Il trattamento dei craniofaringiomi (CFG) è uno dei temi più complessi e controversi in neurochirurgia, data la natura peculiare di questi tumori che, sebbene ben definiti, si trovano in una posizione critica del cervello, spesso vicino a strutture neurovascolari vitali come l'ipotalamo e il chiasma ottico. La gestione di tali lesioni richiede un approccio multidisciplinare che coinvolga neurochirurghi, neuroendocrinologi e radioterapisti, per garantire non solo la resezione del tumore ma anche la conservazione delle funzioni neurologiche e ormonali fondamentali.

L'intervento chirurgico rappresenta il trattamento di prima scelta per la maggior parte dei craniofaringiomi, con l'obiettivo primario di rimuovere completamente la lesione o, almeno, di ridurre al minimo la massa tumorale per alleviare la pressione intracranica. Tuttavia, l'operazione può comportare rischi significativi, soprattutto quando il tumore è localizzato in aree che coinvolgono strutture delicate. Per esempio, le lesioni che coinvolgono il pavimento del terzo ventricolo o il chiasma ottico richiedono un'attenta pianificazione dell'approccio chirurgico per evitare danni permanenti alla vista o a funzioni neuroendocrine cruciali.

Quando il tumore non può essere rimosso completamente a causa della sua vicinanza a strutture vitali, il trattamento adjuvante con radioterapia o radiosurgery stereotassica diventa fondamentale per ridurre il rischio di recidive. Tecniche innovative come la protonterapia (PBT) e le terapie mirate geneticamente sono in fase di sviluppo, ma la loro efficacia in relazione ai craniofaringiomi richiede ulteriori studi clinici.

Una delle principali difficoltà in chirurgia è determinare il miglior approccio per ogni singolo caso. Le tecniche tradizionali, come l'approccio transcranico o trans-sfenoidale, sono ancora largamente utilizzate per resecare i craniofaringiomi. L'approccio pterionale, per esempio, consente di trattare tumori di grandi dimensioni che coinvolgono le strutture superiori e laterali, come il chiasma ottico. Tuttavia, in caso di lesioni retrochiasmatiche, gli approcci come quello interemisferico translamina terminalis risultano più efficaci nel raggiungere il terzo ventricolo senza danneggiare l'arteria comunicante anteriore e altre strutture neurovascolari. Sebbene l'approccio endoscopico nasale endonasale stia guadagnando popolarità, la sua applicazione nei craniofaringiomi è limitata, specialmente nei casi in cui le lesioni sono localizzate nel fondo del terzo ventricolo, dove la resezione sicura senza compromettere l'ipotalamo è particolarmente complessa.

Le innovazioni in neuroimaging, come la Diffusion Tensor Imaging (DTI) e la tractografia MRI, sono strumenti fondamentali nella pianificazione pre-operatoria. Essi permettono una visualizzazione dettagliata delle vie nervose e delle strutture vascolari, migliorando la precisione chirurgica e riducendo il rischio di danni alle fibre nervose vitali. Inoltre, l'angiografia cerebrale è utilizzata per definire con precisione il percorso delle arterie principali nel circolo di Willis, soprattutto quando sono coinvolte dal tumore.

La resezione completa del tumore è sempre l'obiettivo principale, ma deve essere bilanciata con la necessità di preservare le funzioni neurologiche e ormonali. In alcuni casi, la resezione parziale può essere una scelta saggia, seguita da trattamenti adiuvanti come la radioterapia, per minimizzare i rischi di recidiva e migliorare la qualità della vita del paziente. È importante notare che, sebbene la resezione totale possa sembrare la strategia migliore, i rischi legati alla distruzione di strutture vitali possono in alcuni casi superare i benefici.

Infine, è fondamentale comprendere che il trattamento dei craniofaringiomi non si limita alla chirurgia. La riabilitazione neuropsicologica svolge un ruolo cruciale nel recupero post-operatorio, aiutando i pazienti a gestire le problematiche cognitive e psicologiche che possono sorgere dopo l'intervento. Tecniche moderne come l'applicazione nasale di ossitocina hanno mostrato effetti positivi nel miglioramento del comportamento e nella soppressione dell'appetito, evidenziando come l'approccio terapeutico debba essere olistico, includendo non solo la chirurgia ma anche trattamenti che favoriscono il benessere psico-fisico complessivo del paziente.

Il trattamento dei craniofaringiomi, quindi, deve essere personalizzato, considerando la posizione, la dimensione e l'estensione del tumore, così come le condizioni cliniche specifiche di ogni paziente. L'evoluzione delle tecniche chirurgiche e delle terapie adjuvanti sta migliorando le prospettive a lungo termine, ma resta essenziale un monitoraggio continuo e un approccio integrato per garantire i migliori risultati possibili.

Approccio Chirurgico e Ricostruzione nell'Intervento per Meningioma della Ala Sfenodale

L'iperostosi e l'estensione intracranica dei meningiomi della ala sfenodale (SOM) richiedono approcci chirurgici precisi e ben pianificati. Tra questi, l'approccio temporo-orbito-zigomatico rappresenta una scelta consolidata per la resezione tumorale. In alcuni casi, quando l'invasione riguarda prevalentemente l'orbita, può essere presa in considerazione anche un'orbito-tomia laterale. Il meningioma sfenodale-orbitale, tipicamente, si estende alla ala sfenoidea, alla dura madre, all'orbita e intracranicamente, pertanto un'accurata valutazione delle strutture anatomiche coinvolte è fondamentale.

Le indagini tomografiche (CT) svolgono un ruolo cruciale nella valutazione delle strutture delicate come la fessura orbitaria superiore, il canale ottico, la fessura infraorbitale e l'invasione della clinoide anteriore. In base alla nostra esperienza, l'approccio fronto-temporale offre una visione ottimale delle pareti laterale e superiore dell'orbita, nonché del pavimento della fossa media. Questo approccio consente di rimuovere in sicurezza l'osso iperostotico fino a raggiungere il forame ovale e rotondo, garantendo un accesso eccellente per la decompressione orbitale e la successiva ricostruzione.

L'estensione della craniotomia alla zona frontale, quando necessaria, permette inoltre una decompressione extradurale sicura del nervo ottico, una volta rimosso il tetto dell'orbita. Le pareti orbitali coinvolte dal tumore devono essere asportate il più possibile, preservando tuttavia l'arco zigomatico per facilitare una ricostruzione precisa. Secondo la tecnica chirurgica adottata nella nostra istituzione, il paziente viene posizionato supino sul tavolo operatorio, con la testa fissata in un'apposita trazione a tre pinze e ruotata di 30° dal lato dell'approccio. Si esegue una incisione cutanea coronale, seguita da una dissezione interfasciale del muscolo temporale per preservare i rami frontotemporali del nervo facciale.

L'asportazione dell'osso iperostotico dalla ala sfenoidea e dall'orbita avviene progressivamente tramite perforazioni sotto abbondante irrigazione. La resezione extradurale del tetto dell'orbita, che prosegue verso il processo clinoide anteriore, consente di aprire il canale ottico e la fessura orbitaria superiore. La clinoide anteriore viene asportata solo quando è invasa dal tumore. Dopo la rimozione dell'osso iperostotico, la periorbita è esposta. In alcuni casi, la parte morbida del meningioma intraorbitario può essere separata senza danneggiare la periorbita, che viene lasciata intatta. Se la periorbita è stata compromessa, è necessario ripararla per evitare l'erniazione del grasso intraorbitario. Per piccole aperture, una semplice sutura è sufficiente; per difetti più ampi, è indicato l'uso di un patch pericranico.

La rimozione della dura madre invasa dal tumore deve essere eseguita con la massima attenzione per la successiva ricostruzione, che può essere ottenuta con un flap pericranico e sutura a tenuta stagna. Se non sono disponibili tessuti autologhi, la ricostruzione può essere realizzata con una patch durale liofilizzata. In caso di interruzione del seno frontale, è necessaria una cranializzazione con un flap pericranico peduncolato. La ricostruzione delle pareti orbitali viene effettuata utilizzando una rete di titanio modellata sulle necessità individuali del paziente, ancorata all'arco zigomatico.

Durante la chirurgia, è fondamentale prevenire la contaminazione del campo operatorio, soprattutto quando viene aperto il seno frontale. Se necessario, si prepara un flap pericranico peduncolato per sigillare eventuali aperture nel seno. In alternativa, il seno può essere ampiamente aperto e il dotto naso-frontale chiuso dopo l'asportazione della mucosa.

I materiali utilizzati per la ricostruzione includono tessuti autologhi come il lembo del muscolo grande dorsale, innesti di osso calvariale o iliaco, nonché materiali eterologhi come le reti di titanio, polietilene personalizzato o impianti in polietilene poroso incorporati in mesh di titanio. L'esperienza clinica presso la nostra istituzione con l'uso di rete malleabile in titanio ha mostrato ottimi risultati senza complicanze significative, in particolare senza infezioni.

La gestione dei tumori residui è una parte critica della chirurgia dei meningiomi della base cranica. L'approccio moderno prevede la resezione massima sicura del tumore, preservando la funzionalità e minimizzando le complicanze. Dopo la resezione, si ricorre spesso alla radioterapia, come la radiosurgery, per trattare eventuali lesioni residue, riducendo il rischio di recidiva. L'uso di tecniche di radioterapia post-operatoria viene generalmente effettuato quando il tumore non è stato completamente rimosso o se mostra segni di progressione.

Alcuni studi suggeriscono che la radioterapia post-operatoria può essere utile entro sei mesi dall'intervento, specialmente per i tumori residui che non mostrano segni di recidiva immediata. Altri autori, tuttavia, indicano la radioterapia solo nel caso di progressione tumorale dopo resezione incompleta.

Infine, è fondamentale comprendere che, sebbene l'approccio chirurgico offra buoni risultati funzionali e cosmetici nella maggior parte dei casi, la recidiva non è rara. Le stime di recidiva variano dal 5,9% al 58,9%, con fattori di rischio legati all'invasione dell'orbita, dell'apice orbitaria, della fessura orbitaria superiore e dell'area infratemporale.