Nel contesto delle leggi sulla proprietà intellettuale, la questione della responsabilità dei fornitori di servizi di intelligenza artificiale (AI) riguardo le violazioni del diritto d'autore solleva interrogativi legali complessi e affascinanti. Sebbene possa sembrare evidente che i fornitori di servizi AI siano responsabili solo per gli input copiati, è necessario considerare anche la possibilità che possano essere coinvolti nelle violazioni derivanti dagli output generati dai loro sistemi. La responsabilità per le violazioni dei diritti d'autore può assumere diverse forme, tra cui la responsabilità vicariale, contributiva e per istigazione, a seconda delle circostanze specifiche.

La responsabilità vicariale, che implica la responsabilità di un soggetto per le azioni di un altro, può essere applicata se un fornitore di servizi ha un "interesse finanziario diretto" nel favorire o nel permettere la violazione. Nonostante ciò, la giurisprudenza recente suggerisce che non basta la semplice possibilità di violazione, ma è necessario dimostrare una connessione specifica tra l'attività illecita e un incremento dei ricavi. In molte situazioni, se il fornitore di servizi offre un servizio con una tariffa fissa, la mera presenza di utenti che potrebbero essere interessati a contenuti illeciti non basta a giustificare una responsabilità vicariale.

Un'altra forma di responsabilità, quella contributiva, si verifica quando un soggetto contribuisce materialmente a un'attività illecita. Nel caso dei sistemi AI, il contributo materiale è evidente: senza il sistema stesso, l'utente non sarebbe in grado di generare nulla. Tuttavia, per sussistere la responsabilità contributiva, è necessario che il fornitore del servizio abbia conoscenza dell'attività illecita. La giurisprudenza stabilisce che una conoscenza generica delle possibili violazioni non è sufficiente, e solo la conoscenza specifica di violazioni da parte di determinati utenti può portare a responsabilità.

Se gli utenti sono responsabili per le violazioni degli output generati, ma i fornitori di AI non sono responsabili per gli input copiati, i fornitori dovranno rispondere ai preavvisi di violazione, ad esempio terminando gli abbonamenti degli utenti che infrangono i diritti d'autore. Le corti potrebbero, tuttavia, stabilire che i fornitori di AI sono responsabili se non adottano misure ragionevoli per prevenire l'uso illecito dei loro servizi, obbligando così i fornitori ad adottare precauzioni più rigorose contro abusi prevedibili.

Il rischio di responsabilità per istigazione, ovvero l'incoraggiamento intenzionale di atti illeciti, è un'altra questione rilevante. Sebbene i fornitori di AI possano evitare la responsabilità per istigazione, qualora incoraggiassero esplicitamente gli utenti a generare contenuti illeciti, potrebbero essere considerati responsabili. In questo contesto, il comportamento attivo di incoraggiamento a produrre violazioni è il fattore cruciale, e non basta una semplice mancanza di misure preventive o il profitto derivante dalla pubblicità su contenuti infrangenti.

Infine, la questione della proprietà dei diritti d'autore su un'opera generata da un'intelligenza artificiale solleva interrogativi teorici e legali di grande rilevanza. Poiché le opere create da AI possono essere di valore artistico o informativo equivalente a quelle umane, la protezione sotto la legge sul copyright statunitense presenta difficoltà sia teoriche che pratiche. Secondo la legge statunitense, il diritto d'autore è legato alla "creazione umana" e, pertanto, non può essere attribuito a un'entità non umana, come una macchina. Questo principio è stato confermato in casi precedenti, come nel caso Burrow-Giles Lithographic Co. v. Sarony, dove la Corte Suprema degli Stati Uniti ha affermato che l'autorialità deriva da una "concezione mentale originale", che non può essere attribuita a forze non umane, come processi naturali o comportamenti animali.

Tuttavia, l'applicabilità di questo principio nel contesto dell'AI non è ancora del tutto chiara, e ci sono ancora dibattiti sulla possibilità di estendere i diritti d'autore a opere generate automaticamente da sistemi artificiali. Nonostante la difficoltà teorica di assegnare diritti d'autore a una macchina, l'uso di software e database AI è di per sé soggetto a copyright, ma ciò non implica che le opere generate dalla macchina possano essere protette allo stesso modo di quelle create da un autore umano.

A prescindere dal dibattito legale sull'attribuzione dei diritti d'autore per le opere create dall'AI, è essenziale che i fornitori di sistemi AI siano consapevoli dei rischi associati alla violazione dei diritti d'autore. L'adozione di misure preventive adeguate, come il monitoraggio dell'uso delle proprie piattaforme e l'implementazione di politiche per affrontare le violazioni, diventerà sempre più cruciale per evitare responsabilità legali. Inoltre, le corti potrebbero continuare a esaminare attentamente il modo in cui l'AI interagisce con le normative esistenti sulla proprietà intellettuale, portando a evoluzioni significative nel quadro normativo.

Quali sono le sfide epistemologiche nell'intelligenza artificiale generativa?

L'intelligenza artificiale generativa (Gen AI) rappresenta una delle innovazioni più significative dell'era digitale, tuttavia il suo utilizzo solleva molteplici sfide epistemologiche, che riguardano la natura della conoscenza che essa produce, la sua affidabilità, e il suo impatto sulle pratiche conoscitive umane. L'analisi critica di queste sfide è fondamentale per garantire un approccio etico e informato sia nello sviluppo che nel deployment dell'IA generativa.

Innanzitutto, bisogna considerare l'IA come una "tecnologia epistemica", un tipo di tecnologia che ha un impatto diretto sulla creazione, conservazione e utilizzo della conoscenza. Tuttavia, il fatto che l'IA operi in questo ambito non implica che il contenuto che essa produce sia epistemicamente affidabile. L'adozione di Gen AI come tecnologia epistemica non comporta di per sé il riconoscimento della sua affidabilità epistemica. Al contrario, emergono problematiche significative che richiedono un esame metodologico e epistemico approfondito, e tra queste, si possono individuare quattro principali sfide epistemologiche: la qualificazione, l'affidabilità, il pluralismo e la dipendenza tecnologica.

La sfida della qualificazione epistemica riguarda il modo in cui l'IA generativa rende difficile per l'essere umano valutare lo status epistemico delle conoscenze che essa produce. In primo luogo, Gen AI tende a confondere la distinzione tra ciò che è creato attraverso un processo creativo e ciò che è semplicemente riprodotto, come risultato della capacità dell'IA di imitare attività creative. Se ci si limita a osservare solo il risultato finale, l'essere umano spesso non è in grado di distinguere tra ciò che è sinteticamente generato e ciò che è frutto di un processo creativo autentico. Nella disciplina giuridica, per esempio, è cruciale non solo poter valutare una conoscenza, ma anche avere il controllo sul processo con cui tale conoscenza è stata prodotta. Inoltre, l'IA generativa sfida anche la nostra capacità di distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso. A causa della sua natura probabilistica, Gen AI genera spesso conoscenze errate, fenomeno noto come "allucinazione dell'IA", che, pur sembrando plausibili, non sono necessariamente veritiere. Le risposte generate dai modelli di linguaggio (LLM) non sono in grado di valutare autonomamente il loro grado di veridicità, e, se interrogati su questo, non possono fornire una risposta riflessiva. Un aspetto importante in questo contesto è il "ciclo di retroazione" che si crea quando Gen AI impara dai contenuti che le vengono forniti, ma poiché tali contenuti sono generati in larga parte da IA stesse, l'apprendimento avviene in un contesto che non è basato su una comprensione diretta della realtà. Questo processo porta alla cristallizzazione di una rappresentazione distorta o inaffidabile della realtà.

La sfida dell'affidabilità epistemica riguarda l'affidabilità della rappresentazione della realtà fornita da Gen AI, che si basa esclusivamente su modelli statistici e probabilistici che non hanno alcuna connessione con l'osservazione diretta del mondo reale. Nonostante l'output possa sembrare innovativo, in realtà, Gen AI non è in grado di produrre contenuti veramente nuovi riguardanti oggetti, relazioni tra oggetti, o anche le dinamiche sociali e umane. Questo problema solleva interrogativi riguardo alla possibilità di riconoscere il contenuto generato da IA come una conoscenza scientifica valida. Sebbene i modelli di IA possano sembrare creare nuove informazioni, esse non sono basate su osservazioni reali o sul metodo scientifico, né sono allineate con i valori sociali o umani. Questo limite porta a implicazioni significative per la fiducia epistemica, per l'accettazione sociale della tecnologia e per la responsabilità nell'uso dell'IA. Se gli utenti non comprendono come un sistema di IA generativa è arrivato a un determinato risultato, saranno meno inclini ad adottarlo o utilizzarlo.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la sfida del pluralismo e della novità. Gen AI, alimentata da enormi quantità di dati e informazioni preesistenti, non è in grado di generare novità genuina, ma riproduce e combina contenuti già esistenti. Questo solleva interrogativi sul valore della "novità" che Gen AI può produrre, poiché la sua capacità di innovare è limitata dalla natura dei dati su cui è stata addestrata. Inoltre, il pluralismo delle prospettive e delle interpretazioni che caratterizzano il sapere umano non è ben rappresentato nei modelli di IA, che tendono a uniformare le risposte a causa dei limiti imposti dai dataset. La mancanza di pluralismo nelle risposte fornite dalle IA generative potrebbe ridurre la ricchezza di prospettive disponibili, limitando la capacità dell'essere umano di esplorare una gamma più ampia di opzioni interpretative.

Infine, la sfida della dipendenza tecnologica porta a riflessioni critiche sul crescente affidamento delle società moderne alle capacità computazionali delle macchine, con il rischio che la tecnologia soppianti progressivamente la competenza epistemica umana. L'integrazione sempre più profonda tra intelligenza artificiale e attività umane porta con sé il pericolo di perdere capacità di giudizio autonomo e riflessivo, con conseguenze potenzialmente gravi in ambiti come l'educazione, la scienza e la politica. In tale contesto, diventa cruciale sviluppare un approccio che permetta di mantenere il controllo umano, non solo sul risultato, ma anche sui processi che portano alla generazione di tale risultato, garantendo che l'uso dell'IA non minacci la capacità umana di discernere e valutare.

Un aspetto fondamentale da comprendere è che, nonostante le enormi potenzialità dell'IA generativa, essa non possiede la capacità di comprendere veramente la realtà. Le risposte che essa fornisce sono il risultato di modelli matematici e statistici che si basano su correlazioni nei dati, ma non sono connesse con una comprensione profonda o una riflessione critica. Pertanto, la fiducia nell'IA deve essere costantemente messa in discussione, e l'essere umano deve rimanere il giudice ultimo della qualità e dell'affidabilità della conoscenza prodotta, mantenendo un equilibrio tra l'uso delle tecnologie avanzate e la preservazione delle capacità cognitive proprie dell'uomo.