I MXenes sono una famiglia di materiali bidimensionali con una struttura stratificata, derivata dalla fase MAX, che è costituita da strati di carburi, nitruri o carbonitruri metallici. Questo materiale prende il nome di MXene proprio per sottolineare l’eliminazione della sostanza A dalla fase MAX e la sua struttura simile a quella del grafene. Durante la formazione dei MXenes, la superficie di questi materiali viene rivestita da gruppi funzionali idrofili, come ossigeno, idrossile e/o fluoro, il che dà luogo alla formula generale Mn+1XnTx, dove Tx rappresenta i gruppi funzionali sulla superficie del materiale. Questa caratteristica conferisce ai MXenes una versatilità unica, che consente modifiche superficiali per migliorare le proprietà del materiale e la possibilità di formare compositi con altri materiali.

Le caratteristiche dei MXenes, insieme alla loro struttura stratificata, li rendono particolarmente promettenti per applicazioni in vari settori. Tra queste proprietà si annoverano un’elevata area superficiale, siti attivi, facilità di funzionalizzazione, biocompatibilità, conducibilità elettrica e buone proprietà meccaniche a livello nanometrico. Queste caratteristiche, combinate con la loro struttura a strati, favoriscono modifiche superficiali e la formazione di compositi, ampliando notevolmente l’orizzonte di applicazioni di questi materiali.

I MXenes sono particolarmente apprezzati nelle applicazioni biomediche grazie alla loro buona conduttività elettrica e alla capacità di interagire con materiali biologici e chimici. Nonostante ciò, la stabilità chimica dei MXenes può essere influenzata dall’ambiente circostante, come la presenza di acqua e idrogeno disciolto, che può portare alla formazione di ossidi. Per questo motivo, spesso i MXenes vengono modificati o combinati con altri materiali per migliorare le loro prestazioni.

Una delle tecniche principali per confermare la formazione dei MXenes è la diffrazione a raggi X (XRD), che può rivelare la presenza di picchi caratteristici di cristalli della fase MAX. Inoltre, la spettroscopia fotoelettronica a raggi X (XPS) è utile per identificare i gruppi funzionali e confermare eventuali modifiche o la formazione di compositi. La microscopia elettronica a scansione (SEM) e la microscopia elettronica a trasmissione (TEM) sono anche tecniche utili per valutare la formazione dei MXenes, osservando le strutture esfoliate e valutando le modifiche e i compositi con MXenes.

Un settore che ha visto un rapido sviluppo nell’utilizzo dei MXenes è quello dei sensori, in particolare i sensori biochimici e i biosensori indossabili. Questi dispositivi, che integrano le proprietà dei MXenes, stanno guadagnando attenzione per il loro potenziale nel monitoraggio continuo e non invasivo della salute. Le ricerche si sono concentrate sul miglioramento della sensibilità analitica e del comfort per il paziente, sviluppando biosensori MXenes per la diagnostica e il trattamento delle malattie. In questo ambito, i sensori compositi MXenes vengono spesso valutati in base alla loro biocompatibilità, proprietà meccaniche e conducibilità elettrica, fattori essenziali per rilevare componenti chimici o aspetti fisici come i movimenti corporei. Molte applicazioni innovative utilizzano fluidi corporei come il sudore, le lacrime o la saliva per la rilevazione di sostanze, sfruttando meccanismi elettrochimici, come nel caso dei biosensori amperometrici, che si rivelano particolarmente vantaggiosi per applicazioni nel monitoraggio della salute.

Le applicazioni più avanzate dei MXenes si concentrano sui compositi che combinano questi materiali con altre sostanze. Le combinazioni più comuni includono compositi MXenes/polimeri, MXenes/MOF, MXenes/ materiali metallici, MXenes/ossidi e MXenes/sulfuri, che mostrano caratteristiche uniche rispetto ai materiali di partenza. Le proprietà dei polimeri, come la resistenza alla fatica e alla frattura, e la capacità di offrire una superficie idrofobica, li rendono ottimi candidati per la formazione di compositi con MXenes. Questi compositi possono combinare le caratteristiche di flessibilità dei polimeri con la conducibilità elettrica e le proprietà metalliche dei MXenes, creando materiali ibridi che offrono nuovi orizzonti per applicazioni in sensori, dispositivi elettronici e altro.

Tra i metodi utilizzati per formare compositi MXenes/polimeri, la miscelazione fisica diretta è la tecnica più comune. Questo approccio si basa sulla formazione di legami di idrogeno tra i gruppi funzionali polari dei MXenes, come l’idrossile, e quelli dei polimeri, come i gruppi carbossilici o amminici. Questo legame consente una distribuzione omogenea dei materiali e una maggiore stabilità del composito. Un esempio significativo è rappresentato dal composito MXene-xantano, che grazie ai forti legami di idrogeno tra i gruppi funzionali del xantano e i MXenes, offre una resistenza superiore rispetto ai film di MXene. Nonostante i vantaggi, questo metodo presenta alcune limitazioni, come la mancanza di legami chimici tra il polimero e il MXene, il che potrebbe ridurre le proprietà meccaniche e la resistenza del composito risultante.

In generale, i MXenes continuano a evolversi grazie alla loro versatilità e alle modifiche superficiali che consentono di selezionare la compatibilità idrofobica o idrofila del materiale. L’ulteriore sviluppo dei MXenes e dei loro compositi rappresenta una frontiera promettente per applicazioni biomediche avanzate, inclusi sensori, dispositivi di monitoraggio della salute e tecnologie di trattamento personalizzate.

Come funziona l’adsorbimento e la degradazione dei contaminanti organici tramite materiali a base di MXene?

L’adsorbimento dei coloranti organici sulle superfici dei materiali MXene si basa principalmente sulle interazioni chimiche e fisiche tra le molecole del colorante e i gruppi funzionali presenti sul materiale. Nei nanosheet Ti3C2Tx, ad esempio, l’adsorbimento del colorante metilene blu (MB) avviene attraverso legami dipolo-dipolo e idrogeno tra l’azoto presente nella molecola del MB e i gruppi ossidrilici (Ti–OH) sulla superficie del MXene. Questo processo può essere suddiviso in tre fasi: adsorbimento superficiale, diffusione interna e adsorbimento in equilibrio. La struttura stratificata del MXene favorisce questa interazione e aumenta la capacità di cattura del colorante.

Oltre alla semplice adsorbimento, il materiale MXene può contribuire alla degradazione foto-catalitica del contaminante. Durante l’esposizione alla luce ultravioletta, il MXene subisce un’ossidazione parziale che porta alla formazione di titania (TiO2) sulla sua superficie, facilitando la decomposizione dei coloranti organici. Questo processo, combinato con l’adsorbimento, permette una rimozione più efficace e duratura dei contaminanti.

L’efficacia del MXene si estende anche alle tecniche avanzate di ossidazione, come i processi simili al Fenton, che utilizzano perossido di idrogeno (H2O2) o persolfato (PS) come agenti ossidanti. Il ruolo del MXene, specialmente quando funzionalizzato con nanoparticelle di ferro o ossidi metallici, è duplice: da un lato aumenta l’area superficiale e la porosità, dall’altro facilita il trasporto elettronico necessario per l’attivazione di questi ossidanti. La dispersione stabile delle nanoparticelle di ferro sui nanosheet MXene evita l’aggregazione, mantenendo elevata la disponibilità di siti attivi per le reazioni.

L’attivazione del perossido di idrogeno mediante MXene funzionalizzato con ferro genera radicali liberi altamente reattivi che degradano gli inquinanti organici. Allo stesso modo, l’attivazione dei persolfati (sia PMS che PDS) è favorita dalla struttura stratificata e dall’elevata capacità elettronica del MXene, che consente un efficiente trasferimento di elettroni. L’attivazione avviene attraverso meccanismi radicalici e non radicalici, garantendo una versatilità di utilizzo in diversi contesti di trattamento delle acque.

Le proprietà chimiche superficiali del MXene, inclusi gruppi funzionali come -OH, -O e -F, interagiscono con gli ioni metallici creando complessi stabili che migliorano i processi di ossido-riduzione. Questo rende i compositi MXene/ossidi metallici particolarmente efficaci nel catalizzare la decomposizione di contaminanti, grazie all’amplificazione della mobilità elettronica e al potenziamento dei cicli redox metallici.

Un aspetto fondamentale è la dimensione e la stratificazione del MXene: le strutture monostrato mostrano una capacità di attivazione dei persolfati significativamente superiore rispetto a quelle a più strati, grazie alla maggiore esposizione di siti attivi e a un più efficace trasporto elettronico facilitato da un piccolo gap HOMO-LUMO. L’ottimizzazione e la sintesi di MXene monostrato rappresentano quindi una via promettente per aumentare l’efficienza dei processi di depurazione.

In conclusione, la combinazione tra adsorbimento chimico-fisico e processi catalitici avanzati rende i materiali MXene altamente efficaci per la rimozione e la degradazione di contaminanti organici dalle acque. La versatilità di questi materiali è rafforzata dalla loro conducibilità elettrica, dalla possibilità di funzionalizzazione con metalli e dalla struttura stratificata che ne amplifica la reattività.

È importante considerare che l’applicazione pratica di questi materiali richiede un attento bilanciamento tra efficienza di rimozione e stabilità nel tempo, per evitare fenomeni di inquinamento secondario come il rilascio di ioni metallici. Inoltre, lo sviluppo di metodi di sintesi ecocompatibili e sostenibili è fondamentale per favorire un utilizzo diffuso e responsabile di MXene nella depurazione ambientale. La comprensione dettagliata delle interazioni molecolari e delle dinamiche di trasporto all’interno del materiale permette di progettare sistemi di purificazione sempre più performanti e adattabili a differenti tipologie di inquinanti.

Quali sono le prospettive future e le tecniche di sintesi dei MXene?

Nel campo dei materiali bidimensionali, i MXene hanno suscitato un interesse crescente grazie alle loro straordinarie proprietà fisiche e chimiche, che li rendono adatti a una vasta gamma di applicazioni, dalla sensoristica biomedica alla fotonica avanzata. I MXene sono composti che appartengono alla famiglia dei Dichalcogenuri dei Metalli di Transizione (TMD), e sono ottenuti mediante l’esfoliazione di precursori MAX, materiali che combinano metalli di transizione e atomi di carbonio o azoto. A partire dal 2011, anno in cui sono stati sintetizzati per la prima volta, i MXene sono evoluti in diverse forme monostrato e pluristrato, con una crescente attenzione alla loro applicazione in ambito industriale.

Una delle caratteristiche principali che distingue i MXene da altri materiali bidimensionali, come i dichalcogenuri dei metalli di transizione (TMD), è la loro conducibilità metallica. Questo li rende particolarmente adatti per applicazioni in ambienti biologici, dove la loro affinità per l’acqua (idrofobicità) e la somiglianza dell’indice di rifrazione con quello dell’acqua li rendono ideali per la realizzazione di sensori e dispositivi di rilevamento. Rispetto ad altri materiali, i MXene possiedono una resistenza meccanica superiore e un’ottima capacità di assorbimento ottico su un ampio intervallo di lunghezze d’onda.

Un altro aspetto distintivo dei MXene è la possibilità di modificarne le proprietà intrinseche variando i gruppi funzionali superficiali. Questa caratteristica consente di ottimizzare le proprietà meccaniche, ottiche, elettriche ed elettroniche, aprendo la strada a numerose applicazioni tecnologiche. La funzionalizzazione superficiale è diventata una delle aree di ricerca più promettenti, poiché può influire significativamente sulle reazioni elettriche e chimiche dei MXene, migliorandone ulteriormente le prestazioni nei sensori e nelle altre applicazioni avanzate.

Un’importante limitazione dei materiali Metal-Organic Frameworks (MOF), ampiamente studiati per applicazioni simili, è la bassa conducibilità e la scarsa stabilità. Al contrario, l’utilizzo dei MXene in compositi ha portato a notevoli miglioramenti in termini di stabilità strutturale e conducibilità metallica, facilitando così la realizzazione di dispositivi più robusti e performanti. La versatilità dei MXene non si limita alla loro sintesi e alla modifica delle loro superfici: il loro potenziale si estende anche alla fabbricazione di strutture complesse come film, nanostrutture e strutture tridimensionali a rete, che offrono nuove possibilità applicative.

Le tecniche di sintesi dei MXene possono essere suddivise in due approcci principali: il metodo "top-down" e quello "bottom-up". Nel primo caso, i materiali vengono esfoliati da masse cristalline di grandi dimensioni, mentre nel secondo caso, si parte dalla sintesi di atomi e molecole per costruire i MXene. Tra le due metodologie, il metodo bottom-up ha il vantaggio di consentire la produzione su larga scala di MXene con caratteristiche fisiche costanti, anche quando la sintesi avviene a livello di grandi lotti, come nel caso della produzione di Ti3C2Tx.

La sintesi di MXene prevede principalmente tre fasi: la preparazione del precursore MAX, l’esfoliazione mediante trattamento chimico con acido fluoridrico per rimuovere gli atomi "A" (come l’alluminio), e infine la delaminazione che consente di ottenere fogli monostrato o pluristrato. Questo processo è cruciale, poiché la qualità del materiale finale dipende in gran parte dalle condizioni di etching e dalla scelta dei gruppi terminali sulla superficie del MXene.

Nonostante i progressi straordinari ottenuti nella sintesi e caratterizzazione dei MXene, permangono delle sfide da affrontare, soprattutto per quanto riguarda la stabilità a lungo termine e la possibilità di una produzione su larga scala che rispetti gli standard industriali. La ricerca continua a concentrarsi sulla comprensione delle proprietà fondamentali di questi materiali e sulla realizzazione di nuovi compositi che possano essere impiegati in una varietà di applicazioni, dai sensori avanzati alla schermatura elettromagnetica, dalle memorie quantistiche ai materiali intelligenti.

Al di là delle tecniche di sintesi e delle proprietà fisiche, è fondamentale considerare l'impatto che la continua evoluzione dei MXene avrà nel panorama tecnologico futuro. Con oltre 30 varietà di MXene stoechiometrici finora documentati, il potenziale di questi materiali è enorme, ma la sfida principale rimane la realizzazione pratica delle loro applicazioni a livello industriale. I progressi nella loro funzionalizzazione superficiale e nella sintesi su larga scala potrebbero aprire la strada a un futuro in cui i MXene trovano impiego in settori così diversi come l'elettronica, la biomedicina e le energie rinnovabili.

Quali sono le proprietà antibatteriche e le applicazioni biomediche dei MXene?

I MXene rappresentano una classe innovativa di materiali bidimensionali con una vasta gamma di applicazioni, particolarmente promettenti in campo biomedico grazie alla loro versatilità chimica, fisica e funzionale. La possibilità di modificare la superficie dei MXene e di combinarli con nanoparticelle come Fe3O4, Au(0), Ag(0), TiO2, Cu2O e altri, consente di creare compositi con proprietà ottimizzate per specifiche applicazioni. Ad esempio, l’ancoraggio di nanoparticelle magnetiche Fe3O4 su MXene stratificati tramite metodi chimici in ambiente alcalino mostra come la quantità di Fe3O4 influisca sulla morfologia e sull’efficienza della conversione fototermica: un eccesso di nanoparticelle porta ad aggregazioni che riducono l’assorbimento della luce e l’efficacia fototermica. La combinazione di MXene con materiali 1D e 2D, così come con polimeri conduttivi come la polianilina, permette di realizzare compositi tridimensionali, ad esempio il sistema grafene–MXene–polianilina, che trova impiego come elettrodo nei supercondensatori, mantenendo la caratteristica struttura a fogli sovrapposti tipica dei MXene.

Nel campo biomedico, i MXene si distinguono per la capacità di integrare diverse proprietà fisico-chimiche e biologiche, risultando particolarmente adatti a applicazioni in imaging, ingegneria tissutale, sensori biochimici e sistemi di rilascio controllato di farmaci. La combinazione di elevata conduttività elettrica, biocompatibilità e funzionalità superficiali specifiche consente di modulare la risposta dei materiali alle stimolazioni esterne, come variazioni di pH o segnali elettrici, facilitando il rilascio mirato e controllato dei principi attivi.

Un aspetto cruciale riguarda le proprietà antibatteriche dei MXene, che emergono come risposta urgente alle limitazioni delle terapie tradizionali dovute alla tossicità, alla formazione di biofilm e alla resistenza microbica. I MXene dimostrano infatti un’efficace attività antimicrobica, spesso mediata dalla capacità di danneggiare le membrane cellulari batteriche, provocando la fuoriuscita di componenti citoplasmatici e l’inibizione della crescita. Ad esempio, film di Ti3C2 trattati con γ-glicidossipropiltrimetossisilano (GPS) hanno mostrato una riduzione del 90% della crescita di Escherichia coli dopo 24 ore a 37 °C. L’incorporazione di rame in nanocompositi Cu–MXene migliora ulteriormente l’azione antibatterica sia contro batteri Gram-negativi come E. coli sia contro Gram-positivi come Staphylococcus aureus, ottenendo una soppressione della crescita batterica quasi totale (circa 99,99%), probabilmente grazie all’aumento dello spazio interstrato che facilita l’interazione con i batteri.

La sinergia tra MXene e altri materiali, come la chitosano (CS), amplifica questa attività. Nei compositi Ti3C2Tz/CS ottenuti tramite elettrofilatura, la distruzione meccanica diretta delle membrane batteriche ha portato a una riduzione del 95% di E. coli e del 62% di S. aureus, evidenziando la differenza di efficacia dovuta alla diversa struttura delle pareti cellulari dei batteri Gram-positivi, più resistenti. Analogamente, rivestimenti a base di MXene combinati con Ag o Cu applicati su schiume di poliuretano mostrano un’attività antimicrobica significativa, con una superiore stabilità termica e quindi efficacia dei composti contenenti argento.

Queste scoperte confermano come la manipolazione precisa della composizione, della struttura e della funzionalità superficiale dei MXene consenta di sviluppare materiali avanzati capaci di superare le limitazioni dei trattamenti antimicrobici tradizionali. Inoltre, le loro applicazioni biomediche si estendono a campi quali la terapia fototermica, la rigenerazione tissutale e la sensoristica avanzata, dove la conducibilità elettrica e la capacità di risposta a stimoli ambientali giocano un ruolo fondamentale.

È importante considerare che l’efficacia dei MXene e dei loro compositi dipende fortemente da parametri quali la dimensione delle nanoparticelle, la loro distribuzione sulla superficie, la natura chimica dei leganti utilizzati e il grado di interazione con le cellule o i tessuti biologici. La stabilità chimica e la biocompatibilità rappresentano sfide cruciali da affrontare per garantire l’uso sicuro e duraturo di questi materiali in ambito clinico. Inoltre, l’eventuale impatto ambientale e la degradabilità dei MXene devono essere studiati approfonditamente per evitare conseguenze indesiderate. La continua ricerca su metodi di sintesi più controllati e su combinazioni innovative di materiali apre la strada a un futuro in cui i MXene potranno diventare protagonisti nelle strategie terapeutiche integrate, offrendo soluzioni efficaci alla crescente minaccia della resistenza antibiotica e migliorando significativamente la qualità delle tecnologie biomediche disponibili.

Come la Tecnica di Sincrontrone Sta Rivoluzionando lo Studio dei MXene

Le ricerche sui MXene hanno fatto notevoli progressi grazie all'utilizzo di tecniche di caratterizzazione avanzate, come quelle basate sulla radiazione di sincrotrone. Queste tecniche si sono rivelate particolarmente efficaci per l'analisi strutturale e meccanistica dei MXene, portando a un approfondimento significativo nella comprensione delle loro proprietà. Sebbene alcuni fenomeni, come il comportamento delle terminazioni superficiali degli atomi di M (metallo), non siano ancora completamente chiari, è stato ipotizzato che queste terminazioni non vengano assorbite nel vuoto dell'XPS (spettroscopia fotoelettronica a raggi X). Nonostante questo, dal punto di vista termodinamico, è poco probabile che le terminazioni scompaiano quando i film di MXene vengono esposti all'aria. Pertanto, durante le analisi in ambiente atmosferico, si prevede che tutti gli atomi di M siano terminati.

Le caratterizzazioni basate su sincrotrone hanno dimostrato la loro utilità e precisione nel fornire dettagli sull'architettura elettronica e sui meccanismi reattivi associati ai MXene. Tecniche come la diffrazione a raggi X da sincrotrone (SXRD) e la spettroscopia fotoelettronica a raggi X da sincrotrone (SXPS) permettono di analizzare con risoluzione eccezionale le strutture dei MXene, inclusi gli spazi tra gli strati, i piani cristallini e i cambiamenti di fase. La SXPS, in particolare, grazie alla sua sensibilità alla superficie, è particolarmente adatta per identificare gli stati chimici degli elementi in condizioni di vuoto estremo, con la possibilità di regolare l'energia dei fotoni per esplorare diverse profondità del campione, da 2 a 50 nm. Questo consente di eseguire analisi non distruttive della profondità dei MXene, facilitando la comprensione delle loro proprietà elettroniche e chimiche.

Inoltre, altre tecniche come la spettroscopia di assorbimento fine a raggi X (XAFS), che rileva le interazioni atomiche a breve distanza, offrono vantaggi significativi nella comprensione delle strutture locali ed elettroniche dei materiali. La XAFS è in grado di affrontare sfide che le tecniche tradizionali, come la microscopia elettronica a trasmissione (TEM), la diffrazione a raggi X (XRD) e la SXPS, non riescono a risolvere completamente. Queste caratteristiche rendono le tecniche basate sulla radiazione di sincrotrone indispensabili per i futuri sviluppi nella ricerca sui MXene, in particolare per quanto riguarda la comprensione e l'uso di questi materiali in una vasta gamma di applicazioni.

Nonostante i progressi compiuti, la quantificazione accurata dei MXene rimane una sfida significativa. La funzionalizzazione superficiale, che ha il potenziale di alterare le proprietà chimiche ed elettroniche dei MXene, introduce complessità aggiuntive. La ricerca futura dovrà sviluppare approcci innovativi per affrontare questi ostacoli e migliorare le tecniche di caratterizzazione dei MXene, in particolare per quanto riguarda le terminazioni superficiali degli atomi di M.

Passando alle proprietà fisiche dei MXene, queste sono fortemente influenzate dalla tecnica di fabbricazione e dalle caratteristiche intrinseche dei materiali. I MXene e i loro compositi devono possedere una notevole resistenza meccanica per essere utilizzati in applicazioni come i tessuti funzionali indossabili. È stato osservato che la resistenza meccanica di MXene diminuisce all’aumentare del numero di strati, e che i MXene basati su nitride presentano valori di modulo di Young superiori rispetto ai MXene basati su carburo. Nonostante le loro proprietà elastiche inferiori rispetto al grafene, i MXene presentano una straordinaria capacità di piegamento, che li rende ideali come materiali di rinforzo nei compositi. Inoltre, le componenti M (metalli) influenzano significativamente le proprietà meccaniche dei MXene, come nel caso del Ti3C2OHx, che ha un modulo di elasticità maggiore grazie alla formazione di legami ad idrogeno tra i gruppi idrossido.

L’integrazione di polimeri, come il polivinil alcol (PVA) e la chitina, può migliorare ulteriormente le proprietà meccaniche dei MXene, permettendo, ad esempio, ai fogli di Ti3C2 di sostenere un carico 15.000 volte maggiore del proprio peso. L’uso di questi polimeri non solo migliora la resistenza alla trazione, ma favorisce anche una maggiore stabilità meccanica, essenziale per applicazioni pratiche dei MXene in dispositivi e strutture funzionali.

In termini di proprietà elettriche, i MXene presentano una conduttività elettrica impressionante, che supera i 11.000 S cm−1 per il monostrato. Tuttavia, la conduttività elettrica può essere fortemente influenzata dal processo di incisione e dalle caratteristiche superficiali dei MXene, come la funzionalizzazione superficiale e la concentrazione di difetti. L’umidità ambientale ha anche un impatto significativo sulla conduttività elettrica, rendendo i MXene adatti per applicazioni basate su sensori. Inoltre, trattamenti termici e alcalini possono migliorare ulteriormente le proprietà elettriche, portando a un incremento di due ordini di grandezza nella conduttività.

La variazione delle proprietà elettriche dei MXene in funzione della composizione e delle terminazioni superficiali è un aspetto fondamentale per la loro applicazione in dispositivi elettronici. Ad esempio, i MXene basati su nitride e carbonitride mostrano caratteristiche metalliche superiori rispetto ai MXene basati su carburo, a causa della maggiore densità di elettroni nel legame con l'azoto. In generale, i MXene puri tendono a comportarsi come metalli, con una densità di elettroni molto alta vicino al livello di Fermi, mentre alcune modifiche superficiali possono trasformarli in semiconduttori.

L’orientamento dei gruppi terminali nei MXene ha una notevole influenza sulle loro proprietà elettriche. L'orientamento cristallino e la disposizione dei fogli di MXene influiscono direttamente sulla conduzione elettrica, con fogli di grandi dimensioni che generalmente presentano migliori proprietà elettriche rispetto a quelli più piccoli, grazie a una minore porosità.