Le spiegazioni scientifiche, nella loro essenza, si collocano in un contesto epistemologico che distingue il "sapere che" dal "sapere perché". Quest'ultima, l'interpretazione causale e spiegativa di un fenomeno, ci offre una comprensione profonda della realtà, spesso attraverso argomentazioni deduttive. L'introduzione di un modello deduttivo-nomologico (D-N) da parte di Carl G. Hempel e Paul Oppenheim nel 1948 ha segnato un punto di svolta nel pensiero filosofico-scientifico, cercando di stabilire una definizione rigorosa di ciò che costituisce una vera spiegazione scientifica. La proposta di Hempel e Oppenheim rispondeva a una domanda fondamentale: quale argomentazione logica può essere considerata una spiegazione scientifica legittima?

Secondo il modello D-N, una spiegazione scientifica si articola come un argomento deduttivo valido, il cui termine finale (la conclusione) afferma che un dato fenomeno è accaduto. In tale argomentazione, la premessa (l'explanans) è quella che fornisce le ragioni, o le leggi generali, necessarie a spiegare il fenomeno in questione (l'explanandum). È proprio grazie alla presenza di una legge generale che una spiegazione scientifica assume validità logica. La conclusione, pertanto, non è altro che una descrizione del fenomeno da spiegare, mentre le leggi generali, che devono essere vere, forniscono il supporto necessario affinché tale spiegazione sia scientificamente corretta.

Tuttavia, la distinzione tra leggi generali e spiegazioni specifiche ha portato Hempel e Oppenheim a introdurre altre forme di spiegazione, come il modello induttivo-statistico (I-S). Questo modello affronta la necessità di spiegare eventi particolari sotto leggi generali di natura statistica, andando oltre i limiti del D-N per includere regolarità probabilistiche. In effetti, la scienza non si limita a spiegazioni deterministiche ma comprende anche spiegazioni che trattano fenomeni non completamente prevedibili, come quelli studiati nella fisica quantistica.

La definizione di una "legge" scientifica si presta a un'analisi più complessa. Hempel e Oppenheim distinguono tra leggi fondamentali e derivate, con le leggi fondamentali che rappresentano verità universali e quelle derivate che, sebbene universali, sono deducibili da altre leggi fondamentali. Una legge scientifica deve essere universale e verificata empiricamente, ma deve anche avere la capacità di rispondere a controfattuali, cioè a domande come "cosa accadrebbe se...?". Ad esempio, se una legge afferma che "nessun segnale può viaggiare più veloce della luce", la sua capacità di rispondere a ipotetiche situazioni che violano questa legge è parte integrante della sua validità.

Un ulteriore punto di discussione riguarda la distinzione tra leggi e generalizzazioni accidentali. Mentre una generalizzazione accidentale potrebbe essere corretta in un dato contesto, non possiede la stessa portata universale di una legge di natura. La legge, infatti, non solo deve essere valida in tutti i casi generali, ma deve essere in grado di resistere alle sfide dei controfattuali, come ad esempio la questione riguardante l'impossibilità di un segnale che viaggi più veloce della luce in un vuoto.

Nonostante la chiarezza che il modello D-N ha portato nella filosofia della scienza, rimangono aperte questioni cruciali. Un esempio riguarda la distinzione tra leggi universali, come quelle derivate dalla relatività, e quelle che trattano eventi particolari, come la massa critica dell'uranio arricchito. Sebbene entrambe possano essere vere in base agli attuali standard scientifici, esse operano su livelli di generalizzazione e applicabilità differenti. Le leggi fondamentali della fisica, come la relatività, regolano fenomeni universali, mentre altre leggi, come quelle relative alla massa, si applicano solo in contesti specifici.

Pertanto, una spiegazione scientifica completa non si limita a una deduzione logica pura, ma deve affrontare una serie di condizioni empiriche e teoriche. L'applicazione delle leggi scientifiche, la loro universalità e la capacità di rispondere a domande controfattuali sono ciò che distingue una vera spiegazione scientifica dalle semplici generalizzazioni. La scienza non è solo un insieme di dati descrittivi, ma un corpo di conoscenze che offre spiegazioni causali e teoriche su fenomeni naturali complessi. Questo approccio deduttivo-nomologico, pur essendo un punto di partenza fondamentale, continua a evolversi con l'introduzione di modelli statistici e probabilistici, rispecchiando la crescente complessità dei fenomeni studiati.

Qual è il Ruolo della Matematica nelle Spiegazioni Scientifiche?

Il dibattito sulla relazione tra matematica e scienza, in particolare nelle spiegazioni scientifiche, non è mai stato così cruciale e articolato. Il concetto di "spiegazione scientifica" è infatti complesso e interseca molteplici tematiche filosofiche, tra cui linguaggio, logica, epistemologia e, talvolta, metafisica e ontologia. La discussione su come la matematica si inserisca nelle spiegazioni scientifiche ha acquisito una nuova rilevanza, in particolare nel contesto della fisica, dove la matematica gioca un ruolo di fondamentale importanza. Tuttavia, rimane una questione centrale: la matematica ha davvero un ruolo esplicativo nei fenomeni fisici, oppure è semplicemente uno strumento che facilita il calcolo e la previsione?

L'Inferential Conception, una visione meta-filosofica della scienza, non fornisce una teoria esaustiva delle spiegazioni scientifiche, ma apre invece uno spazio di riflessione sul ruolo della matematica in esse. Questo approccio non si concentra sul fornire risposte definitive riguardo all'uso della matematica, ma cerca di sondare le sue implicazioni epistemologiche. In particolare, viene sollevata la questione se i teoremi matematici possano essere considerati come "leggi" della natura, analogamente alle leggi fisiche. Sebbene l'idea di estendere la categoria delle leggi naturali nel modello D-N per includere anche i teoremi matematici sembri plausibile, non risolve la questione fondamentale: sono i teoremi matematici in grado di spiegare fenomeni fisici? Se sì, in che modo? Semplicemente equiparare i risultati puramente matematici alle leggi fisiche non giustifica automaticamente il ruolo esplicativo della matematica. Questa posizione porta a una conclusione radicale: non possiamo attribuire alla matematica un ruolo esplicativo intrinseco senza un'analisi più approfondita del contesto scientifico in cui viene utilizzata.

Uno degli aspetti più discussi riguarda le idealizzazioni presenti nelle teorie fisiche. La fisica spesso utilizza modelli che, per semplicità, ignorano certi dettagli. Un piano senza attrito, per esempio, è una semplificazione utile per i calcoli, ma non corrisponde alla realtà. Quando tali modelli idealizzati sono utilizzati per facilitare i calcoli, la loro funzione esplicativa non è messa in discussione. Tuttavia, ci sono casi in cui l'idealizzazione non può essere eliminata o corretta, creando una barriera epistemologica che può attribuire una sorta di "potere esplicativo" all'idealizzazione stessa. In queste situazioni, la matematica che sostiene l'idealizzazione diventa indissolubile dal modello e acquisisce una dimensione esplicativa.

Un esempio emblematico viene dall'analisi delle onde luminose. Se si considerano due fasci di luce che illuminano la stessa area di una parete, per calcolare l'intensità combinata dei fasci, è necessario sommare le ampiezze delle onde e poi elevare al quadrato il risultato. In condizioni particolari, come quando la lunghezza d'onda della luce è estremamente piccola rispetto alla distanza tra i fasci, il calcolo porta a una "singolarità" matematica, dove l'intensità apparente sulla parete non mostra alcun tipo di interferenza. La difficoltà non risiede nell'idealizzazione del modello, ma nel fatto che la singolarità, sebbene rappresenti un concetto matematico, non ha una reale corrispondenza osservabile nel mondo fisico. Questo esempio dimostra che l'idea che la matematica possa spiegare direttamente i fenomeni fisici, semplicemente per il suo ruolo nei modelli, è problematica.

Nonostante questi dubbi, la matematica continua a essere un elemento indispensabile nelle scienze fisiche. Le sue capacità predittive sono straordinarie e permettono di formulare teorie che descrivono il mondo fisico con una precisione senza pari. Tuttavia, è importante comprendere che la matematica non fornisce una "spiegazione" in senso stretto; piuttosto, essa fornisce un linguaggio estremamente potente per modellizzare, prevedere e comprendere fenomeni fisici. Ma quando si cerca di attribuire un potere esplicativo alla matematica, bisogna fare attenzione a non confondere il calcolo e la previsione con la vera e propria spiegazione dei fenomeni.

È essenziale, quindi, che il lettore riconosca la distinzione tra il ruolo strumentale della matematica e la sua presunta funzione esplicativa. La matematica non è un'entità ontologicamente distinta che possa spiegare la realtà, ma piuttosto un linguaggio attraverso il quale possiamo descrivere e organizzare la realtà. In questo senso, la matematica non possiede un "potere" esplicativo di per sé; il suo utilizzo nei modelli fisici è sempre mediato dalla comprensione concettuale che abbiamo della natura e delle leggi che la governano.