All'età di quarantatré anni, morì. È molto triste, perché era una persona meravigliosa che non è mai riuscita a trovare se stesso. In molti modi aveva tutto, ma le pressioni della nostra famiglia, così particolari, non facevano per lui. Avrei voluto accorgermene prima. Fortunatamente per me, mi sono avvicinato agli affari fin da giovane, e non mi sono mai sentito intimidito da mio padre, come la maggior parte delle persone. Ho sempre avuto un rapporto con lui quasi da uomo d'affari. A volte mi chiedo se ci saremmo trovati così bene se non fossi stato così orientato al business. Fin da bambino, ero un ragazzo molto assertivo, aggressivo. Alle scuole elementari, ad esempio, ho dato un pugno al mio insegnante di musica, non perché fosse maleducato, ma perché pensavo che non sapesse nulla di musica. Per poco non venivo espulso. Non ne vado fiero, ma è una chiara dimostrazione che, fin da piccolo, avevo la tendenza a esprimere le mie opinioni in maniera forte. La differenza, adesso, è che preferisco usare la mente anziché le mani.

Da ragazzo, ero un leader nel mio quartiere. Come oggi, la gente o mi adorava o mi detestava. Nella mia cerchia di amici ero molto apprezzato, e tendevo a essere il tipo che gli altri seguivano. Da adolescente, mi divertivo a creare disordini, forse perché mi piaceva testare le persone e creare situazioni imprevedibili. Lanciavo palloncini d’acqua, tiravo pallini di carta e facevo confusione nei cortili della scuola e alle feste di compleanno. Non era cattiveria, ma piuttosto una forma di aggressività. Mio fratello Robert ama raccontare di quando ha capito dove stavo andando. Robert ha due anni meno di me ed è sempre stato molto più tranquillo e rilassato, mentre io ero sempre un po' più irruento. Un giorno, stavamo giocando insieme nel soggiorno, costruendo con i mattoncini. Volevo costruire una torre molto alta, ma mi mancavano dei mattoni. Chiesi a Robert se potevo prenderne alcuni dei suoi e lui acconsentì, a patto che glieli restituiscessi una volta finito. Usai tutti i miei mattoni, e poi anche tutti i suoi, e alla fine costruì una bella torre. Mi piaceva tanto che la incollai tutta. Da quel momento, i mattoni di Robert erano miei.

A tredici anni, mio padre decise di mandarmi a una scuola militare, pensando che un po' di disciplina militare sarebbe stata utile. Non ero entusiasta, ma si rivelò essere la scelta giusta. Iniziai l’ottavo anno alla New York Military Academy, nella parte settentrionale dello stato di New York. Rimasi lì fino all’ultimo anno, e durante il percorso imparai molto sulla disciplina e sull’importanza di canalizzare l’aggressività in obiettivi concreti. Nell'ultimo anno, fui nominato capitano dei cadetti. Un insegnante in particolare ebbe un grande impatto su di me: Theodore Dobias, un ex sergente dei Marines, fisicamente molto duro e senza pietà. Se facevi qualcosa di sbagliato, ti puniva senza esitazione. Presto capii che non avrei mai avuto una chance contro di lui fisicamente. Alcuni compagni ci provarono e finirono male. Altri, più deboli, non dissero mai nulla. Io, invece, trovai una via di mezzo: lo rispettavo, ma non mi facevo intimidire. Divenni capace di fargli capire che apprezzavo la sua autorità, ma senza mai mostrargli debolezza. Alla fine, questo approccio ci fece andare d’accordo.

Per quanto riguarda gli studi, non ero certo un genio, e non posso dire che ci mettessi molto impegno. Fin da giovane capii che l'aspetto accademico era solo una fase preliminare rispetto a quello che sarebbe successo dopo la laurea. Sin da quando ero piccolo, andavo con mio padre sui cantieri, osservando il suo lavoro, a volte anche a caccia di bottiglie di soda da portare al negozio per qualche centesimo. Durante le vacanze scolastiche, lo seguivo per vedere come gestiva gli affari, parlando con appaltatori, visitando edifici e trattando nuovi siti. Mi resi conto ben presto che per avere successo nel suo campo, nell’immobiliare, bisognava essere duri e senza pietà. Per fare profitti, dovevi mantenere bassi i costi. Mio padre era un maestro in questo. Negociava con la stessa intensità con i fornitori di prodotti da ufficio e con i grandi appaltatori. La sua forza stava nel fatto che conosceva esattamente il valore di ogni lavoro. Se sapevi quanto costava un lavoro di impianti idraulici, ad esempio, sapevi anche quanto potevi trattare con l’appaltatore senza rischiare di farlo fallire. Se il lavoro costava 400.000 dollari, non cercavi di negoziare per 300.000, ma nemmeno ti lasciavi ingannare chiedendo 600.000.

Inoltre, mio padre era un imprenditore che, più di ogni altro, sapeva come ottenere il meglio dai suoi collaboratori. Una delle sue tecniche era quella di garantire che i suoi appaltatori fossero pagati sempre puntualmente, il che rappresentava una grande differenza rispetto agli altri imprenditori del settore. Questo gli permetteva di avere sempre più lavori in corso, poiché la sua affidabilità era un punto di forza. Quando si trattava di negoziare con un appaltatore, mio padre non solo si concentrava sul prezzo, ma anche sulla velocità e sulla qualità, il che rendeva il suo business incredibilmente efficiente.

Osservando mio padre, ho imparato che l’efficienza operativa e il rispetto per le persone con cui lavoravi erano le chiavi del successo. È anche importante ricordare che il successo in un business, e più in generale nella vita, non deriva solo dalla competenza tecnica, ma dalla capacità di adattarsi e usare l’intelligenza per risolvere situazioni complesse. Questa lezione fu evidente quando mio padre costruiva i suoi edifici più velocemente e meglio dei suoi concorrenti, riuscendo così ad acquistare la loro proprietà quando fallivano, consolidando ulteriormente il suo impero.

Quali gruppi occupano gli appartamenti di Central Park South e come si svolge la lotta per il controllo degli affitti?

A Central Park South, gli inquilini del 100, così come quelli del vicino Barbizon-Plaza, sono divisi in tre gruppi distinti. Il primo gruppo è composto dai più ricchi e noti, i cui appartamenti si affacciano sul parco e occupano i piani alti. Tra questi, molti sono persone di successo, come il famoso stilista Arnold Scaasi o l'architetto Angelo DeSapio, che pagano affitti molto al di sotto del valore di mercato per appartamenti enormi con vista su Central Park. Scaasi, per esempio, affitta un duplex di sei stanze con vista parco a soli 985 dollari al mese, una cifra che potrebbe facilmente coprire il costo di un monolocale nella zona. Questo gruppo di inquilini, che rappresenta l'élite economica, ha un affitto che non riflette il valore di mercato, ma che permette loro di vivere in uno dei quartieri più ambiti di New York.

Il secondo gruppo di inquilini è composto da professionisti più giovani, i cosiddetti "yuppie", come broker, giornalisti e avvocati. Sebbene non siano milionari, sono comunque benestanti e vivono in appartamenti più piccoli, ma sempre con una buona vista sul parco. Questi appartamenti, pur non essendo enormi, sono molto desiderati per la loro posizione privilegiata.

Il terzo gruppo, infine, è quello delle persone meno abbienti, che occupano appartamenti più piccoli e maltenuti, spesso con cucine minuscole e finestre che si affacciano su cortili interni. Molti di loro sono anziani, e alcuni vivono grazie alla pensione sociale. Nonostante paghino un affitto decisamente inferiore a quello di mercato, le loro condizioni sono molto più modeste rispetto agli altri due gruppi. In questo caso, l'affitto rappresenta una percentuale molto più alta del loro reddito, e vivono in condizioni che non riflettono la loro capacità di pagamento.

A fronte di questa disparità, un uomo emerge come il leader di questi inquilini: John Moore. Proveniente da una famiglia di ceto sociale elevato, ma non particolarmente benestante, Moore aveva un appartamento con vista parco che pagava un affitto estremamente basso, ma si trovava a difendere i diritti degli inquilini più poveri. Nonostante la sua posizione privilegiata, Moore non si identificava completamente con nessuno dei gruppi, ma divenne il punto di riferimento per la lotta contro le politiche di sgombero e l'aumento degli affitti.

Nel tentativo di ottenere il controllo sugli appartamenti, la società di gestione Citadel Management fu assunta per gestire la vacanza degli appartamenti. L'approccio era semplice: informare gli inquilini che l'edificio sarebbe stato demolito per fare spazio a una nuova costruzione e offrire loro assistenza per trovare nuovi appartamenti. Ma i locatari, difendendo i loro diritti, formarono un'associazione e assunsero avvocati disposti a lottare contro l'evizione. Il contrasto tra le due parti si fece subito acceso. I ricchi inquilini erano disposti a pagare avvocati anche con tariffe elevate, pur di non perdere il loro appartamento a basso affitto, che rappresentava una risorsa economica irrinunciabile.

La questione legale era complessa: la demolizione era giustificata se il nuovo edificio avrebbe fornito almeno il 20% di unità abitative in più, e se l'edificio esistente non stava generando un profitto sufficiente (meno dell'8,5% del valore catastale). Nonostante gli sforzi per rimanere all'interno della legge, la strategia di Trump, che si rifiutava di ricorrere a metodi sleali o violenti per forzare gli inquilini ad andarsene, era chiara. Invece di impiegare metodi di intimidazione come molti altri proprietari, si limitò a ridurre i costi operativi e a non migliorare le strutture, senza, però, compromettere la sicurezza o i servizi essenziali.

Questa guerra per gli affitti a Central Park South non riguarda solo il denaro, ma anche il potere e lo status. Mentre alcuni lottano per mantenere uno stile di vita comodo a costi irrisori, altri devono affrontare l'incertezza e la paura di perdere la loro casa. La battaglia rappresenta il conflitto tra il desiderio di un più ampio profitto per i proprietari e la lotta per la sopravvivenza di chi ha meno risorse.

La questione di Central Park South ci invita a riflettere su come il mercato immobiliare, con le sue disparità, sia in grado di plasmare la società. Non solo i ricchi, ma anche le persone di ceto medio e basso si trovano a confrontarsi con le stesse dinamiche di mercato, sebbene in modi diversi. Comprendere questi meccanismi, in particolare quelli legati agli affitti controllati, è essenziale per chiunque voglia comprendere a fondo le problematiche abitative delle grandi città e le sfide che queste pongono a tutti i loro abitanti. Il caso di Central Park South, quindi, non è solo un esempio di lotta tra capitale e classe sociale, ma una lezione su come le politiche urbane possano alterare la vita di chi vive nelle metropoli globali.

Perché un Affare che Sembrava Perdente può Trasformarsi in una Vittoria Straordinaria

Nel 1986, mi è stato offerto di vendere l’edificio di Central Park South per 10 milioni di dollari, un affare che, a prima vista, sembrava vantaggioso. Sulla base del prezzo d'acquisto originale, avrei ottenuto un profitto considerevole. Tuttavia, ho deciso di rifiutare. Non riuscivo a tollerare l’idea che gli inquilini stessero utilizzando le accuse di molestie per cercare di ottenere l'edificio a un prezzo inferiore al valore di mercato. Questo, tuttavia, ha portato a un grande errore da parte loro.

La vicenda legale legata alle presunte molestie si è prolungata nei tribunali per anni, ma nel 1985 un giudice della Corte Suprema dello Stato ha stabilito che non c’erano prove sufficienti per confermare le accuse. Nonostante ciò, la città di New York ha continuato a insistere su una causa che ormai non aveva più fondamento, una decisione che, a mio avviso, era legata al mio scontro con il sindaco Ed Koch sulla questione delle agevolazioni fiscali per la Trump Tower e la figura imbarazzante che gli avevo fatto fare con il Wollman Rink.

Nel frattempo, ho deciso di ristrutturare l'edificio Barbizon-Plaza, che ho ribattezzato Trump Parc. La ristrutturazione è stata iniziata con lavori che hanno trasformato le piccole finestre originali in ampie aperture panoramiche. Queste modifiche hanno aumentato notevolmente il valore dell'edificio. La combinazione dell'architettura storica e dei miglioramenti moderni ha creato un prodotto unico sul mercato, che offriva il meglio del passato e del futuro. L’edificio ha mantenuto il suo fascino, con soffitti alti e dettagli architettonici ricercati, ma è stato dotato di impianti nuovi, moderne ascensori e, naturalmente, finestre Thermopane.

A novembre del 1986, ho messo gli appartamenti sul mercato e, in meno di otto mesi, ho venduto l’80% degli appartamenti, incassando oltre 240 milioni di dollari, molto più di quanto avessi mai immaginato. Grazie al mio intervento, la città guadagnerà maggiori entrate fiscali e il quartiere ha preservato due edifici storici. Infine, il risultato per me è stato un guadagno di oltre 100 milioni di dollari da un affare che molti consideravano un disastro.

Questa esperienza mi ha insegnato che a volte, quando le cose sembrano andare male, si può trasformare una situazione complicata in una grande opportunità. Non si tratta mai solo di numeri e di valutazioni immediate, ma anche di visione a lungo termine e di resistenza alle difficoltà.

Un’altra lezione importante riguarda la capacità di identificare e correggere i problemi in un progetto. Quando ho acquistato la squadra di football New Jersey Generals nel 1983, la lega della USFL era in crisi, avendo perso milioni di dollari. Tuttavia, la mia motivazione non era il denaro, ma l'opportunità di lanciare una sfida alla NFL, un monopolio che, a mio avviso, aveva bisogno di un concorrente aggressivo. Il mio investimento iniziale era relativamente modesto, ma la prospettiva di poter costruire qualcosa di significativo mi ha spinto a prendere il rischio.

Quando acquisii la squadra, la USFL stava affrontando due sfide principali: la prima era che giocavano in primavera, un periodo poco attraente per i fan del football, abituati a guardare il gioco in autunno. Il secondo problema era la qualità del prodotto. Il mio piano era chiaro: per competere con la NFL, dovevamo firmare giocatori di alto livello e promuovere la lega per creare l’entusiasmo che avrebbe potuto attrarre l'attenzione del pubblico e dei network televisivi.

L’esperienza con la USFL mi ha ricordato l'importanza di prendersi dei rischi calcolati e di sapere quando e come adattarsi ai cambiamenti. Nella storia dello sport, ci sono state leghe che hanno affrontato difficoltà simili, come la AFL, che alla fine è riuscita a competere con la NFL. Tuttavia, senza un piano e senza il capitale per sostenere i rischi, altre leghe come la WFL non sono riuscite a sopravvivere.

In entrambi i casi, sia con la ristrutturazione dell’edificio di Central Park South che con l’acquisto dei New Jersey Generals, sono stato in grado di trasformare una situazione apparentemente negativa in una straordinaria opportunità, grazie alla perseveranza, alla visione strategica e alla capacità di affrontare le sfide senza arrendersi.

L'importanza di una gestione oculata e di una visione lungimirante è fondamentale, non solo nel campo immobiliare, ma anche in qualsiasi tipo di impresa. Ogni investimento comporta dei rischi, ma sono quelli che sanno come affrontarli con intelligenza e pazienza a trarne il massimo vantaggio.

Come il Progetto "Television City" Ha Superato le Avversità Urbanistiche e Politiche di New York

Nel momento in cui il piano di Helmut Jahn per il sito di Television City stava per essere reso pubblico, si iniziarono a percepire le prime difficoltà con le modalità di progettazione dello spazio aperto. La città mostrava già segni di preoccupazione riguardo alla nostra proposta. La mia intenzione era quella di coinvolgere Cooper per lavorare insieme a Jahn, ma purtroppo la collaborazione non interessava né a Jahn né a Cooper, quindi l'idea venne messa da parte. Nel maggio del 1986, decisi di contattare nuovamente Cooper, offrendogli la possibilità di assumere la responsabilità esclusiva del progetto. Ritenevo che fosse la persona giusta per far avanzare il progetto. Nonostante le divergenze passate, era chiaro che nessun architetto ambizioso avrebbe potuto rifiutare un'opportunità del genere. Television City rappresentava probabilmente uno dei progetti di design più ambiziosi e sfidanti del momento. Era giunto il momento per Cooper di associarsi a qualcosa di grande, piuttosto che limitarsi a progetti più piccoli e raffinati. Con mia sorpresa, Cooper accettò subito.

“Dio mio,” disse a un giornalista, “si tratta di tre quarti di miglio di fronte sul fiume Hudson, non è qualcosa che si lascia così facilmente.” Nonostante le differenze, presto mi resi conto che Cooper aveva un'intuizione molto più grandiosa di quanto molti immaginassero. Lavorammo insieme con una sorprendente sintonia, e i cambiamenti proposti da Cooper al progetto ebbero un impatto significativo. Cooper aggiunse più strade e percorsi pedonali, permettendo un accesso diretto attraverso il progetto fino al lungofiume. Disegnò parchi facilmente accessibili da chiunque venisse da fuori, e decidemmo di aumentare il numero di edifici, facendo sì che ciascuno fosse un po' più piccolo, aggiungendo anche villette davanti agli edifici più alti, per variare la scala del progetto. Nonostante queste modifiche, la superficie totale rimase sostanzialmente invariata, in quanto non ritenni che una riduzione potesse garantire la fattibilità economica del progetto.

Quando il piano fu presentato al pubblico il 23 ottobre 1986, le critiche più dure si attenuarono, e persino i nostri avversari più accaniti divennero più entusiasti rispetto alla versione originale. Il presidente del consiglio di quartiere locale, John Kowal, sebbene si opponesse ancora alla proposta del superskyscraper, definì l’approccio di Cooper una "risposta brillante ai desideri di Trump" e lo considerò "un piano molto migliore". Cooper stesso, inizialmente scettico riguardo alle dimensioni del progetto, divenne progressivamente più entusiasta man mano che si faceva coinvolgere nella progettazione. Nel 1987, dichiarò al New York Times: “Spero che questo progetto venga valutato per i suoi meriti. Il problema è che lo spirito anti-sviluppo in questa città è molto forte. Quello che stiamo cercando di fare con Television City è diverso. C’è spazio lungo il fiume, e stiamo offrendo un livello di servizi pubblici che giustifica le dimensioni del progetto — parchi, passeggiate lungofiume e così via. Il grattacielo più alto del mondo richiede una situazione straordinaria. Ma se c’è un posto dove un grattacielo del genere ha senso, è qui."

Il mio obiettivo, parallelamente, era attrarre NBC nella nostra zona. Sentivo che, con l'acquisizione di RCA da parte di General Electric nel 1986, la nostra causa avrebbe potuto guadagnare slancio. Conoscevo Jack Welch, presidente della GE, e lo consideravo un brillante pensatore strategico, in grado di comprendere rapidamente i vantaggi di un’operazione come quella che stavamo proponendo. Welch aveva nominato Bob Wright, un altro dirigente GE, a capo di NBC, e anche lui sembrava una persona eccezionale. NBC stava già considerando diversi siti a New York, oltre a uno in New Jersey. Nel gennaio del 1987, NBC annunciò che le possibilità si erano ridotte a due: il nostro sito e una zona paludosa di Secaucus, New Jersey. L’unica opzione era, quindi, che NBC venisse nel nostro sito, oppure si trasferisse in New Jersey.

La città aveva già promesso di offrire a NBC agevolazioni fiscali, in particolare esenzioni sulle tasse immobiliari, per incentivare la rete a rimanere a New York. Tuttavia, la città sembrava preferire un approccio passivo, senza adottare misure decisive. Incredibilmente, dopo che Mobil Oil e J.C. Penney avevano già annunciato il loro trasferimento fuori dalla città, la risposta della politica di New York sotto il sindaco Ed Koch non fu pronta. Un editoriale del Daily News nel febbraio del 1987 mise in luce perfettamente la situazione, sottolineando che la perdita di NBC avrebbe significato un danno enorme per l’economia della città. La proposta di Television City, però, non aveva ricevuto una risposta adeguata da parte di City Hall.

Nel maggio del 1987, presentai una proposta concreta: un programma di esenzione fiscale che avrebbe reso possibile offrire a NBC un affare competitivo rispetto a quello del New Jersey. La mia offerta prevedeva la costruzione da parte mia della sede di NBC, con costi tra i 300 e i 400 milioni di dollari, un affitto fortemente sovvenzionato per 30 anni e la promessa di cedere alla città il 25% dei profitti di Television City per i successivi 40 anni. In cambio, chiedevo una esenzione fiscale di vent'anni sul sito. Nonostante l’enorme impegno finanziario da parte mia, la proposta fu rifiutata dal sindaco Ed Koch a fine maggio 1987.

Nonostante le difficoltà, il progetto di Television City continuò ad avanzare, con l’intento di rimanere un simbolo di ambizione e determinazione. Il dibattito su come integrare il progetto con le necessità urbane di New York e su come renderlo un esempio di sviluppo sostenibile e vantaggioso per la città rimase vivo, mentre il mondo degli affari e della politica si scontrava sulle scelte da fare. L'importanza di questi sviluppi non è solo nell’ambizione architettonica, ma anche nel modo in cui le grandi opere possano essere portate avanti contro venti contrari, legati tanto alla burocrazia quanto alle dinamiche politiche.

Come si costruisce un impero: La filosofia di un imprenditore

Nel cuore della Manhattan che cresce, Trump sta plasmando un appartamento che va oltre la concezione comune di lusso. Non solo il suo spazio, ma una vera e propria opera d’arte architettonica. “Ho praticamente raddoppiato le dimensioni dell’appartamento, prendendo anche l’appartamento adiacente”, dice con orgoglio. Il suo obiettivo è chiaro: portare la qualità di Versailles nel ventunesimo secolo, dove ogni dettaglio è personalizzato su misura. Le colonne di marmo, scolpite a mano dai migliori artigiani italiani, sono un esempio di come l’eccellenza e l’esclusività siano le linee guida di ogni progetto. Non si tratta solo di possedere cose belle, ma di creare un ambiente che rifletta la sua visione.

Questa passione per il perfezionismo è palpabile anche nei suoi affari. Non lascia mai nulla al caso e spinge sempre per ottenere il massimo. Ogni piccolo dettaglio è importante, che si tratti di una telefonata per organizzare una possibile trattativa per l'acquisto di un jet o di un colloquio con un magnate greco del settore navale. La sua agenda è colma di incontri e decisioni, ma la sua mente è sempre focalizzata sul prossimo grande obiettivo.

La sua filosofia è semplice e diretta: "Punta sempre in alto, e non smettere mai di spingere." L’arte del fare affari, secondo Trump, non è solo una questione di intelligenza o di capacità analitiche, ma di istinto. Non è necessario essere i migliori nei numeri o nelle teorie economiche, ciò che conta è riconoscere il momento giusto e avere il coraggio di agire. Questo è ciò che distingue i veri imprenditori: l'abilità di vedere opportunità dove gli altri vedono solo rischi.

La sua visione, peraltro, non è mai limitata. Non si tratta di accontentarsi di un risultato medio, ma di ambire a realizzazioni che lasciano un segno. "Se devi pensare, pensaci in grande." Questa affermazione riflette una mentalità che va oltre il semplice calcolo economico: per Trump, la grandezza è una condizione necessaria per ottenere qualcosa che realmente duri nel tempo. A differenza di chi è concentrato su obiettivi piccoli o a breve termine, lui è attratto dalla sfida di costruire qualcosa di monumentale. È stato così per il suo progetto di Manhattan, ma anche quando si è trattato di decidere di investire in Atlantic City. Il suo obiettivo non è mai solo quello di costruire un altro hotel di successo, ma di creare un sistema in grado di generare ricavi ben oltre le aspettative.

Il concetto di “pensare in grande” si lega anche a un altro aspetto cruciale del suo approccio agli affari: il focus totale. Questo aspetto, che Trump definisce quasi una "neurosi controllata", è essenziale per un imprenditore che voglia emergere in un mondo tanto competitivo e pieno di ostacoli. La sua concentrazione, la sua determinazione a vincere, sono tratti comuni in molti degli imprenditori più di successo. E mentre altri si fermano di fronte alle difficoltà o sono paralizzati dall’ansia, Trump riesce a indirizzare la sua energia in modo produttivo.

Il concetto di “proteggere il downside” è altrettanto importante nella sua filosofia. Trump non è un giocatore d'azzardo, ma un uomo che sa dove mettere i piedi per non cadere. “Non gioco mai d'azzardo, perché un vero azzardato è colui che gioca alle slot machine. Io preferisco possederle,” afferma con sicurezza. Questo approccio si traduce in una pianificazione meticolosa e conservativa che gli consente di essere pronto al peggio, ma senza mai perdere di vista l’opportunità di crescere. Se sai come affrontare il peggio, il buono troverà sempre il suo posto.

Nonostante questo approccio prudente, Trump non si ferma mai di fronte alla possibilità di grandi guadagni. Il segreto del suo successo risiede in un equilibrio perfetto tra rischio calcolato e ambizione senza limiti. Un equilibrio che gli consente di pensare in grande, ma di essere preparato a proteggere ogni investimento contro eventuali imprevisti.

Nell'affrontare ogni progetto, Trump non è solo un imprenditore, ma un artista del business. Ogni mossa è pensata per lasciare un’impronta, per essere memorabile. Ogni affare, ogni decisione, è una parte di un puzzle molto più grande che si svela passo dopo passo. E se in molti si arrendono prima di aver visto il risultato finale, Trump sa che solo con il giusto mix di visione, impegno e istinto si può veramente costruire qualcosa che resista alla prova del tempo.