Nel contesto della creazione e gestione di macchine virtuali su Azure, la selezione della configurazione ottimale per l'installazione di SQL Server è un passo fondamentale per garantire prestazioni eccellenti. La scelta della macchina virtuale (VM) giusta non riguarda solo la capacità di calcolo, ma anche la combinazione di CPU, memoria e storage necessari a supportare le varie esigenze di carico di lavoro, in particolare per database complessi e operazioni ad alta intensità di dati.
Quando si crea una macchina virtuale attraverso il portale Azure, viene presentata una lista di "immagini" che rappresentano combinazioni di versioni di sistema operativo (sia Windows che Linux) e versioni di SQL Server, che vanno dalla versione 2012 fino all'ultima disponibile. L’opzione per scegliere un’immagine adatta si trova nella sezione di selezione delle opzioni di distribuzione SQL, dove è possibile selezionare l’immagine più adatta in base alle necessità specifiche di compatibilità con il sistema operativo e la versione di SQL Server.
Una volta scelta l’immagine, la creazione della macchina virtuale avviene attraverso il pannello di configurazione, dove gli utenti possono scegliere tra una vasta gamma di dimensioni della VM. La lista di configurazioni varia a seconda della piattaforma e della versione selezionata, ma è sempre possibile visualizzare l’intero elenco di tutte le configurazioni possibili. Questo processo di selezione delle dimensioni della VM è essenziale per assicurare che la macchina virtuale disponga delle risorse adeguate per il carico di lavoro previsto.
Le macchine virtuali di Azure sono classificate in sei categorie principali, ognuna delle quali è progettata per soddisfare specifiche esigenze di prestazioni in base al carico di lavoro. Queste categorie sono:
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Generale – Ottimizzata per un rapporto bilanciato tra CPU e memoria, ideale per sviluppi e database di piccole dimensioni.
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Ottimizzata per il calcolo – Maggiore potenza CPU per server web e applicazioni con traffico medio.
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Ottimizzata per la memoria – Maggiore memoria per supportare server di database relazionali.
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Ottimizzata per lo storage – Alta prestazione I/O, adatta per grandi database SQL.
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GPU – Prestazioni grafiche avanzate per il rendering delle immagini e la modifica video.
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Calcolo ad alte prestazioni – Le CPU di massima potenza per carichi di lavoro estremi, come la simulazione dinamica dei fluidi o l’analisi finanziaria.
Il costo delle configurazioni varia in base alle risorse incluse e la scelta di una configurazione piuttosto che un'altra può influenzare notevolmente il budget del progetto. Microsoft fornisce uno strumento chiamato "Virtual Machines Selector" per aiutare a selezionare la configurazione più adatta alle proprie necessità.
Per quanto riguarda lo storage, un altro elemento cruciale nella configurazione di una macchina virtuale con SQL Server è la scelta del tipo di disco e delle dimensioni dello storage. Nel pannello di configurazione della VM, sotto la sezione "Dischi", è possibile scegliere tra diversi tipi di dischi, ciascuno adatto a specifici casi d'uso. I dischi SSD standard sono ideali per ambienti di sviluppo e test, mentre i dischi SSD Premium sono consigliati per carichi di lavoro SQL Server, grazie alla loro maggiore performance. Per esigenze particolari, esistono anche dischi HDD standard, raccomandati per backup o accessi occasionali.
Inoltre, la scelta del tipo di disco e la sua configurazione influiscono direttamente sulle prestazioni del database SQL. Ad esempio, l'uso di dischi Ultra SSD può migliorare significativamente le performance I/O per carichi di lavoro intensivi, riducendo i tempi di latenza e aumentando la velocità di accesso ai dati.
La gestione dello storage su SQL Server include anche la possibilità di configurare partizioni delle tabelle per migliorare le performance delle query. La partizione di una tabella suddivide i dati in gruppi più piccoli e gestibili, migliorando le prestazioni di lettura e scrittura. La creazione di partizioni è un processo che include la creazione di filegroup, la creazione di funzioni e schemi di partizione, e la definizione di un indice clustered. L'uso delle partizioni consente di mantenere l’efficienza delle query, anche quando i dati sono distribuiti su più partizioni, senza necessità di modificare il codice dell'applicazione.
Un altro aspetto importante nella configurazione di una macchina virtuale con SQL Server è la compressione dei dati. La compressione dei dati riduce lo spazio di archiviazione necessario, migliorando così le performance di I/O. Tuttavia, l'applicazione della compressione comporta un costo computazionale: il processo di compressione e decompressione dei dati aumenta il carico sulla CPU. Per questo motivo, è fondamentale trovare un equilibrio tra il risparmio di spazio e il carico sulla CPU. SQL Server offre diversi metodi di compressione, come la compressione per riga, la compressione per pagina e la compressione Columnstore, che possono essere applicati a tabelle, indici o intere partizioni per ottimizzare lo spazio e le prestazioni.
Inoltre, è importante comprendere che la scelta della compressione e della configurazione delle tabelle dipende dal tipo di dati e dalle operazioni che si eseguono sul database. Le tabelle con un alto volume di dati, come quelle utilizzate per l'analisi dei dati in un data warehouse, possono trarre beneficio dall'uso di compressione Columnstore, che fornisce un livello superiore di compressione e performance nelle query analitiche.
Infine, la migrazione dei dati verso l'ambiente cloud può comportare sfide significative, soprattutto quando si gestiscono infrastrutture ibride, che includono sia server SQL locali che versioni basate su cloud. Per le organizzazioni che desiderano spostare permanentemente i propri dati nel cloud, è essenziale pianificare con attenzione il processo di migrazione. Questo processo deve garantire che tutti i dati vengano trasferiti correttamente e che le applicazioni possano continuare a funzionare senza interruzioni, dirigendo correttamente le richieste e gli aggiornamenti verso la nuova infrastruttura cloud.
Quali sono i principali strumenti di migrazione dei database per Azure SQL?
Gli strumenti di valutazione per la migrazione dei database, sebbene numerosi, si distinguono per funzionalità e specificità d'uso. Tra i più noti troviamo il SQL Server Migration Assistant (SSMA), l'Azure Database Migration Service (DMS), e l'Azure Data Studio. Ciascuno di questi strumenti ha caratteristiche proprie che li rendono adatti a scenari diversi, supportando non solo la migrazione da diverse fonti come SQL Server, MySQL e Oracle, ma anche l’integrazione con servizi cloud avanzati come Azure SQL.
Il SQL Server Migration Assistant (SSMA) è uno strumento automatico che facilita la migrazione di database provenienti da Microsoft Access, DB2, MySQL, Oracle e SAP ASE verso SQL Server, Azure SQL Database o Azure SQL Managed Instance. Questo strumento automatizza gran parte del processo, riducendo al minimo gli errori manuali e ottimizzando i tempi di migrazione.
Per una migrazione più complessa o personalizzata, Azure offre il Database Migration Service (DMS), che rappresenta la principale soluzione per migrare database on-premise verso Azure SQL. DMS è un servizio cloud che consente la migrazione di database da installazioni locali a prodotti Azure SQL, sia in modalità online che offline. La migrazione online è particolarmente utile per minimizzare i tempi di inattività, consentendo una sincronizzazione continua dei dati tra il server locale e la destinazione in cloud, garantendo che nessuna transazione venga persa durante il trasferimento.
Una volta che il DMS è configurato, l’amministratore deve seguire una serie di passaggi: provisioning di un'istanza di Azure SQL (Database, Managed Instance o VM SQL), sincronizzazione continua dei dati dal server locale, quindi, quando il sistema è pronto, eseguire il cutover finale, modificando le stringhe di connessione nelle applicazioni che utilizzano il database. Questo passaggio finale consente di fermare la replicazione e mettere offline i server on-premise.
Un altro strumento di grande valore è Azure Data Studio, una piattaforma di analisi dati cross-platform che, con l'estensione per la migrazione di Azure SQL, permette di eseguire un'analisi approfondita dell'installazione SQL on-premise e suggerire il prodotto Azure SQL più adatto per la migrazione. Utilizzando anche il servizio di migrazione DMS, Azure Data Studio può portare a termine l’intero processo di migrazione in modo semplice e diretto. Questo strumento risulta utile anche per configurazioni più complesse, dove il piano di migrazione necessita di una valutazione dettagliata del traffico di database per una corretta pianificazione dell’hardware virtuale in Azure.
Inoltre, esistono diversi approcci alternativi per la migrazione dei dati che non richiedono necessariamente l’uso degli strumenti principali sopra descritti. Uno di questi è la replicazione transazionale, che consente di duplicare i dati da una base dati sorgente a quella di destinazione e di pubblicare tutte le transazioni successive in tempo reale o quasi, garantendo una continua sincronizzazione tra i due sistemi. Un altro metodo è l’utilizzo del Bulk Copy Program (bcp), uno strumento cross-platform che esporta i dati da SQL Server verso file di dati, che poi possono essere importati nella destinazione.
Anche il servizio Import/Export Service è una scelta valida, utilizzando il formato BACPAC per esportare i dati e lo schema di un database SQL verso un prodotto Azure SQL. Il formato BACPAC è particolarmente utile quando si desidera trasferire grandi volumi di dati, riducendo la complessità operativa rispetto ad altre soluzioni.
Un altro approccio utile è SQL Data Sync, un servizio di sincronizzazione bidirezionale che consente ai sottoscrittori di creare gruppi di sincronizzazione utilizzando una topologia hub-and-spoke. Questo strumento si adatta perfettamente a scenari dove è necessario sincronizzare dati tra più istanze di database, sia in cloud che on-premise.
Per implementare una strategia di migrazione online con DMS, è necessario configurare inizialmente un’istanza DMS su Azure, selezionare il tipo di server di origine e di destinazione e definire i parametri della migrazione. Questo strumento offre la possibilità di eseguire la migrazione direttamente tramite un'interfaccia web, seguendo le fasi di configurazione e monitoraggio della migrazione in tempo reale. La scelta tra migrazione online o offline dipende dalla specifica architettura e dai requisiti di downtime.
In un contesto di migrazione offline, Azure Data Studio si presenta come una valida alternativa, soprattutto quando si opera su infrastrutture locali. Questo strumento guida l'amministratore durante tutte le fasi della migrazione, inclusa l'analisi del database sorgente, la raccomandazione delle configurazioni di hardware virtuale necessarie in Azure e la pianificazione della migrazione stessa.
Sebbene strumenti come DMS e Azure Data Studio siano estremamente efficaci, è fondamentale comprendere che ogni soluzione ha i suoi limiti e vantaggi. Ad esempio, DMS non supporta migrazioni online da SQL Server verso Azure SQL Database, limitando l’utilizzo del servizio in alcuni scenari specifici. Inoltre, è necessario avere una buona pianificazione, soprattutto per quanto riguarda la sincronizzazione dei dati e la gestione dei tempi di downtime, per evitare disservizi e perdite di dati.
Quali sono le principali considerazioni nella gestione delle versioni TLS e dei controlli di conformità per i dati sensibili nelle basi di dati SQL?
La gestione delle versioni TLS nei database Azure richiede una valutazione approfondita delle capacità delle applicazioni client, poiché potrebbero non supportare l'ultima versione del protocollo TLS. Gli amministratori devono testare accuratamente le applicazioni client per verificare la loro compatibilità con i servizi SQL. Se il database SQL di Azure è configurato per richiedere una versione di TLS non supportata dall'applicazione, l'utente riceverà un messaggio di errore, come ad esempio: "Errore 47072: accesso negato a causa di una versione TLS non valida". Solo il database SQL di Azure presenta un'impostazione grafica per configurare il valore minimo di TLS, mentre nelle istanze gestite di SQL di Azure e nei server SQL su macchine virtuali Azure, gli amministratori devono utilizzare Azure CLI o PowerShell per configurare il parametro denominato MinimalTlsVersion.
Nel contesto della gestione dei dati sensibili nei server SQL e nelle basi di dati, i controlli di conformità sono politiche e meccanismi volti a garantire che i dati archiviati nei database siano adeguatamente protetti, allineandosi con politiche legali, contrattuali e aziendali. La classificazione dei dati è uno degli aspetti fondamentali di questa gestione, poiché i database contengono spesso diversi tipi di dati con vari livelli di sensibilità. Per esempio, un database di ordini potrebbe contenere informazioni di contatto dei clienti, come indirizzi email e numeri di telefono, che non richiedono particolari misure di protezione. Tuttavia, lo stesso database potrebbe contenere numeri di carte di credito, che necessitano di una gestione molto più scrupolosa.
La classificazione dei dati è il processo di etichettatura di specifici tipi di dati, in modo da indicare la riservatezza delle informazioni contenute. Azure SQL Database, Azure SQL Managed Instance e SQL Server supportano l'applicazione di etichette di classificazione dei dati a specifiche colonne di una tabella. In Azure SQL Database, ogni database ha una pagina di Data Discovery & Classification, dove gli amministratori possono visualizzare informazioni sulle colonne già classificate nel database. Le etichette di sensibilità, come 'Pubblica', 'Confidenziale', 'Confidenziale – GDPR', 'Altamente Confidenziale', sono utilizzate per designare il livello di riservatezza dei dati.
Anche se Azure SQL Database fornisce delle raccomandazioni automatiche per la classificazione dei dati tramite una politica di SQL Information Protection, queste potrebbero non essere sempre precise, soprattutto se le etichette delle colonne non sono facilmente identificabili. Pertanto, è possibile che alcune colonne non vengano riconosciute come contenenti dati sensibili, nonostante lo siano effettivamente. Gli amministratori possono aggiungere manualmente nuove classificazioni o modificare quelle esistenti, creando etichette più appropriate per ogni tipo di informazione.
Per quanto riguarda la protezione dei dati, la conformità al GDPR è un altro aspetto fondamentale. Il GDPR, regolamento che tutela la privacy delle informazioni nell'Unione Europea, impone che le informazioni sensibili siano trattate con particolare attenzione. Azure SQL Database offre etichette di sensibilità che rispondono ai requisiti del GDPR per i dati classificati come "Confidenziale" o "Altamente Confidenziale". L'amministratore del database può anche utilizzare SQL Server Management Studio o la riga di comando T-SQL per aggiungere e modificare manualmente le classificazioni dei dati sensibili.
L'audit è un altro elemento cruciale nella gestione dei database SQL. L'auditing in Azure SQL serve a monitorare gli eventi del database, creando registri per l'analisi successiva. Azure SQL supporta l'audit sia a livello di server che di database. Abilitando l'audit del server, è possibile monitorare tutte le operazioni di tutti i database sul server, senza dover configurare separatamente ogni singolo database. Gli amministratori possono scegliere dove archiviare i log di audit: in uno spazio di archiviazione Azure, in un workspace Log Analytics, in un event hub o in una combinazione di questi.
In conclusione, la gestione dei controlli di conformità per i dati sensibili in un ambiente SQL richiede una combinazione di classificazione adeguata dei dati, audit efficaci e l'uso delle tecnologie per garantire la protezione dei dati sensibili, oltre a una gestione consapevole delle versioni TLS. La configurazione e la gestione dei parametri di sicurezza devono essere fatte con attenzione, testando sempre la compatibilità con le applicazioni client per evitare disservizi e garantire la conformità alle normative legali come il GDPR.
Come comprendere e applicare il deployment automatizzato in soluzioni IaaS e PaaS con SQL Server in Azure
Microsoft offre diverse opzioni per l'implementazione di soluzioni SQL Server in Azure, che si distinguono principalmente tra modelli di servizio IaaS (Infrastructure as a Service) e PaaS (Platform as a Service). La comprensione di queste due modalità è cruciale per scegliere la migliore opzione in base alle esigenze specifiche di gestione del database, sicurezza e scalabilità.
Il modello IaaS in Azure consente agli utenti di affittare macchine virtuali, configurabili a piacere con risorse di calcolo e storage, dove è possibile installare una versione di SQL Server. Questo modello offre la libertà di scelta delle versioni, anche quelle più vecchie o distribuzioni open source, e l'opportunità di installare strumenti aggiuntivi come SQL Server Integration Services (SSIS) o SQL Server Reporting Services (SSRS), che non sono inclusi nelle offerte PaaS. Inoltre, l'IaaS consente agli amministratori di mantenere il pieno controllo sulle operazioni, come l'aggiornamento manuale dei sistemi e l'applicazione di patch, il che può rappresentare un vantaggio per chi preferisce gestire in modo autonomo la configurazione e la manutenzione del proprio ambiente.
D'altro canto, il modello PaaS di Azure, come Azure SQL Database o Azure SQL Managed Instance, delega gran parte della gestione dell'infrastruttura al fornitore di servizi cloud, sollevando gli utenti dalla necessità di gestire l'aggiornamento e la manutenzione del sistema operativo e del database, che vengono gestiti automaticamente. In questo caso, l'utente beneficia di una soluzione che richiede meno amministrazione, ma al costo di una minore flessibilità, poiché la versione del software è sempre l'ultima disponibile e l'utente non può installare versioni precedenti o modificare la configurazione dell'ambiente.
Quando si decide di adottare una soluzione di database SQL su Azure, è fondamentale valutare le esigenze specifiche, come la compatibilità con applicazioni legacy o la necessità di strumenti di gestione avanzata. In alcuni scenari, una macchina virtuale con SQL Server installato su IaaS potrebbe essere preferibile per le sue caratteristiche di libertà e compatibilità, soprattutto per le organizzazioni che migrano da ambienti on-premises e non vogliono rinunciare alla gestione diretta del software. Per chi invece cerca una soluzione con minori esigenze di amministrazione e che possa scalare facilmente con il minimo sforzo, il modello PaaS risulta essere la scelta più adatta.
In termini di sicurezza, entrambi i modelli offrono robuste opzioni di protezione, ma con alcune differenze chiave. Nel modello IaaS, la responsabilità per la gestione della sicurezza del sistema operativo e del database ricade sull'utente, che deve applicare tutte le patch di sicurezza e mantenere un controllo costante sull'ambiente. Nel modello PaaS, invece, molte di queste operazioni vengono automatizzate, ma la sicurezza a livello applicativo e di configurazione rimane sotto la responsabilità dell'utente. È essenziale configurare correttamente le politiche di accesso e le autorizzazioni per evitare vulnerabilità.
Un altro aspetto cruciale nella scelta tra IaaS e PaaS riguarda i costi e la licenza. Il modello IaaS richiede che l'utente gestisca la licenza per SQL Server, che può essere acquistata separatamente o sfruttando il vantaggio dell'Azure Hybrid Benefit, che consente di applicare licenze esistenti da server on-premises a quelli in Azure. Tuttavia, i costi operativi sono più prevedibili nel modello PaaS, dove i prezzi sono legati all'uso del servizio cloud e all'infrastruttura sottostante.
Quando si tratta di gestione delle tabelle e delle partizioni, entrambi i modelli offrono opzioni per ottimizzare le performance e la scalabilità. Le soluzioni come il partizionamento delle tabelle e lo sharding dei database sono pratiche essenziali per gestire database di grandi dimensioni. Il partizionamento delle tabelle consente di suddividere i dati in porzioni più gestibili, migliorando le performance delle query e la manutenzione dei dati. Lo sharding, invece, implica la distribuzione dei dati su più server, il che consente di scalare orizzontalmente il database per gestire grandi volumi di traffico e dati in modo più efficiente.
In termini di soluzioni pratiche, le offerte di Microsoft Azure come SQL Server su macchine virtuali (IaaS) e Azure SQL Managed Instance (PaaS) offrono diverse opzioni di implementazione. Azure consente agli utenti di scegliere tra numerosi template preconfigurati nella Azure Marketplace, che semplificano notevolmente il processo di configurazione del database, permettendo di adattarsi rapidamente a vari scenari aziendali. La selezione di un piano predefinito, come ad esempio SQL Server 2019 su Windows Server 2019, consente di ridurre i tempi di configurazione e garantire una distribuzione rapida ed efficiente delle risorse.
Quando si considera l'adozione di una di queste soluzioni, è fondamentale comprendere la differenza tra le opzioni disponibili e come si allineano alle necessità aziendali e tecniche specifiche. Se si desidera un controllo totale sull'infrastruttura e la flessibilità di configurazione, l'IaaS potrebbe essere la soluzione migliore, mentre se si cerca una gestione semplificata e costi prevedibili, il modello PaaS rappresenta una scelta vantaggiosa.
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