L'acalasia è un disturbo motilità esofagea caratterizzato dall'incapacità dell'esofago di svuotarsi correttamente a causa di un'anomalia della peristalsi e della disfunzione dello sfintere esofageo inferiore (LES). Tra le forme di acalasia, quella di tipo III rappresenta una delle più difficili da trattare. In questi pazienti, si osservano spasmi esofagei, spesso accompagnati da una distensione della parte inferiore dell'esofago e una significativa difficoltà nella deglutizione sia di solidi che di liquidi. La diagnosi è confermata da manometria ad alta risoluzione (HRM), che evidenzia una latenza distale ridotta (<4,5 secondi), un indice di contrazione distale (DCI) superiore a 450 mm Hg cm/s e una pressione del rilascio del LES (IRP) superiore a 15 mm Hg.

Il trattamento dell'acalasia di tipo III può includere diverse opzioni, ognuna con i propri benefici e rischi. La peroral endoscopic myotomy (POEM), che prevede la sezione del muscolo circolare dell'esofago attraverso un intervento endoscopico, ha dimostrato essere efficace, ma presenta il rischio di esofagite da reflusso gastroesofageo (GERD) nel 50% dei casi. Per questo motivo, i pazienti devono essere adeguatamente informati riguardo al rischio di sviluppare GERD post-POEM, che può necessitare di terapia a lungo termine con farmaci inibitori della pompa protonica (IPP), come l'omeprazolo.

Un'altra opzione è la dilatazione pneumatica (PD), che viene spesso considerata la soluzione meno costosa e meno invasiva, ma è meno efficace nel lungo periodo, specialmente nei casi di acalasia di tipo III, dove la presenza di spasmi persistenti rende difficile il successo della dilatazione. In questi casi, la chirurgia laparoscopica, come la miotomia di Heller con fundoplicazione di Dor, può essere una scelta migliore, sebbene sia associata a un rischio maggiore di GERD post-operatoria rispetto alla POEM.

Un altro aspetto cruciale da considerare è la gestione dei pazienti obesi, come nel caso di una paziente con un BMI superiore a 40, che presenta anche una ernia iatale. In questi casi, la POEM potrebbe non essere l'opzione migliore, poiché l'elevato rischio di sviluppare GERD post-operatoria potrebbe compromettere la qualità della vita del paziente. In queste situazioni, una combinazione di bypass gastrico Roux-en-Y, riparazione dell'ernia iatale e miotomia di Heller potrebbe essere la soluzione terapeutica più adatta.

Un ulteriore trattamento a disposizione è l'iniezione endoscopica di tossina botulinica, che può essere utile per i pazienti ad alto rischio chirurgico o per coloro che non vogliono sottoporsi a interventi invasivi. Tuttavia, questa terapia non è adatta a tutti, in quanto la sua efficacia è limitata e spesso temporanea, soprattutto nei pazienti con acalasia di tipo III, dove la presenza di spasmi complicati richiede un trattamento più risolutivo.

Dal punto di vista economico, la dilatazione pneumatica rimane il trattamento più conveniente, con un costo medio di circa 9.190 dollari per procedura, rispetto ai trattamenti chirurgici e endoscopici, che possono superare i 40.000 dollari. Sebbene il costo inferiore della PD possa essere un fattore decisivo, bisogna anche considerare il numero di dilatazioni necessarie per ottenere un sollievo dai sintomi. In molti casi, un trattamento iniziale con PD può essere una soluzione valida, specialmente in pazienti con meno di quattro dilatazioni richieste.

In sintesi, la scelta del trattamento per l'acalasia di tipo III deve essere personalizzata, tenendo conto delle caratteristiche del paziente, come l'età, la presenza di comorbidità (in particolare obesità e ernia iatale) e la gravità dei sintomi. È essenziale discutere approfonditamente con il paziente le opzioni terapeutiche, i rischi associati e la necessità di un follow-up continuo per monitorare l'efficacia del trattamento scelto e la comparsa di eventuali effetti collaterali, come il GERD.

Qual è il trattamento per l'esofagectomia e l'ablatore endoscopico (EET) in pazienti con esofago di Barrett (BE) e carcinoma esofageo?

L'esofagectomia rimane il trattamento standard per i casi avanzati di carcinoma esofageo, ma l'ablazione endoscopica (EET) è un'opzione terapeutica fondamentale per i pazienti con esofago di Barrett (BE) e displasia ad alto grado (HGD). Nei casi in cui si presenta un carcinoma esofageo intramucoso (EAC T1a), che generalmente viene diagnosticato a seguito di resezione mucosale endoscopica (EMR), il trattamento non differisce da quello adottato per il BE con HGD. Nei casi più avanzati di EAC, come il T1b, è solitamente indicata l'esofagectomia a causa del rischio troppo elevato di metastasi nei linfonodi. Tuttavia, per i pazienti con invasione superficiale della sottomucosa (sm1, invasione nel terzo superiore della sottomucosa a una profondità inferiore ai 500 μm) e caratteristiche di basso rischio, come margini profondi negativi, differenziazione benigna o moderata e assenza di invasione linfovascolare, l'EET può ancora essere presa in considerazione.

Il trattamento dell'esofago di Barrett e delle sue complicazioni deve considerare l'utilizzo di tecniche avanzate di resezione endoscopica. Ogni lesione visibile nell'esofago di Barrett, come i noduli all'interno della mucosa di Barrett, deve essere trattata mediante resezione endoscopica (ER) utilizzando tecniche come l'EMR o la dissezione sottomucosa endoscopica (ESD). I campioni ottenuti tramite ER sono più grandi e più profondi (in genere comprendono la muscolaris mucosa e la sottomucosa) rispetto alle biopsie con pinza, consentendo una stadiazione più accurata dei carcinomi esofagei precoci. L'ER è fondamentale anche prima di sottoporre il paziente all'EET, poiché aiuta a determinare con maggiore precisione l'estensione del cancro.

Le opzioni di EET attualmente più diffuse sono l'ablazione con radiofrequenza (RFA) e la crioterapia. L'obiettivo dell'EET è la completa eliminazione della mucosa intestinale (CEIM). I pazienti che ricevono l'EET devono essere trattati in centri ad alta specializzazione e devono seguire un programma di sorveglianza intensiva dopo la CEIM. La tomografia endoscopica (EUS) viene spesso eseguita prima dell'EET per valutare la presenza di eventuali segni di cancro occulto, come la linfoadenopatia.

Quando il carcinoma esofageo è identificato durante la sorveglianza endoscopica per il BE, i pazienti devono essere sottoposti a una tomografia computerizzata (TC) del torace e dell'addome. Se non vengono rilevati segni di metastasi sulla TC, ulteriori esami, come EUS e tomografia a emissione di positroni (PET)-TC, sono necessari. Quando tecnicamente possibile, dovrebbe essere effettuata una resezione endoscopica per i tumori in stadio precoce, poiché offre una stadiazione più precisa del carcinoma. Dopo aver completato il lavoro di diagnostica, i pazienti dovrebbero essere sottoposti a una valutazione multidisciplinare per determinare la strategia terapeutica più adeguata.

Il rischio di carcinoma esofageo è significativamente aumentato in pazienti con acalasia. Questa condizione, che comporta un'alterata peristalsi esofagea e difficoltà di deglutizione, aumenta il rischio di carcinoma squamoso esofageo rispetto alla popolazione generale, con una stima che varia da 16 a 28 volte. Sebbene la sorveglianza endoscopica non sia raccomandata sistematicamente nei pazienti con acalasia, si può prendere in considerazione a partire dai 15 anni dopo l'insorgenza dei sintomi, con un'accurata biopsia di tutte le anomalie superficiali dell'esofago durante l'esame.

L'ingestione di sostanze caustiche, come la soda caustica, è un altro fattore di rischio per il carcinoma esofageo, in particolare per il carcinoma squamoso. Circa l'1-4% dei pazienti con carcinoma esofageo ha una storia di ingestione caustica, e la sorveglianza deve essere avviata almeno 20 anni dopo l'ingestione di tali sostanze.

Un'altra condizione che aumenta il rischio di carcinoma esofageo è la tilosi, un raro disturbo autosomico dominante che provoca ispessimento della pelle nelle palme delle mani e nelle piante dei piedi. I pazienti con tilosi hanno una probabilità significativamente maggiore di sviluppare carcinoma squamoso esofageo, con una mortalità precoce che può verificarsi anche intorno ai 30 anni. La sorveglianza endoscopica dovrebbe iniziare a partire dai 30 anni e dovrebbe concentrarsi principalmente sull'esofago distale, dove la maggior parte dei tumori si sviluppa.

Per quanto riguarda la metaplasia intestinale gastrica (GIM), una condizione in cui la mucosa intestinale si sviluppa nello stomaco, è parte della cascata di Correa che porta a gastrite cronica, gastrite atrofica, metaplasia intestinale, displasia e infine carcinoma gastrico. La GIM è associata a fattori come infezione da H. pylori, uso del tabacco e fattori dietetici. La GIM è comune negli Stati Uniti, con una prevalenza del 12% in base a un studio del 2020. Sebbene la GIM stessa presenti un rischio relativamente basso di evolversi in carcinoma gastrico, l'infezione da H. pylori deve essere trattata e la sorveglianza continua è necessaria per monitorare eventuali cambiamenti precoci nella mucosa gastrica.

Qual è il ruolo della scintigrafia con recettore della somatostatina nella localizzazione dei gastrinomi e nel trattamento della malattia ulcerosa peptica?

L’introduzione della scintigrafia con recettore della somatostatina (octreotide) ha notevolmente migliorato la localizzazione pre-operatoria dei gastrinomi rispetto alle tradizionali immagini tomografiche. Questo approccio si basa sull’alta densità di recettori della somatostatina sui gastrinomi e utilizza l’analogo sintetico radioattivo della somatostatina, l'iodio-125—[125I]octreotide, per identificare i gastrinomi primari e metastatici. La scintigrafia con recettore della somatostatina ha un’elevata sensibilità e specificità nella rilevazione di gastrinomi primari e metastatici. Oltre a ciò, consente di valutare l’estensione dei recettori della somatostatina e può indirizzare verso trattamenti terapeutici basati sulla somatostatina.

L’ecografia endoscopica è un altro strumento utilizzato per localizzare i gastrinomi, ma presenta una dipendenza dall'operatore e non è sempre affidabile nell’identificare tumori di piccole dimensioni nel duodeno. L'endoscopia intraoperatoria con trasilluminazione o l'ecografia intraoperatoria possono risultare utili per localizzare gastrinomi di piccole dimensioni, soprattutto nel duodeno.

La localizzazione chirurgica di un gastrinoma inizia con l'esposizione della superficie anteriore del pancreas, ottenuta mediante mobilizzazione del colon trasverso. Successivamente, viene effettuata una manovra di Kocher per mobilizzare il duodeno, permettendo una palpazione bimanuale completa del pancreas. L'ecografia intraoperatoria è focalizzata sull’area del triangolo dei gastrinomi, che si trova tra il dotto cistico, il dotto biliare comune e i bordi del secondo e terzo segmento del duodeno, e il giunzione tra il collo e il corpo del pancreas. Circa il 60%-75% dei gastrinomi si trova all'interno di questo triangolo.

Se non viene trovato alcun tumore nelle immagini pre-operatorie, si inizia l'esplorazione chirurgica, con particolare attenzione all’identificazione dei gastrinomi nel pancreas e nel duodeno. Se durante l’esplorazione non si trova un tumore o se la malattia è multicentrica o metastatica, può essere eseguita un'operazione di ulcera come palliativo. Questa intervento consiste tipicamente in una vagotomia tronculare con una piloroplastica. Alternativamente, il paziente può essere mantenuto su un trattamento con inibitori della pompa protonica (PPI).

Nel caso in cui i gastrinomi siano localizzati nel corpo del pancreas, se sono solitari, vengono trattati con enucleazione. Tuttavia, i gastrinomi localizzati nella coda del pancreas sono spesso trattati mediante pancreatectomia distale.

Un aspetto fondamentale da considerare durante l’intervento è la biopsia dei linfonodi, poiché il gastrinoma può essere localizzato in un singolo nodo linfatico. La resezione totale dello stomaco può essere presa in considerazione nei pazienti che sono refrattari alla terapia medica o che non tollerano gli effetti collaterali dei farmaci. La gastrectomia totale è una misura drastica che viene riservata a casi rari in cui la produzione acida è fuori controllo e i pazienti non rispondono ai trattamenti.

Un altro rischio da non trascurare è quello del cancro gastrico residuo, che può manifestarsi dopo una resezione parziale dello stomaco per ulcera duodenale o gastrica. Questo tipo di cancro è definito come adenocarcinoma dello stomaco che si sviluppa dopo una resezione parziale gastrica per malattia benigna o maligna. Il rischio relativo di sviluppare questo tipo di tumore aumenta fino a 20 anni dopo l'intervento iniziale, il che rende necessaria una sorveglianza endoscopica annuale nei pazienti che hanno subito una resezione gastrica. Dopo i venti anni, questa sorveglianza può essere eseguita ogni 2-3 anni.

Inoltre, è importante sottolineare come le tecniche moderne di imaging, come la scintigrafia con recettore della somatostatina e l’ecografia endoscopica, abbiano rivoluzionato la diagnosi e la localizzazione pre-operatoria dei gastrinomi. Tuttavia, la corretta interpretazione di questi esami richiede esperienza e competenza. È fondamentale che il chirurgo non solo si affidi agli esami pre-operatori, ma che utilizzi anche un approccio chirurgico scrupoloso, pronto a intervenire in caso di anomalie non visibili nei test.

Nel trattamento dell'ulcera peptica e dei gastrinomi, la personalizzazione della terapia è cruciale, poiché le condizioni del paziente, la risposta ai farmaci e la localizzazione dei tumori possono variare notevolmente. È inoltre fondamentale considerare la gestione delle complicanze post-operatorie, come la prevenzione dell'infezione e il monitoraggio a lungo termine per rilevare eventuali recidive.