Il progetto di costruire un centro congressi nella zona di West 34th Street a New York sembrava un’opportunità d’oro. La posizione era perfetta: facilmente accessibile, vicina alle fermate della metropolitana e degli autobus, con un ampio spazio per un possibile ampliamento in futuro. Questi erano solo alcuni dei punti di forza che io stesso avevo messo in evidenza. La mia proposta era chiara: il centro poteva essere costruito in modo molto più economico rispetto ad altre alternative, senza dover spostare nessun affittuario, una condizione fondamentale in una città come New York, dove la questione degli sgomberi è sempre delicata.

Quando un gruppo di studenti del corso del Consigliere Comunale Robert Wagner ha fatto uno studio che indicava il mio sito come il migliore, ho immediatamente preso il rapporto e lo ho battezzato con il nome di “Rapporto Wagner”. Il problema, però, era che nonostante questi argomenti validissimi e il supporto accademico, i miei avversari politici non si sono mai arresi. Abe Beame, allora sindaco, aveva già deciso che l’area di Battery Park fosse il posto giusto per il centro e nonostante ogni mia argomentazione, si è mantenuto fermo sulla sua scelta. Un altro ostacolo significativo era rappresentato da John Zuccotti, il vicesindaco, che aveva investito troppo in un progetto che, a mio avviso, non aveva mai avuto senso. Non essendo disposto ad ammettere che il suo lavoro fosse stato vano, Zuccotti ha cominciato a sparlare pubblicamente della mia proposta. Nonostante la sua campagna denigratoria, ho continuato a difendere con forza la mia visione, accusandolo di essere un politico meschino e auto-referenziale.

Questo scontro ha ricevuto molta attenzione mediatica, un vantaggio non indifferente per la visibilità del mio progetto. Alla fine, la persistenza ha pagato: nel 1977, un comitato incaricato dallo stesso Beame ha finalmente riconosciuto la superiorità della mia proposta, anche se la sua approvazione è arrivata solo alla fine del suo mandato. Il mio progetto è finalmente stato scelto e le autorità cittadine hanno deciso di acquistare il terreno di 34th Street per costruire il centro congressi.

Tuttavia, nonostante la mia vittoria politica, il ritorno economico è stato ben al di sotto delle aspettative. La mia compensazione per la trattativa con Penn Central è stata di circa 833.000 dollari, un importo che, dato l’investimento e l’impegno profuso, consideravo insufficiente. Ma la mia proposta, forse la più ambiziosa, era stata quella di rinunciare a questa somma se in cambio la città avesse deciso di intitolare il centro al mio nome. La risposta del sindaco Ed Koch, che subentrò nel 1978, fu una decisione che non capii mai del tutto: nonostante avessi negoziato il terreno, Koch decise che avrei avuto un conflitto di interesse se fossi stato anche l’appaltatore del progetto.

Nonostante ciò, non mi sono arreso e ho offerto alla città una proposta che, alla luce dei costi, era davvero irragionevole. Mi impegnai a completare l’opera per meno di 200 milioni di dollari, assumendomi anche la responsabilità di eventuali costi aggiuntivi. In cambio, la città e lo stato avrebbero deciso di gestire direttamente il progetto, una scelta che si sarebbe rivelata disastrosa. La costruzione ha visto ritardi terribili e un incremento dei costi che ha fatto lievitare il budget fino a raggiungere i 250 milioni di dollari in più rispetto al previsto, portando il costo totale dell’opera vicino al miliardo di dollari, cioè oltre 700 milioni di dollari sopra il budget iniziale.

Il progetto è stato gestito da Richard Kahan, nominato capo della Urban Development Corporation, che ha deciso di ingaggiare l’architetto I. M. Pei. Sebbene Pei avesse una grande reputazione, il suo approccio è stato quello di scegliere soluzioni architettoniche incredibilmente costose e difficili da realizzare. La sua scelta di un telaio spaziale per il centro congressi è stata una decisione che avrebbe inevitabilmente comportato costi imprevisti e problemi di costruzione, soprattutto considerando le dimensioni del progetto.

Il peggior errore, tuttavia, fu la gestione del parcheggio. A causa di un processo di approvazione ambientale che avrebbe rallentato la costruzione, il progetto del garage fu abbandonato. Questo, seppur apparentemente un dettaglio, ha creato una carenza di posti auto che ha compromesso l’efficienza del centro. Inoltre, la scelta dell’ingresso sul lato est del centro, che si affacciava sul traffico di Eleventh Avenue anziché sul lato ovest con vista sul fiume Hudson, ha ulteriormente penalizzato l’estetica e la funzionalità dell’intera struttura.

Nel 1983, di fronte al disastro in corso, ho scritto una lettera a William Stem, il presidente della Urban Development Corporation, offrendo nuovamente il mio aiuto per completare il progetto senza ulteriori ritardi e senza nuovi aumenti di costo. La mia offerta fu rifiutata. La costruzione, che avrebbe dovuto essere una pietra miliare per la città, si è trasformata in una delle peggiori disgrazie della storia dell’edilizia pubblica newyorkese. Quando il centro congressi è stato finalmente completato nel 1986, era in ritardo di quattro anni e il costo finale superava di gran lunga quanto era stato previsto inizialmente.

Anche se il centro congressi è stato alla fine inaugurato, la realtà è che non riuscirà mai a recuperare la montagna di denaro pubblico sprecato. In questo contesto, il mio coinvolgimento nel progetto, seppur inizialmente visto come un’opportunità di successo, si è rivelato una lezione amara sull’importanza di una pianificazione adeguata e dell’efficienza nel management pubblico.

Qual è la strategia migliore per acquisire un terreno difficile e costruire un casinò di successo?

Il periodo in cui l'industria dei casinò di Atlantic City stava affrontando una crisi non rappresentava necessariamente un ostacolo insormontabile. Sebbene l'inverno del 1980 fosse stato particolarmente rigido, con venti forti e temperature glaciali, e l'industria del gioco stesse vivendo una fase di stagnazione, quell'incertezza si traduceva in una grande opportunità. Le difficoltà generavano un ambiente favorevole per ottenere buoni affari, specialmente quando la concorrenza era spaventata dal rischio di investire in una città che sembrava avere un futuro incerto.

Nel 1980, la possibilità di acquisire un terreno cruciale per costruire un casinò sembrava essere una sfida ardua. La proprietà in questione si trovava in una posizione centrale sul Boardwalk di Atlantic City, proprio accanto al centro congressi, uno dei luoghi principali per eventi di grandi dimensioni. Inoltre, la posizione strategica la rendeva un punto focale, ideale per chiunque avesse voluto investire in un casinò. Tuttavia, nonostante la promessa di un sito eccellente, le difficoltà legali legate alla sua acquisizione erano enormi. La proprietà era frammentata, con una combinazione di accordi sovrapposti, controversie legali, e frazionamenti di proprietà che rendevano l'operazione complicata, se non impossibile.

Ma in questi casi, l'approccio più convenzionale, come quello suggerito da avvocati e mediatori immobiliari, non era l'unico possibile. Mentre tutti consigliavano di optare per una proprietà già pronta e ben organizzata, l'opportunità di acquistare una proprietà di alto valore che sembrava fuori portata poteva rivelarsi una mossa vincente. Ad esempio, l'approccio migliore era quello di puntare su un'area complicata, in quanto spesso si poteva ottenere un prezzo inferiore grazie alla difficoltà della trattativa. La cosa importante era avere credibilità e una reputazione forte, che permettessero di gestire negoziazioni con i proprietari e risolvere i conflitti legali in corso.

Nel caso di questa particolare proprietà, il piano di acquisizione non si limitava ad acquistare immediatamente i terreni, ma piuttosto a stipulare contratti di locazione di lunga durata con opzioni di acquisto in futuro. In questo modo, si riduceva l'investimento iniziale e si evitava la necessità di ricorrere a finanziamenti ingenti in un periodo in cui le banche erano scettiche riguardo agli investimenti in Atlantic City. Al contempo, l'obiettivo era di evitare il rischio che uno dei proprietari potesse ritirarsi all'ultimo momento, proprio come era accaduto al vicino Bob Guccione, che aveva lasciato incompiuto un grande progetto a causa di una piccola casa non acquisita. La lezione era chiara: non si doveva mai lasciare che un singolo pezzo del puzzle restasse fuori, ma l'intero blocco doveva essere acquisito contemporaneamente.

Una volta acquisita la proprietà, il passaggio successivo era ottenere la licenza per operare come casinò. Questo, però, si rivelò un processo lungo e complesso, come dimostrato dal caso di Playboy e Hugh Hefner, che non riuscirono a ottenere la licenza nonostante il loro grande nome e la buona volontà di cooperare con le autorità. La moralità e la reputazione giocano un ruolo cruciale nell'industria del gioco d'azzardo, e la soggettività del processo di licenza rende ogni caso unico. Ciò che contava non era solo la posizione del casinò o il suo potenziale economico, ma anche la capacità di navigare nel sistema giuridico e nelle complicate dinamiche politiche locali.

Oltre alla visione pragmatica di acquisire un terreno con un buon potenziale, è fondamentale comprendere che la capacità di gestire negoziazioni difficili e di fare affidamento su una solida reputazione può fare la differenza. Un progetto come questo non è solo una questione di immobile, ma di persone, legami e scelte strategiche che vanno ben oltre l'aspetto puramente finanziario.