Cicerone, nel suo pensiero politico, espone chiaramente l'idea che l'essenza dell'umanità risieda nella sua capacità razionale e linguistica. Secondo lui, l'uomo non è una creatura solitaria o asociale, ma è naturalmente predisposto a vivere in società, e le sue facoltà razionali e linguistiche sono alla base di ogni organizzazione sociale e politica. La riflessione di Cicerone implica che, senza queste qualità universali, non esisterebbero né sistemi organizzati di società né la politica stessa. La razionalità e la capacità di comunicare con il linguaggio sono ciò che unisce gli esseri umani, e proprio queste caratteristiche fanno sì che tutti gli uomini siano essenzialmente uguali, indipendentemente dall'etnia o dal luogo di origine.
A differenza dei Greci, che tendevano a considerare la diversità etnica come un criterio fondamentale per definire l'umanità, Cicerone sostiene che non vi è differenza sostanziale tra uomo e uomo. In questa visione, la razza o il luogo di nascita non sono determinanti: ciò che conta è la capacità di ragionare e di parlare, che fa di ogni individuo un membro a pieno titolo della comunità umana. Cicerone sostiene che non esiste nulla di più simile a un altro essere umano di quanto lo sia ogni uomo rispetto a un altro. La sua visione dell'umanità è quindi quella di una comunità globale, unita da legami naturali e universali.
Questa unità, che egli vede come un legame indissolubile, trova la sua base nella giustizia. Secondo Cicerone, la giustizia è il principio fondamentale che mantiene l'ordine e la coesione all'interno della società umana. La giustizia non solo implica il rispetto dei diritti degli altri, ma anche il dovere di proteggere e difendere chi è vittima di ingiustizie, se si ha la possibilità di farlo. Cicerone afferma che l'ingiustizia si manifesta in due modi: quando qualcuno infligge un danno ingiusto ad un altro e quando una persona non impedisce che un'ingiustizia venga commessa, pur potendo farlo. In entrambi i casi, l'individuo ha violato il dovere morale che nasce dalla sua umanità comune.
La giustizia, dunque, non è solo un'azione negativa (astenersi dal fare del male), ma implica anche un'azione positiva: l'impegno a difendere i diritti degli altri e a proteggere la comunità. In questo senso, la giustizia è la virtù che permette la perpetuazione di tutte le forme di associazione umana, poiché senza di essa non sarebbe possibile mantenere l'ordine e la cooperazione. Cicerone sottolinea che il dovere di giustizia è universale, e che tutti gli esseri umani sono legati da un vincolo di giustizia che li obbliga a trattarsi con equità e rispetto reciproco.
Questa visione universalista della giustizia è simile a quella che oggi viene chiamata cosmopolitismo. Cicerone, infatti, argomenta che la giustizia non si limita ai confini di una città o di una nazione, ma si estende a tutta l'umanità. In questo senso, l'individuo ha l'obbligo morale di trattare ogni altro essere umano, senza distinzione, con giustizia. La visione cosmopolita di Cicerone si fonda sull'idea che tutti gli esseri umani, per il semplice fatto di essere tali, sono uguali e meritevoli di rispetto e protezione. La sua teoria della giustizia è quindi inestricabilmente legata all'idea di solidarietà e di uguaglianza umana, che giustificano un sistema mondiale di leggi e diritti.
Tuttavia, la posizione di Cicerone non deve essere confusa con un supporto all'espansione militare romana o con l'ideologia imperialista. Nonostante alcuni critici abbiano cercato di ridurre la sua visione universale a una giustificazione della politica espansionistica di Roma, è evidente che per Cicerone il legame che unisce gli esseri umani va ben oltre gli interessi politici o militari di una singola nazione. Al contrario, il concetto di "giustizia" che egli promuove è fondato sull'idea che l'umanità, come un tutto, ha il dovere di difendere i diritti e il benessere di ogni individuo, indipendentemente dal suo luogo di nascita o dalla sua appartenenza politica.
Cicerone, però, non si limita a esplorare la giustizia su un piano universale. La sua riflessione si estende anche alla politica interna e alla cittadinanza. Per lui, la patria (patria) è l'obbligo morale supremo, e le sue esigenze prevalgono su ogni altro dovere. La lealtà alla propria nazione è per Cicerone la più alta forma di virtù civica. In questo senso, l'amore per la patria è un valore che giustifica anche il sacrificio della propria vita, se necessario, per la sua protezione e per la salvezza della repubblica. L'individuo deve essere pronto a sacrificare non solo il denaro, ma anche la propria vita e il proprio onore, per il bene della sua nazione.
La visione di Cicerone sulla patria non è, però, una semplice adesione a un nazionalismo che glorifica la propria terra senza considerare gli altri. Il patriottismo che egli promuove è un patriottismo fondato sulla giustizia e sulla virtù civica. È il dovere di un cittadino quello di proteggere la sua nazione, ma sempre nel rispetto dei principi di giustizia universale e umana che sono alla base della sua visione politica.
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Come si costruisce l'identità europea: cittadinanza e democrazia nell'Unione Europea
L'identità europea si sviluppa attraverso un processo complesso che ha radici comuni con la costruzione delle identità nazionali, ma presenta specificità legate alla natura multistratificata e transnazionale dell'Unione Europea (UE). In questa prospettiva, è fondamentale comprendere come l'identità europea si intreccia con altre forme di appartenenza e come la cittadinanza europea si inserisce in un sistema complesso di livelli identitari.
I processi di costruzione dell'identità nell'UE sono simili a quelli delle nazioni, ma le differenze emergono dalla pluralità dei riferimenti, dalla molteplicità dei livelli di governance e dalla continua evoluzione delle politiche. L'identità europea, come quella nazionale, non è statica, ma è in continua evoluzione e viene continuamente negoziata nel discorso politico, così come nelle istituzioni e nelle strutture socioeconomiche che sostengono l'Unione. Le identità nazionali e quella europea si rafforzano mutuamente attraverso la creazione di un "Altro", un elemento distintivo che consente agli Stati membri di posizionarsi rispetto agli Stati Uniti, all'Asia e altre entità globali.
La cittadinanza europea, come concetto, è radicata nella struttura legale dell'UE, ma non si limita alla pura legalità. Essa comprende una dimensione più ampia, che interseca diritti, doveri, pratiche democratiche e partecipazione attiva. Questo concetto di cittadinanza non è un insieme immutabile di condizioni giuridiche, ma si costruisce in modo dinamico e multilivello, portando con sé la possibilità di essere organizzata e modulata su diversi piani: da quello nazionale a quello europeo, fino ad arrivare ad una dimensione globale. Ciò implica una riflessione sulle possibili evoluzioni future della cittadinanza, che potrebbe espandersi o diminuire in funzione della natura della governance e delle trasformazioni politiche in atto.
Tuttavia, uno degli aspetti cruciali della cittadinanza europea è la sua debolezza rispetto alla democrazia. Attualmente, la cittadinanza dell'UE è descritta come una cittadinanza "debole", passiva e priva di obblighi significativi. Questo status di passività fa sì che la cittadinanza europea non sia pienamente democratica, mancando di un adeguato coinvolgimento attivo dei cittadini nel processo decisionale. In altre parole, la cittadinanza legale nell'UE non è accompagnata da una partecipazione democratica attiva, un elemento essenziale per la formazione di un "demos" europeo, ossia di una comunità di cittadini politici.
Nel contesto delle democrazie moderne, la cittadinanza è sempre stata legata a pratiche di partecipazione diretta, come il diritto di voto, la libertà di espressione e la fondazione di partiti. Questi strumenti hanno permesso la creazione di una società civile e di una sfera pubblica, e sono stati essenziali per lo sviluppo di un demos nazionale. Se l'Unione Europea vuole evolversi verso una forma più completa di democrazia, deve dunque promuovere una cittadinanza più attiva e partecipativa. La democrazia nell'UE non deve essere solo una somma di diritti legali, ma deve evolversi in un processo che comprenda anche la contestazione, la deliberazione e la partecipazione diretta.
Il futuro della cittadinanza nell'Unione Europea dipenderà in gran parte dal comportamento dei cittadini stessi. Se le pratiche di cittadinanza attiva prenderanno piede, anche attraverso le iniziative delle organizzazioni non governative (ONG), i movimenti di protesta e altre forme di impegno civico, potrebbe svilupparsi una democrazia più solida e un demos europeo più forte. La partecipazione nelle elezioni del Parlamento Europeo del 2019 ha mostrato segni positivi, con una maggiore affluenza alle urne e un maggiore coinvolgimento dei giovani nelle questioni politiche europee, come il cambiamento climatico. Questo rappresenta un segnale positivo per il futuro, poiché dimostra che i cittadini europei, in particolare le giovani generazioni, stanno cominciando a considerare l'Unione Europea come un interlocutore diretto per le loro preoccupazioni.
La democrazia europea, quindi, è un processo in divenire, e le sfide non mancano. Se la cittadinanza europea rimarrà un concetto giuridico passivo, essa avrà poche possibilità di svilupparsi in una vera democrazia europea. Solo attraverso un'azione politica dal basso, che stimoli la partecipazione attiva dei cittadini, l'UE potrà sperare di costruire una comunità politica democratica e realmente inclusiva. La vera forza della cittadinanza europea risiede, pertanto, nel suo potenziale di evoluzione, nella capacità di integrare le voci e le pratiche di tutti i suoi cittadini, e nell'abilità di trasformare la legislazione in una vera pratica di partecipazione democratica.

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