Nel contesto della crescente necessità di energia a basse emissioni di carbonio, la tecnologia dei piccoli reattori modulari (SMR) si sta affermando come una delle soluzioni più promettenti per la produzione sicura ed efficiente di energia nucleare. La loro capacità di migliorare l'efficienza termica dei reattori, unitamente ai benefici di sicurezza, non proliferazione e affidabilità, offre nuove prospettive per il futuro dell'energia nucleare, in particolare per il supporto alle strategie dei reattori di quarta generazione (GEN-IV). Questi reattori, progettati per essere una fonte di energia rinnovabile sicura, potrebbero rivelarsi cruciali nella lotta contro il cambiamento climatico. Tuttavia, affinché l'energia nucleare diventi una fonte abbondante e fondamentale di energia non carbonica, è necessario un cambiamento fondamentale nel modo in cui sfruttiamo l'uranio e, in particolare, l'uso dei neutroni veloci.

Oggi, meno dell'1% dell'energia contenuta nel combustibile nucleare di uranio viene estratta utilizzando neutroni lenti. Questi ultimi, utilizzati nei reattori termici, sfruttano principalmente l'uranio-235, che costituisce solo lo 0,7% dell'uranio naturale. Ciò significa che una gran parte dell'energia immagazzinata nell'uranio rimane inutilizzata. Inoltre, le enormi quantità di uranio impoverito che restano dopo il processo di arricchimento, così come i residui di combustibile nucleare "scarti", contengono più di cento volte l'energia che possiamo estrarre dai neutroni lenti. La soluzione a questo problema risiede nell'introduzione dei neutroni veloci nei reattori, una tecnologia che già esiste e potrebbe trasformare radicalmente l'approccio all'energia nucleare.

Nel corso di secoli, le scorte di scorie nucleari potrebbero essere ripulite dalla loro radioattività pericolosa in decenni, e i rifiuti stessi potrebbero diventare una risorsa per la produzione di energia per centinaia di anni, utilizzando neutroni veloci in reattori avanzati. Tali reattori e tecnologie di riciclo economiche del combustibile esistono già, ma è necessario un cambiamento significativo nel modo in cui vengono progettati e utilizzati. L'evoluzione dei reattori nucleari, quindi, passa inevitabilmente per la reintroduzione dei neutroni veloci come mezzo per ottimizzare l'uso dell'uranio, riducendo i rifiuti e migliorando l'efficienza complessiva del processo energetico.

La cinetica dei reattori nucleari, che studia le variazioni di flusso di neutroni transitori derivanti da modifiche dello stato critico, è un aspetto fondamentale nella progettazione di reattori nucleari. La reattività, che può essere influenzata da disturbi imprevisti o variazioni ambientali come i cambiamenti nella concentrazione di boro, rappresenta una sfida costante per garantire un funzionamento stabile e sicuro dei reattori. Questo implica un'accurata analisi del comportamento temporale dei reattori nucleari, in particolare nella gestione dei neutroni.

Un altro concetto cruciale è il "tempo di vita dei neutroni immediati" (PNL), che rappresenta l'intervallo medio di tempo tra l'emissione di un neutrone e la sua uscita o assorbimento nel sistema. Questo parametro è determinato da una serie di fattori, tra cui la composizione materiale del sistema, la geometria del reattore e la sua configurazione isotopica. Nei reattori termici, i PNL sono dell'ordine di 10^−4 secondi, mentre nei reattori veloci, dove la maggior parte dei neutroni viene assorbita a energie elevate, il PNL si riduce drasticamente a circa 10^−7 secondi. Questo cambiamento nei tempi di vita dei neutroni ha implicazioni dirette sull'efficienza dei reattori e sulla gestione del combustibile nucleare.

Inoltre, l'energia dei neutroni, che varia dai 0,025 eV dei neutroni termici ai circa 2,5 eV, influenza fortemente la probabilità di interazione con i nuclei fissili come l'uranio-235 o il plutonio-239. Tuttavia, è solo quando i neutroni raggiungono energie molto più elevate, come quelle dei neutroni di fissione che possiedono circa 2 MeV, che è possibile ottenere un significativo incremento nell'uso del combustibile, in particolare attraverso il riciclo del combustibile nucleare e la piena utilizzazione dell'uranio-238.

La comprensione dell'assorbimento e della fissione dei neutroni ad energie più elevate rivela che esistono significative variazioni nelle sezioni d'urto di fissione e assorbimento, che possono portare a una maggiore utilizzazione dell'energia contenuta nei combustibili nucleari. Questo comporta un cambiamento nei modelli tradizionali di progettazione dei reattori e apre la strada a nuove possibilità nel trattamento delle scorie nucleari, che potrebbero essere riutilizzate come risorsa energetica.

Un aspetto fondamentale che spesso viene sottovalutato riguarda le interazioni inelastiche dei neutroni, che sono stati trascurati nei modelli tradizionali di progettazione dei reattori. Tuttavia, un'analisi più approfondita delle interazioni a energie più alte, come illustrato nei diagrammi e nei grafici relativi alle sezioni d'urto, suggerisce che la considerazione di questi fenomeni potrebbe portare a un significativo miglioramento delle prestazioni dei reattori. L'inclusione di neutroni veloci nei reattori, quindi, non solo contribuisce a un miglior sfruttamento dell'energia nucleare, ma offre anche una soluzione per il trattamento dei rifiuti a lungo termine, riducendo la pericolosità delle scorie nucleari e prolungando la vita utile del combustibile.

L'energia nucleare del futuro, pertanto, non si limiterà alla sola fissione dei neutroni lenti, ma si evolverà verso un utilizzo più sofisticato e completo dei neutroni veloci, aprendo la strada a una nuova era di reattori più efficienti e sostenibili.

Come la calibrazione e la sensibilità dei sensori GT influenzano il monitoraggio delle reazioni nucleari

La calibrazione dei sensori GT è un aspetto cruciale per il monitoraggio accurato delle reazioni nucleari all'interno di un reattore. Questo processo è fondamentale per garantire che i sensori possano rilevare correttamente le variazioni nell'energia gamma e fornire dati precisi per la gestione del reattore. Il procedimento di calibrazione dei sensori GT deve essere eseguito con una frequenza che dipende dal numero di ore di funzionamento del reattore, per mantenere l'errore quadratico medio (RMS) al di sotto dell'1%. Le linee guida per la calibrazione includono operazioni ripetute a intervalli di tempo che vanno da ogni due giorni, nelle prime 500 ore di funzionamento del GT, fino a ogni mese, dopo le 2000 ore di funzionamento. Questo protocollo di calibrazione garantisce che le misurazioni di gamma siano accurate e che il sistema di monitoraggio del reattore operi in modo ottimale.

Tuttavia, la calibrazione da sola non è sufficiente. La risposta dei sensori GT è influenzata da diversi fattori, come la frazione di vuoto (void fraction) e il sottoraffreddamento bypass, che possono modificare la distribuzione dell'energia gamma e quindi influenzare la lettura dei sensori. Ad esempio, in impianti come quelli di GEH, non ci si aspetta che si verifichi un fenomeno di vuoto all'interno dell'assemblaggio LPRM/GT in circostanze operative normali. Un’analisi dettagliata ha mostrato che la variazione della frazione di vuoto influisce solo marginalmente sull'attenuazione dei raggi gamma e sul deposito energetico nei sensori GT, con una differenza relativa di deposizione di energia dell'0,56% in presenza di un vuoto del bypass.

Il processo di calibrazione deve tenere conto anche di questi fenomeni, in modo che le misurazioni dei sensori siano corrette anche in condizioni non ideali. In uno studio condotto da Toshiba presso il MUSE facility, è stato osservato che le variazioni nel comportamento dei sensori GT in presenza di vuoto sono minime, anche con una frazione di vuoto elevata. Questo indica che il sensore ha una certa tolleranza a questi cambiamenti e può ancora fornire letture affidabili.

Un altro aspetto importante da considerare è la compensazione del ritardo dei gamma (Delayed Gamma Compensation, DGC). Anche se la maggior parte dei raggi gamma che influenzano i sensori sono immediati, i gamma ritardati, pur essendo meno numerosi, possono influire sulla risposta transitoria del sistema GT. Per migliorare la risposta del sistema e compensare il ritardo, è stato sviluppato un modello di DGC. Questo modello considera 10 gruppi di gamma ritardati, ciascuno con una costante di tempo specifica, e permette di correggere la risposta dei sensori GT. In questo modo, si garantisce che i sensori possano rispondere rapidamente anche in presenza di ritardi nel flusso di radiazione.

Per ridurre l’effetto dei gamma ritardati, è essenziale mantenere il reattore in condizioni di quasi-stazionarietà, evitando rapidi cambiamenti nei parametri operativi che potrebbero alterare la precisione delle letture. L'implementazione di una compensazione adeguata e la calibrazione regolare dei sensori garantiscono che il sistema di monitoraggio continui a fornire dati accurati durante l'intero ciclo di vita del reattore.

In sintesi, il processo di calibrazione dei sensori GT non si limita a eseguire operazioni di routine, ma implica anche l'adattamento alle condizioni operative variabili, la considerazione degli effetti dei vuoti e il trattamento dei ritardi nei segnali gamma. Questo approccio integrato consente una gestione più sicura ed efficiente dei reattori nucleari, migliorando la precisione delle misurazioni e la reattività del sistema di monitoraggio in tempi di cambiamento.