Fin dai primi anni della sua vita, Jawaharlal Nehru ha manifestato una personalità vivace e curiosa, segnata dalla ricerca di conoscenza e da un'innata empatia per il mondo che lo circondava. La sua infanzia, benché segnata dal privilegio e dalla posizione sociale della sua famiglia, è stata anche un periodo in cui la solitudine e il bisogno di compagnia sono diventati tratti distintivi del suo carattere.

Jawaharlal, figlio di Motilal Nehru, un avvocato di successo, e Swaroop Rani, una madre che lo amava e lo coccolava, si trovava spesso al centro di una famiglia che, pur essendo benestante, non riusciva a soddisfare tutte le sue esigenze affettive. I festeggiamenti dei suoi compleanni, pur magnifici, erano solitari. Il piccolo Jawaharlal veniva vestito con abiti sfarzosi, ma la sua vita di gioco era limitata. Non c'erano altri bambini con cui interagire, e ciò lo spinse a cercare la compagnia degli adulti. Questo senso di solitudine influenzò profondamente il suo desiderio di dedicarsi ai bambini durante la sua vita adulta, rendendolo una figura ammirata anche dai più giovani, per il suo impegno nei loro confronti.

Suo padre, Motilal, voleva che Jawaharlal seguisse una carriera nell'Amministrazione Civile Britannica, un percorso che avrebbe garantito un posto di prestigio nell'India coloniale. Tuttavia, Jawaharlal era più interessato alla lettura che alla conformità alle aspettative paterne. Già in giovane età, si fece conoscere come un vorace lettore, affezionandosi a libri di ogni genere, tra cui le storie del "Jungle Book" di Rudyard Kipling e "Alice nel Paese delle Meraviglie" di Lewis Carroll. Questi libri non solo arricchirono la sua mente, ma gli permisero di fuggire dalla realtà, trovando rifugio nella fantasia e nella cultura occidentale. Ma il suo legame con l'India, la sua terra natale, fu sempre presente, anche attraverso le storie che gli raccontava il suo tutore indiano, Munshi Mubarak Ali, sulle rivolte e le sofferenze del popolo indiano durante il periodo coloniale.

Nel corso della sua educazione, Jawaharlal ricevette la sua formazione in casa, ma a quindici anni fu mandato in Inghilterra per completare gli studi, dove frequentò una scuola pubblica. Questo cambiamento segnò un'importante fase di transizione, non solo per la sua crescita accademica, ma anche per il suo sviluppo come individuo indipendente, lontano dall'influenza diretta della sua famiglia. La sua esperienza in Inghilterra fu fondamentale per la sua futura visione politica, che si sarebbe centrata sullo sviluppo di un'India moderna e libera.

La famiglia Nehru, originaria del Kashmir, aveva una lunga e rispettata tradizione, che risaliva al bisnonno di Jawaharlal, il Pandit Raj Kaul, noto per la sua erudizione nelle lingue sanscrita e persiana. L'immigrazione della famiglia a Delhi, però, segna una svolta nelle loro fortune, con la perdita della ricchezza e l'acquisizione di un ruolo significativo nelle amministrazioni locali. Motilal Nehru, il padre di Jawaharlal, era un uomo ambizioso, ma anche profondamente legato ai valori tradizionali. La sua educazione e il suo impegno sociale avrebbero posto le basi per la lotta di Jawaharlal per l'indipendenza e la giustizia sociale.

La figura di Jawaharlal Nehru non deve essere vista soltanto sotto il prisma delle sue conquiste politiche o del suo ruolo di primo ministro, ma anche come un uomo di profonda sensibilità culturale e di forte spirito umanitario. La sua passione per l'educazione, la giustizia e la libertà era radicata in un'infanzia in cui la solitudine lo portò a riflettere sulle disuguaglianze sociali e sulle ingiustizie che affliggevano il suo paese. Nonostante fosse circondato da una famiglia privilegiata, il giovane Nehru imparò a vedere oltre le sue circostanze e ad aspirare a un'India diversa, più inclusiva e giusta.

Il rapporto con sua madre, Swaroop Rani, fu di fondamentale importanza per Jawaharlal. Le lettere che scriveva a lei, anche da bambino, dimostrano la sua ricerca continua di conoscenza, ma anche la sua dipendenza affettiva. La madre lo sosteneva nelle sue richieste di libri, favorendo così la sua crescita intellettuale. La figura di Swaroop Rani, affettuosa e protettiva, divenne il rifugio dove Jawaharlal cercava comprensione, mentre il padre lo spingeva sempre più verso un futuro da burocrate sotto il dominio britannico.

È cruciale comprendere che la figura di Nehru non è stata soltanto quella del leader politico, ma anche quella di un uomo che ha lottato per dare una voce agli indiani, per emancipare il suo popolo dalla dominazione coloniale e per costruire una nazione che fosse unita nella diversità. Il suo amore per l'India, che traspariva da ogni suo discorso e scritto, era alimentato dal desiderio di un futuro in cui ogni individuo, indipendentemente dalla sua classe sociale, potesse avere accesso alle stesse opportunità. La sua lotta per l'indipendenza non è stata solo una lotta contro l'occupazione britannica, ma anche una battaglia per la giustizia sociale, l'istruzione e il benessere di ogni cittadino indiano. La sua passione per l'educazione, infatti, avrebbe plasmato la politica indiana per gli anni a venire.

Qual è il vero significato della fine e dell'eredità di Jawaharlal Nehru?

La morte di Jawaharlal Nehru, il primo Primo Ministro dell'India indipendente, è avvenuta improvvisamente il 27 maggio 1964. Cinque giorni prima, durante una conferenza stampa, rispondendo alla domanda che gli era stata posta molte volte, "Chi verrà dopo di te?", Nehru rispose con un sorriso: "La mia vita non finirà tanto presto". Era una dichiarazione che sembrava essere il normale atteggiamento ottimista di un uomo che aveva affrontato le sfide con una determinazione quasi incrollabile. Ma quel giorno, il destino si sarebbe imposto. La sua malattia improvvisa e il rapido deterioramento delle sue condizioni sanitarie segnano l'inizio di una fine che avrebbe scioccato il paese.

Il ricordo di quella morte, e soprattutto degli ultimi giorni di vita di Nehru, non è solo un tema di storia, ma anche un riflesso della sua personalità complessa e delle sue convinzioni profonde. Nei suoi ultimi mesi, Nehru aveva trovato una particolare serenità nell'essere circondato dai bambini, forse un riflesso di un'infanzia solitaria e turbolenta, che lo aveva portato a cercare nel sorriso innocente dei bambini un po' di quella purezza che la politica e le sue responsabilità avevano eroso. Nella conversazione semplice dei bambini, Nehru si sentiva libero da falsità e ipocrisie, cercando, in qualche modo, di recuperare una parte della sua giovinezza perduta, della sua umanità. Non si trattava solo di un piacere personale, ma di una ricerca di autenticità in un mondo che, per lui, stava diventando sempre più complicato e distante.

In una delle sue ultime conversazioni, quando fu accompagnato alla porta da un amico che non vedeva da molto tempo, Nehru gli diede un abbraccio lungo e stretto, più di quanto avesse fatto in tutte le decadi della loro conoscenza. Questo abbraccio, carico di un significato silenzioso, rimase nella memoria di chi lo ricevette come una sorta di saluto finale, un commiato che Nehru stesso sembrava avvertire. Come poteva quell'uomo che aveva dedicato la sua vita a costruire un'India libera e forte sapere che la sua fine era ormai vicina? La sua intuizione della morte imminente è qualcosa di straordinario, ma anche umano. Il fatto che fosse solo nove mesi più giovane di chi lo stava salutando rendeva l'abbraccio ancora più toccante, un atto che racchiudeva una profondità che sfuggiva all'analisi immediata.

Il testamento di Nehru, tuttavia, è ciò che ancora oggi affascina e suscita riflessione. Nehru non cercava di nascondere la sua morte dietro riti religiosi o ipocrite cerimonie. La sua volontà era chiara: niente cerimonie religiose. Non credeva in tali pratiche e considerava che esse rappresentassero una forma di inganno, un modo per evitare la realtà della morte e la sua inevitabilità. Al contrario, la sua richiesta era di essere cremato e che le sue ceneri venissero disperse in due luoghi simbolici della sua vita e della sua storia: la Ganga, simbolo dell’India, e i campi della sua terra, dove i contadini lavoravano. Il suo desiderio di far spargere le sue ceneri sull'India, tra la terra e i suoi figli, è un ultimo atto di connessione con il popolo che lo aveva sostenuto per tutta la vita.

L’India, che per lui non era solo una nazione, ma una civiltà millenaria, un tessuto in cui passato, presente e futuro si intrecciavano in maniera inseparabile, è ancora oggi il cuore pulsante del suo testamento spirituale. Le sue parole sulla Ganga non erano legate a un sentimento religioso, ma piuttosto alla sua percezione di quella "memoria collettiva" che la civiltà indiana aveva costruito lungo i secoli. La Ganga era, per lui, un simbolo della continuità della vita, della trasformazione eterna, ma anche della permanenza della cultura e della storia indiane. Nonostante il suo desiderio di rinnovamento e modernizzazione, Nehru non aveva mai inteso rompere completamente con il passato. La sua eredità era quella di una connessione che non doveva mai spezzarsi.

Il gesto di disperdere le sue ceneri in alto sopra i campi, dove la polvere della terra si mescolava con quella dell'uomo, mostrava l'ideale di Nehru di una nazione in cui ogni singolo cittadino, dal più povero al più ricco, è parte integrante di una comunità. Nehru, pur essendo un uomo della politica e della modernità, sapeva che senza un legame con le proprie radici, con la propria terra, l’India non avrebbe potuto andare avanti.

In questo contesto, è fondamentale comprendere che la visione di Nehru sulla morte e sull’eredità non è solo un atto di congedo, ma una riflessione profonda sulla continuità e sul cambiamento. La sua morte, improvvisa ma non imprevista, non fu solo la fine di una vita politica, ma anche la fine di un'era in cui la figura del leader politico era ancora intesa come quella di un padre fondatore di una nazione. La sua eredità non consisteva tanto nel lasciarci una visione politica già realizzata, ma nel segnare la rotta verso una nazione che stava ancora cercando di trovare il proprio equilibrio tra tradizione e modernità. Nehru credeva in un'India che non avrebbe mai rinunciato al suo passato, ma che avrebbe dovuto affrontare il futuro con coraggio e determinazione.