Ricordo il suono delle foglie di tè genmaicha che si muovono nell’acqua tiepida, la fragranza di umeboshi consumate fino al nocciolo, poi messe da parte con gesti lenti e consapevoli. Ogni dettaglio, ogni gesto, porta con sé un’eredità invisibile ma potentemente viva. È attraverso questi piccoli rituali quotidiani che la medicina a base di erbe si radica nelle nostre vite — non come scienza astratta, ma come cultura incarnata, tramandata, sentita nelle ossa. Questa medicina non ha bisogno di giustificazioni tramite esperimenti randomizzati: la sua validità è scritta nella sopravvivenza stessa dei nostri antenati.

L’erboristeria asiatica-americana nasce in cucina, nelle mani di nonne e madri, nei rimedi contro il raffreddore, nei decotti per riequilibrare il corpo. È la medicina della sopravvivenza e della dignità per chi non può permettersi un medico o non si sente accolto nei sistemi sanitari convenzionali. È la medicina della comunità, fatta di gesti ripetuti, di conoscenze condivise, di piante raccolte nei giardini e nei mercati locali. È una risposta all’invisibilità culturale e all’esclusione strutturale.

Nel mio lavoro clinico ho osservato come l’accesso alle cure olistiche sia drasticamente diseguale. Chi più avrebbe bisogno di queste pratiche — persone nere, indigene, asiatiche, latinoamericane — spesso non vi ha accesso. È una disuguaglianza che ho conosciuto personalmente crescendo in una famiglia operaia, dove tempo e risorse erano beni rari. Nonostante la passione per la medicina tradizionale, affrontare la realtà economica rendeva quasi impossibile frequentare studi di agopuntura o corsi di benessere.

Per questo ho iniziato a offrire laboratori stagionali nella mia città, con l’intento di condividere nozioni di base sull’erboristeria e strumenti pratici per l’autocura. Le persone venivano, con occhi aperti e desiderio di apprendere, non solo per sé stesse, ma per prendersi cura della comunità. In questi incontri ho iniziato a insegnare concetti fondamentali della medicina energetica dell’Asia orientale — Qi, Sangue, Yin, Yang, l’energia della malattia — e a connettere questi temi con la storia culturale che li sostiene.

Ogni volta qualcuno mi chiedeva: quali libri consigli? Ma i testi disponibili erano spesso accademici, filtrati da una lente occidentale, o scritti da autori che non condividevano la mia eredità culturale. Ho capito che mancava una voce: quella dell’erborista asiatica-americana contemporanea. Così ho cominciato a scrivere zine, parlando delle stagioni, delle erbe locali, dei rimedi domestici, della memoria familiare. Le ho pubblicate autonomamente e condivise liberamente sui social, ritrovando così il filo che lega la mia pratica moderna alle storie di agricoltori, guaritori, educatori della mia famiglia giapponese-americana.

Entrare nel programma di studi in medicina integrata a Berkeley è stato per me un momento di riconnessione profonda. Per la prima volta ho avuto l’opportunità di imparare da insegnanti asiatici, persone che incarnavano la medicina non solo come tecnica ma come cultura viva. Mi sono vista riflessa in loro, nei loro gesti, nella loro autorevolezza silenziosa. Mi hanno insegnato che la medicina non si impara solo dai libri, ma dal sentimento culturale, dall’istinto tramandato, dalla presenza.

Seguendo la dottoressa Hideko Pelzer, ho imparato la sensibilità e la sottigliezza della medicina energetica giapponese. Con la dottoressa Xin Zhu ho studiato le formule classiche cinesi e riscoperto l’efficacia dei rimedi della mia infanzia: la prugna umeboshi, il gobo, lo zenzero, il tè verde. Ogni sapore riportava alla luce un sapere corporeo, silenzioso, mai dimenticato. La teoria diventava esperienza, la medicina tornava gesto, famiglia, terra.

Ma il cammino non è stato lineare. Prima di iscrivermi al programma ho dovuto affrontare una verità scomoda: il disagio profondo per come la medicina asiatica è stata commercializzata in America. Resa esotica, svuotata, ridotta a cliché e mistero, spesso legata a immagini coloniali e sessualizzate. Questo ha prodotto un senso di vergogna, interiorizzato da generazioni, difficile da decostruire. Reimparare la mia cultura attraverso l’erboristeria è stato un atto di resistenza e di riappropriazione.

Scrivere questo libro è parte di quel processo. Non per fossilizzare un sapere, ma per renderlo accessibile, riconoscibile, potente. Per offrire rimedi con erbe che puoi trovare nel mercato sotto casa, per cucinare piatti che nutrono corpo e spirito, per risvegliare il legame con la natura e con la memoria. Non pretende di essere enciclopedico, ma vuole ispirare fiducia nel sapere che già abita il nostro corpo.

Quello che conta è comprendere che la medicina è anche identità. È sentirsi autorizzati a guarire secondo le proprie radici. È il diritto di ricordare — e di reinventare — la saggezza che ci è stata trasmessa. È ascoltare ciò che ci è stato insegnato non solo a parole, ma nei gesti, nei silenzi, nei sapori. E credere che queste conoscenze siano degne di essere insegnate, vissute e condivise, oggi più che mai.

Come migliorare l'energia quotidiana con le erbe: tè e soluzioni naturali

Nella vita quotidiana, l'energia è una risorsa che fluisce in modo naturale, subendo oscillazioni e alterazioni a causa di fattori esterni e interni. Stress, cicli ormonali, malattie mentali e cambiamenti stagionali influenzano in modo significativo il nostro equilibrio energetico. Quando la nostra energia sembra incoerente o troppo bassa, è spesso il segno di uno squilibrio del Qi, la forza vitale che attraversa il nostro corpo. Per contrastare queste disarmonie, le erbe medicinali offrono soluzioni naturali ed efficaci, capaci di armonizzare il flusso energetico e migliorare la vitalità.

Una delle prime cose da considerare è l'uso del tè verde, un rimedio eccellente per chi cerca di sostenere l'energia senza il ricorso a stimolanti come la caffeina. Infatti, il tè verde ha la capacità unica di bilanciare l'energia, promuovendo chiarezza mentale e lucidità senza i picchi e gli abbassamenti tipici di altre bevande. Un tè verde preparato con fiori di crisantemo, un ingrediente comune nelle tradizioni orientali, può offrire un’ulteriore qualità di freschezza e morbidezza. Per prepararlo, è sufficiente mettere un cucchiaino di tè in una teiera e versarci sopra una tazza di acqua che sobbolle leggermente (circa 75º C). Dopo un'infusione di uno o due minuti, il tè sarà pronto per essere filtrato e bevuto, rivelando il suo sapore delicato e verde, che non deve mai diventare amaro.

Oltre al tè verde, le piante come il ginkgo, la menta e il rosmarino sono da secoli utilizzate per stimolare la memoria e migliorare la circolazione. Il ginkgo, in particolare, è noto per il suo effetto benefico sul cervello, la memoria e la salute cardiovascolare. In questa preparazione, le foglie fresche di ginkgo, raccolte quando diventano di un giallo dorato, vengono abbinate alla menta e al rosmarino in un infuso che agisce direttamente sul Qi, tonificando la mente e migliorando la chiarezza mentale. Dopo aver sciacquato le erbe in acqua fredda e rimosso i gambi legnosi, si versano due tazze di acqua bollente sulle erbe e si lascia infondere per circa cinque minuti. Se si desiderano effetti più intensi, si può anche lasciare riposare il tè per dieci minuti.

Un altro aspetto importante dell'equilibrio energetico è la gestione delle oscillazioni di energia che molte persone sperimentano durante il giorno. Questo fenomeno di "energia irregolare" si manifesta tipicamente come una sensazione di stanchezza e calo di vitalità, specialmente dopo i pasti o nel pomeriggio. In questi casi, le erbe che agiscono sul fegato e che promuovono la liberazione del Qi stagnante sono particolarmente utili. L'infuso di buccia di tangerina, basilico sacro (tulsi), menta, crisantemo e zenzero è una soluzione ideale per chi soffre di tali disfunzioni energetiche. Queste erbe, in particolare il basilico sacro, sono note per la loro capacità di alleviare lo stress, mentre il crisantemo aiuta a liberare il Qi intrappolato, migliorando la digestione e alleviando i sintomi di un Qi bloccato.

Per chi avverte un abbassamento della propria energia, soprattutto nelle prime ore pomeridiane o alla fine della giornata, un tè che tonifica e riscalda l'energia può essere una risposta utile. Le erbe come l'astragalo e il gingko, con il loro effetto tonificante sul Qi, sono particolarmente efficaci. A queste si aggiungono ingredienti come il goji e la buccia di tangerina, che, oltre a riscaldare l'organismo, stimolano l'energia vitale e favoriscono la circolazione. Quando preparato come tè, l’astragalo agisce come un tonico naturale che solleva l'energia stagnante e ripristina l’equilibrio.

Un aspetto fondamentale da comprendere è che l’energia non è una risorsa che si può "prendere" come si farebbe con un farmaco stimolante. Le erbe agiscono in modo lento ma costante, ripristinando le riserve profonde di energia. In altre parole, è necessario un approccio a lungo termine per ottenere risultati significativi, e l'uso costante di erbe tonificanti è essenziale per migliorare la qualità e la durata dell'energia. È importante non cercare soluzioni rapide, ma concentrarsi sull'armonizzazione del Qi attraverso l’alimentazione, il riposo e l'uso di erbe che rafforzano il corpo e la mente. Solo così si potranno affrontare le sfide quotidiane con maggiore equilibrio e vitalità.

Come l’ira interiorizzata e le emozioni represse influenzano il Qi e il cuore: rimedi erboristici per ristabilire l’equilibrio energetico

L’ira interiorizzata e le emozioni represse hanno un impatto profondo sull’energia del fegato, causando una stagnazione del Qi che si manifesta attraverso una serie di sintomi quali sbalzi d’umore, agitazione mentale, mal di testa, insonnia, disturbi digestivi e afte laterali sulla lingua. Questo accumulo di energia bloccata compromette la fluida circolazione vitale e può essere alleviato con erbe che armonizzano il Qi e mobilitano specificamente l’energia del fegato, come la melissa, il bupleuro, la corteccia d’arancia amara, il dang gui, l’achillea, lo zenzero fresco, la menta e il crisantemo. L’applicazione di questi rimedi, ad esempio attraverso pediluvi in acqua tiepida arricchita con tali erbe, sale di Epsom, bicarbonato, e oli essenziali, favorisce una decompressione energetica che si riflette non solo nel corpo ma anche nella mente.

Il cuore energetico, centro della nostra esperienza emotiva, subisce danni profondi quando lo stress emotivo induce depressione. Le erbe come la rosa, il biancospino, la leonessa (motherwort), la mimosa e la passiflora sono fondamentali per risanare questo organo energetico, favorendo il processo di digestione emotiva. La depressione, spesso percepita come un senso di pesantezza mentale e confusione simile a una nebbia umida, si associa a una dinamica di Qi che sprofonda insieme a umidità, causando un rallentamento sensoriale, difficoltà di memoria e nei casi più gravi episodi di mania e psicosi. Tale stato energetico provoca una sensazione fisica di esaurimento, intorpidimento e oppressione addominale, indicativi di una perdita di vitalità e centratura interna.

Per trasformare l’umidità stagnante e rialzare il Qi affondato, erbe aromatiche come poria, orzo perlato, cleavers, plantago e monarda sono essenziali. L’astragalo, in particolare, svolge un ruolo chiave nell’innalzare l’energia, rafforzare i confini energetici esterni (Wei Qi) e creare uno spazio protetto dove avvengono guarigione e trasformazione profonde.

Il rimedio erboristico quotidiano per affrontare queste condizioni include infusi solari e tisane composte da erbe che supportano il cuore e l’energia vitale, ad esempio un blend di petali di rosa, astragalo, bacche di goji, paglia d’avena, foglie di viola e motherwort, il quale agisce da tonico energetico, rilassante e protettivo contro gli effetti nocivi dell’assorbimento di energie negative esterne. La preparazione tramite infusione solare permette di estrarre delicatamente principi attivi che facilitano la digestione emozionale e il riequilibrio energetico.

Un altro rimedio è l’infusione fredda di camomilla, rose e radice di malva con zenzero fresco, che libera una consistenza mucillaginosa idratante e calmante, efficace per alleviare la depressione e i sintomi fisici associati quali dolore e disordini digestivi, contribuendo a sciogliere la stagnazione di Qi e favorire il rilassamento mentale.

Gli elisir a base di erbe come rosa, mimosa, biancospino e schisandra estratte con alcool e miele costituiscono un approccio tradizionale per aprire il cuore, stimolare gioia ed equilibrio emozionale, e rafforzare la capacità di elaborare lutti e dolori interiori.

È importante comprendere che l’interconnessione tra emozioni represse e dinamiche energetiche è complessa e richiede un approccio che tenga conto dell’intero sistema corpo-mente. La stagnazione del Qi non è soltanto un fenomeno fisico, ma un processo che coinvolge la qualità del respiro, la postura, il ritmo sonno-veglia e il rapporto con le proprie emozioni. La guarigione passa attraverso un ascolto profondo di sé e una graduale liberazione delle energie bloccate, che può essere facilitata da pratiche erboristiche, ma anche da tecniche di respirazione, meditazione e movimento consapevole. Inoltre, la protezione energetica tramite il rafforzamento del Wei Qi non è solo una difesa passiva, ma un modo per coltivare la resilienza emotiva e preservare l’equilibrio interiore in un mondo spesso caotico e stimolante.

Come si dosano correttamente le erbe nella medicina erboristica asiatica-americana?

La medicina erboristica asiatica-americana si fonda su una visione del benessere che rifiuta la logica estrattiva e violenta dei sistemi sanitari dominanti. È una pratica lenta, accumulativa, profondamente radicata nell’esperienza diasporica e nella resistenza culturale. Assumere le erbe significa assumere anche la storia, l’identità, la perdita, e la memoria della comunità. Non si tratta solo di guarigione individuale, ma di un atto collettivo, politico, spirituale.

Il primo passo nella preparazione e somministrazione delle erbe è la valutazione della persona: età, costituzione, sensibilità a cibi o medicine, stato di salute generale. Queste variabili sono essenziali per comprendere il dosaggio necessario. L’obiettivo non è mai quello di ottenere effetti immediati o drastici, ma piuttosto di facilitare un cambiamento sottile, persistente, che con il tempo diventi sensibile e trasformativo.

La domanda che guida il trattamento è sempre: stiamo cercando di curare un disturbo specifico, oppure di aumentare vitalità e benessere generale? Le risposte a questa domanda influenzeranno non solo il tipo di erba scelta, ma anche la sua preparazione, la modalità d’assunzione e la durata del trattamento.

Per le condizioni acute, la somministrazione è intensiva: piccole dosi, frequenti, nell’arco di due o tre giorni. Una tazza di infuso ogni ora, fino a un massimo di quattro al giorno; mezza cucchiaino di tintura ogni ora, fino a quattro cucchiaini totali. Questa strategia mira a intervenire immediatamente all’insorgere di sintomi come crampi mestruali, cefalee da tensione, raffreddori. Il principio è che la malattia va interrotta sul nascere, con gentilezza ma con insistenza.

Per condizioni croniche, la cura è lenta, ma costante. Tre tazze di infuso al giorno, per uno o tre mesi; tintura due volte al giorno; decotti e zuppe terapeutiche una o due volte al giorno. Il beneficio arriva con la regolarità. È un ritmo che si integra nella quotidianità e diventa parte del vivere, non un trattamento isolato dal resto dell’esistenza. L’assunzione delle erbe diventa una pratica incarnata, un gesto quotidiano di presenza, di ascolto del corpo e di risposta alla sua storia.

Molti si sentono sopraffatti all’idea di dover prendere qualcosa più volte al giorno, ogni giorno, per mesi. Ma questo senso di fatica può trasformarsi in un’opportunità per rinegoziare il proprio rapporto con il tempo, con la cura, con la disciplina. In pratica clinica, si consiglia spesso di iniziare con un impegno di tre giorni, poi una settimana, per lasciare che la nuova abitudine si radichi nel corpo.

Il momento migliore per assumere le erbe è 15–30 minuti prima dei pasti: il corpo è più ricettivo e il processo digestivo più favorevole all’assorbimento. Tuttavia, chi ha uno stomaco sensibile dovrebbe assumerle con il cibo. Questo piccolo adattamento è coerente con il principio più ampio dell’erboristeria asiatica-americana: l’adattabilità, la delicatezza, la centralità dell’esperienza individuale.

La preparazione delle erbe in casa è un’estensione naturale di questa filosofia. Non è necessario creare un laboratorio sofisticato: molti strumenti utili si trovano già in cucina. Vasi di vetro, pentole, coltelli affilati, taglieri, cucchiai di legno, bacchette, bottiglie. La semplicità è una virtù. Anche qui, la coerenza è più importante della complessità.

Nel contesto della giustizia sanitaria, la medicina erboristica asiatica-americana è un atto di rivendicazione. Rivendicare il diritto di conoscere, trasmettere e utilizzare pratiche terapeutiche tradizionali è un modo per rompere con le gerarchie coloniali della medicina ufficiale, che spesso svalutano tutto ciò che non è biomedicina occidentale. Non si tratta solo di guarire, ma di recuperare la dignità culturale e l’autonomia epistemologica.

Ciò che chi assume erbe deve comprendere è che la lentezza è una forma di profondità. Che l’effetto accumulativo è più potente della gratificazione immediata. Che la cura non si misura solo in assenza di sintomi, ma anche nella riconnessione con il proprio corpo, la propria storia, la propria comunità. Ogni tazza d’infuso è un atto di memoria, ogni goccia di tintura è un gesto di resistenza, ogni decozione un atto di amore radicale verso sé stessi e verso il mondo che si vuole trasformare.