La dimensione di uno spazio di soluzioni è determinata dal numero di vettori linearmente indipendenti che possono generare l'intero spazio. In altre parole, è il numero di vettori che formano una base per lo spazio delle soluzioni. La definizione di "spazio delle soluzioni" si applica principalmente alle equazioni differenziali lineari, dove le soluzioni possono essere rappresentate come combinazioni lineari di funzioni base.

Ad esempio, consideriamo la soluzione generale dell'equazione differenziale lineare omogenea del secondo ordine y+25y=0y'' + 25y = 0, che è data dalla formula:

y=c1cos5x+c2sin5xy = c_1 \cos 5x + c_2 \sin 5x

In questo caso, la base dello spazio delle soluzioni è costituita dai vettori linearmente indipendenti {cos5x,sin5x}\{ \cos 5x, \sin 5x \}, e la dimensione dello spazio delle soluzioni è 2. Questo significa che qualsiasi soluzione di questa equazione può essere espressa come una combinazione lineare di questi due vettori fondamentali.

Tuttavia, è fondamentale comprendere che se si trattano equazioni differenziali non omogenee, lo spazio delle soluzioni non è un vero e proprio spazio vettoriale. Una delle principali caratteristiche che non soddisfa le proprietà degli spazi vettoriali è che non contiene il vettore nullo. Questo accade perché y=0y = 0 non è mai una soluzione di un'equazione differenziale non omogenea.

Per quanto riguarda la "span" (o spannamento), se SS è un insieme di vettori {x1,x2,,xn}\{ x_1, x_2, \dots, x_n \} in uno spazio vettoriale VV, allora l'insieme di tutte le combinazioni lineari di questi vettori, scritto Span(S)\text{Span}(S) o Span(x1,x2,,xn)\text{Span}(x_1, x_2, \dots, x_n), è un sottoinsieme di VV. È importante notare che se un insieme di vettori SS è uno spazio vettoriale, ogni combinazione lineare di vettori in SS deve anch'essa appartenere a VV.

Un set di vettori S={x1,x2,,xn}S = \{ x_1, x_2, \dots, x_n \} in uno spazio vettoriale VV è detto una base per VV se è sia indipendente linearmente che uno span per VV. La dimensione di VV è quindi il numero di vettori in una base di VV.

Esplorando ulteriormente il concetto di "spanning" (spazi che si estendono), possiamo considerare un esempio con lo spazio vettoriale R3\mathbb{R}^3. Ogni insieme di vettori che forma una base per R3\mathbb{R}^3 deve essere indipendente e deve coprire l'intero spazio, come nel caso degli insiemi {i,j,k}\{ i, j, k \}, {i,i+j,i+j+k}\{ i, i + j, i + j + k \}, e {i,j,k,i+j,i+j+k}\{ i, j, k, i + j, i + j + k \}. I primi due insiemi sono indipendenti, mentre il terzo è dipendente, poiché alcuni dei vettori possono essere espressi come combinazioni lineari degli altri.

Un concetto importante da comprendere, specialmente quando si lavora con spazi vettoriali di dimensione infinita, è che la definizione di indipendenza lineare si estende anche agli insiemi infiniti di vettori. Un insieme di vettori S={x1,x2,}S = \{ x_1, x_2, \dots \} è detto indipendente linearmente se ogni sottoinsieme finito di SS è indipendente. Se l'insieme contiene un sottoinsieme dipendente, l'intero insieme è detto dipendente.

Ad esempio, lo spazio vettoriale delle polinomiali, denotato PP, ha come base standard l'insieme {1,x,x2,}\{ 1, x, x^2, \dots \}. Questa base è infinita e linearmente indipendente, e PP è un altro esempio di spazio vettoriale di dimensione infinita.

Inoltre, è importante considerare gli spazi vettoriali su cui può essere definito un prodotto interno. Un prodotto interno su uno spazio vettoriale non deve necessariamente corrispondere al prodotto interno euclideo, come accade su R2\mathbb{R}^2 o R3\mathbb{R}^3. Un esempio di prodotto interno non euclideo in R2\mathbb{R}^2 potrebbe essere definito come (u,v)=u1v1+4u2v2(u, v) = u_1 v_1 + 4 u_2 v_2, dove u=u1,u2u = \langle u_1, u_2 \rangle e v=v1,v2v = \langle v_1, v_2 \rangle. Questo tipo di prodotto interno è utile per estendere la nozione di ortogonalità e per la risoluzione di problemi più complessi in spazi vettoriali di dimensione superiore.

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Come determinare i punti critici in un sistema dinamico: un’analisi dei punti di sella, nodi e spirali

In un sistema dinamico, l'analisi dei punti critici è fondamentale per comprendere la natura delle soluzioni che esso ammette e per prevedere l’evoluzione delle traiettorie nel piano di fase. Tra i vari tipi di punti critici, ci sono i punti di sella, i nodi stabili e instabili, nonché le spirali. Questi punti, infatti, determinano il comportamento qualitativo del sistema in diverse regioni del piano e richiedono un'approfondita analisi locale. Vediamo come questi punti si manifestano in un sistema e come determinarli.

Un punto di sella si verifica quando il determinante della matrice jacobiana in quel punto è negativo, il che implica che il sistema presenta traiettorie che si avvicinano al punto in una direzione e lo allontanano in un'altra. Questo tipo di punto è caratterizzato da stabilità in una direzione e instabilità nell'altra. Ad esempio, consideriamo un punto critico situato in (,0)(−, 0). In questo caso, si osserva che le traiettorie si avvicinano al punto lungo una delle direzioni e si allontanano lungo l’altra, creando la tipica "forma di sella" nel piano delle fasi. Questo tipo di punto è importante per comprendere come una perturbazione iniziale in una direzione influenzerà il comportamento del sistema.

D'altro canto, un nodo stabile si presenta quando il sistema tende a "risucchiare" tutte le soluzioni vicine verso il punto critico, senza oscillazioni. Questo accade quando i valori propri della matrice jacobiana sono entrambi negativi, indicando una convergenza verso il punto critico. Nel caso di un nodo instabile, i valori propri sono entrambi positivi, e le traiettorie si allontanano dal punto critico in modo simmetrico. Un esempio potrebbe essere il punto (0,0)(0, 0), che risulta un nodo stabile, mentre un punto come (0,100)(0, 100) rappresenta un nodo stabile di maggiore attrazione, dove la soluzione converge verso di esso per ogni perturbazione iniziale.

I punti centro rappresentano una situazione di equilibrio oscillante, dove le traiettorie che passano per questi punti sono chiuse, come nel caso di un punto di ciclicità. Questi punti non sono né attrattori né repulsori, ma determinano un moto periodico e costante nel tempo. Un esempio tipico è il punto (π/6,0)(\pi/6, 0), che rappresenta un centro. Il comportamento in questi casi è strettamente legato alla presenza di soluzioni periodiche, il che significa che il sistema ritorna ciclicamente ai valori iniziali dopo un certo intervallo di tempo.

Un’altra categoria rilevante di punti critici è quella dei punti spirale. Questi punti si trovano in sistemi che presentano un comportamento di avvicinamento o allontanamento dal punto critico in un moto spirale. Se il punto è stabile, le traiettorie ruotano verso il punto in un moto a spirale, mentre se il punto è instabile, le traiettorie si allontanano in un moto spirale. Questi punti si possono incontrare, ad esempio, quando il sistema è descritto da equazioni non lineari con valori propri complessi.

È cruciale che lo studio dei punti critici non si limiti solamente alla loro classificazione, ma che venga esteso alla comprensione della stabilità globale del sistema. Per farlo, bisogna considerare l'insieme delle soluzioni possibili, l'orientamento delle traiettorie e la presenza di eventuali regioni invarianti che possano modificare il comportamento dinamico del sistema. Un passo successivo, che non va trascurato, consiste nell’esplorare l’effetto delle piccole perturbazioni e il loro impatto sull’equilibrio del sistema, cosa che può rivelare ulteriori aspetti del comportamento dinamico.

Inoltre, la determinazione dei punti critici deve essere accompagnata dall'analisi del comportamento delle funzioni di Lyapunov, che permette di stabilire se le traiettorie del sistema sono destinate a divergere o a convergere nel tempo. In combinazione con altre tecniche, come il criterio di Bendixson e le teorie delle biforcazioni, è possibile ottenere una mappa più completa del comportamento dinamico del sistema.

Come si risolve un sistema di equazioni differenziali lineari accoppiato?

Quando si studiano sistemi fisici complessi, come il movimento di masse connesse a molle, circuiti elettrici in serie o sistemi di miscelazione, ci si imbatte spesso in sistemi di equazioni differenziali accoppiate. Un sistema di equazioni differenziali accoppiate si verifica quando diverse variabili dipendono l'una dall'altra e descrivono simultaneamente l’evoluzione di più fenomeni fisici interconnessi. La risoluzione di tali sistemi non è sempre immediata, ma è possibile nel caso di sistemi lineari con coefficienti costanti.

Nel contesto della fisica, un esempio classico è quello del sistema massa-molla. Immaginiamo di avere due molle che agiscono su due masse, o due masse connesse, ognuna delle quali si muove sotto l'effetto di forze elastiche e, eventualmente, smorzanti. Il modello matematico che descrive questa situazione richiede un sistema di equazioni differenziali. Ad esempio, se due masse sono collegate tra loro da una molla e soggette a forze esterne, le equazioni che descrivono il loro movimento saranno accoppiate, poiché il movimento di una massa dipende dall'altro e viceversa.

La risoluzione di un sistema di equazioni differenziali di questo tipo comporta il processo di separazione delle variabili dipendenti, noto come "decoupling", che ci consente di risolvere ciascuna equazione separatamente. Questo approccio è valido principalmente per i sistemi lineari con coefficienti costanti. La separazione delle variabili avviene tramite la trasformazione della matrice dei coefficienti del sistema in una forma che ci permetta di risolvere ogni equazione come se fosse indipendente, riducendo così la complessità del problema.

Per esempio, nel caso di un sistema massa-molla in cui le molle sono lineari e non ci sono forze di smorzamento, le equazioni che descrivono i movimenti delle masse possono essere scritte come:

m1x¨1+k1x1=0em2x¨2+k2x2=0m_1 \ddot{x}_1 + k_1 x_1 = 0 \quad \text{e} \quad m_2 \ddot{x}_2 + k_2 x_2 = 0

dove m1m_1 e m2m_2 sono le masse, k1k_1 e k2k_2 sono le costanti elastiche delle molle, e x1x_1 e x2x_2 rappresentano gli spostamenti delle masse. Quando il sistema è accoppiato, le forze di interazione tra le masse o le molle saranno incorporate in termini di dipendenza tra x1x_1 e x2x_2, creando equazioni che devono essere risolte simultaneamente.

Tuttavia, quando si aggiungono forze non lineari o coefficienti variabili, la risoluzione analitica diventa molto più difficile. In questi casi, se il sistema è non lineare, si ricorre a metodi numerici per risolvere il sistema, come l'approssimazione di serie di Taylor o l'uso di software di calcolo simbolico come Mathematica o MATLAB, che permettono di ottenere soluzioni numeriche per il sistema.

Un altro esempio interessante di sistema accoppiato riguarda i circuiti elettrici, in cui più condensatori e induttori sono connessi insieme in un network. La legge di Kirchhoff per le correnti e le tensioni in un circuito produce un sistema di equazioni differenziali lineari, che può essere risolto usando la stessa tecnica di decoupling, se i componenti del circuito sono ideali e i coefficienti sono costanti.

Per risolvere questi sistemi, bisogna anzitutto scrivere il sistema di equazioni in forma matriciale. La matrice dei coefficienti viene quindi diagonalizzata, trasformando il sistema in una serie di equazioni decouple, ognuna delle quali può essere risolta indipendentemente. Ad esempio, se abbiamo un sistema di equazioni di primo ordine come:

Ax=B\mathbf{A} \mathbf{x'} = \mathbf{B}

dove A\mathbf{A} è una matrice di coefficienti, x\mathbf{x'} è il vettore delle derivate delle variabili dipendenti, e B\mathbf{B} è il termine noto, possiamo applicare la trasformazione che porta la matrice A\mathbf{A} a una forma diagonale, risolvendo così ogni equazione separatamente.

Inoltre, è importante comprendere che il comportamento a lungo termine di un sistema accoppiato dipende dalle proprietà di stabilità delle sue soluzioni. Per esempio, nei sistemi dinamici, le soluzioni possono diventare instabili o tendere verso un punto di equilibrio. In questi casi, è cruciale analizzare i valori propri della matrice dei coefficienti per determinare la stabilità del sistema e il comportamento asintotico delle soluzioni.

Ogni approccio alla risoluzione di questi sistemi ha i suoi limiti e applicazioni specifiche, e spesso la scelta di una tecnica dipende dalla complessità del sistema fisico da modellare. Sebbene la risoluzione analitica possa essere difficile per sistemi non lineari o a coefficienti variabili, l'uso di metodi numerici avanzati fornisce soluzioni pratiche e accurate che permettono di studiare fenomeni complessi, come quelli che si verificano in molte aree della fisica e dell'ingegneria.

La Trasformata di Laplace e la Convoluzione: Metodi e Applicazioni

La trasformata di Laplace è uno degli strumenti più potenti nell'analisi dei sistemi dinamici, specialmente quando si trattano equazioni differenziali. È utile per risolvere una varietà di problemi, tra cui quelli che riguardano circuiti elettrici, equazioni integrali e sistemi fisici complessi. Questo capitolo esplorerà alcune delle applicazioni della trasformata di Laplace, focalizzandosi sulla convoluzione, il suo teorema e le relative proprietà.

Nel caso di un problema con valore iniziale (IVP), la trasformata di Laplace può essere utilizzata per trasformare un'equazione differenziale in un'equazione algebrica. Supponiamo di avere un problema IVP che si esprime nella forma standard, dove la trasformata di Laplace viene applicata all'equazione differenziale per ottenere una soluzione in termini di una funzione Y(s). Una volta ottenuta questa funzione, è possibile applicare la trasformata inversa per ritornare alla soluzione nel dominio del tempo, tenendo conto delle condizioni iniziali. La soluzione finale rappresenta la risposta del sistema nel dominio del tempo.

Un concetto strettamente legato alla trasformata di Laplace è la convoluzione, che si applica quando due funzioni, f(t) e g(t), sono definite e continue a tratti su un intervallo. La convoluzione, denotata come f * g, è un'operazione integrale che fornisce una misura combinata dei due segnali nel dominio del tempo. La formula generale della convoluzione è la seguente:

(fg)(t)=0tf(τ)g(tτ)dτ(f * g)(t) = \int_0^t f(\tau)g(t - \tau) d\tau

Questa operazione è estremamente utile in molti contesti, ad esempio per determinare la risposta di un sistema a impulsi o per risolvere equazioni che coinvolgono funzioni continue a tratti. Inoltre, la convoluzione ha proprietà che la rendono simile alla moltiplicazione ordinaria: è commutativa, associativa e distributiva.

Nel contesto delle trasformate di Laplace, la convoluzione ha una proprietà fondamentale: la trasformata di Laplace di una convoluzione è il prodotto delle trasformate di Laplace delle singole funzioni. Formalmente, se f(t) e g(t) sono funzioni continue a tratti, la trasformata di Laplace della loro convoluzione è data da:

L{fg}=L{f}L{g}\mathcal{L}\{f * g\} = \mathcal{L}\{f\} \cdot \mathcal{L}\{g\}

Questa proprietà, conosciuta come il "Teorema della Convoluzione", è particolarmente utile quando si trattano sistemi lineari e si cerca di determinare la risposta complessiva a una somma di input separati. Ad esempio, la trasformata di Laplace della convoluzione di ete^t e sin(t)\sin(t) può essere facilmente ottenuta come il prodotto delle rispettive trasformate individuali, senza dover calcolare esplicitamente l'integrale della convoluzione.

Inoltre, la convoluzione può essere utilizzata per risolvere equazioni integrali, come nel caso delle equazioni integrali di Volterra. Queste equazioni si presentano in forma integrale, ma grazie alla convoluzione e alle trasformate di Laplace, è possibile trasformarle in equazioni algebriche più facili da risolvere. In un esempio pratico, un'equazione integrale di Volterra può essere risolta utilizzando la convoluzione, identificando le funzioni da convolvere e applicando il teorema della convoluzione per trovare una soluzione in termini della trasformata di Laplace.

Un'altra applicazione interessante riguarda i circuiti elettrici, in particolare quelli a configurazione serie, come i circuiti LRC. In questi circuiti, la somma delle tensioni ai capi dell'induttore, del resistore e del condensatore può essere espressa attraverso equazioni differenziali o integrodifferenziali. Utilizzando le trasformate di Laplace, è possibile risolvere queste equazioni e determinare la corrente o la tensione in vari punti del circuito. Ad esempio, nel caso di un circuito LRC, la soluzione dell'equazione integrodifferenziale che descrive la corrente in funzione del tempo può essere ottenuta tramite la trasformata di Laplace, utilizzando anche la convoluzione per trattare il termine integrale.

Infine, la trasformata di Laplace è fondamentale anche per trattare funzioni periodiche. Se una funzione f(t) è periodica con periodo T, la trasformata di Laplace di f(t) può essere ottenuta integrando la funzione su un singolo periodo. Questo approccio è estremamente utile per analizzare segnali periodici, come quelli che si trovano in sistemi di controllo e circuiti elettrici.

Quando si affrontano questi concetti, è importante ricordare che l'uso delle trasformate di Laplace e della convoluzione non si limita alla risoluzione di equazioni differenziali. Questi strumenti permettono di modellare e analizzare il comportamento di sistemi fisici complessi, come circuiti elettrici, sistemi meccanici e acustici, e sono anche fondamentali per la teoria dei segnali.

In definitiva, la comprensione della convoluzione e delle sue applicazioni nelle trasformate di Laplace è essenziale per chiunque si occupi di ingegneria, fisica e matematica applicata. È importante notare che, pur essendo uno strumento estremamente potente, la sua applicazione richiede una buona conoscenza delle tecniche matematiche e delle proprietà delle funzioni coinvolte. La capacità di utilizzare la convoluzione per risolvere problemi complessi è una competenza fondamentale, che trova impiego in numerosi ambiti scientifici e ingegneristici.

Qual è la traiettoria di un proiettile lanciato senza resistenza dell'aria?

Se esaminiamo il problema della traiettoria di un proiettile in un campo privo di resistenza dell'aria, scopriamo che il moto di un proiettile, come un proiettile di cannone, è descritto da un sistema di equazioni differenziali lineari. Quando ignoriamo la resistenza dell'aria e tutte le altre forze tranne il peso del proiettile w=mgw = mg, la traiettoria risultante è una parabola. Supponiamo che il proiettile venga lanciato da una superficie piana con una velocità iniziale v0v_0, che assume un angolo di elevazione θ\theta rispetto all'orizzonte. Le condizioni iniziali che accompagnano il sistema sono x(0)=0x(0) = 0, x(0)=v0cosθx'(0) = v_0 \cos \theta, y(0)=0y(0) = 0, y(0)=v0sinθy'(0) = v_0 \sin \theta, dove θ\theta è l'angolo di elevazione costante.

Il sistema di equazioni che descrive il movimento del proiettile può essere risolto utilizzando la trasformata di Laplace, il che ci consente di determinare le soluzioni parametriche x(t)x(t) e y(t)y(t), che descrivono la posizione del proiettile in funzione del tempo. Il passo successivo è eliminare il parametro tt dalla funzione y(t)y(t) utilizzando x(t)x(t) per ottenere una descrizione della traiettoria come una parabola.

La formula che descrive il raggio orizzontale RR di un proiettile, lanciato con un angolo di θ\theta rispetto all'orizzonte, è data dalla seguente espressione:

R=v02sin(2θ)gR = \frac{v_0^2 \sin(2\theta)}{g}

Da questa formula vediamo che il raggio orizzontale è massimo quando θ=π4\theta = \frac{\pi}{4}. Inoltre, è interessante notare che lanciando il proiettile a due angoli complementari θ\theta e π2θ\frac{\pi}{2} - \theta, la portata orizzontale rimane invariata. Questo è un risultato significativo che deriva dalla simmetria trigonometrica della funzione seno. La verifica di questa proprietà può essere effettuata attraverso un'identità trigonometrica.

Inoltre, la massima altezza HH che il proiettile raggiunge durante il suo volo è data dalla seguente espressione:

H=v02sin2θ2gH = \frac{v_0^2 \sin^2 \theta}{2g}

Se il valore di gg (accelerazione gravitazionale) è pari a 32 ft/s², e se scegliamo θ=38\theta = 38^\circ e v0=300ft/sv_0 = 300 \, \text{ft/s}, possiamo calcolare il raggio orizzontale e l'altezza massima utilizzando le espressioni precedenti. Ripetendo questi calcoli per un angolo di θ=52\theta = 52^\circ manterrà l'interesse per l'effetto dell'angolo sul comportamento del proiettile.

Quando la resistenza dell'aria è presa in considerazione, il problema diventa più complesso. Se la resistenza è proporzionale alla velocità del proiettile, il sistema di equazioni differenziali che descrive il movimento del proiettile si modifica. In questo caso, l'aria esercita una forza di resistenza opposta al moto del proiettile, descritta da una costante β>0\beta > 0, che entra nell'equazione del moto. Risolvendo numericamente questo sistema con il metodo della trasformata di Laplace, possiamo determinare le soluzioni e, pertanto, tracciare la traiettoria del proiettile. Con il valore di β=0.02\beta = 0.02, g=32ft/s2g = 32 \, \text{ft/s}^2, e θ=38\theta = 38^\circ, è possibile determinare il tempo di caduta del proiettile e il corrispondente raggio orizzontale.

A differenza del caso senza resistenza dell'aria, la proprietà degli angoli complementari non si mantiene più quando la resistenza dell'aria è presente. Pertanto, lanciando il proiettile con angoli complementari, il raggio orizzontale non sarà identico. Questo comporta un cambiamento fondamentale nel comportamento del proiettile rispetto a un sistema privo di resistenza.

Infine, quando si utilizzano software di grafico come un'utilità grafica o un CAS (sistema di algebra computazionale), possiamo tracciare visivamente la traiettoria del proiettile, e sovrapporre i grafici di più lanci a differenti angoli per visualizzare meglio le differenze nel comportamento della traiettoria con e senza resistenza dell'aria.

La comprensione di come le forze di resistenza influenzano il movimento di un proiettile è essenziale per applicazioni pratiche in fisica e ingegneria. L'effetto della resistenza dell'aria modifica sostanzialmente la traiettoria e la portata del proiettile, riducendo la distanza percorsa rispetto al caso ideale di assenza di resistenza.