L’attivazione fotoindotta dei sali N-aminopiridinio rappresenta una strategia emergente e potente per la funzionalizzazione selettiva dei piridini. L’elemento chiave di questi processi è la generazione controllata di radicali centrati sull’azoto, ottenuti tramite trasferimento monoelettronico (SET) con sali piridinio opportunamente progettati, i quali, una volta eccitati con luce visibile (λ = 440 nm), danno origine a una sequenza radicalica che culmina nella formazione di legami C–C o C–N in posizione C4 o C2 del nucleo piridinico.
Il meccanismo inizia con il SET tra lo stato eccitato di un fotocatalizzatore, come il Mes-Acr+, e un substrato idoneo, portando alla formazione di un radicale carbossilico. Quest’ultimo subisce immediatamente una decarbossilazione, liberando CO₂ e generando un radicale alchilico altamente reattivo. Questo radicale alchilico si addiziona quindi in modo regioselettivo alla posizione C4 del sale N-amidopiridinio, producendo il prodotto desiderato e un radicale amidico centrato sull’azoto. Quest’ultimo partecipa alla rigenerazione del fotocatalizzatore iniziale attraverso un ulteriore SET, chiudendo elegantemente il ciclo catalitico.
Un’applicazione rilevante di questa strategia è stata lo sviluppo di un metodo efficiente per la sintesi di composti carbonilici β-piridilati, a partire da ciclopropanoli. La reazione sfrutta le proprietà uniche di questi piccoli anelli tesi: attraverso un trasferimento di atomo di idrogeno (HAT) da parte del radicale amidico, si genera un radicale β-cheto che va incontro a β-scissione, favorita termodinamicamente dal rilascio della tensione anellare. Questo processo, guidato da una differenza di energie di dissociazione di legame (BDE), consente un’efficiente formazione selettiva dei prodotti desiderati in condizioni blande.
È degno di nota il fatto che i radicali amidici generati dai sali N-aminopiridinio agiscano non solo come agenti HAT, ma anche come ossidanti monoelettronici e sorgenti di gruppi amminici. In virtù di queste caratteristiche multifunzionali, è stato possibile sviluppare una strategia bifunzionale di aminopiridilazione di alcheni, in cui lo stesso sale agisce sia come fonte del gruppo piridinico, sia come agente amminante.
Analisi computazionali, basate sulla teoria del funzionale di densità (DFT), hanno mostrato che l’addizione del radicale alchilico generato alla posizione C4 del piridinio è favorita di 1.3 kcal/mol rispetto alla posizione C2, giustificando così la selettività osservata nei prodotti. Tuttavia, l’introduzione di ylide N-aminopiridinio ha permesso di indirizzare selettivamente la funzionalizzazione in posizione C2, aprendo la via a una aminopiridilazione orto-selettiva di alcheni e chetoni.
Nel caso dei chetoni, l’approccio sfrutta la formazione di radicali α-sililossi a partire da enol silani generati in situ. Tali radicali si addizionano in modo intramolecolare alla posizione C2 del piridinio, formando composti ciclici a cinque termini. Il successivo SET riduttivo seguito da protonazione e trattamento con fluoruro di tetrabutilammonio (TBAF) consente di ottenere i prodotti finali in un processo a vaso unico, con elevata diastereoselettività e tolleranza a numerosi gruppi funzionali.
Oltre ai metodi che impiegano fotocatalizzatori, è stato sviluppato un sistema radicalico completamente fotocatalizzatore-free, basato sulla formazione di complessi donatore-accettore elettronici (EDA). L’interazione tra un sale N-aminopiridinio e un anione bromuro porta alla formazione di un complesso EDA attivabile mediante luce visibile. In presenza di (TMS)₃SiH come reagente per il trasferimento dell’atomo di alogeno (XAT), si genera un radicale alchilico che si addiziona al piridinio, ottenendo così prodotti alchilati in C4 senza l’impiego di metalli di transizione.
In un’estensione particolarmente elegante, l’utilizzo della 1,4-diidropiridina (DHP) ha fornito una doppia funzione: donatore elettronico per attivare il sale piridinio e precursore di radicali carboniosi. Il risultato è una piattaforma sintetica altamente versatile per l’introduzione selettiva di radicali alchilici, acilici o carbamoilici nel sistema piridinico, ancora una volta in posizione C4, attraverso un meccanismo fotoindotto SET all’interno del complesso EDA.
Questi avanzamenti mostrano chiaramente come i sali N-aminopiridinio possano agire come strumenti chiave nella chimica radicalica moderna. L’abilità di modulare la selettivi
Come la catalisi della luce visibile può trasformare la sintesi di imidazoeterocicli in agenti terapeutici: un approfondimento
La crescente domanda di nuovi agenti terapeutici ha portato a un'attenzione sempre maggiore verso la chimica dei composti eterociclici, e in particolare verso i derivati dell'imidazolo e dell'imidazotiazolo. Questi composti sono apprezzati per le loro potenzialità biologiche, in particolare come agenti antitumorali, antitubercolari e antinfettivi. Tuttavia, la sintesi di tali composti presenta sfide significative a causa delle difficoltà nella funzionalizzazione selettiva degli anelli eterociclici. Un approccio emergente per superare queste difficoltà è l'uso della catalisi della luce visibile, che sta rivoluzionando il campo della chimica organica per la sua capacità di innescare reazioni chimiche in modo sostenibile e selettivo.
La fotocatalisi a luce visibile si basa sull'assorbimento della luce da parte di un catalizzatore, che successivamente trasferisce energia o elettroni a una molecola reagente, avviando così una serie di trasformazioni chimiche. Questa tecnica è particolarmente promettente per la sintesi di imidazotiazoli e di altri eterocicli, permettendo la funzionalizzazione diretta di C–H attraverso reazioni a bassa energia, senza la necessità di reagenti metallici pesanti o soluzioni di reazioni aggressive. Inoltre, la fotocatalisi a luce visibile offre un'alternativa ecologica ed efficiente alla tradizionale catalisi a base di metalli, riducendo il rischio di inquinamento ambientale e migliorando la sostenibilità della sintesi chimica.
Recenti studi hanno mostrato che i composti imidazo[2,1-b]tiazolici, ad esempio, possono essere facilmente sintetizzati usando catalisi a luce visibile, attraverso meccanismi di deidrogenazione incrociata che coinvolgono alcheni e alchini. Tali reazioni possono essere implementate con un buon rendimento e una notevole selettività, aprendo nuove strade per la produzione di questi composti. L'uso di luce visibile in combinazione con catalizzatori fotoredox è particolarmente vantaggioso, poiché consente reazioni che sono sia termicamente che chimicamente controllabili, riducendo al minimo la formazione di prodotti indesiderati.
La versatilità dei derivati imidazo[2,1-b]tiazolici in campo terapeutico è ampiamente riconosciuta, con applicazioni che spaziano dalla lotta contro il cancro all'inibizione di patogeni come Mycobacterium tuberculosis. La loro sintesi, facilitata dalla fotocatalisi, non solo accelera la scoperta di nuovi farmaci, ma offre anche una piattaforma per la progettazione di nuovi agenti terapeutici con specifiche proprietà farmacologiche. Inoltre, la capacità di ottenere derivati funzionalizzati in modo mirato apre la porta a nuove strategie terapeutiche, dove la modificazione dei composti a livello molecolare può migliorare la loro efficacia e ridurre gli effetti collaterali.
Accanto a queste applicazioni terapeutiche, le reazioni fotoredox a luce visibile possono essere sfruttate anche per la modifica di altri eterocicli, come gli imidazopiridini e gli indazoli, ampliando così le possibilità di intervento nei trattamenti farmacologici. La possibilità di funzionalizzare facilmente gli anelli azotati senza la necessità di reagenti metallici aggressivi o condizioni di reazione severe è un fattore cruciale che rende questa metodologia molto attraente.
Infine, la ricerca sulla sintesi di imidazoeterocicli e sull'uso della fotocatalisi a luce visibile non solo rappresenta un passo avanti nel campo della chimica organica, ma contribuisce anche a ridurre l'impatto ambientale della sintesi chimica. La possibilità di utilizzare la luce come fonte di energia per attivare le reazioni chimiche consente di evitare l'uso di reagenti tossici e di minimizzare la produzione di rifiuti pericolosi. In un'epoca in cui la sostenibilità è al centro della ricerca scientifica, questo approccio rappresenta una direzione promettente per il futuro.
È importante, però, che il lettore comprenda come la catalisi della luce visibile non si limiti a un mero strumento per la sintesi, ma come rappresenti una vera e propria rivoluzione nel campo della chimica sostenibile. Questo approccio non solo permette di ridurre il consumo di energia e risorse, ma anche di ampliare notevolmente le possibilità di modificare in modo mirato e preciso composti bioattivi. La chiave per il successo futuro di questa tecnica risiederà nel perfezionamento dei catalizzatori fotoredox e nella comprensione dei meccanismi sottostanti, che devono essere sempre più integrati con gli sviluppi tecnologici e industriali.
Come si ottengono eterocicli complessi attraverso la fototrasformazione visibile delle 2H-azirine?
La trasformazione fotocatalitica delle 2H-azirine generate in situ da azidi vinilici o α-azidochalconi ha aperto nuove prospettive nella sintesi di eterocicli funzionalizzati sotto irradiazione di luce visibile. Questi intermedi ad alta energia, prodotti tramite trasferimento di energia fotosensibilizzato, si rivelano elementi cardine in reazioni di apertura d’anello e ciclizzazione che costruiscono simultaneamente nuovi legami C–N e C–C.
Nel caso delle α-azidochalconi, l’attivazione mediante luce visibile in presenza di Ru(bpy)₃(PF₆)₂ conduce alla formazione di 2H-azirine che reagiscono successivamente con naftoli o naftochinoni attraverso aperture nucleofile e ciclizazioni sequenziali. Questo processo consente la costruzione selettiva di sistemi anellati con elevate rese e controllo della regiochimica.
Un’altra strategia significativa è stata realizzata attraverso l’accoppiamento di azidi vinilici con tetraidro-β-carboline, portando alla formazione di β-carboline fuse. Qui, un approccio sinergico tra trasferimento di energia e trasferimento elettronico consente di ossidare la tetraidro-β-carbolina a catione radicalico, il quale subisce una deprotonazione indotta da anione idrossido, seguito da ossidazione a intermedio imminico e ulteriore formazione del dipolo 1,3 chiave. La successiva cicloaddizione [3+2] con una 2H-azirina genera prodotti complessi con architetture condensate.
Altre reazioni degne di nota includono l’uso del Cu(NCS)₂ in situ nella reazione tra azidi vinilici e tiocianato d'ammonio per la sintesi di 4-alchilaril-2-aminotiazoli. Il rame agisce sia come catalizzatore fotoredox che come acido di Lewis, facilitando la formazione della 2H-azirina e la sua reattività con il nucleofilo. Qui si osserva una duplice funzione catalitica nello stesso ambiente di reazione, ottimizzando efficienza e sostenibilità.
Le benzofurane sono ottenute da α-azidochalconi attraverso una ciclizzazione intramolecolare attivata dalla luce visibile. In questo caso, l’interazione nucleofila dell’ossidrile interno con la 2H-azirina ciclica porta alla chiusura dell’anello furano. Il meccanismo è semplice ma elegante, sfruttando pienamente la reattività intrinseca dell’intermedio ad alta energia.
Nel caso della sintesi dei derivati multi-sostituiti della pirazina, la dimerizzazione delle azidi viniliche sotto luce visibile e catalisi Ru(bpy)₃Cl₂ dimostra un notevole livello di sostenibilità, utilizzando ossigeno atmosferico come ossidante terminale. La formazione dell’intermedio 2H-azirina seguita da apertura nucleofila da parte dell’acqua e successiva condensazione illustra un approccio atom-economico e rispettoso dell’ambiente.
Approcci simili sono stati estesi alla sintesi di 2,5-diarilossazoli partendo da α-azidochalconi. Qui, il 2,4-dinitrofenolo (2,4-DNP) svolge una funzione bifunzionale, agendo come fotosensibilizzatore e additivo. L’interazione fotoattivata tra 2,4-DNP e la 2H-azirina porta alla formazione di intermedi ciclici attraverso meccanismi concertati di apertura d’anello e riciclizzazione, culminando nella liberazione del catalizzatore e formazione dell’ossazolo.
La fotocatalisi visibile ha trovato applicazione anche nella sintesi di derivati dell’imidazo[2,1-a]isochinolina. Qui, un complesso EDA tra la 2H-azirina e la tetraidroisochinolina è attivato mediante luce, dando luogo a un intermedio cationico radicalico che subisce trasferimenti elettronici, formazione di iminio e infine ciclizzazione. Il prodotto finale mostra proprietà fotoluminescenti interessanti, rendendolo candidato per applicazioni optoelettroniche.
Infine, l’addizione (3+3) tra 2H-azirine e zwitterioni di Huisgen, generati da azodicarbossilati e P(NMe₂)₃, offre accesso a 1,2,4-triazine tramite sequenze a cascata che comprendono migrazione esterea e ciclizzazione indotta da luce visibile. Questo dimostra come la fotocatalisi visibile possa essere integrata in schemi complessi di costruzione molecolare ad alto rendimento.
È importante comprendere che l’efficienza di questi processi non risiede solo nella reattività delle 2H-azirine, ma anche nella scelta precisa di catalizzatori fotoredox e condizioni sperimentali, che devono essere attentamente bilanciati per garantire selettività e resa. L’uso della luce visibile consente inoltre un controllo temporale e spaziale della reazione, riducendo la dipendenza da condizioni drastiche. La generazione in situ degli intermedi reattivi evita la necessità di isolamento di specie potenzialmente instabili, migliorando la praticità e la sicurezza dei protocolli. Inoltre, molti dei processi descritti mostrano un'eccellente compatibilità con la chimica in flusso, rendendo questi approcci particolarmente adatti alla produzione su scala preparativa e industriale.
Come la Fotobiocatalisi Può Trasformare la Sintesi dei Composti Eterociclici: Un Approccio Sostenibile
La chimica sostenibile sta guadagnando sempre più attenzione, con un focus crescente sullo sviluppo di sistemi catalitici asimmetrici ecocompatibili, che sono oggi al centro di numerosi studi [1]. Gli enzimi, come catalizzatori biologici macromolecolari prodotti dalle cellule viventi, offrono alta efficienza e selettività nel catalizzare una vasta gamma di reazioni chimiche in condizioni miti, rendendoli catalizzatori ideali per una chimica verde [2]. Nonostante il loro uso secolare nella sintesi organica, la specificità intrinseca degli enzimi naturali, modellata dalla selezione evolutiva, spesso limita la loro compatibilità ai substrati naturali e alle reazioni biochimiche. Tuttavia, i progressi recenti nella biologia sintetica, nella biologia molecolare e nell'ingegneria enzimatica hanno significativamente ridotto il costo di produzione degli enzimi e consentito la modifica precisa delle strutture proteiche a livello molecolare [3, 4]. In questo contesto, gli enzimi ingegnerizzati artificialmente sono stati ampiamente sviluppati e utilizzati nella sintesi organica per reazioni non naturali. Un esempio notevole è l’evoluzione dell’emoglobina naturale per catalizzare reazioni di trasferimento di carbene e azoto, permettendo l’alkilazione asimmetrica [5] e l’amminazione [6] dei legami C–H.
I composti eterociclici rappresentano una delle classi più prominenti di composti organici. Si trovano ubiquitariamente nelle strutture scheletriche di farmaci, prodotti naturali e pesticidi, contribuendo in modo significativo ai profili biologici di queste molecole. La sintesi efficiente e ambientalmente sostenibile dei composti eterociclici è di grande interesse per la comunità sintetica, e sono stati documentati numerosi approcci sintetici che si avvalgono di complessi metallici o catalizzatori organici. La fotocatalisi, in particolare, è emersa come uno strumento potente nella sintesi organica. La fusione tra biocatalisi e fotocatalisi, nota come fotobiocatalisi, rappresenta una combinazione efficace dei vantaggi della selettività precisa delle reazioni enzimatiche e della ricca reattività fotochemica, offrendo uno strumento attraente per il controllo della selettività chirale nelle reazioni radicaliche.
In questo capitolo, esamineremo le applicazioni della fotobiocatalisi nella sintesi e funzionalizzazione dei composti eterociclici, organizzando il testo in base ai modelli di accoppiamento tra biocatalisi e fotocatalisi: (a) fotobiocatalisi accoppiata enzima-fotocatalizzatore, (b) fotobiocatalisi guidata dall’eccitazione di complessi donatori-accettori di elettroni (EDA), (c) fotobiocatalisi mediata da enzimi naturali attivi nel redox, e (d) fotobiocatalisi mediata da fotoenzimi artificiali.
L'integrazione di fotocatalizzatori esogeni con la catalisi enzimatica naturale offre un approccio diretto allo sviluppo di sistemi fotobiocatalitici. Questi sistemi sono caratterizzati dalla presenza di due cicli catalitici sinergici o sequenziali. Di solito, le specie altamente reattive generate dal ciclo fotocatalitico agiscono come forza motrice, facilitando il ciclo catalitico enzimatico tramite processi come il trasferimento di elettroni o il trasferimento di specie radicaliche intermedie. Inoltre, il ciclo del fotocatalizzatore esogeno può anche produrre intermedi stabili che possono servire come substrati specifici per la catalisi enzimatica nelle trasformazioni successive, eliminando la necessità di ulteriori fasi di separazione e purificazione, migliorando così l'efficienza complessiva della reazione.
Uno degli esempi più noti di fotobiocatalisi accoppiata enzima-fotocatalizzatore è quello sviluppato dal gruppo di Hyster nel 2020. Hyster ha sviluppato un sistema catalitico sinergico che utilizza il Ru(bpy)3Cl2 e la flavina-dipendente riduttasi di alcheni NostocER per l'idrogenazione asimmetrica di un composto eterociclico basato su piridina [8]. Sotto eccitazione luminosa, il complesso eccitato Ru(bpy)3 2+ acquisisce elettroni, formando il complesso Ru(bpy)3 +, il quale successivamente subisce un trasferimento di singolo elettrone al substrato, generando il corrispondente radicale anionico. Questo intermediario radicalico subisce un trasferimento asimmetrico di idrogeno (HAT) per produrre prodotti ridotti chirali, generando una serie di analoghi chirali della piridina.
Nel sistema sopra descritto, il fotocatalizzatore in stato eccitato acquisisce inizialmente un elettrone dalla forma ridotta della flavina per generare una specie ridotta. Oltre a questo percorso, il fotocatalizzatore in stato eccitato può anche essere ridotto direttamente dal substrato. Un ulteriore sviluppo è stato il lavoro che ha combinato il fotocatalizzatore Ru(bpy)3Cl2 con l'enzima "Old Yellow Enzyme" per una reazione accoppiata decarbossilativa redox-neutrale tra amminoacidi e piridine viniliche. In questo caso, l’enzima GluER-T36A-Y343D ha permesso di ottenere prodotti con una selettività enantiomerica opposta, con rese fino al 92% e un'eccellenza enantiomerica (ee) del 98% [9].
I radicali azotati, noti per la loro alta reattività e versatilità sintetica, sono stati ampiamente utilizzati nella sintesi di composti eterociclici contenenti azoto [10, 11]. Un esempio recente del 2022 riguarda una reazione enantioselettiva di idrossiaminazione per la sintesi di eterocicli, basata su radicali centrati sull'azoto, che utilizza la catalisi sinergica di Ru(bpy)3Cl2 e l'enzima reductasi di alcheni flavina-dipendente YqjM (riduttasi di Bacillus subtilis) [12]. Questa reazione biocatalitica innovativa è stata avviata tramite il trasferimento di elettroni (SET) dello stato eccitato tripletto di Ru(bpy)3 2+ da parte del cofattore FMNsq, generando Ru(bpy)3 +. Successivamente, la molecola del substrato oxime ester riceve elettroni, portando all'eliminazione degli anioni benzoato e alla formazione di un radicale azotato, che subisce una ciclizzazione 6-endo-trig con il doppio legame intramolecolare.
La fotobiocatalisi, combinando le caratteristiche uniche della catalisi enzimatica e della fotocatalisi, rappresenta un'alternativa promettente alla sintesi convenzionale dei composti eterociclici. Tuttavia, la sua applicazione richiede una comprensione approfondita delle dinamiche dei radicali intermedi e dell'interazione tra enzimi e fotocatalizzatori. Questi approcci non solo migliorano l'efficienza e la selettività delle reazioni, ma offrono anche soluzioni più sostenibili rispetto alle tecniche tradizionali che spesso implicano l'uso di metalli pesanti o solventi tossici.
Come avviene la formazione di composti eterociclici mediante cicli radicalici fotoindotti e catalisi duale?
La formazione di composti eterociclici tramite processi radicalici mediati da luce visibile e catalisi combinata rappresenta un campo avanzato e raffinato della chimica organica moderna. Un esempio paradigmatico è la ciclicità che origina dall’omolisi del legame N–O, un processo più favorevole rispetto al trasferimento singolo di elettrone. Questa scissione dà origine a un radicale imidato che subisce una ciclizzazione 5-exo-trig, portando alla formazione di un radicale carbonioso rapidamente catturato da un catalizzatore a base di Co(II), formando un complesso alchil-Co(III).
Sotto irradiazione con luce visibile, il complesso alchil-Co(III) viene promosso allo stato eccitato tramite un trasferimento di carica metallo-legante (LMCT), generando una coppia radicalica Co/ alchil, che evolve attraverso un processo MHAT (hydrogen atom transfer mediato da metallo) per produrre l’ossazolina vinilica finale, associata alla formazione di uno ione Co(III)-H. In ambiente acido, lo ione Co(III)-H si protona liberando idrogeno molecolare e rigenerando il catalizzatore Co(III), che a sua volta viene ridotto dallo stato ridotto di un fotocatalizzatore Ir, completando così il ciclo catalitico.
Questo modello di reazione è stato esteso da Liu e collaboratori, che hanno applicato una strategia di catalisi doppia per realizzare l’aminazione deidrogenativa di alcheni, mediata dalla fotoredox catalisi in sinergia con la catalisi a base di cobalto, permettendo la sintesi di N-eterocicli complessi, inclusi composti spiro e biciclici. Notevole è la possibilità di ottenere sia isomeri Z che E degli alcheni funzionalizzati, così come l’estensione della metodologia alla sintesi di benzoindolizidinoni mediante cicli radicalici a cascata.
La generazione degli intermedi radicalici N-centered avviene tramite processi PCET (proton-coupled electron transfer) in presenza di basi di Brønsted, seguiti da addizioni radicaliche intramolecolari e passaggi di deidrogenazione catalizzati dal Co.
Un tema rilevante riguarda l’incorporazione del gruppo N-CF3, noto per aumentare lipofilia, stabilità metabolica e ridurre la basicità dei composti. Tale inserimento è sfidante, ma recentemente sono stati sviluppati reagenti innovativi come l’N-Boc-N-CF3 idrossilammina, sintetizzata mediante trifluorometilazione ossidativa mediata da argento. Questo reagente funge da precursore di radicali N-CF3, consentendo la preparazione di ossazolidinoni e ossazoloni ciclici tramite processi fotoindotti di trifluorometilazione e ciclizzazione su stireni, con miglioramento dell’efficienza tramite additivi come sali di zinco.
Diversi approcci sono stati adottati per sintetizzare composti eterociclici attraverso cicli radicalici mediati da nitreni o radicali fosforilici. Ad esempio, attivazione fotoindotta di azidi carbamoyl ha permesso la formazione efficiente di imidazolidinoni e benzimidazoloni N-trifluorometilati, scaffolds robusti e funzionalizzabili ulteriormente. L’evidenza sperimentale e computazionale supporta un meccanismo che coinvolge perdita di azoto per riduzione, ossidazione e inserimento C–H.
Composti organofosforici, ampiamente utilizzati in sintesi organica e chimica medicinale, sono stati ottenuti tramite cicli radicalici di addizione/ciclizzazione con isocianuri e ossidi di fosforo, in condizioni prive di metalli e a temperatura ambiente. La sintesi di benzotiazoli fosforilici e arilici è stata realizzata con ottimi rendimenti, sfruttando radicali chiave come intermedi. In alcuni casi, per l’attivazione si è fatto ricorso all’irradiazione visibile di perossidi acilici, senza necessità di fotocatalizzatori.
Reazioni di tipo radicalico-ionico rappresentano un’alternativa efficace per la formazione di eterocicli azotati. Un esempio è la ciclizzazione ossidativa aerobica di derivati della glicina per ottenere benzotiazoli 2-sostituiti, dove l’ossigeno funge da ossidante terminale e i sali di rame facilitano la formazione dell’intermedio imino e la ciclizzazione, dimostrando ampia tolleranza funzionale.
Pyrazoli, strutture fondamentali in farmaci e prodotti naturali, sono ottenuti tramite sintesi in un unico pot step promossa dalla luce visibile, mediante una strategia catalitica doppia che combina la reazione di accoppiamento di Glaser con l’annulazione fotoredox. L’ossidante presente è cruciale per la formazione di intermedi diyne e la successiva annullazione con idrazine, che funge da riducente nella generazione di radicali N-centered.
È importante comprendere che tali metodologie non solo offrono nuove vie sintetiche a molecole complesse, ma si fondano su un controllo sofisticato dei cicli catalitici in cui la fotoredox catalisi agisce in sinergia con catalizzatori metallici o catalisi organica. La gestione di stati eccitati, trasferimenti elettronici, e processi radicalici altamente selettivi, è fondamentale per l’efficienza e la selettività di queste reazioni. La capacità di generare intermedi altamente reattivi in condizioni blande e il potenziale per la sintesi di molecole funzionalizzate con gruppi difficili come N-CF3 apre prospettive per l’innovazione in chimica farmaceutica e materiali avanzati. Inoltre, la tolleranza a numerosi gruppi funzionali e la possibilità di costruire sistemi spiro e biciclici ampliano ulteriormente le applicazioni pratiche di queste strategie.
La Doppia Identità del Viaggiatore nel Tempo: Osservare e Agire senza Farsi Notare
Qual è il ruolo della causalità nelle spiegazioni scientifiche secondo il modello D-N?
Come Young Wild West Sconfisse l'Athleta dell'Arizona e Sfuggì alla Cattura

Deutsch
Francais
Nederlands
Svenska
Norsk
Dansk
Suomi
Espanol
Italiano
Portugues
Magyar
Polski
Cestina
Русский