La classificazione dei suoni animali tramite modelli di deep learning richiede una rigorosa organizzazione e preparazione dei dati, nonché un’attenta definizione dell’architettura e dei parametri di addestramento del modello. Il primo passo consiste nel definire il percorso della cartella contenente il dataset audio, organizzato in sottocartelle corrispondenti a ciascuna classe animale. Attraverso la funzione audioDatastore(), si crea un oggetto che raccoglie e gestisce i file audio (.wav), permettendo un accesso efficiente ai dati e ai relativi label.
Una trasformazione fondamentale è la conversione dei segnali audio in rappresentazioni visive chiamate melspectrogrammi, che esprimono il contenuto frequenziale nel dominio mel, più aderente alla percezione umana dei suoni. Tale conversione avviene utilizzando una frequenza di campionamento standard di 44.100 Hz. Se la durata del segnale audio è inferiore a un secondo, i dati vengono duplicati per garantire una dimensione adeguata all’elaborazione.
Successivamente, con una funzione dedicata, si genera il melspectrogramma per ogni file audio e queste immagini vengono salvate nella stessa struttura di cartelle. A questo punto, un oggetto imageDatastore() raccoglie tutte le immagini generate, ridimensionandole uniformemente a 100×100 pixel, per poterle utilizzare come input nel modello di rete neurale. Il dataset viene quindi suddiviso in set di addestramento (80%), validazione (10%) e test (10%), per permettere un’adeguata valutazione delle performance del modello.
L’architettura scelta per la classificazione è composta da un input layer che accetta immagini a tre canali (RGB), seguito da un layer ReLU per l’attivazione, un fully connected layer con un numero di neuroni pari alle classi da riconoscere, e infine i layer softmax e classification che trasformano le uscite in probabilità e definiscono la funzione obiettivo. Nonostante i modelli complessi spesso includano layer di convoluzione e normalizzazione, in questo caso si opta per una rete più semplice, evidenziando la flessibilità nell’adattare l’architettura alle esigenze specifiche del problema.
La fase di training è configurata attraverso trainingOptions(), impostando l’algoritmo Adam, la dimensione del mini-batch a 32 e indicando il set di validazione per monitorare l’andamento durante l’addestramento. L’effettiva esecuzione dell’addestramento avviene con trainNetwork(), che restituisce un modello allenato, salvato sia in memoria che su disco per usi futuri.
La valutazione finale del modello si ottiene applicandolo alle immagini di test, confrontando le etichette previste con quelle reali per calcolare la percentuale di accuratezza. L’analisi dei risultati è completata dalla visualizzazione della matrice di confusione, che permette di identificare le classi maggiormente confuse e di comprendere meglio i limiti del modello.
È cruciale comprendere che la trasformazione da audio a immagini tramite melspectrogrammi rappresenta una forma di feature engineering fondamentale, che permette di sfruttare tecniche di deep learning tipiche della visione artificiale per un problema di classificazione audio. La scelta della frequenza di campionamento, la gestione di segnali di durata inferiore al secondo e la normalizzazione delle immagini sono passaggi decisivi che influenzano la qualità dell’addestramento e la robustezza del modello. Inoltre, l’accurata suddivisione del dataset in training, validazione e test è essenziale per evitare fenomeni di overfitting e garantire una stima attendibile delle capacità predittive della rete. Infine, la semplicità dell’architettura proposta sottolinea come, in alcuni contesti, modelli meno complessi possano ancora fornire risultati soddisfacenti, soprattutto se supportati da un preprocessing accurato e da un’adeguata quantità di dati ben etichettati.
Quali sono le principali modalità di implementazione dei sistemi di controllo fuzzy e quale ruolo gioca MATLAB?
I sistemi di controllo basati sulla logica fuzzy (FLC) rappresentano una soluzione particolarmente efficace nei casi in cui i modelli matematici siano ignoti, eccessivamente complessi o variabili nel tempo. Questi sistemi si fondano sull’esperienza umana e sulla capacità di tradurre regole linguistiche in meccanismi di controllo, rendendoli ideali per ambiti in cui l’intuizione umana è difficile da formalizzare in termini strettamente numerici.
L’implementazione dei FLC può avvenire sia su piattaforme hardware dedicate, sia su sistemi general-purpose. Sebbene le strutture algoritmiche della logica fuzzy si prestino naturalmente a implementazioni hardware, la stragrande maggioranza delle applicazioni descritte in letteratura è sviluppata su hardware general-purpose. Questa scelta si giustifica con la facilità di prototipazione, il basso costo iniziale e l’accesso a tool di sviluppo ben consolidati. Tuttavia, una soluzione ottimale univoca per tutte le applicazioni FLC non esiste: ogni progetto richiede un approccio mirato, considerando la complessità del sistema, i vincoli temporali, il numero di unità da produrre, il tempo disponibile per lo sviluppo e altri fattori contestuali.
Le soluzioni per l’implementazione di sistemi FLC possono essere classificate in quattro categorie principali: soluzioni software su sistemi general-purpose, soluzioni software su sistemi special-purpose, implementazioni hardware con processori fuzzy dedicati e soluzioni basate su ASIC fuzzy. Tuttavia, l’interesse pratico si concentra spesso sulle prime due classi, in particolare quando si utilizza MATLAB, che offre un ambiente di sviluppo potente e flessibile.
MATLAB, tramite il Fuzzy Logic Toolbox™ e Simulink, fornisce un’interfaccia amichevole per lo sviluppo rapido di applicazioni FLC. Il toolbox supporta due principali tipologie di sistemi di inferenza fuzzy: Mamdani e Sugeno. Entrambi possono essere sviluppati in versione Type-1 o Type-2, con una scelta che dipende dalla natura e dai requisiti del problema affrontato.
Il sistema Mamdani, nato per tradurre in codice l’esperienza degli operatori umani, è caratterizzato da regole la cui uscita è un insieme fuzzy. Questo approccio è particolarmente adatto in contesti esperti, come la diagnostica medica, i sistemi di controllo robotico e gli impianti a ciclo chiuso, grazie alla sua capacità di rappresentare conoscenze qualitative in modo trasparente e comprensibile.
Al contrario, il sistema Sugeno, noto anche come Takagi-Sugeno-Kang, impiega funzioni di appartenenza di uscita definite da valori singolari (singleton), costanti o dipendenti linearmente dagli ingressi. La sua efficienza computazionale lo rende preferibile in applicazioni real-time o in sistemi embedded a risorse limitate. Ogni regola in un sistema Sugeno produce un output calcolato come funzione lineare degli ingressi e ponderato con la forza di attivazione della regola. L’uscita finale del sistema si ottiene tramite una media pesata degli output delle singole regole, evitando la necessità di calcolare centri di massa di insiemi fuzzy bidimensionali, come avviene nei sistemi Mamdani.
MATLAB offre due modalità operative per lo sviluppo di FLC: la modalità App Designer e la modalità a funzioni. La prima, attraverso una serie di GUI, permette anche agli utenti meno esperti di progettare un FIS completo in pochi minuti senza scrivere codice. Basta selezionare le funzioni di appartenenza desiderate, definire le regole di controllo e osservare in tempo reale gli effetti delle scelte effettuate, inclusi output tridimensionali.
La nuova versione della Fuzzy Logic Designer App, recentemente introdotta da MathWorks®, offre ulteriori funzionalità rispetto all’originale, semplificando ancora di più il processo di progettazione. Entrambe le versioni sono attivabili tramite comandi diretti nel prompt MATLAB: fuzzy per la versione originale e fuzzyLogicDesigner per la nuova. Quest’ultima rappresenta lo strumento preferenziale per l’adozione di tecnologie aggiornate e metodologie didattiche orientate alla riduzione della curva di apprendimento.
Per esempio, il controllo fuzzy di un condizionatore, realizzato con la nuova App, permette di progettare un sistema open-loop per la gestione del motore della resistenza. Questo tipo di esercizio evidenzia la potenza del toolbox nel creare modelli realistici, accessibili anche a studenti alle prime armi, che possono così esplorare e comprendere la logica fuzzy senza ostacoli tecnici.
È importante sottolineare che, oltre all’aspetto implementativo, una piena comprensione dell’applicazione della logica fuzzy richiede una solida base concettuale nei principi dell’inferenza fuzzy, nella scelta delle funzioni di appartenenza, nell’analisi delle regole di attivazione e nell’ottimizzazione della defuzzificazione. Inoltre, la differenza tra sistemi di tipo 1 e tipo 2, spesso trascurata, diventa cruciale in applicazioni dove l’incertezza è particolarmente rilevante. I sistemi di tipo 2, infatti, offrono una rappresentazione più raffinata dell’incertezza, pur richiedendo un maggiore sforzo computazionale. In molti contesti industriali e accademici, la capacità di modellare sistemi con incertezze complesse può costituire il fattore determinante per il successo dell’implementazione fuzzy.
Come funziona il clustering e il reinforcement learning nel machine learning?
Il clustering rappresenta un compito fondamentale nell’analisi esplorativa dei dati, finalizzato a suddividere un insieme di elementi in gruppi o cluster in modo tale che gli elementi appartenenti a uno stesso cluster siano simili tra loro e dissimili rispetto a quelli degli altri gruppi. Questa tecnica è utilizzata in molteplici settori: dal riconoscimento di pattern all’analisi delle immagini, dal recupero delle informazioni alla bioinformatica, fino alla compressione dei dati e all’apprendimento automatico. Nel campo del marketing, per esempio, il clustering consente di raggruppare individui con caratteristiche comuni per indirizzare campagne mirate; nell’assicurazione, permette di definire gruppi omogenei di clienti per determinare tariffe personalizzate.
Non esiste un unico algoritmo per il clustering, bensì un insieme di metodologie che differiscono nella definizione stessa di cluster e nelle modalità di identificazione. I cluster possono essere interpretati come insiemi di punti con distanze minime tra loro, aree di alta densità nello spazio dei dati, intervalli o distribuzioni statistiche particolari. Per questo motivo, la ricerca dei cluster è formulabile come un problema di ottimizzazione multiobiettivo. La scelta dell’algoritmo più appropriato e la configurazione dei suoi parametri — quali la funzione di distanza, la soglia di densità o il numero di cluster attesi — dipende dal tipo di dati e dagli obiettivi dell’analisi. Il clustering non è un processo automatico ma un procedimento iterativo di scoperta della conoscenza che richiede frequenti aggiustamenti sia nella preelaborazione dei dati sia nelle impostazioni del modello, fino al raggiungimento di risultati soddisfacenti.
Parallelamente, il reinforcement learning (apprendimento per rinforzo) si configura come un paradigma di apprendimento automatico in cui un agente intelligente apprende a compiere azioni in un ambiente dinamico con l’obiettivo di massimizzare una ricompensa cumulativa. Diversamente dall’apprendimento supervisionato, il reinforcement learning non necessita di dati etichettati né di correzioni esplicite per azioni subottimali; il fulcro è trovare un equilibrio tra l’esplorazione di nuove strategie e lo sfruttamento delle conoscenze già acquisite. Spesso l’ambiente viene modellato come un processo decisionale di Markov, in cui le azioni influenzano gli stati successivi e la ricompensa associata.
Un elemento chiave di questa disciplina è la natura trial-and-error del processo di apprendimento, simile al modo in cui un bambino impara attraverso l’interazione con il mondo circostante. L’agente deve autonomamente scoprire la sequenza di azioni che massimizzano la ricompensa, tenendo conto non solo della ricompensa immediata ma anche di quella ritardata. Questo rende il reinforcement learning particolarmente potente nell’affrontare problemi dove il modello esatto dell’ambiente è sconosciuto o troppo complesso per metodi classici.
L’apprendimento per rinforzo si divide in due approcci principali: il rinforzo positivo, che aumenta la frequenza di comportamenti seguiti da eventi favorevoli, e il rinforzo negativo, che rafforza comportamenti che portano alla cessazione o all’evitamento di condizioni avverse. Entrambi contribuiscono a migliorare la performance e la sostenibilità del cambiamento comportamentale, anche se un eccesso di rinforzo può portare a un sovraccarico degli stati, con conseguente diminuzione dell’efficacia.
L’architettura di base del reinforcement learning si compone di policy (strategie decisionali), funzioni di ricompensa e di valore, e un modello dell’ambiente. Questi elementi lavorano in sinergia per permettere all’agente di apprendere e adattarsi in contesti complessi.
L’integrazione tra clustering e reinforcement learning, spesso supportata da reti neurali artificiali, che mimano la struttura e il funzionamento dei neuroni cerebrali, rappresenta una frontiera avanzata del machine learning. Le reti neurali, composte da strati multipli di nodi interconnessi, sono in grado di apprendere rappresentazioni complesse dei dati attraverso algoritmi supervisionati, non supervisionati o di rinforzo, e costituiscono la base del deep learning. Quest’ultimo, estendendo la profondità delle reti neurali, permette di gestire enormi quantità di dati e di cogliere pattern altamente astratti, avvicinandosi progressivamente alla capacità di apprendimento umano.
Comprendere che il machine learning non è un processo automatico e lineare ma un percorso iterativo e spesso complesso, dove la scelta delle metodologie e la taratura fine dei parametri sono essenziali, è fondamentale per chi si avvicina a questo campo. Inoltre, è importante riconoscere come ogni tecnica sia adatta a specifici tipi di dati e problemi, e che l’efficacia delle soluzioni dipenda dalla capacità di integrare diverse metodologie in modo armonico.
Come gestire dataset misti e principi di classificazione Naive Bayes in modelli di apprendimento automatico
Nel trattamento di dataset misti, ossia contenenti variabili di tipo numerico e categorico, è fondamentale adattare i metodi di classificazione per mantenere l’integrità e l’efficacia del processo predittivo. Un esempio concreto si ha nell’analisi di un dataset modificato relativo al diabete, dove la presenza di colonne testuali, come il genere, impone la loro conversione in variabili categoriche tramite funzioni dedicate come categorical(). Questo passaggio è essenziale perché algoritmi di classificazione standard non gestiscono direttamente dati misti sotto forma di vettori o matrici: è necessario organizzare i dati di addestramento e di test in tabelle strutturate, che consentano di preservare le caratteristiche eterogenee del dataset.
L’esperienza mostra che, utilizzando due algoritmi di classificazione noti – fitcnb() (Naive Bayes) e fitcecoc() (Error-Correcting Output Codes per classificazione multiclasse) – i risultati ottenuti su dati convertiti (stringhe trasformate in numeri) e su dati originali misti non presentano differenze significative nelle prestazioni, suggerendo una certa robustezza degli algoritmi rispetto al tipo di rappresentazione dati, purché le conversioni siano effettuate correttamente. La condizione indispensabile è che tutte le colonne testuali vengano trattate come dati categorici e che sia rispettato il formato tabellare per tutti i dati utilizzati nel training e nel testing.
Nel dettaglio, l’algoritmo Naive Bayes opera sulla base di un modello di probabilità condizionata, che assegna per ogni possibile classe un valore probabilistico condizionato sull’insieme delle caratteristiche osservate. Questo modello, formalizzato tramite il teorema di Bayes, assume un’importante semplificazione nota come ipotesi di indipendenza condizionata: ogni variabile caratteristica è considerata indipendente dalle altre, dato il valore della classe. Questa assunzione, benché spesso non rispecchi completamente la realtà, rende il modello computazionalmente praticabile e sorprendentemente efficace in molte applicazioni.
La formula chiave del Naive Bayes classifica un’istanza scegliendo la classe che massimizza il prodotto tra la probabilità a priori della classe e la probabilità condizionata delle caratteristiche date quella classe. L’efficacia di questo approccio deriva dalla capacità di stimare i parametri probabilistici delle distribuzioni delle caratteristiche, che può avvenire tramite assunzioni parametriche (ad esempio, distribuzione gaussiana per dati continui) o mediante modelli non parametrici.
Tra le varianti più comuni del Naive Bayes si ricordano il modello Gaussiano, adatto per dati continui distribuiti normalmente; il modello Multinomiale, utile per dati discreti come conteggi; e il modello Bernoulliano, indicato per dati binari. Questi modelli si differenziano per l’ipotesi sottostante alla distribuzione delle caratteristiche, ma condividono il principio base dell’indipendenza condizionata.
Nel contesto pratico, è importante sottolineare che il formato e il tipo di dati hanno un impatto cruciale sulla preparazione dei dataset e sulle prestazioni del modello. La conversione corretta di variabili categoriche, l’organizzazione dei dati in strutture tabellari e la selezione appropriata del modello Naive Bayes contribuiscono a un processo di classificazione efficace e interpretabile. Inoltre, comprendere i limiti dell’ipotesi di indipendenza e valutare l’adeguatezza del modello in relazione alla natura dei dati è fondamentale per evitare errori di classificazione e migliorare l’accuratezza predittiva.

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