La termodinamica, in particolare la prima legge, fornisce un quadro fondamentale per comprendere i processi energetici che avvengono durante la cottura degli alimenti. La legge stabilisce che la variazione di energia interna di un sistema è uguale al calore scambiato con l'ambiente più il lavoro svolto sul sistema o dal sistema stesso. La relazione è espressa matematicamente come:

ΔU=Q+W\Delta U = Q + W

Nel caso di un sistema chiuso, come un filetto di manzo in un forno, se consideriamo che il lavoro è solo quello dovuto alla variazione di volume, la formula diventa:

ΔU=QpΔV\Delta U = Q - p \Delta V

Dove QQ è il calore trasferito e ΔV\Delta V è la variazione di volume del sistema. Poiché il volume del filetto non cambia durante la cottura, il lavoro WW può essere ignorato e ci si concentra solo sul calore trasferito, che determina l'aumento dell'energia interna del filetto.

Un aspetto importante nella termodinamica è la convenzione dei segni, già discussa precedentemente nel contesto del lavoro e del calore. In questo caso, sia il calore che il lavoro sono definiti come positivi quando aumentano l'energia interna del sistema, cioè quando l'energia viene trasferita dall'ambiente al sistema. Tuttavia, è essenziale prestare attenzione alle diverse convenzioni di segno utilizzate nei vari testi, poiché potrebbero variare e influire sull'interpretazione dei risultati.

Nel contesto della cottura, la distinzione tra calore e lavoro diventa significativa. Mentre il lavoro non influisce sul cambiamento di entropia del sistema, il calore sempre lo fa. Il calore trasferito in un sistema causa un aumento dell'entropia, il che implica che una parte dell'energia trasferita non è completamente disponibile per il lavoro utile. In altre parole, il calore trasferito non può essere utilizzato nella stessa misura del lavoro per eseguire compiti meccanici, come sollevare un oggetto.

Per comprendere appieno come il calore influisca sulla cottura, prendiamo come esempio il filetto di manzo. Supponiamo che un filetto di manzo da 1 kg venga cotto in un forno a 90 W di potenza per 30 minuti. La formula per il calore trasferito diventa:

Q=Q˙×Δt=90W×30×60s=162kJQ = \dot{Q} \times \Delta t = 90 \, \text{W} \times 30 \times 60 \, \text{s} = 162 \, \text{kJ}

Quindi, il cambiamento nell'energia interna del filetto è pari a 162 kJ, il che implica che questa è l'energia che entra nel sistema. Questa energia è essenzialmente tutta sotto forma di calore, poiché il lavoro non gioca un ruolo significativo in questo processo.

La prossima domanda riguarda l'effetto di questa energia sul filetto. Quanto aumenterà la temperatura del filetto di manzo? Per determinare questo, dobbiamo introdurre la capacità termica specifica, che ci dice quanto calore è necessario per aumentare di 1 °C la temperatura di una sostanza. Per il manzo magro, la capacità termica specifica è di 2,8 kJ/(kg·K). Usando la formula del calore:

Q=cmΔTQ = c \cdot m \cdot \Delta T

possiamo calcolare la variazione di temperatura. Se il calore trasferito è 162 kJ, la temperatura finale sarà:

ΔT=Qmc=162kJ1kg2,8kJ/(kg\cdotpK)=58°C\Delta T = \frac{Q}{m \cdot c} = \frac{162 \, \text{kJ}}{1 \, \text{kg} \cdot 2,8 \, \text{kJ/(kg·K)}} = 58 \, \text{°C}

Pertanto, la temperatura finale del filetto dopo 30 minuti di cottura sarà di 78 °C, dato che la temperatura iniziale era di 20 °C. Con questa temperatura, possiamo concludere che il filetto è cotto.

Tuttavia, è importante notare che questo modello è stato semplificato in due aspetti cruciali. Il primo riguarda l'assunzione che il tasso di trasferimento del calore sia costante nel tempo. In realtà, la velocità di trasferimento del calore diminuisce man mano che il filetto si riscalda e la differenza di temperatura tra il filetto e l'ambiente circostante si riduce. La seconda semplificazione riguarda l'ipotesi di un riscaldamento uniforme del filetto. In realtà, il riscaldamento avviene per strati, con la superficie che si riscalda più rapidamente rispetto al centro.

Per affrontare queste limitazioni, possiamo ampliare il nostro modello considerando variazioni del tasso di trasferimento del calore e incertezze legate alla distribuzione della temperatura all'interno del filetto. Inoltre, potrebbe essere utile esaminare l'energia richiesta per riscaldare un filetto partendo da temperature più basse, come nel caso di un filetto conservato in frigorifero, che richiede più energia per raggiungere la stessa temperatura di cottura. Questo allunga il tempo di cottura e dimostra come le condizioni iniziali possano influire significativamente sul processo di cottura.

In sintesi, mentre la prima legge della termodinamica fornisce un quadro teorico utile per analizzare i processi energetici, una comprensione completa della cottura richiede di considerare la variabilità nel trasferimento di calore e nelle proprietà fisiche dei materiali. Questi fattori determinano la praticità e l'efficacia del processo di cottura, influenzando sia il tempo necessario per cucinare che il risultato finale.

Perché la distribuzione di Boltzmann determina lo stato più probabile di un sistema?

Nel considerare la distribuzione dell’energia tra un atomo e un serbatoio termico, appare evidente che il numero di configurazioni possibili diminuisce drasticamente con l’aumentare dell’energia concentrata sull’atomo. L’interpretazione fondamentale è semplice ma potente: più energia è trattenuta dall’atomo, meno ne rimane per il serbatoio, e minore è il numero complessivo di microstati realizzabili. Il caso più probabile corrisponde a j = 0, ovvero quando tutta l’energia risiede nel serbatoio e nessuna nell’atomo, perché questo stato ammette il numero massimo di realizzazioni possibili. All’opposto, quando tutta l’energia è concentrata sull’atomo, esiste una sola configurazione compatibile, rendendo lo stato estremamente improbabile.

Questa intuizione è coerente con l’idea generale secondo cui, all’equilibrio termico, l’energia tende a distribuirsi nel modo più disperso possibile. L’ordine è improbabile, il disordine probabile. La configurazione di massimo disordine — cioè quella con il numero massimo di microstati — corrisponde proprio allo stato d’equilibrio.

Da un punto di vista quantitativo, l’approccio si raffina grazie all’utilizzo dell’approssimazione di Stirling, che consente di semplificare il calcolo delle probabilità per grandi valori di energia e numero di particelle. Applicando questa tecnica e assumendo che il serbatoio non risenta della sottrazione di energia da parte del singolo atomo, si ottiene un’espressione per la probabilità pjp_j che l’atomo si trovi in uno stato di energia Ej=jεE_j = j\varepsilon:

pj=exp(jεkBT)p_j = \exp\left( - \frac{j\varepsilon}{k_B T} \right)

Questa formula è il cuore della distribuzione di Boltzmann. Ogni stato energetico ha una probabilità che decresce esponenzialmente con l’aumentare dell’energia, con un fattore di scala determinato dalla temperatura. È un risultato che, secondo Feynman, rappresenta il vertice della meccanica statistica: da esso si può discendere verso le applicazioni specifiche, o risalire alla comprensione profonda dei concetti di equilibrio e temperatura.

La distribuzione di Boltzmann è onnipresente in fisica. È implicita nell’equazione di Arrhenius, dove il fattore exp(EA/kBT)\exp(-E_A / k_B T) misura la probabilità che le fluttuazioni termiche superino una barriera energetica. Appare anche nella formula barometrica, nella legge di Clausius-Clapeyron, nella distribuzione di Maxwell-Boltzmann delle velocità molecolari e nella teoria dei semiconduttori per descrivere l’attivazione termica dei portatori di carica.

Ma perché proprio questa forma esponenziale? La ragione risiede nel bilanciamento tra la diminuzione del numero di stati accessibili all’aumentare dell’energia individuale e la tendenza del sistema a massimizzare l’entropia globale. Ogni livello energetico superiore è statisticamente penalizzato, non per un vincolo meccanico, ma per pura statistica: ci sono meno modi di distribuire l’energia se una sua parte è vincolata in uno stato meno entropico.

Questa visione si estende fino alla comprensione microscopica dell’irreversibilità. Le leggi fondamentali, come le equazioni del moto di Newton o la meccanica quantistica, sono reversibili nel tempo. Tuttavia, Boltzmann ha mostrato che, a livello statistico, emerge una direzionalità temporale. La sua equazione per la densità di distribuzione delle particelle nello spazio delle fasi porta a un teorema — il Teorema H — secondo cui una funzione H, collegata all'entropia, decresce nel tempo. Questa decrescita rappresenta la tendenza del sistema verso l’equilibrio, verso una distribuzione di Boltzmann.

Il sistema evolve verso uno stato in cui le fluttuazioni locali si bilanciano, ma le probabilità restano ineguali: gli stati a bassa energia sono semplicemente più probabili. L’apparente contraddizione tra la reversibilità delle leggi fond