Nel suono cupo della tromba che riecheggia tra le rovine di Uniondale, un distretto della Provincia del Capo, si nasconde la triste memoria di una razza quasi estinta, quella dei Boscimani del Sud Africa. Questi ultimi, una volta padroni di vaste terre africane, ora si trovano a vivere tra le misere dune del deserto del Kalahari, in Sud-Ovest Africa, dove si sono ritirati dai loro nemici umani, bianchi e neri. Un piccolo gruppo di esseri umani, le cui vite sono segnate dalla lotta quotidiana per la sopravvivenza. L'immagine che ci rimane è quella di figure emaciati, con gli occhi stanchi e la pelle raggrinzita dal tempo e dalla fame, quasi privi di ogni speranza, ma ancora legati alla memoria di un'antica cultura che ora appare come un lontano sogno.
Durante la mia infanzia, mi fu raccontato che il sangue dei Boscimani scorreva nelle vene della mia bambinaia. Le storie che mi raccontava erano intrise di miti antichi, leggende di sciacalli e iene. Imparai presto il Nama e altri dialetti locali, tanto che, quando ero ancora un ragazzo, ero in grado di conversare con Kanna, un uomo che sembrava essere l'ultimo membro di questa razza. La sua lingua non era più quella originale dei suoi antenati, ma una lingua che anche lui aveva imparato nella sua lontana giovinezza.
Kanna, che forse aveva più di cento anni, rappresentava l'ultimo legame tra il passato dei Boscimani e il mondo moderno. Le sue esperienze più vivide riguardavano la fame e la necessità di nutrirsi. Per lui, nulla sembrava avere significato se non quello che poteva sentire, vedere o mangiare. La sua esistenza si riduceva a una continua ricerca di cibo in un mondo che non gli apparteneva più.
Nel nostro viaggio, accompagnati dal Professor A. J. Goodwin e da Donald Bain, ci siamo diretti verso la regione che un tempo ospitava le popolazioni Boscimane. Mentre ci avvicinavamo al deserto, ricevevamo avvertimenti dai contadini olandesi sui pericoli legati a questi popoli, storie che divenivano sempre più macabre man mano che ci allontanavamo dal fiume Arancio. Una delle più cruente riguardava l'omicidio di Van Rynevelt, un magistrato locale che, ignorando i consigli, aveva inseguito un gruppo di Boscimani che avevano ucciso alcune bestie da allevamento. La storia si concluse tragicamente con l’uccisione di Van Rynevelt per mano di quei Boscimani, che lo avevano attirato in un'imboscata con un arco avvelenato.
Africa è una terra di contrasti. Dopo essere partiti da Cape Town, ci siamo trovati a Windhoek, la capitale della Namibia, dove la civiltà europea si faceva sentire con i suoi edifici moderni e la sua organizzazione. Tuttavia, appena ci siamo avventurati fuori dai confini della città, siamo stati immersi nell'immensità e nel senso di isolamento che l’Africa può regalare. È stato a Otyo che abbiamo appreso delle atrocità commesse dai Boscimani, che non esitavano a uccidere e mangiare i lavoratori immigrati, come i Ba-Rotse Kaffirs.
Il nostro obiettivo principale era trovare Kanna e i suoi simili, e alla fine, in una mattina di luglio, lo abbiamo incontrato, rannicchiato intorno a un piccolo fuoco accanto ad alcune abitazioni di Hottentot. La nostra fortuna era inaspettata: il nostro viaggio si stava rivelando un successo, e l'incontro con Kanna sarebbe stato il culmine delle nostre ricerche. Ma la realtà, come sempre, si rivelò ben diversa da ciò che ci aspettavamo. L’incontro con Kanna non era solo una testimonianza di un popolo ormai in via di estinzione, ma anche un riflesso della lotta per la sopravvivenza che permeava tutta la regione.
Nel nostro percorso, che ci portò poi verso la pianura di Etosha, dove il miraggio di un grande castello medievale si rivelò essere solo una moderna struttura di avvistamento, il contrasto tra l'ambiente selvaggio e la civilizzazione europea era palese. Sebbene la pianura di Etosha fosse un luogo di straordinaria bellezza, popolato da grandi mandrie di zebre, kudu e gnu, essa nascondeva anche una terra di conflitto, dove l'uomo si trovava a fronteggiare la propria natura e quella degli altri.
In un mondo che sembrava stesse per scomparire, i Boscimani, ormai ridotti a poche unità, continuavano a lottare con le uniche risorse a loro disposizione. Gli incontri con loro non erano mai pacifici, e la paura di una continua minaccia aleggiava nell'aria. Nonostante l'isolamento in cui vivevano, erano perfettamente consapevoli del mondo che li circondava e non esitavano a difendersi con tutti i mezzi a loro disposizione.
Il destino dei Boscimani è legato a un lento e inesorabile declino. La civiltà europea, pur portando con sé innovazioni e miglioramenti per alcune popolazioni, ha avuto un effetto devastante su culture come quella dei Boscimani. La lotta per mantenere viva la propria identità e per sopravvivere in un ambiente che li respingeva è la vera essenza della loro esistenza. Eppure, nonostante tutto, ci sono ancora tracce di quella cultura antica che resiste, come un'ombra nella vasta distesa del deserto del Kalahari, dove le loro tradizioni e leggende continuano a vivere, seppur nell'oblio.
Perché i quotidiani giapponesi sono così potenti e influenti?
Nel 1925, la pubblicazione di 18.082 libri su vari temi e l'importazione di libri da paesi come gli Stati Uniti, la Germania, la Francia e la Cina hanno contribuito a un panorama culturale e letterario estremamente vivace in Giappone. Nonostante la dimensione relativamente piccola del paese, che ha una popolazione di circa 65 milioni di abitanti, il Giappone vanta una delle tradizioni giornalistiche più sviluppate e influenti al mondo. Un aspetto centrale della sua prosperità è il fatto che i giapponesi leggono avidamente, e non solo per svago, ma come parte integrante della loro vita quotidiana. Si stima che circa il 91% della popolazione scolastica giapponese frequenti scuole pubbliche, e la presenza di numerose università contribuisce ulteriormente alla diffusione di un'educazione che alimenta la lettura e l'interesse per l'informazione.
Il paese possiede più di 1.100 quotidiani e, curiosamente, anche circa 2.850 periodici settimanali e mensili. Le principali testate giornalistiche di Tokyo e Osaka, nonostante la loro enorme circolazione, sono tutte concentrate su questioni politiche, economiche e finanziarie, e non sui temi scandalistici o sulle pubblicità di centri commerciali. La diffusione dei quotidiani giapponesi è impressionante, con una circolazione totale che supera i 10 milioni di copie giornaliere. Questo livello di lettura e consumo di notizie è paragonabile solo ai paesi più sviluppati d'Europa e degli Stati Uniti, ma con una peculiarità: i giapponesi sono lettori onnivori, che si nutrono di informazioni politiche, sociali ed economiche con una serietà che è ritenuta fondamentale per il progresso del paese.
Le testate giornalistiche giapponesi non sono né tabloid né frivole. Due dei giornali più influenti, l'Osaka Mainichi e il Tokyo Nichi-Nichi, rivendicano insieme una circolazione di oltre 2 milioni di copie al giorno, e questo nonostante siano lontani da una proposta che mira ad attirare lettori con contenuti leggeri o sensazionalistici. Al contrario, la stampa giapponese si distingue per la sua serietà e il suo impegno nel trattare temi come la politica, l'economia e la cultura. Il successo di questi quotidiani è anche legato alla forte competizione tra le principali compagnie editoriali, come l'Osaka Asahi Company, che, sotto la guida del presidente Hikoichi Motoyama, ha visto una crescita continua.
Un aspetto da sottolineare è che, sebbene Tokyo sia la capitale politica e culturale del Giappone, la supremazia dei quotidiani si è spostata progressivamente da Tokyo a Osaka, soprattutto grazie alla crescente industrializzazione e alla rapida espansione del porto di Kobe come centro di commercio internazionale. Questa transizione ha rafforzato la posizione di Osaka come il cuore pulsante dell'industria giornalistica giapponese.
Ma cosa rende la stampa giapponese così prospera? La chiave risiede nell’educazione diffusa e nell’alta percentuale di alfabetizzazione. La cultura della lettura, la curiosità intellettuale e l’informazione politica e culturale hanno reso i quotidiani giapponesi una parte fondamentale della vita quotidiana, e questo fenomeno non sembra destinato a diminuire. La stampa giapponese non è solo un mezzo per informare ma un pilastro culturale che alimenta e sostiene la società giapponese.
In Giappone, la stampa ha un potere e una responsabilità che pochi altri paesi possono vantare. I giornali non sono solo mezzi di comunicazione, ma anche attori attivi nel plasmare l'opinione pubblica, influenzando decisioni politiche ed economiche. Quello che differenzia la stampa giapponese, tuttavia, è la sua capacità di evolversi e di adattarsi, mantenendo al contempo un forte impegno verso l'informazione seria e qualificata.
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