Nel panorama odierno della comprensione automatica dei video, i modelli multimodali, che integrano video, audio e linguaggio, sono fondamentali per risolvere compiti complessi come il riconoscimento delle azioni, la segmentazione istantanea dei video e il recupero di informazioni visive in contesti linguistici. Tra i vari modelli esistenti, alcuni spiccano per la loro eccellenza nelle performance su diversi set di dati e compiti.
I risultati di classificazione, esaminati su dataset come Kinetics-400, Kinetics-600, Kinetics-700, Something-Something V2, MiT e altri, evidenziano un chiaro trend di miglioramento nell'accuratezza man mano che la capacità del modello cresce. I modelli più avanzati, come InternVideo2, mostrano prestazioni superiori rispetto ai metodi tradizionali, raggiungendo un'accuratezza top-1 di oltre il 90% su compiti di riconoscimento delle azioni.
Uno dei punti chiave per comprendere la progressione delle prestazioni di questi modelli è la relazione tra la dimensione del modello e la qualità delle annotazioni durante il processo di addestramento. Ad esempio, modelli come InternVideo2-6B ottengono risultati superiori in molti casi rispetto ai modelli con una dimensione inferiore come InternVideo2-1B. Tuttavia, questo miglioramento non è lineare. Infatti, l'aumento della capacità del modello senza un miglioramento significativo dei dati di addestramento non porta sempre a un incremento delle performance, specialmente quando si tratta di distinguere azioni molto simili o fini.
Altre tecniche avanzate, come la Localizzazione Temporale delle Azioni (TAL) e la Segmentazione delle Istanze Video (VIS), si sono dimostrate estremamente utili nel migliorare la precisione nei task video complessi. L'uso di reti neurali come ActionFormer per la localizzazione delle azioni e l'adozione di tecniche come Mask2Former per la segmentazione, hanno portato a risultati superiori su set di dati come THUMOS14 e YouTube-VIS19. L'importanza di questi sviluppi sta nel fatto che consentono ai modelli di non limitarsi a riconoscere azioni in modo globale, ma di capire precisamente dove e quando tali azioni avvengono all'interno di un video.
Le prestazioni sui task di Video-Audio-Linguaggio sono altrettanto notevoli. Per esempio, InternVideo2 è stato testato con successo in compiti di recupero video, captioning video e domande a scelta multipla (QA). In particolare, su benchmark come MSR-VTT e LSMDC, InternVideo2 ha superato i modelli di stato dell'arte, mostrando una straordinaria capacità di allineare semantica video-linguistica, anche nei casi in cui i dati di addestramento fossero limitati.
Un'area significativa di sviluppo è il recupero video, dove modelli come VideoPrism e ViCLIP sono stati confrontati con InternVideo2. In compiti di recupero testo-video (T2V) e video-testo (V2T), InternVideo2 ha mostrato un'allineamento semantico video-linguistico superiore, soprattutto in condizioni di zero-shot, dove il modello non è stato previamente addestrato sui dati specifici del compito.
I risultati nel recupero video, ad esempio, mostrano che, in una configurazione zero-shot, InternVideo2 supera la maggior parte degli altri modelli, con punteggi molto alti su dataset come MSR-VTT e LSMDC. Questo è particolarmente significativo, poiché dimostra come la capacità del modello di comprendere e trasferire informazioni tra modalità diverse, come testo e video, possa essere realizzata senza un addestramento diretto sui compiti.
In generale, per il lettore che si addentra nel mondo della comprensione multimodale dei video, è fondamentale capire che l'evoluzione di questi modelli non è solo una questione di dimensioni e capacità, ma anche di come i dati vengono trattati e integrati durante l'addestramento. L'importanza delle annotazioni di alta qualità e la selezione accurata dei set di dati sono essenziali per ottenere prestazioni ottimali. Inoltre, è importante sottolineare che il miglioramento del modello in termini di capacità computazionale non è sempre sufficiente a superare le limitazioni di riconoscimento fine-grained, un'area che resta ancora un campo di ricerca attivo.
Perché CoOp è più efficace rispetto a CLIP e altri metodi di apprendimento con pochi esempi
CoOp dimostra capacità straordinarie di apprendimento con pochi esempi, riuscendo a ottenere notevoli miglioramenti nelle prestazioni con appena due esempi etichettati per classe, superando di gran lunga le prestazioni di CLIP. Con 16 esempi per classe, CoOp amplia ulteriormente il divario delle prestazioni, con un miglioramento medio che si aggira intorno al 15%. Le figure 5.4 e 5.5 evidenziano i guadagni assoluti di prestazioni di CoOp rispetto agli approcci tradizionali basati su prompt manualmente progettati. Particolari miglioramenti sono stati osservati in compiti specializzati come EuroSAT e DTD, con guadagni superiori al 45% e al 20%, rispettivamente. Miglioramenti significativi sono visibili anche in compiti di riconoscimento fine-grained, come Flowers102, StanfordCars e FGVCAircraft, nonché in compiti di riconoscimento di scene e azioni (es. SUN397 e UCF101). Per il dataset più impegnativo, ImageNet, che include 1.000 categorie, si osserva un miglioramento del 4,77%, che, sebbene modesto, è comunque degno di nota. Tuttavia, i guadagni su due dataset fine-grained, Oxford-Pets e Food101, sono meno pronunciati. L'improvviso limitato miglioramento su Food101 sembra derivare da dati di addestramento rumorosi, con colori troppo vivaci e occasionali errori di etichettatura.
Un'analisi delle tendenze delle prestazioni su OxfordPets e Food101 (Fig. 5.3) rivela un ritorno decrescente man mano che vengono utilizzati più dati di addestramento, suggerendo un possibile overfitting. Per affrontare questo problema, potrebbero essere necessarie tecniche di regolarizzazione più forti, come un aumento della decadenza del peso. I risultati complessivi evidenziano l'efficacia di CoOp nell'apprendere prompt rilevanti per il compito in modo efficiente ed efficace, anche con dati limitati.
Quando si confronta CoOp con il modello di linear probe, emerge un vantaggio chiaro. Il modello di linear probe richiede più di quattro esempi per ottenere lo stesso livello di prestazione del modello zero-shot, mentre CoOp mostra già guadagni impressionanti con soli quattro esempi. In particolare, i divari di prestazione nei regimi di dati estremamente limitati, come uno o due esempi, sono notevolmente più ampi, evidenziando l'efficacia di CoOp rispetto all'apprendimento di un classificatore lineare da zero in scenari di apprendimento con pochi esempi. Non sorprende che il modello di linear probe mostri prestazioni simili a quelle di CoOp su due compiti specializzati (DTD ed EuroSAT), così come su alcuni dataset fine-grained (Flowers102 e FGVCAircraft), dato che lo spazio delle caratteristiche pre-addestrato di CLIP è potente. Tuttavia, la versione contestuale di CoOp per classe supera il modello di linear probe su questi dataset e dimostra un potenziale significativamente migliore man mano che vengono disponibili più esempi.
Quando si confronta CoOp con l'approccio di ensembling dei prompt, suggerito dagli autori di CLIP, emergono differenze rilevanti. Il metodo di ensembling utilizza diversi classificatori zero-shot, generati con vari prompt progettati a mano, come "una foto del grande [CLASSE]", "una cattiva foto del [CLASSE]", e "un origami [CLASSE]", che differiscono per scala, punto di vista e astrazione. Nonostante i miglioramenti potenziali tramite ensembling, i risultati mostrano che CoOp, con i suoi prompt appresi, offre ancora vantaggi superiori rispetto all'approccio di ensembling dei prompt.
Il confronto con i metodi di fine-tuning, come il fine-tuning dell'encoder delle immagini di CLIP o l'ottimizzazione di un termine di bias aggiunto all'uscita dell'encoder del testo, mostra che CoOp offre prestazioni nettamente superiori. Il fine-tuning dell'encoder delle immagini produce miglioramenti limitati, mentre l'ottimizzazione di un layer di trasformazione fornisce un modesto miglioramento, ma non è sufficiente. CoOp, con la sua capacità di catturare segnali più ricchi e informativi attraverso i gradienti che scorrono nell'encoder del testo, supera significativamente questi metodi.
Un altro aspetto interessante riguarda la generalizzazione del dominio. CoOp migliora la robustezza di CLIP rispetto ai cambiamenti di distribuzione, anche se è stato addestrato con il solo dataset di origine. Questo suggerisce che i prompt appresi possiedono forti capacità di generalizzazione. Inoltre, l'uso di meno token di contesto sembra migliorare ulteriormente la robustezza, riducendo l'overfitting. Al contrario, il modello di linear probe si comporta significativamente peggio in questi compiti di generalizzazione del dominio, evidenziando le sue limitazioni.
La lunghezza del contesto è un aspetto cruciale nell'apprendimento dei prompt. Determinare il numero ottimale di token di contesto è essenziale. Sebbene risultati diversi possano essere ottenuti variando la lunghezza del contesto, non esiste una regola definitiva. La scelta dipende dal bilanciamento tra prestazioni elevate e robustezza rispetto agli spostamenti di distribuzione. La ricerca suggerisce che lunghezze di contesto più brevi possano essere più vantaggiose per la generalizzazione del dominio, mentre lunghezze maggiori sembrano potenziare le prestazioni in scenari specifici.
Infine, l'inizializzazione dei vettori di contesto rappresenta un altro aspetto importante dell'apprendimento dei prompt. La scelta di come inizializzare questi vettori può influenzare significativamente il processo di adattamento del modello a nuovi compiti. Esistono due metodi principali di inizializzazione, ognuno dei quali comporta vantaggi e svantaggi che devono essere considerati in base agli obiettivi del progetto.
Qual è l'impatto dei Supernet sulla capacità di apprendimento e sui costi di sviluppo?
L'introduzione dei Supernet comporta un aumento significativo del carico computazionale, il che si traduce inevitabilmente in un aumento dei costi di sviluppo complessivi. Questa caratteristica si manifesta particolarmente quando si confrontano i metodi tradizionali con quelli che richiedono risorse più ampie per la loro gestione, con un impatto negativo sui tempi di training e sulle risorse hardware necessarie. Il Supernet, infatti, permette di ottimizzare i modelli utilizzando una rete unica, che include più configurazioni o modelli, ma questo richiede risorse che, a livello pratico, possono far lievitare notevolmente i costi di progettazione e manutenzione.
Un altro punto critico che emerge dai risultati relativi all'apprendimento con pochi esempi (few-shot learning) è la necessità di disporre di una quantità adeguata di dati etichettati per poter sfruttare appieno il potenziale del Supernet. Sebbene questi metodi promettano ottimi risultati con set di dati ridotti, la loro efficienza e capacità di generalizzazione sono strettamente legate alla quantità e alla qualità dei dati a disposizione. Senza una base di dati sufficientemente ampia e variegata, anche i modelli più avanzati rischiano di non esprimere il massimo delle loro capacità, andando incontro a problemi di sovradattamento o scarsa generalizzazione.
È importante considerare anche che l'approccio basato sui Supernet richiede, oltre a una solida base di dati, una strategia di tuning efficace. La personalizzazione dei modelli per specifici task, tramite tecniche come il transfer learning o il fine-tuning, può sembrare inizialmente dispendiosa, ma essa consente di ottenere risultati migliori in contesti particolari, come quello visivo o linguistico. In questo scenario, una strategia di tuning efficiente è cruciale non solo per ottenere modelli precisi, ma anche per ridurre i costi operativi a lungo termine, ottimizzando l'uso delle risorse.
Nonostante queste sfide, l'uso di Supernet ha il vantaggio di una maggiore flessibilità nel progettare modelli universali che possono essere adattati facilmente a vari compiti, minimizzando la necessità di ricominciare da zero ogni volta che si affronta una nuova problematica. Tuttavia, ciò non elimina la complessità della gestione di tali reti, che richiedono competenze avanzate in architetture di rete e ottimizzazione.
Inoltre, la metodologia dei Supernet non è una panacea universale. Nonostante il suo potenziale, è fondamentale che gli sviluppatori e i ricercatori comprendano appieno le implicazioni di costi e tempi necessari per il training di modelli di tale complessità. La disponibilità di risorse computazionali adeguate e una gestione oculata delle risorse diventa fondamentale per evitare inefficienze e sprechi.
Al di là dei costi, la capacità di operare efficacemente in scenari di pochi dati, come mostrato nei risultati di few-shot learning, evidenzia una delle caratteristiche distintive di questa metodologia: l'abilità di generalizzare rapidamente a nuovi domini senza la necessità di un grande volume di dati. Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, è necessario che il modello venga pre-addestrato su una vasta gamma di dati variabili, affinché possa riconoscere e adattarsi facilmente a contesti diversi.
In definitiva, mentre il Supernet e l'apprendimento con pochi esempi offrono vantaggi significativi in termini di efficienza e adattabilità, è essenziale un bilanciamento tra il potenziale delle tecnologie e le risorse effettivamente disponibili per realizzarle. La comprensione di come, quando e perché applicare queste tecnologie è cruciale per ottenere risultati ottimali in ambienti di sviluppo complessi.
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