Nel campo della catalisi eterogenea e della fotochimica, le strutture nanometriche basate su poliossometalati (POM) stanno emergendo come soluzioni innovative per una varietà di applicazioni, da quelle legate alla riduzione dei gas serra a quelle nei processi di sintesi chimica. Questi composti sono noti per la loro capacità unica di trasferire cariche e la loro sensibilità alla luce visibile e ultravioletta, fattori che li rendono ideali per l'uso in reazioni fotocatalitiche. La ricerca recente ha esplorato come la combinazione di POM con altre strutture, come i Metal-Organic Frameworks (MOF), possa migliorare significativamente l'efficienza di reazioni fotocatalitiche come la riduzione del protone (HER) e la riduzione del CO2.

Le POM, composti inorganici a base di ossidi metallici con una struttura altamente ordinata, possiedono una serie di proprietà uniche che li rendono versatili in molti ambiti della chimica applicata. La loro capacità di accumulare e trasferire cariche elettriche, combinata con la loro attività fotochimica, li rende candidati ideali per applicazioni nei processi di riduzione del CO2 e produzione di idrogeno. Studi recenti hanno mostrato che i cluster di POM, come il Wells-Dawson [P2W18O62]6−, possono essere integrati con framework organici a base di metalli per formare composti fotocatalitici altamente efficienti.

Nel 2015, è stato riportato che l'incapsulamento di un cluster POM Wells-Dawson in un MOF ancorato a un complesso di Ru(bpy)3 2+ ha prodotto un materiale fotocatalitico capace di ridurre i protoni sotto irradiazione con luce visibile (>400 nm). Questo approccio sfrutta l'interazione sinergica tra il MOF e il cluster di POM per iniettare multielettroni nel sistema, migliorando così l'efficienza della riduzione del protone. In questo contesto, la luce visibile fornisce l'energia necessaria per l'eccitazione del framework, mentre il trasferimento degli elettroni dal framework al POM consente di attivare il processo di riduzione. I risultati sperimentali hanno dimostrato che tali strutture possono raggiungere numeri di turnover (TON) fino a 79, un miglioramento significativo rispetto alle tradizionali tecnologie di fotocatalisi.

Un altro esempio interessante riguarda l'uso di POM contenenti Ni per migliorare le reazioni di riduzione del protone. In un altro studio, il complesso Ni4(H2O)2(PW9O34)2− è stato incapsulato all'interno di un MOF fotoluminescente basato su Ir(ppy)2(bpy)+, il quale ha permesso un'efficiente riduzione dei protoni, con un TON che ha raggiunto il valore impressionante di 1476. Questo approccio ha dimostrato come il design di sistemi multicomponente possa migliorare l'efficienza della fotocatalisi e come l'integrazione di metalli di transizione come il nickel possa favorire il trasferimento elettronico e la riduzione dei protoni in modo più efficace.

Inoltre, la combinazione di POM con MOF non si limita alla sola riduzione del protone. Infatti, l'utilizzo di questi materiali per la riduzione fotocatalitica del CO2 è un'altra area di ricerca in rapida espansione. Nel 2020, uno studio ha dimostrato che la co-immobilizzazione di un POM di tipo Keggin (PW12O40 3−) e un complesso catalitico a base di Rh, come il Cp*Rh(bpydc)Cl2, all'interno di un MOF Zr(IV) ha portato alla formazione di un sistema fotocatalitico altamente attivo per la riduzione del CO2 in formiato e idrogeno. Questo risultato ha evidenziato l'importanza dei POM nella catalisi del CO2, in quanto non solo facilitano il trasferimento degli elettroni, ma svolgono anche un ruolo cruciale nell'orientare la reazione verso la formazione di prodotti utili, come il formiato.

Un aspetto fondamentale da sottolineare in relazione a queste scoperte è la natura altamente personalizzabile dei POM e dei MOF, che consente di adattare le loro proprietà ottiche e catalitiche a diverse esigenze specifiche. La progettazione e la sintesi di nuovi materiali basati su POM e MOF rappresentano una delle frontiere più promettenti nella ricerca sui catalizzatori fotocatalitici, con implicazioni significative per la produzione di energia pulita, la riduzione delle emissioni di gas serra e la sintesi di composti chimici di valore.

Il grande vantaggio dei POM è la loro capacità di funzionare come "accumulatori" di cariche, grazie alla loro struttura aperta e alla presenza di atomi metallici che possono interagire con la luce e trasferire elettroni al resto della struttura. L'integrazione di questi composti con MOF non solo migliora la stabilità e l'efficienza delle reazioni, ma consente anche di ampliare le applicazioni dei POM a nuovi ambiti, come la biocatalisi e la medicina, dove i POM possono essere utilizzati per sviluppare nuovi trattamenti o per la diagnosi di malattie.

Quali sono le potenzialità dei materiali a base di cluster di solfuro di cadmio e le loro applicazioni nella fotocatalisi?

I materiali a base di strutture porose di CCSCs, che presentano una vasta superficie specifica, si rivelano essere eccellenti catalizzatori. Un esempio significativo è rappresentato dal lavoro del gruppo di Zhang, che nel 2014 ha presentato un cluster ternario di calcolato solfuro di cadmio e argento, Cd6Ag4(SPh)16(DMF)4, e il suo assemblaggio microporoso tridimensionale, {Cd6Ag4(SPh)162}, interconnesso con il rigido legante bpe (trans-1,2-bis(4-piridiletilene)). Questo framework microporoso ha mostrato una vasta assorbanza nelle lunghezze d'onda comprese tra 200 e 600 nm, con un massimo a 305 nm e un picco a 420 nm, come illustrato in figura 6.20a. L'ampio bandgap e la forte assorbanza visibile mostrata dal cluster Cd6Ag4(SPh)16(DMF)4 e dal framework {Cd6Ag4(SPh)162} fanno sì che entrambi siano promettenti fotocatalizzatori.

I risultati sono impressionanti: i cluster Cd6Ag4(SPh)16(DMF)4 hanno ridotto la concentrazione di rhodamina B (RhB) del 95% dopo 180 minuti di illuminazione. Inoltre, una dispersione acquosa del framework microporoso {Cd6Ag4(SPh)162} ha dimostrato di essere un fotocatalizzatore altamente efficace, riducendo la concentrazione di RhB del 95% dopo soli 90 minuti di illuminazione. L'attività fotocatalitica migliorata di questo framework potrebbe essere attribuita alla sua struttura ibrida e alla sua ampia assorbanza visibile, che favoriscono un utilizzo più efficiente dell'energia in arrivo per la degradazione della sostanza contaminante.

Successivamente, lo stesso gruppo ha segnalato l'uso di un polimero semiconductore monodimensionale di coordinazione, [Cd8S(SPh)14(DMF)(bpy)]n, con catene elicoidali interconnesse dal legante 4,4′-bipiridina (bpy), che si è rivelato efficace nel supportare la fotodegradazione di RhB e blu di metilene (MB) in soluzioni acquose. In particolare, con [Cd8S(SPh)14(DMF)(bpy)]n, le concentrazioni di RhB e MB sono diminuite di circa il 70% dopo 90 minuti e di un ulteriore 25% dopo 180 minuti sotto illuminazione con luce bianca.

Questi risultati sottolineano il grande potenziale dei materiali a base di CCSCs e dei framework a essi associati nell'ambito della fotocatalisi. La chimica dei CCSCs si è evoluta negli ultimi decenni, con particolare attenzione all'espansione delle dimensioni, dei tipi e delle composizioni, e all'esplorazione delle loro proprietà e applicazioni. Nonostante siano stati realizzati numerosi tipi di CCSCs e framework basati su CCSC, che presentano diverse dimensioni, tipi e composizioni, e siano state presentate varie strategie sintetiche, solo pochi tipi di leganti organici sono stati con successo introdotti nei framework basati su CCSC. Pertanto, per sviluppare nuove strutture di framework, è necessario estendere e innovare i metodi sintetici utilizzando leganti organici innovativi.

Inoltre, i materiali semiconduttori basati su CCSC e i framework che li supportano mostrano un potenziale significativo per lo sviluppo di nanomateriali funzionali, ma finora sono state esplorate solo poche delle loro proprietà. È necessario estendere le applicazioni di questi materiali nei dispositivi ottici ed elettronici, poiché la loro versatilità potrebbe aprire nuovi orizzonti tecnologici. Tuttavia, è innegabile che la correlazione composizione-struttura-proprietà della chimica dei CCSC debba essere ulteriormente perseguita per ottimizzare le loro proprietà in vista di applicazioni diversificate.

Come la Sintesi dei Cluster di InP Influenza la Stabilità e la Qualità dei Quantum Dots: Riflessioni sulle Condizioni di Crescita e i Fattori Critici

L'utilizzo dei quantum dots (QDs) di indio fosfato (InP) in applicazioni biologiche di imaging e sensing richiede una comprensione profonda della loro sintesi e stabilità. I metodi tradizionali, che si concentrano su strategie di sintesi con leganti o con l'iniezione a caldo, presentano limiti quando si tratta di ottenere particelle di dimensioni piccole e stabili senza l'uso di colle o solventi. Di conseguenza, lo studio dei fattori che influenzano la stabilità durante la sintesi dei QDs è essenziale per produrre grandi quantità di QDs ad alte prestazioni.

Cossairt ha proposto tre caratteristiche fondamentali che determinano la struttura e la stabilità dei cluster: la chimica superficiale, la carica del catione e la covalenza della reticolazione. La chimica superficiale, come discusso nella sezione precedente, ha un impatto significativo sulla struttura e sulla reattività degli intermedi del cluster. In particolare, il tipo di legante e la densità di leganti sulle superfici metalliche giocano un ruolo cruciale nella stabilizzazione del sistema. Questo è evidente nel confronto tra i cluster InP e quelli di II-VI, dove la maggiore carica del catione In rispetto al Cd determina una densità di leganti molto più elevata sulle superfici MSC InP, il che aumenta la stabilità cinetica di questi cluster III-V. La terza caratteristica riguarda la maggiore covalenza della reticolazione InP, che pur mantenendo una componente prevalentemente ionica, conferisce una stabilità aggiuntiva alla struttura dei QDs.

Friedfeld e colleghi hanno analizzato la crescita dei MSC InP in QDs di InP studiando la dipendenza dalla temperatura, dalla concentrazione e dagli additivi. A temperature comprese tra i 130 e i 150 °C, la crescita dei QDs continua per oltre otto ore, ma si osserva una decomposizione non produttiva significativa. Invece, a temperature superiori a 200 °C, la crescita dei QDs è completa in soli 20 minuti, con un miglioramento della distribuzione di assorbimento. A temperature superiori a 250 °C, si osserva un assorbimento più stretto, associato a una ridotta polidispersione delle particelle, simile alla sintesi a 400 °C per i QDs InP menzionata precedentemente.

Un altro fattore chiave nella sintesi dei QDs è la dipendenza dalla concentrazione. Concentrazioni iniziali elevate di MSC InP accelerano la formazione dei QDs. Tuttavia, l'influenza degli additivi, come il miristato di indio, è più evidente a temperature più basse (150 °C), dove una maggiore concentrazione di additivo porta a una distribuzione più omogenea dei QDs. Al contrario, ad alte temperature, l'effetto degli additivi è ridotto, poiché la sintesi dei monomeri avviene rapidamente. Questo dimostra come la presenza di monomeri esogeni possa influenzare significativamente la crescita e la polidispersione dei QDs, in particolare nelle fasi iniziali della reazione.

L'uso di fosfinati organici nella sintesi dei QDs di InP è stato ampiamente studiato fin dagli anni '90. In particolare, Xie e colleghi nel 2008 hanno evidenziato il ruolo decisivo dei fosfinati organici nella formazione di QDs InAs di alta qualità, mentre nel 2019 Xu e il suo team hanno sottolineato il ruolo fondamentale della TOP (Trioctylphosphine) nella formazione di QDs InP con alta qualità ottica. In questa sintesi, la TOP agisce come gruppo di coordinazione per i carboxilati di indio, facilitando la solubilità dei precursori e influenzando le fasi di reazione, a partire dalla formazione di un complesso meno ingombrante e più solubile. In seguito, combinando il complesso In(TOP)(St)3 con tris(trimethylsilyl)fosfina, si ottengono cluster di InP con una distribuzione di dimensioni quasi uniforme.

Nel corso delle reazioni di sintesi, la presenza di fosfinati organici, come il TOP, consente di ottenere QDs monodispersi. L'introduzione di indio e fosfina permette inoltre di ottimizzare la qualità del prodotto finale, con picchi di assorbimento che coprono gran parte della finestra visibile. In altre parole, l'uso di fosfinati consente di regolare in modo preciso le caratteristiche ottiche dei QDs, rendendo questo processo altamente promettente per applicazioni industriali e commerciali.

L'importanza di considerare la stabilità dei QDs di InP durante la sintesi è stata ulteriormente messa in evidenza da studi sulla loro resistenza chimica e termica. In esperimenti condotti da Brown e colleghi, è stato osservato che i QDs di InP-Zn presentano una riduzione significativa della loro capacità di assorbimento e un blueshift dopo essere stati esposti alla luce per 28 ore. L'effetto di ossidazione fotoindotta è particolarmente rilevante, poiché influenza la stabilità a lungo termine dei QDs. La stabilità termica è altrettanto critica: i QDs sottoposti a temperature elevate mostrano un significativo cambiamento nel loro spettro di assorbimento, evidenziando l'importanza della protezione contro l'ossidazione durante la sintesi e l'applicazione dei QDs.

Considerare la stabilità chimica e la resistenza termica dei QDs di InP durante la sintesi è quindi un passo cruciale nella produzione di particelle ad alte prestazioni. Inoltre, la regolazione delle condizioni di reazione, come la temperatura, la concentrazione e la scelta degli additivi, può avere un impatto diretto sulla qualità e sulla riproducibilità dei QDs, influenzando le loro applicazioni nei campi dell'imaging biologico e del sensing.