Nel contesto delle applicazioni fotocatalitiche, l’ingegnerizzazione delle vacanze di ossigeno nei semiconduttori rappresenta una strategia promettente per migliorare le proprietà di reattività dei materiali. Questo è particolarmente evidente nel caso di composti a base di tungsteno, come il WO3, che, grazie alla manipolazione delle vacanze di ossigeno, può migliorare significativamente la sua efficienza nel trattamento di contaminanti come l'uranio (U(VI)).
Le analisi diffrattometriche a raggi X (XRD) hanno rivelato che i picchi caratteristici dei materiali WO3, WO2.92 e WO2.78 corrispondono tutti alla fase monoclinica di WO3 (JCPDS No. 830951). Con l’aumento del contenuto di vacanze, i picchi di diffrazione si spostano verso angoli più piccoli, un fenomeno che può essere attribuito all’aumento della repulsione tra gli ioni positivi di tungsteno causato dalle vacanze di ossigeno, confermando così la presenza di queste vacanze (Figura 6.12d). I risultati ottenuti tramite spettroscopia di risonanza elettronica (ESR) e spettroscopia XPS (X-ray photoelectron spectroscopy) confermano l’esistenza delle vacanze di ossigeno. In particolare, le misure di ESR mostrano segnali simmetrici a g = 2.003, con un’intensità che diminuisce seguendo l’ordine WO2.78 > WO2.92 > WO3, a dimostrazione di un'efficace ingegnerizzazione delle vacanze.
Dalla spettroscopia XPS, in particolare nella sezione W 4f, si osserva che l’aumento del contenuto di vacanze fa spostare i picchi verso energie di legame più alte, suggerendo che il tungsteno nei materiali WO2.78 ha una carica positiva ridotta rispetto a WO2.92 e WO3. Nelle spettroscopie O 1s, il segnale che appare a 531.80 eV diventa sempre più prominente con l’aumento del contenuto di vacanze di ossigeno, confermando l'introduzione di vacanze di ossigeno nel materiale.
L'ingegnerizzazione delle vacanze di ossigeno influisce significativamente sulla struttura del bandgap dei materiali. Attraverso spettroscopie ottiche e misure elettrochimiche, si è osservato che la presenza di vacanze di ossigeno riduce il bandgap di WO3. I valori di Eg per WO3, WO2.92 e WO2.78 sono rispettivamente di 2.99 eV, 2.63 eV e 2.36 eV, indicando che le vacanze aumentano la capacità di assorbire la luce e, quindi, migliorano l’efficienza fotocatalitica del materiale. Inoltre, le posizioni del bordo della banda di valenza (VB) relative all'elettrodo a idrogeno reversibile (RHE) sono state determinate: 2.11 eV per WO3, 1.91 eV per WO2.92 e 1.79 eV per WO2.78, suggerendo una più alta capacità di trasferimento di cariche per quest'ultimo. Le misure elettrochimiche tramite il diagramma Mott-Schottky confermano che tutti i materiali sono semiconduttori di tipo n, con WO2.78 che presenta la capacità di trasferimento di cariche più rapida.
In merito alle applicazioni fotocatalitiche, i test di riduzione dell’uranio hanno confermato che le vacanze di ossigeno migliorano la capacità fotocatalitica di WO3. In condizioni di pH 4.8, 8 mg/l di U(VI) e 1 mg/l di TA come impurità organiche simulate, WO2.78 ha mostrato una percentuale di estrazione dell'U(VI) pari al 39%, superiore a quella di WO3 (18%) e WO2.92 (25%). Quando esposto alla luce simulata, WO2.78 ha raggiunto un tasso di estrazione del 95.6%, superando significativamente gli altri materiali. Inoltre, le costanti di velocità di reazione per la fotocatalisi (k) sono state calcolate come 0.007 minuto−1 per WO3, 0.024 minuto−1 per WO2.92, e 0.048 minuto−1 per WO2.78, confermando il miglioramento delle prestazioni fotocatalitiche grazie alle vacanze di ossigeno.
Un ulteriore aspetto rilevante riguarda l’effetto delle impurità organiche sulla fotocatalisi. In assenza di luce, l'acido tannoico (TA) ha interagito competitivamente con l’U(VI), riducendo l’efficienza di rimozione. Tuttavia, sotto illuminazione, la presenza di TA ha aumentato l’efficienza di rimozione dell’uranio, fungendo da scavenger di lacune e promuovendo la reazione fotocatalitica.
Anche l'effetto del pH sulle prestazioni fotocatalitiche è stato esaminato, mostrando che WO2.78 ha sempre ottenuto migliori risultati in termini di rimozione di U(VI) rispetto a WO3 e WO2.92, indipendentemente dal pH. L’efficienza di rimozione è aumentata con l’aumento del pH fino a un massimo a pH 4.8, per poi diminuire oltre tale valore. La presenza di ioni interferenti come Na+, K+, Ca2+, Mg2+, Pb2+, Cu2+, Fe3+, e Al3+ è stata studiata, e sebbene Fe3+ e Cu2+ abbiano avuto un leggero effetto sulla rimozione dell’U(VI), WO2.78 ha mostrato una resistenza minima alle interferenze degli altri ioni.
Infine, le analisi XPS sui prodotti fotoreduciuti hanno mostrato che la maggior parte dell’uranio su WO3 rimane come U(VI), mentre su WO2.92 e WO2.78 si è verificato un significativo tasso di riduzione, con U(VI) ridotto rispettivamente del 43.8% e 84.5%. Questo conferma che l’introduzione di vacanze di ossigeno migliora la capacità fotocatalitica nella riduzione dell’uranio.
Il processo di riduzione fotocatalitica, infatti, è fortemente influenzato dalle caratteristiche elettroniche e dalla struttura del materiale. L’introduzione di vacanze di ossigeno non solo migliora la capacità di assorbimento della luce e il trasferimento delle cariche, ma ottimizza anche le proprietà elettrochimiche, rendendo il materiale più reattivo per la riduzione di U(VI).
Come l'ossidazione del fosforo rosso influenza l'estrazione dell'uranio
Il fosforo rosso (CRP) è un materiale che, in seguito ad un trattamento di ossidazione controllata, può diventare un potente agente di adsorbimento e catalisi, come dimostrato nel caso della sua ossidazione superficiale. Quando il CRP viene trattato con un trattamento idrotermale controllato, si ottengono diverse forme ossidate, tra cui il CRP ossidato (O-CRP) e il CRP profondamente ossidato (DO-CRP), ognuna delle quali presenta un comportamento chimico e fisico distintivo.
Durante il trattamento idrotermale, il CRP subisce un processo di ossidazione che dura 12 ore per ottenere O-CRP e 24 ore per ottenere DO-CRP. Questo trattamento è evidente attraverso un cambiamento di colore, dal rosso intenso del CRP al rosso-arancio del DO-CRP, un segno visibile della progressione dell’ossidazione. Le analisi morfologiche tramite microscopia elettronica a trasmissione (TEM) hanno confermato che tutte le forme di CRP mantengono una morfologia simile, senza alterazioni significative nella struttura morfologica a livello di microparticelle.
L’ossidazione non modifica, però, la natura amorfa del CRP, come evidenziato dalle immagini HRTEM, che mostrano la struttura amorfa in tutte le forme, inclusi O-CRP e DO-CRP. Anche i dati di diffrazione a raggi X (XRD) e la spettroscopia Raman hanno supportato questa osservazione, confermando che il CRP, in tutte le sue forme, rimane un materiale amorfo. I picchi caratteristici della fase del fosforo rosso sono stati osservati tra 300 e 500 cm nella spettroscopia Raman, supportando ulteriormente la natura amorfa del materiale.
Le analisi con spettroscopia di risonanza elettronica (ESR) hanno rivelato un aumento della densità dei difetti superficiali nei campioni O-CRP e DO-CRP, come evidenziato da segnali ESR più pronunciati rispetto al CRP non trattato. Questa osservazione suggerisce che l’ossidazione superficiale aumenta la reattività del materiale. L'analisi XPS (spettroscopia fotoelettronica a raggi X) ha rivelato la presenza di fosforo, carbonio e ossigeno sulla superficie dei materiali ossidati, senza impurità evidenti, e ha evidenziato un significativo spostamento positivo dei picchi P 2p nei campioni O-CRP e DO-CRP, indicando un’ossidazione superficiale marcata.
Inoltre, le spettroscopie FTIR (infrarosso a trasformata di Fourier) hanno confermato la presenza di legami P=O e P—O sulla superficie dei campioni ossidati, in particolare nei campioni DO-CRP. Questi legami sono cruciali per l'adsorbimento dell’uranio, come suggerito da studi precedenti. L’ossidazione del CRP, quindi, porta alla formazione di gruppi PO₄³⁻ sulla superficie, che sono fondamentali per la legatura dell’uranio, elemento chiave per l'estrazione di uranio.
L'ossidazione superficiale del CRP ha suscitato un crescente interesse per la sua applicazione nel campo dell’estrazione dell’uranio, in particolare attraverso il processo fotocatalitico. Le forme ossidate di CRP, come O-CRP e DO-CRP, sono state testate per l’estrazione di uranio (U(VI)) in soluzioni acquose. I test iniziali hanno mostrato che, sebbene il CRP e l’O-CRP avessero capacità di adsorbimento limitate (<25%), il DO-CRP ha dimostrato prestazioni nettamente superiori, con un’efficienza di estrazione significativamente più alta grazie alla maggiore densità di gruppi PO₄³⁻ sulla sua superficie.
Quando esposti alla luce solare simulata, i campioni di DO-CRP hanno mostrato un’efficienza di estrazione dell’uranio che è aumentata rapidamente nei primi dieci minuti, raggiungendo un’efficienza finale del 92,4%, un valore ben superiore rispetto al CRP e all’O-CRP. Questo risultato ha evidenziato il potenziale del DO-CRP come materiale fotocatalitico efficace per l’estrazione di uranio. L’analisi cinetica ha mostrato che il DO-CRP aveva una velocità di reazione iniziale rapida, che poi rallentava man mano che la concentrazione di U(VI) diminuiva, suggerendo una reazione dinamica tra gli ioni di uranio e i gruppi PO₄³⁻ sulla superficie.
Le prove successive hanno indagato gli effetti del pH, del rapporto solido/liquido e degli ioni interferenti sull’estrazione dell’uranio. Il DO-CRP ha mantenuto elevate efficienze (>90%) in un intervallo di pH compreso tra 4 e 7. La sua superficie caricata negativamente a pH superiori a 4 favorisce l’attrazione elettrostatica con gli ioni cationici UO₂²⁺, migliorando ulteriormente l’efficienza di estrazione. Anche con il rapporto solido/liquido maggiore di 1:5 mg/mL, l’efficienza di estrazione è stata superiore all'87,4%. Nonostante la presenza di ioni concorrenti come Na+, K+, Cs+, e Sr²⁺, il DO-CRP ha mostrato una resilienza notevole, mantenendo efficienze superiori all’88%. Tuttavia, la presenza di ioni Ca²⁺ e Fe³⁺ ha ridotto significativamente l’efficienza a causa della formazione di complessi insolubili come Ca₃(PO₄)₂ e FePO₄, che ostacolano la legatura dell’uranio.
Anche in ambienti reali, come quelli contenenti acque reflue con uranio, il DO-CRP ha mostrato buone prestazioni. La simulazione del processo PUREX con una miscela di TBP e cherosene ha confermato la stabilità e l’efficienza del DO-CRP, che ha mantenuto alte efficienze anche in presenza di sostanze organiche, suggerendo che questo materiale potrebbe essere un’alternativa promettente per il trattamento delle acque contaminanti da uranio.
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