La struttura magnetica e le proprietà elettriche dei materiali sono fenomeni fondamentali nella chimica dello stato solido, con una particolare attenzione a materiali come NiO e i ferriti. La comprensione di questi fenomeni non si limita solo alla descrizione dei materiali, ma si estende anche all'interpretazione delle interazioni magnetiche e delle loro applicazioni in vari dispositivi tecnologici.
Nel caso del NiO, la struttura cristallina appare come una tipica struttura NaCl, ma la diffrazione dei neutroni rivela l’esistenza di una cella unitaria magnetica, che è il doppio della cella unitaria chimica determinata tramite raggi X. La cella unitaria magnetica è definita non solo dalla disposizione degli atomi, ma anche dall'allineamento degli spin, che nelle diverse strati di nichel sono disposti in modo antiparallelo. La disposizione degli spin in NiO non è unica, come si può osservare nelle varie tipologie di ordinamento antiferromagnetico per i sistemi cubici, come illustrato nelle figure. In particolare, si evidenzia l'importanza del tipo G di antiferromagnetismo, dove ogni spin è allineato in modo antiparallelo rispetto ai suoi vicini, ma non è l'unico tipo di ordinamento che si può riscontrare.
Un altro concetto fondamentale è l'altermagnetismo, una nuova forma di magnetismo che è stata recentemente descritta. In questo caso, esistono due sublattice con spin opposti, ma gli atomi su questi due reticoli sono legati da una rotazione cristallografica piuttosto che da una traslazione, una differenza significativa rispetto all'antiferromagnetismo tradizionale.
Passando ai ferriti, questi materiali sono noti per la loro struttura spinel, tipicamente descritta con la formula MFe2O4, dove M rappresenta uno ione metallico divalente. Sebbene il termine "ferrite" inizialmente si riferisse a composti a struttura spinel inversa contenenti ferro, ora il termine viene esteso ad altri ossidi che presentano simili proprietà magnetiche. La struttura spinel è caratterizzata da un reticolo di ioni ossido disposti in una struttura cubica a facce centrate, e gli ioni metallici occupano siti tetraedrici e ottaedrici. La distinzione tra la struttura spinel normale e quella inversa risiede nella distribuzione degli ioni metallici tra questi siti. Nella struttura inversa, gli ioni metalici divalenti occupano i siti ottaedrici, mentre gli ioni trivalenti si distribuiscono tra i siti tetraedrici e ottaedrici. La caratteristica fondamentale di queste strutture è l'interazione tra gli spin degli ioni, che può portare a comportamenti ferromagnetici o ferrimagnetici, come nel caso del magnetite (Fe3O4).
Nel caso delle ferriti ferrimagnetiche, gli ioni Fe3+ sugli siti tetraedrici sono allineati antiparallelamente rispetto a quelli sugli siti ottaedrici, ma l’interazione tra gli ioni divalenti (M2+) e gli ioni Fe3+ su siti ottaedrici porta a un momento magnetico netto. Questo fenomeno è alla base di numerose applicazioni tecnologiche, come nelle memorie magnetiche, nei dischi rigidi e nei trasformatori.
Le strisce magnetiche, un’applicazione diretta di materiali ferrimagnetici, sono un altro esempio di come le proprietà magnetiche possano essere sfruttate. Queste strisce, come quelle presenti sulle carte di credito, contengono piccoli cristalli di materiale magnetico, come il ferrito di bario (BaFe2O4). La magnetizzazione di alcuni cristalli cambia per rappresentare dati binari, e la direzione di questa magnetizzazione viene letta quando la carta viene "swippata" attraverso un lettore.
Infine, un aspetto interessante che merita attenzione è il magnetismo a spirale, che si verifica in molti solidi, dove gli spin degli elettroni non sono allineati in modo rigoroso. A causa dell’interazione spin-orbita, gli spin si inclinano rispetto alla direzione della magnetizzazione netta, creando una struttura a spirale o elicoidale. Esistono vari tipi di configurazioni a spirale, come la disposizione a vite, ciclodiagonale, conica longitudinale e conica trasversale. Questi effetti sono legati all’interazione Dzyaloshinskii-Moriya, che contribuisce al momento magnetico ortogonale alla direzione principale degli spin, dando origine a un comportamento magnetico complesso che merita un’approfondita comprensione.
In sintesi, i materiali magnetici, dai classici ferromagnetici come il NiO ai ferriti con struttura spinel inversa, fino alle nuove scoperte come l'altermagnetismo e il magnetismo a spirale, rappresentano un campo di ricerca ricco di sfide e potenzialità. È essenziale comprendere come l’interazione tra atomi e spin non solo determina le proprietà magnetiche ma anche come queste possano essere applicate in tecnologie avanzate, dall’elettronica alla memorizzazione dei dati.
Come le Nanostrutture Influenzano le Proprietà Ottiche e Magnetiche dei Materiali
Il comportamento ottico delle nanostrutture, come i nanocristalli e i punti quantici, dipende dalle loro dimensioni e dalla struttura del loro band gap. Quando una particella di dimensioni nanometriche assorbe energia, gli elettroni vengono eccitati e saltano dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Quando questi elettroni ritornano alla banda di valenza, rilasciano energia sotto forma di luce, un fenomeno conosciuto come fluorescenza. La lunghezza d'onda di questa luce emessa è direttamente correlata alla dimensione della nanostruttura.
In un punto quantico di grande dimensione, con un gap di banda più piccolo, l'energia dei fotoni emessi sarà inferiore, risultando in una fluorescenza di colore più "freddo", come nel caso della luce arancione emessa da particelle di CdSe con un diametro di 5,5 nm. Al contrario, nei punti quantici più piccoli, con un gap di banda più ampio, l'energia dei fotoni emessi è maggiore, spostando il colore della fluorescenza verso l'estremità blu dello spettro. Questo effetto di spostamento verso lunghezze d'onda più corte è spiegato dall'equazione di Planck-Einstein, , dove è la costante di Planck, la frequenza della luce e l'energia del fotone. La relazione tra la dimensione della particella e la lunghezza d'onda emessa è quindi inversamente proporzionale: più piccola è la particella, maggiore è l'energia e più corta sarà la lunghezza d'onda della luce emessa.
Ad esempio, le particelle di CdSe con diametro di 2,3 nm emettono luce turchese, un colore che dipende dalla loro struttura a livello nanometrico. Inoltre, l'assorbimento della luce da parte di nanoparticelle come quelle di CdSe mostra spostamenti significativi nel loro spettro di assorbimento, che corrispondono a transizioni elettroniche specifiche tra i livelli di energia della banda di conduzione. Particelle di diametro maggiore, come quelle di 11,5 nm, presentano uno spettro di assorbimento quasi privo di caratteristiche, mentre particelle più piccole, come quelle di 1,5 nm, mostrano bande di assorbimento simili a quelle molecolari, ma spostate verso lunghezze d'onda più corte.
Le nanoparticelle d'oro, note fin dall'epoca romana per il loro utilizzo nel colorare il vetro, presentano proprietà ottiche particolari. Quando la luce interagisce con gli elettroni superficiali di queste nanoparticelle, si innesca un'oscillazione che determina l'assorbimento e la riflessione della luce a frequenze specifiche, dando luogo a una colorazione che dipende dalle dimensioni della particella. Con l'aumento delle dimensioni della nanoparticella, la lunghezza d'onda della luce assorbita diminuisce, modificando il colore percepito. Se le particelle sono molto piccole, come quelle con un diametro di 3 nm, la luce che attraversa il film d'oro appare prima rossa, poi arancione, in base alla variazione nella frequenza di oscillazione degli elettroni.
In metalli come l'argento, l'oro e il rame, l'interazione della luce con gli elettroni di superficie può anche dare luogo a fenomeni di scattering, che contribuiscono all'apparenza opaca di polveri fini. Le nanoparticelle di dimensioni ancora più ridotte, però, possono risultare trasparenti, poiché la loro efficienza di scattering è notevolmente ridotta. Questo fenomeno ha portato all'uso delle nanoparticelle nei prodotti cosmetici e nelle creme solari, dove nanoparticelle di TiO2 e ZnO sono impiegate per assorbire le radiazioni UV dannose per la pelle, senza alterare significativamente l'aspetto visivo della pelle. Le particelle di TiO2, seppur altamente rifrangenti e utilizzate come pigmenti bianchi, diventano trasparenti quando la loro dimensione scende a circa 50 nm, riducendo l'effetto di scattering della luce visibile pur mantenendo la protezione contro i raggi UV.
Parallelamente, le proprietà magnetiche delle nanostrutture sono influenzate dalla dimensione delle particelle. Quando la dimensione dei cristalli diminuisce al punto da essere comparabile con la dimensione dei domini ferromagnetici (circa 10-1000 nm), si può ottenere un comportamento magnetico singolo dominio. In queste strutture, gli spin degli elettroni sono allineati, e la magnetizzazione è stabile e difficile da invertire. Le particelle di magnetite (Fe₃O₄), ad esempio, mostrano un comportamento magnetico molto diverso rispetto ai cristalli più grandi, dove i domini magnetici possono ruotare liberamente per demagnetizzare la particella. In particelle più piccole, il fenomeno di superparamagnetismo si manifesta quando, sotto l'influenza di un campo magnetico, gli spin possono cambiare direzione con estrema facilità, apparendo come se non avessero magnetizzazione quando misurati.
Il superparamagnetismo, che si distingue dal paramagnetismo convenzionale, si verifica al di sotto della temperatura di Curie, quando l'energia cinetica non è sufficiente per mantenere l'orientamento degli spin, permettendo loro di capovolgersi spontaneamente. A temperature sotto il punto di blocco, tuttavia, i nanocristalli possono essere magnetizzati se esposti a un campo magnetico esterno. Un esempio di applicazione del superparamagnetismo è l'uso dei nanoparticelle di ossido di ferro nei fluidi magnetici, impiegati in varie applicazioni tecnologiche come i sigilli dei cuscinetti nei dischi rigidi e nei sistemi di altoparlanti.
Quando le particelle nanometriche di materiali ferromagnetici entrano in contatto tra loro, il fenomeno di accoppiamento di scambio tra gli spin può produrre materiali nanocompositi con elevate proprietà magnetiche, come una remanenza alta e una coercitività elevata, che li rende utili in dispositivi magnetici avanzati.
Perché si preferisce utilizzare D(r) invece di G(r) per la funzione di distribuzione di probabilità in esperimenti di scattering totale?
Nel contesto dell'analisi della struttura dei materiali mediante tecniche di scattering totale, la funzione di distribuzione di probabilità (PDF) viene spesso rappresentata tramite D(r) piuttosto che G(r). Sebbene entrambe le funzioni derivino dalla stessa base teorica e differiscano essenzialmente per la normalizzazione, D(r) è preferita soprattutto per materiali con ordine medio e lungo raggio, poiché accentua le correlazioni atomiche a distanze maggiori. Questa caratteristica consente una lettura più chiara e dettagliata delle interazioni strutturali a distanze più ampie, cruciali per comprendere materiali con ordinamento complesso.
La qualità e la risoluzione della PDF dipendono fortemente dall’intervallo di Q (numero d’onda) utilizzato per la trasformata di Fourier. Limitare l’analisi a un intervallo di Q ridotto introduce fenomeni noti come "termination ripples", che sono oscillazioni artefatte che possono mascherare i picchi reali della PDF, complicando notevolmente l’interpretazione e il fitting dei dati. Un intervallo di Q più ampio consente di ridurre questi artefatti e di ottenere una PDF ad alta risoluzione, fondamentale per una caratterizzazione precisa.
Per estendere al massimo l’intervallo di Q, si utilizzano raggi X di alta energia e lunghezza d’onda molto corta, tipicamente intorno a 0,165 Å (corrispondenti a circa 76 keV), raggiungibili principalmente presso sorgenti di sincrotrone. Questi impianti, come ESRF in Francia, APS negli Stati Uniti o Diamond Light Source nel Regno Unito, sono in grado di fornire fasci di raggi X duri con un Qmax superiore a 70 Å–1, indispensabile per esperimenti di scattering totale di alta qualità.
Nei laboratori tradizionali, le sorgenti più comuni sono tubi di Mo o Ag. I tubi di Mo, con una lunghezza d’onda più corta rispetto al Cu, consentono la raccolta di PDF a risoluzione bassa o media, mentre i tubi di Ag permettono una risoluzione maggiore, sebbene con tempi di acquisizione molto più lunghi a causa del flusso di fotoni inferiore. L’uso di tubi di rame (Cu) è invece limitato a causa del basso Qmax ottenibile (circa 8 Å–1), insufficiente per generare dati affidabili.
Un altro aspetto tecnico importante nella raccolta dati è la posizione del rivelatore, che idealmente dovrebbe essere il più vicino possibile al campione per massimizzare l’intervallo di Q acquisibile. Tuttavia, questo comporta la necessità di misurazioni multiple per correggere la diffusione diffusa dovuta all’aria e ai supporti del campione, con tre rilevazioni separate: campione nel supporto, supporto vuoto e ambiente vuoto (background). Solo tramite questa procedura si può ottenere un S(Q) accurato da cui estrarre la PDF.
La complessità della sperimentazione si estende anche all’uso di tecniche in-situ, nelle quali si studiano le variazioni strutturali di un materiale durante il cambiamento di temperatura o pressione. L’ingegnerizzazione di apparecchiature specializzate per il controllo ambientale ha permesso di acquisire informazioni dettagliate su meccanismi di reazione e formazione di fasi metastabili, altrimenti non osservabili a condizioni ambientali standard. Le misurazioni in-situ includono l’utilizzo di stadi di riscaldamento e raffreddamento, con temperature che variano da circa 15 K fino a oltre 1500 °C, e dispositivi che permettono il flusso controllato di gas, rendendo possibile l’analisi di processi come l’assorbimento e la desorbimento gassosi.
L’evoluzione di fasi durante reazioni di stato solido può essere monitorata con estrema precisione, come dimostrato dall’esempio della sintesi di zircone ferro-dopato, in cui la trasformazione da componenti di partenza a prodotti intermedi e finali viene seguita tramite variazioni dei picchi nei pattern di diffrazione raccolti a temperature diverse.
È fondamentale comprendere che la qualità e l’accuratezza dei dati PDF non dipendono solo dalla sorgente di raggi X o neutrone utilizzata, ma anche da un insieme di fattori sperimentali e analitici: l’intervallo di Q coperto, la gestione accurata del background, la posizione del rivelatore, e l’impiego di software di correzione specifici per raggi X o neutroni. Inoltre, l’interpretazione dei dati richiede attenzione particolare alle condizioni sperimentali, perché piccole variazioni possono influenzare la risoluzione e la capacità di distinguere fasi e strutture complesse.
Il progresso tecnologico ha permesso di spingere i limiti della risoluzione e dell’ambito di applicazione della scattering totale, offrendo strumenti potenti per la chimica dello stato solido e la scienza dei materiali. La comprensione approfondita delle implicazioni sperimentali e teoriche alla base della scelta tra D(r) e G(r), e dell’importanza dell’intervallo di Q, è quindi imprescindibile per chi desidera utilizzare efficacemente queste tecniche e interpretare correttamente i risultati ottenuti.
Qual è la natura dei difetti strutturali nei solidi non stechiometrici come FeO e UO₂+x?
La struttura cristallina di ossidi come FeO e UO₂ non è semplicemente una ripetizione ordinata di unità molecolari ideali, ma contiene difetti strutturali che ne determinano in modo profondo le proprietà chimiche e fisiche. Questi difetti, distribuiti in modo ordinato o disordinato, sono alla base della non stechiometria che caratterizza molti ossidi di metalli di transizione.
Nel caso di FeO, la struttura nominale è quella del tipo NaCl, con cationi Fe²⁺ che occupano siti ottaedrici in un reticolo compatto cubico centrato sulle posizioni degli anioni O²⁻. Tuttavia, la realtà strutturale è molto più complessa. FeO esiste tipicamente come Fe₁₋ₓO, dove il parametro x rappresenta una deficienza cationica: il numero di ioni ferro presenti è inferiore a quello atteso per una composizione stechiometrica. Questa deficienza è compensata dalla presenza di ioni Fe³⁺, che possono occupare sia siti ottaedrici che tetraedrici, e dalla formazione di vacanze cationiche nei siti ottaedrici.
La distribuzione degli ioni Fe²⁺ e Fe³⁺ e delle vacanze non è casuale. Per bassi valori di x, si osservano configurazioni locali in cui un Fe³⁺ tetraedrico è circondato da quattro vacanze nei siti ottaedrici adiacenti: una configurazione proibitiva per l’occupazione simultanea a causa della vicinanza eccessiva degli ioni. Al crescere di x, la struttura cristallina si arricchisce di aggregati di difetti, detti cluster, che assumono disposizioni ordinate. Uno di questi è il cluster di Koch–Cohen: un’unità strutturale centrata su una cella di tipo NaCl, circondata da quattro ioni Fe³⁺ interstiziali in posizioni tetraedriche e da tredici vacanze nei siti ottaedrici adiacenti.
Nel caso specifico di tale cluster, la composizione totale è Fe₂₃O₃₂. Questa corrisponde quasi a Fe₃O₄, suggerendo una transizione strutturale graduale da FeO verso ossidi più ricchi in ossigeno. La carica elettrica totale del cluster è bilanciata considerando la presenza di 32 ioni O²⁻ (carica totale −64), 4 ioni Fe³⁺ interstiziali (carica +12), e un misto di 5 Fe²⁺ e 14 Fe³⁺ nei siti ottaedrici (carica combinata +52), per un totale di +64, in perfetto equilibrio con gli anioni.
Questa organizzazione ordinata di difetti porta alla formazione di una superstruttura, un reticolo cristallino con una simmetria inferiore rispetto alla struttura parentale. Quando l’intera struttura è composta da questi cluster, si ottiene un materiale con la formula media Fe₂₃O₃₂, dotato di caratteristiche elettroniche, magnetiche e meccaniche differenti rispetto all’ossido ideale.
L’approccio strutturale ai difetti non si limita ai cationi. Nel biossido di uranio, UO₂, si osserva un comportamento opposto: l’incorporazione di ossigeno in eccesso porta alla formazione di fasi non stechiometriche del tipo UO₂₊ₓ. A differenza di FeO, qui il difetto principale è l’inserimento di anioni ossigeno in posizioni interstiziali piuttosto che l’eliminazione di cationi. La struttura base è quella della fluorite, con un reticolo cubico facente uso di siti ottaedrici vacanti potenzialmente disponibili per l’interstizialità.
Tuttavia, le posizioni geometricamente centrali degli ottanti non sono energeticamente favorevoli per ospitare nuovi ossigeni, poiché circondate da otto anioni O²⁻ che generan

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