La corrosione nelle superfici metalliche impiegate nell’industria petrolifera e del gas è un fenomeno complesso influenzato da molteplici variabili interconnesse. Tra queste, la velocità del flusso, la temperatura, la pressione parziale di H2S, il tempo di esposizione, la concentrazione di sali disciolti e acidi organici (come NaCl e CH3COOH), la chimica dello steel, il tipo di depositi presenti (scale, prodotti di corrosione o cera), la presenza di ossigeno e la chimica del fluido (pH, rapporto acqua/olio, rapporti di fase, acidità e bagnabilità dell’olio) giocano un ruolo cruciale. La difficoltà principale risiede nell’isolamento dell’effetto di ciascun fattore, poiché tutti agiscono in sinergia modificando il processo corrosivo. Tuttavia, l’industria petrolifera ha sviluppato ampie ricerche dedicate alla comprensione della corrosione indotta da H2S, che rappresenta una delle minacce più insidiose.

La corrosione si manifesta attraverso diverse forme, ognuna con caratteristiche specifiche e modalità di attacco peculiari, che variano in base al sistema impiegato, alla composizione del fluido, alla temperatura e alle condizioni operative. In ogni caso, la presenza di un elettrolita è un prerequisito imprescindibile per lo svolgimento delle reazioni corrosive.

La classificazione delle corrosioni nel settore petrolifero contempla numerosi tipi, tra cui la corrosione “dolce” (sweet corrosion) causata principalmente da CO2, la corrosione “acida” o sour corrosion indotta da H2S, e la corrosione microbiologicamente indotta (MIC). Ognuna di queste presenta meccanismi di danno e sfide di prevenzione differenti.

La corrosione da CO2 è ben conosciuta e rappresenta una problematica di lunga data nelle infrastrutture di produzione e trasporto di idrocarburi. Pur essendo il CO2 gassoso non corrosivo alle temperature tipiche, la sua dissoluzione in acqua genera acido carbonico, che abbassa il pH e induce reazioni elettrochimiche dannose per l’acciaio. Questo processo può manifestarsi attraverso attacchi localizzati come la corrosione “mesa” in condizioni di flusso medio o il pitting, con rapida penetrazione in punti specifici. La formazione di uno strato di carburo di ferro a temperature elevate offre una certa protezione, ma non elimina completamente il rischio.

La corrosione da H2S, invece, è particolarmente critica per tubazioni e tubi di perforazione. Sebbene l’H2S gassoso non sia corrosivo di per sé, la sua dissoluzione in acqua forma un acido debole che induce la produzione di solfuri di ferro (FeSx) e idrogeno, i quali possono causare l’indebitamento del metallo. Questo tipo di corrosione può presentarsi come uniforme, pitting o con incrinature progressive (stepwise cracking), e la presenza di strati di solfuro di ferro può fornire una parziale protezione a basse temperature.

La corrosione microbiologicamente indotta (MIC) deriva dall’attività di microorganismi che producono acidi organici, CO2 e H2S, aumentando così la tossicità del fluido e accelerando la corrosione. Questi microorganismi si insediano in condizioni favorevoli, tipicamente in acqua neutra e stagnante, formando colonie che creano condizioni locali di corrosione sottostante. La presenza di noduli e depositi neri viscidi è un segno caratteristico di questo fenomeno. Batteri come Bacillus, Pseudomonas e Desulfuricans sono spesso coinvolti, e possono anche ostruire pozzi di iniezione, peggiorando le condizioni operative.

Un ulteriore fenomeno rilevante è la corrosione da stress (stress corrosion cracking, SCC), che si manifesta quando una sostanza corrosiva agisce contemporaneamente a uno sforzo tensivo sul metallo, favorendo la formazione e la propagazione di fessure. La velocità di crescita di tali cricche varia in funzione della lega metallica e delle condizioni ambientali, ma può essere estremamente rapida, rappresentando un rischio significativo per l’integrità strutturale.

La comprensione approfondita di questi fenomeni è indispensabile per sviluppare strategie efficaci di prevenzione e mitigazione. Oltre ai fattori chimici e fisici, è cruciale considerare le interazioni tra le diverse forme di corrosione e il ruolo delle condizioni operative, come la composizione del fluido e la dinamica del sistema. L’adozione di materiali resistenti, il controllo del pH, la gestione del flusso e l’impiego di inibitori specifici sono tra le soluzioni adottate, ma il monitoraggio continuo e l’analisi dettagliata del sistema rimangono essenziali.

È importante inoltre comprendere che la corrosione è un processo dinamico e multifattoriale: modifiche anche minime in uno o più parametri possono innescare cambiamenti significativi nel comportamento corrosivo. La prevenzione richiede quindi un approccio integrato che consideri simultaneamente la chimica del fluido, le caratteristiche del metallo, la presenza di microorganismi e le condizioni meccaniche a cui è sottoposto l’impianto.

Come si manifesta e come si previene la corrosione nei componenti elettrici nell’industria della carta e della cellulosa?

La corrosione nei componenti elettrici delle cartiere e delle industrie della cellulosa si presenta in diverse forme, ciascuna con caratteristiche e meccanismi specifici. Tra le più insidiose vi è la cosiddetta “red-plague” o corrosione rossa, un fenomeno elettrochimico che si verifica quando il rame, sottoposto a rivestimento in argento, è esposto all’umidità attraverso microfori o imperfezioni nel deposito argentato. In queste condizioni, il rame reagisce con l’ambiente umido formando ossido rameoso, un composto non conduttivo che compromette l’efficienza dei conduttori elettrici.

Il difetto della placcatura in argento, costituito da fori, porosità o crepe, permette all’aria e all’umidità di raggiungere la superficie di rame esposta. Lì si instaura una cella elettrolitica galvanica tra rame e argento, che, in presenza di ossigeno, perpetua il processo di corrosione, generando cristalli di ossido rameoso di colore rosso-bruno, visibili come una deposizione solida sulla superficie argentata. Questo fenomeno può proseguire indefinitamente, producendo anche ossido rameico nero come sottoprodotto della corrosione. Oltre a questa forma, vi è la corrosione sotto placcatura, in cui il rame parzialmente non coperto dall’argento subisce un’attività corrosiva nascosta, compromettendo la funzionalità dell’intero componente.

Nei processi industriali della carta e della cellulosa, la corrosione da solfuri d’idrogeno è frequente e rappresenta un problema significativo quando l’argento è usato in massa o come rivestimento protettivo per altri conduttori elettrici. Per mitigare questo effetto, sono state proposte varie alternative volte a prevenire l’esposizione dell’argento all’idrogeno solforato, evitando così la degradazione del materiale.

L’industria cartaria sta attraversando una fase di trasformazione, non solo per ottimizzare i processi produttivi ma anche per eliminare composti potenzialmente dannosi. Tuttavia, questo ha determinato un incremento delle problematiche di corrosione in fasi diverse della produzione, evidenziando la necessità di un’attenta scelta dei materiali utilizzati nelle diverse fasi. Attualmente, l’acciaio inossidabile duplex SAF 2205, contenente circa il 3% di molibdeno, è sempre più impiegato grazie alla sua eccellente resistenza alla corrosione, inclusa quella localizzata come la corrosione a punti (pitting). Per ambienti particolarmente aggressivi, come quelli con uso di diossido di cloro o ozono, si raccomanda l’uso di acciai superduplex ad alto contenuto di molibdeno, o l’acciaio 304L, che garantiscono una resistenza superiore.

La prevenzione della corrosione richiede investimenti mirati nella scelta dei materiali, poiché la spesa sostenuta per proteggere adeguatamente le superfici si traduce in un contenimento dei guasti e degli arresti non programmati. Gli acciai inossidabili impiegati in questi settori vengono sottoposti a trattamenti termici e chimici come laminazione a caldo e ricottura, che influenzano la diffusione degli elementi di lega verso la superficie e la formazione di ossidi protettivi. Tuttavia, tali processi possono provocare il fenomeno della decarbocromizzazione, ossia una diminuzione del contenuto di cromo nelle zone superficiali, rendendo necessaria una passivazione chimica mediante decapaggio (pickling) per eliminare impurità, scorie e prodotti di corrosione residui, assicurando così la qualità del materiale per l’applicazione finale.

Il processo di decapaggio genera acque reflue a bassa acidità che devono essere neutralizzate con basi appropriate prima dello smaltimento, per evitare danni ambientali. L’industria della carta ha studiato e adottato l’uso di residui come la cenere volante e il fango di calce calcinata, ricchi di ossido di calcio, per la neutralizzazione delle acque acide di scarico. Questo approccio non solo migliora la gestione dei rifiuti ma contribuisce anche alla conservazione delle risorse naturali, riducendo l’impatto ambientale complessivo.

La complessità dei processi chimici e la varietà delle condizioni operative nelle cartiere impongono una comprensione approfondita dei meccanismi di corrosione e delle interazioni tra materiali e ambiente. È cruciale che la selezione dei materiali non sia dettata unicamente da considerazioni di costo iniziale, ma da una valutazione globale che tenga conto della durabilità, della manutenzione e della sicurezza produttiva a lungo termine. La corrosione rappresenta infatti non solo un problema tecnico, ma una sfida economica e ambientale, che deve essere affrontata con strategie integrate e multidisciplinari.

Come la Corrosione Influenza la Durabilità dei Materiali Aerospaziali: Prospettive e Approfondimenti

La corrosione è una delle principali cause di fallimento dei materiali utilizzati nell'industria aerospaziale, influenzando direttamente la sicurezza, l'affidabilità e la longevità dei componenti. Le leghe di alluminio, in particolare, sono largamente impiegate nell'industria aerospaziale grazie alla loro combinazione di leggerezza e resistenza meccanica. Tuttavia, la loro vulnerabilità alla corrosione, specialmente in ambienti aggressivi come l'acqua salata e l'umidità, rappresenta una delle sfide più gravi per il settore.

Le leghe di alluminio, come la 2219 e la 2319, sono frequentemente utilizzate nelle strutture aerospaziali, ma la loro resistenza alla corrosione può variare significativamente in base alla microstruttura e al processo di fabbricazione. La ricerca ha dimostrato che l'uso della produzione additiva, ad esempio attraverso la tecnologia della fusione a letto di polvere laser, può migliorare alcune proprietà meccaniche, ma non sempre comporta un miglioramento equivalente nella resistenza alla corrosione. In effetti, l'orientamento dei grani e la presenza di porosità sono fattori cruciali che influenzano la durata e le prestazioni di queste leghe. I risultati mostrano che, pur essendo promettente dal punto di vista strutturale, la produzione additiva non sempre offre un miglioramento significativo nella protezione contro la corrosione rispetto ai metodi tradizionali di lavorazione.

Le leghe di acciaio inox, come il 304L, e le leghe di titanio come il Ti-6Al-4V, sono altre scelte comuni in applicazioni aerospaziali, specialmente quando si cerca una maggiore resistenza alla corrosione e alla fatica. Il trattamento termico, come nel caso dell’acciaio inox 304L, può alterare significativamente la resistenza alla corrosione, ma anche in questi casi la soluzione più ottimale dipende dalle condizioni specifiche dell'ambiente operativo. Le indagini sul comportamento della corrosione di questi materiali in soluzione saline (ad esempio NaCl) evidenziano che l'efficacia della passivazione e la formazione di film protettivi sulla superficie giocano un ruolo determinante nella protezione del materiale.

Un altro aspetto fondamentale nella protezione contro la corrosione è l'uso di rivestimenti superficiali. I rivestimenti sol-gel idrofobici, ad esempio, sono stati studiati per la loro capacità di migliorare la resistenza all'erosione da cavitazione e alla corrosione. Questi rivestimenti creano una barriera protettiva contro l'umidità e l’ossigeno, riducendo l'attrito e impedendo la formazione di microfessure che potrebbero compromettere l'integrità del materiale. Tuttavia, la durabilità di questi rivestimenti nel tempo è una questione che richiede ulteriori indagini.

La nanotecnologia ha aperto nuove possibilità per il miglioramento delle proprietà anticorrosive dei materiali. I trattamenti tramite ossidazione elettrolitica (PEO) e l’applicazione di rivestimenti polimerici su leghe di titanio hanno mostrato risultati promettenti, migliorando significativamente la protezione contro la corrosione in ambienti estremi. Questi approcci non solo migliorano la resistenza alla corrosione, ma offrono anche potenziali vantaggi in termini di riduzione del peso e miglioramento delle prestazioni termiche.

In un’epoca in cui la sostenibilità è diventata un obiettivo cruciale, le soluzioni più ecologiche sono sempre più richieste. I rivestimenti e trattamenti superficiali che non solo proteggono contro la corrosione ma riducono anche l'impatto ambientale sono oggetto di intensa ricerca. Per esempio, l’impiego di materiali meno tossici e il miglioramento delle tecniche di produzione per ridurre i consumi energetici stanno diventando sempre più centrali nel miglioramento delle performance dei materiali aerospaziali.

In sintesi, la comprensione delle interazioni tra il materiale e l’ambiente circostante, la gestione dei trattamenti superficiali e l'adozione di nuove tecnologie sono la chiave per affrontare le sfide della corrosione nel settore aerospaziale. Tuttavia, è importante che i ricercatori e gli ingegneri considerino non solo la resistenza alla corrosione, ma anche l’efficienza complessiva del materiale, includendo fattori come la fatica, la durata e la compatibilità con altri componenti del sistema. I progressi nelle tecniche di fabbricazione, nella progettazione dei materiali e nei trattamenti superficiali sono passi essenziali verso un futuro in cui la corrosione non rappresenti più una minaccia così gravosa per l’integrità delle strutture aerospaziali.