricità, facendo luce sulle proprietà specifiche di materiali come vetro, pietre preziose, e resina.

Nel frattempo, Jean-Antoine Nollet, un altro importante studioso francese, propose una visione dei fenomeni elettrici come il risultato di correnti di "fuoco elettrico" che entrano ed escono dai corpi elettrificati. Nollet distinse tra correnti affluenti e effluenti, concetti che cercavano di spiegare i movimenti di attrazione e repulsione tra i corpi elettrificati. Il suo lavoro contribuì a spiegare fenomeni come le scintille e la violenta collisione tra correnti opposte, cercando di sistematizzare le osservazioni empiriche in un quadro teorico coeso.

All'inizio del 1746, Ewald Jürgen von Kleist compì un esperimento che avrebbe portato alla creazione della famosa bottiglia di Leyden. Modificando un esperimento già noto con un cilindro di vetro e un piccolo pezzo di metallo, Kleist riuscì a generare una scarica elettrica che poteva essere avvertita direttamente. Sebbene i primi tentativi di replicare questo esperimento da parte di altri scienziati furono fallimentari, la scoperta di Kleist sarebbe diventata un pilastro degli studi elettrici, noto poi come il "condensatore di Leyden". Tuttavia, fu solo nel 1746 che Pieter van Musschenbroek, professore all'Università di Leida, riuscì a riprodurre il risultato con successo, diffondendo rapidamente la conoscenza di questo strumento innovativo in tutta Europa.

Le scoperte e le teorie sviluppate in questo periodo erano essenzialmente empiriche, fondate su esperimenti e osservazioni ripetute, ma segnarono un progresso fondamentale nella comprensione dell'elettricità. Da una mera curiosità legata agli effetti visibili, l'elettricità divenne oggetto di teorie che cercavano di spiegare la sua natura e le sue applicazioni. Gli scienziati dell'epoca, pur non avendo ancora a disposizione la nozione moderna di elettroni e cariche, stavano già costruendo i fondamenti di una teoria che avrebbe rivoluzionato la fisica e la tecnologia nei secoli successivi.

Il periodo di intensi studi che va dalla fine del XVII secolo fino alla metà del XVIII secolo fu, dunque, cruciale per la nascita della moderna scienza dell'elettricità. Le scoperte di Gray, Dufay, Nollet e Kleist non solo arricchirono la teoria elettrica, ma misero anche in evidenza la crescente importanza delle esperimentazioni pratiche e delle tecniche di laboratorio, elementi che avrebbero avuto un impatto duraturo sulla scienza.

Per i lettori di oggi, è importante comprendere che, sebbene molte delle teorie e degli esperimenti siano oggi obsoleti, essi rappresentano i primi passi di una lunga evoluzione che ha portato all'emergere della nostra comprensione moderna dell'elettricità. La continua sperimentazione e l'interesse per il fenomeno elettrico avrebbero infatti alimentato una serie di innovazioni che sono alla base della nostra civiltà tecnologica contemporanea. Ogni scoperta di quel periodo, sebbene approssimativa secondo gli standard odierni, ha contribuito a gettare le basi per un progresso scientifico che oggi possiamo solo apprezzare nella sua piena portata.