La questione dell'uso della matematica nelle spiegazioni scientifiche è una delle più affascinanti e complesse del pensiero contemporaneo. Da sempre, la matematica è stata una delle principali lingue attraverso le quali la scienza esprime e comunica le proprie teorie, ma che tipo di spiegazione matematica è effettivamente fornita dalle equazioni e dai modelli matematici?

Nel campo delle scienze naturali, la matematica gioca un ruolo fondamentale. Non solo essa offre uno strumento per descrivere fenomeni naturali, ma in molte situazioni diventa anche un mezzo imprescindibile per spiegare come e perché un determinato fenomeno accade. Tuttavia, il suo utilizzo non è privo di interrogativi. In che modo, per esempio, la matematica riesce a spiegare fenomeni concreti che sono al di fuori del dominio delle astrazioni? E soprattutto, quale è il rapporto tra la matematica pura e l'esperienza empirica che cerchiamo di spiegare?

Un esempio classico per comprendere questo rapporto si trova nella fisica. Keplero, con le sue leggi del moto planetario, è riuscito a descrivere in modo estremamente preciso i movimenti dei pianeti. Tuttavia, le sue leggi non spiegano perché i pianeti si muovono in quel modo, ma semplicemente come lo fanno. È con Newton, invece, che la matematica diventa strumento esplicativo. La sua teoria della gravitazione universale introduce l'idea di una forza che agisce tra gli oggetti celesti, e grazie a questa forza matematica, la traiettoria dei pianeti può essere spiegata in termini scientifici. La forza gravitazionale di Newton non è solo un modello per predire i movimenti, ma diventa anche una spiegazione causale, che risponde alla domanda fondamentale: perché i pianeti seguono queste traiettorie.

Nel contesto scientifico, la matematica, pur restando un linguaggio formale, acquisisce un ruolo quasi ontologico: non solo descrive, ma spiega. In particolare, le teorie matematiche sembrano avere la capacità di offrire spiegazioni che vanno oltre il mero calcolo numerico. Esse non si limitano a predire fenomeni, ma forniscono una comprensione profonda delle leggi che governano la realtà. Per esempio, la teoria delle equazioni differenziali in fisica non è solo uno strumento per risolvere problemi pratici, ma è anche il mezzo per comprendere la dinamica dei sistemi fisici. La matematica, attraverso la sua struttura e i suoi principi logici, permette di vedere connessioni invisibili alla percezione immediata.

Tuttavia, l'uso della matematica come spiegazione non è esente da critiche. Una delle principali obiezioni riguarda la sua astrazione. La matematica è, per sua natura, un linguaggio che non ha una connessione immediata con il mondo fisico. Come può un sistema di simboli e astrazioni, che esiste solo nel mondo della pura teoria, spiegare eventi empirici concreti? In altre parole, come possiamo conciliare il mondo astratto dei numeri e delle formule con il mondo tangibile degli oggetti e dei fenomeni che osserviamo?

La risposta a questa domanda non è semplice. Una teoria matematica può descrivere fenomeni reali con grande accuratezza, ma questo non significa necessariamente che essa spieghi quei fenomeni nel senso profondo del termine. La spiegazione matematica diventa così un'interpretazione del fenomeno, non una sua spiegazione diretta. Sebbene la matematica offra potenti strumenti per modellare e prevedere comportamenti fisici, non sempre essa fornisce una causa che possa essere interpretata in termini intuitivi o concreti.

Un altro elemento fondamentale da considerare è che la matematica, pur essendo in grado di descrivere una vasta gamma di fenomeni, non è sempre in grado di fornire spiegazioni complete. La sua capacità esplicativa si limita alla relazione tra le grandezze matematiche stesse, lasciando molte volte in ombra il contesto storico, culturale o sociale in cui i fenomeni si verificano. Un modello matematico può predire l'andamento di una reazione chimica, ma non può spiegare, ad esempio, perché un determinato esperimento venga condotto in un dato momento storico.

Dunque, la matematica come spiegazione non è qualcosa di statico o universale. Essa deve essere interpretata e contestualizzata all'interno di un quadro più ampio che includa altre forme di conoscenza, come quelle empiriche o fenomenologiche. Solo integrando queste diverse dimensioni della conoscenza possiamo sperare di ottenere una visione più completa e soddisfacente dei fenomeni naturali.

Oltre a ciò, è importante ricordare che la matematica può essere un valido strumento anche per interpretare il significato profondo delle leggi fisiche. Le leggi della natura, pur essendo rappresentabili da modelli matematici, non sono esauribili in questi ultimi. La matematica, infatti, aumenta la nostra capacità espressiva e predittiva, ma non fornisce risposte ultime sul perché un fenomeno si verifica. Per comprendere la natura dei fenomeni, occorre spesso una visione che vada oltre la matematica, unendo diverse discipline scientifiche per sviluppare una comprensione più olistica.

Il realismo matematico e il problema della circolarità: si può spiegare la biologia con la matematica senza presupporla?

Nel dibattito sul realismo matematico, uno degli argomenti più discussi è quello relativo alla capacità delle spiegazioni matematiche di fondare un impegno ontologico nei confronti degli oggetti matematici. Una delle sfide centrali a questo argomento è il problema della circolarità: come si può utilizzare la matematica per spiegare fenomeni empirici senza assumere già, implicitamente, la realtà degli enti matematici?

Il caso classico è quello delle cicale periodiche, la cui durata del ciclo vitale (13 o 17 anni) sembra avere una spiegazione in termini di proprietà numeriche, precisamente la primalità. Tuttavia, come ha notato Bangu, anche se inizialmente il fenomeno da spiegare – la durata dei cicli – sembra privo di contenuto matematico, in realtà la nozione di primalità è intrinsecamente matematica. Di conseguenza, se l'explanandum contiene già un'entità matematica (la proprietà di essere un numero primo), allora utilizzare una spiegazione matematica per giustificare quell'explanandum diventa circolare: si assume come vera l’esistenza dell’oggetto da cui si vuole dedurre la sua esistenza.

Per superare questa difficoltà, Baker propone una riformulazione dell’argomentazione. Invece di spiegare perché i cicli vitali siano numeri primi, si riformula il dato empirico (D) semplicemente come: "La durata del ciclo vitale della sottospecie A è 13 anni; quella della sottospecie B è 17 anni". In questa forma, i dati empirici menzionano numeri, ma non ancora proprietà matematiche complesse come la primalità. Inoltre, questi numeri possono essere riformulati in logica del primo ordine con identità, evitando così un riferimento diretto alla matematica. La logica del primo ordine non è considerata matematicamente impegnativa dal punto di vista ontologico, il che permette di disinnescare l'accusa di circolarità.

Tuttavia, la nozione di primalità è ancora necessaria per costruire la spiegazione. Per ovviare a ciò, Baker introduce la nozione di ipotesi tentativa (H): "La durata del ciclo vitale delle sottospecie A e B è un numero primo". In questo modo, la proprietà matematica è introdotta come congettura, non come parte del dato da spiegare. Da qui si costruisce un’argomentazione esplicativa che collega dati biologici ed ecologici a un teorema aritmetico: avere un ciclo vitale con durata prima riduce al minimo l’intersezione con altri cicli e dunque è vantaggioso evolutivamente. Questo vantaggio spiega perché le durate osservate siano proprio numeri primi.

L’intero schema argomentativo si svolge così:

  • (D) Dato empirico: durate dei cicli vitali.

  • (H) Ipotesi tentativa: le durate sono numeri primi.

  • (1) Legge biologica: minimizzare l’intersezione tra cicli è vantaggioso.

  • (2) Teorema matematico: i numeri primi minimizzano tali intersezioni.

  • (3) Spiegazione (E): i cicli vitali sono probabilmente primi.

  • (4) Vincoli ecologici: restrizioni biologiche specifiche delle sottospecie.

  • (5) Spiegazione estesa (E*): (E) + vincoli ecologici spiega (D).

Da questa catena segue una inferenza alla miglior spiegazione: se (E*) è la miglior spiegazione per (D), allora dovremmo credere in (E*), e quindi anche in (E). Ma poiché (D) ed (E) insieme implicano (H), si conclude che anche (H) va accettata. Questo porta all’impegno ontologico nei confronti delle proprietà matematiche (come la primalità) non per assunzione ma come risultato dell’inferenza esplicativa.

Il punto centrale di questa strategia è che la matematica entra nell’argomentazione non come presupposto dell’explanandum, ma come ipotesi che trova giustificazione retrospettiva tramite la sua capacità esplicativa. Questo permette, almeno in linea di principio, di evitare l’accusa di circolarità.

Tuttavia, ci sono aspetti che restano critici. La possibilità di riformulare tutti i riferimenti numerici nella logica del primo ordine è limitata: la primalità non è definibile in tale linguaggio senza introdurre una disgiunzione infinita, come notano i teoremi di Löwenheim-Skolem. Quindi, anche se i numeri possono essere rappresentati senza impegno ontologico forte, le proprietà che li rendono interessanti per la spiegazione – come la primalità – non possono essere trattate allo stesso modo.

Inoltre, la distinzione tra dato empirico e ipotesi tentativa è sottile: se si considera (H) come parte della spiegazione di (D), allora c’è il rischio che l’argomento ricada in una forma più sottile di circolarità. Per evitarla completamente, si deve accettare che (H)

Come la Matematica Può Essere Incorporata in una Teoria Controfattuale di Spiegazione

La matematica, pur essendo un dominio astratto e privo di un contesto temporale e spaziale, possiede una forza esplicativa unica. La teoria controfattuale dell'esplicazione, purtroppo, non si adatta facilmente alla matematica, poiché il concetto di causalità, centrale nelle spiegazioni empiriche, non è applicabile in tale contesto. Tuttavia, se si separano i concetti di causalità e di dipendenza controfattuale, può emergere una nuova prospettiva: la matematica può svolgere un ruolo esplicativo attraverso varianti non causali, che rivelano come le proprietà matematiche potrebbero influenzare fenomeni empirici, se cambiassero.

Un aspetto fondamentale di questa proposta è che l'informazione controfattuale non dovrebbe essere intesa come una mera variazione causale, ma piuttosto come un'indicazione di come le variazioni nei parametri matematici potrebbero modificare le situazioni senza necessariamente essere collegate a una relazione di causa-effetto tradizionale. Quando si parla di un "cosa sarebbe successo se" in relazione a fenomeni matematici, si sta facendo riferimento a una modifica ipotetica nelle condizioni di partenza, senza però invocare l'intervento di forze causali.

L'introduzione dei "contro-possibili" diventa cruciale in questo contesto. I contro-possibili sono proposizioni che, pur avendo premesse impossibili, possono essere comunque ritenute vere sotto determinati vincoli controfattuali. Questo aspetto è di particolare rilevanza quando si tratta di matematiche necessarie, come la teoria dei numeri. Se un fenomeno empirico può essere spiegato da proprietà numeriche, come nel caso dei cicli vitali delle cicale periodiche, una variazione controfattuale delle proprietà matematiche, come l'essere numeri primi, può offrire un'opportunità per comprendere meglio come tali spiegazioni possano essere costruite, anche quando le premesse sono impossibili.

Inoltre, le spiegazioni matematiche, grazie alla loro portata universale, sono in grado di offrire una forza esplicativa sostanziale. Ad esempio, un'ipotesi che coinvolge numeri primi o altre strutture matematiche può avere una portata molto più ampia rispetto a spiegazioni che si limitano a fenomeni empirici immediati. Questo amplia il campo delle possibili spiegazioni e può fornire una visione più completa di come un fenomeno potrebbe evolversi in altri contesti, quando modificate le condizioni matematiche di base.

Il dibattito tra i nominalisti matematici e i platonisti matematici, che esplorano la natura esistenziale dei concetti matematici, richiede un approccio più indipendente rispetto alle spiegazioni matematiche. La teoria controfattuale dell'esplicazione può contribuire a questo dibattito, poiché consente di analizzare come certe proposizioni matematiche possano spiegare fenomeni empirici, nonostante la loro astrattezza.

La separazione della causalità dalla dipendenza controfattuale, come proposta da Reutlinger, suggerisce che una spiegazione possa essere considerata tale solo se si verifica una relazione di dipendenza tra l'explanandum e l'explanans. La matematica, con la sua natura necessaria, non implica causalità, ma una forma di dipendenza che può comunque fornire un potente strumento esplicativo.

Quando si cerca di applicare una teoria controfattuale alla matematica, è essenziale comprendere che le proprietà matematiche, sebbene necessarie, non sono soggette alle stesse leggi della causalità che governano i fenomeni fisici. Quindi, mentre la teoria controfattuale permette di esaminare come variabili matematiche possano essere modificate in un contesto ipotetico per spiegare fenomeni empirici, è necessario considerare che queste modifiche sono di natura puramente astratta e non coinvolgono interazioni causali nel senso tradizionale.

Infine, il concetto di "forza esplicativa" si estende alla capacità delle spiegazioni matematiche di coprire un dominio vasto e potenzialmente infinito. La forza di una spiegazione matematica deriva dalla sua capacità di essere applicata a un numero molto ampio di situazioni, il che le conferisce una solidità controfattuale che altre forme di spiegazione non possiedono. Tuttavia, per evitare l'autocircularità, è fondamentale che questa portata maggiore non venga invocata senza una giustificazione adeguata in relazione al contesto empirico specifico.

La spiegazione controfattuale e il ruolo della matematica nelle leggi empiriche

Il concetto di causalità, nel contesto delle spiegazioni controfattuali, ha sollevato ampie discussioni tra filosofi e teorici della scienza, come evidenziato dalle analisi di Saatsi e Pexton (2013). In particolare, la distinzione tra spiegazioni di singoli stati di cose e le cosiddette spiegazioni di regolarità è fondamentale per comprendere come la causalità interagisca con le informazioni controfattuali.

Le spiegazioni di singoli stati di cose, come l'esempio di un pendolo con una determinata lunghezza, si concentrano su eventi specifici e su come variabili precise possano determinare un effetto. In queste spiegazioni, la causalità gioca un ruolo centrale. Come affermato da Hume e ripreso da Lewis, se un oggetto non fosse esistito, l’effetto causato da esso non si sarebbe verificato. Questo principio sottolinea l'importanza di un legame causale diretto tra l'evento e la sua causa, e la validità di una spiegazione dipende dalla possibilità di rispondere a una domanda controfattuale: "Cosa sarebbe successo se l'intervento non fosse avvenuto?"

Tuttavia, le spiegazioni che si basano su leggi generali, come quelle che descrivono la relazione tra la lunghezza di un pendolo e la forza di un campo gravitazionale, seguono una logica differente. In questo caso, l'aspetto controfattuale non è legato a un singolo evento, ma piuttosto a una regolarità empirica. La domanda che ci si pone non è tanto cosa sarebbe successo se un intervento non fosse avvenuto, quanto invece quale sarebbe stato l'effetto in scenari ipotetici definiti dalle leggi fisiche, le quali descrivono il comportamento di un sistema in termini di probabilità e modalità, non di cause specifiche.

Saatsi e Pexton sostengono che la causalità non sia necessaria nelle spiegazioni di regolarità. In queste spiegazioni, l’orientamento della spiegazione sembra meno rilevante: sia una causa che il suo effetto possono spiegarsi vicendevolmente. Ad esempio, quando si afferma che la lunghezza di un pendolo è proporzionale alla sua frequenza di oscillazione, non si richiede di sapere quale dei due sia la causa e quale l’effetto. La regolarità tra le due variabili si può spiegare utilizzando informazioni controfattuali, senza ricorrere necessariamente a una relazione causale diretta. Questo approccio implica che le leggi empiriche possano essere spiegate in termini di regolarità che non richiedono una causa immediata, ma piuttosto un modello più ampio e generalizzato.

Nel contesto matematico, questa separazione tra causalità e regolarità solleva un problema significativo. A differenza degli oggetti fisici, gli oggetti matematici sono necessari: le loro proprietà non possono essere modificate a piacere. Quando si considerano oggetti matematici, non è chiaro cosa significhi "modificare" una proprietà matematica, come la parità di un numero o la simmetria di una sequenza. Gijsbers (2017) discute questo punto attraverso l’esempio di Steiner, in cui una sequenza numerica ha una proprietà di simmetria che non può essere cambiata, dato che le proprietà matematiche sono necessarie e non contingentali. Questo distingue chiaramente gli oggetti matematici dagli oggetti fisici, che possono essere variati in modo contingente, come nel caso di un oggetto fisico la cui velocità o massa potrebbe cambiare.

Nonostante questa distinzione fondamentale, è possibile analizzare il contributo della matematica alle spiegazioni empiriche attraverso il concetto di "contropossibili", una forma di enunciato controfattuale in cui l'antecedente è impossibile. La discussione su questi contropossibili è cruciale per comprendere come le leggi matematiche possano contribuire a spiegazioni scientifiche, anche quando i loro oggetti sono definiti come necessari. Un esempio interessante potrebbe essere l’analisi di come un cambiamento nell'ipotesi matematica riguardante la parità dei numeri possa spiegare fenomeni empirici, come la durata dei cicli vitali delle cicale periodiche, e come tale cambiamento conduca a una spiegazione che non si basa su leggi causali dirette, ma su leggi generali che operano a livello modalistico.

Oltre a queste riflessioni teoriche, è fondamentale che il lettore comprenda come, nonostante la necessità delle leggi matematiche, la matematica stessa può essere un potente strumento esplicativo in scienze empiriche. Sebbene la causalità non sempre giochi un ruolo diretto nelle spiegazioni di regolarità, la modalità controfattuale e la matematica spesso si intrecciano per fornire una visione più completa del fenomeno che si sta spiegando. La separazione tra leggi causali e regolarità non è sempre netta, e la matematica può essere utilizzata per comprendere non solo le leggi fisiche, ma anche per dar conto dei fenomeni empirici che osserviamo.

La Recursività delle Funzioni Arimetiche: La Moltiplicazione e la Successione

Il carattere ricorsivo delle funzioni aritmetiche, come la moltiplicazione (espressa in termini di addizione e successione) e l'addizione stessa (vista in termini di successione), comporta un cambiamento “discendente” all'interno di questo approccio. Possiamo osservare che entrambe le funzioni effettivamente si sovrappongono alla funzione successoria. Se consideriamo, come fatto in precedenza, di trascurare il caso base, ciò implica che il passo ricorsivo nella funzione della moltiplicazione dovrà necessariamente adattarsi a questi cambiamenti:

∀x∀y(x ·∗ S ∗ (y) = x + ∗(x ·∗ y)).

Questo approccio richiede, rispetto alla prima visione, modifiche in altre aree della teoria dei numeri oltre alla moltiplicazione. Le modifiche devono essere applicate in modo tale da non compromettere l'intero sistema teorico dei numeri. È cruciale stabilire quale delle contraddizioni presenti siano rilevanti e quali no, affinché non si dilaghino in tutta la teoria. Ciò richiede un lavoro di delimitazione e stabilità, cercando di evitare che piccoli cambiamenti locali generino effetti imprevedibili su larga scala.

Un aspetto aggiuntivo riguarda l'importanza di garantire che parliamo della stessa cosa sia nella situazione fattuale che in quella controfattuale, in quanto il controfattuale deve riferirsi a qualcosa di preciso. Nel caso di Suzy, ad esempio, è necessario assicurarci che stiamo parlando della stessa persona sia nel contesto reale che in quello ipotetico. Lo stesso principio vale per i numeri: se consideriamo il numero 13 nella moltiplicazione (ovvero quando 13 non è primo), dobbiamo assicurarci che il numero 13 che stiamo trattando in questa funzione sia lo stesso numero 13 della moltiplicazione tradizionale. È fondamentale che il numero 13 nella funzione moltiplicativa conservi tutte le altre proprietà rilevanti, come il fatto di essere compreso tra 11 e 13.

Nel contesto della discussione sul numero 17, ad esempio, Baron et al. (2017) affermano che, esplorando cosa accadrebbe se 17 fosse composto, non vi è alcuna possibilità di parlare di qualcosa di diverso dal 17 stesso, poiché è semplicemente parte della definizione del caso da considerare. Questo è simile a quanto affermato da Kripke (1980), che suggerisce che "i mondi possibili sono stipulati, non scoperti da potenti telescopi", per sottolineare come possiamo decidere liberamente di parlare di eventi o situazioni ipotetiche, purché si mantenga coerenza interna. Tuttavia, bisogna notare che, mentre nel caso di Nixon potrebbe sembrare ovvio che esista una variabilità nelle sue proprietà (dato che è una persona reale e complessa), nel caso dei numeri questa variabilità non è altrettanto chiara. Infatti, la discussione sulla natura del numero 13 nella moltiplicazione richiede di essere precisi, affinché non finiamo per parlare di qualcos'altro rispetto al numero che intendiamo trattare.

Anche se la questione potrebbe sembrare triviale nel caso di Nixon, la teoria dei numeri ha una peculiarità: in matematica, per essere chiari, è fondamentale parlare del numero 13 nello stesso contesto controfattuale. Le modifiche necessarie per risolvere le contraddizioni non devono comportare il rischio di introdurre elementi estranei alla discussione originaria. È una questione fondamentale capire cosa significa essere un numero naturale, e se davvero stiamo parlando dei numeri naturali anche nelle situazioni controfattuali. Questo tema verrà trattato in modo più approfondito nel capitolo successivo.

La discussione, dunque, parte da una proposta concreta presente nella letteratura riguardo alla spiegazione controfattuale in aritmetica. Si evidenziano due questioni principali che suggeriscono un possibile spostamento del contesto, con la conseguenza che la struttura risultante potrebbe differire da quella dei numeri naturali. Questi problemi sono emersi durante l'esplorazione di come la funzione di addizione potrebbe essere modificata in modo "eccezionale", creando un modello aritmetico che non sarebbe più isomorfo all'interpretazione standard. La relazione tra il modello standard di aritmetica e la struttura dei numeri naturali sarà esplorata nel capitolo successivo. Inoltre, accettando le modifiche discendenti nella funzione di moltiplicazione, abbiamo visto che ciò implicherebbe una modifica nella funzione successoria S. La funzione successoria riveste un ruolo cruciale nel determinare il contesto in cui i numeri naturali devono essere compresi.

Nel quadro degli assiomi di Peano, in particolare l'asserzione sull'induzione, è evidente che è questa particolare proprietà che consente a una proprietà P di essere valida per tutti gli elementi dell'insieme (dei numeri naturali). Nel caso della teoria dei numeri, la proprietà essenziale P dell'insieme è la funzione successoria S. In altre parole, risulta che essere un numero naturale significa far parte dell'insieme che contiene la funzione successoria. Pertanto, se modifichiamo un aspetto apparentemente locale della funzione di moltiplicazione, potremmo rischiare di alterare la chiusura dei numeri naturali sotto la successione, una conseguenza indesiderata che cambierebbe la natura stessa dei numeri naturali.

Questo punto solleva la questione fondamentale: cosa implica realmente una modifica nelle funzioni aritmetiche, e quali sarebbero le sue implicazioni per la struttura complessiva della teoria dei numeri? Se la struttura risultante dovesse divergere da quella dei numeri naturali, potremmo trovarci di fronte a un sistema che non sarebbe più isomorfo al modello standard, facendo vacillare il concetto stesso di contesto matematico in un quadro controfattuale.