L’estrazione di sabbia e ghiaia, in particolare, presenta un conflitto di interessi con la protezione delle risorse idriche sotterranee, poiché i giacimenti sono allo stesso tempo fonti di materia prima e serbatoi di acqua potabile. Questo problema è particolarmente evidente nelle aree urbane, dove la priorità per la disponibilità di acqua potabile può prevalere sulla richiesta di materiali per la costruzione. Tuttavia, il riciclo dei materiali edilizi sta diventando sempre più un’alternativa vantaggiosa per ridurre il consumo di risorse naturali, abbattere i costi e ridurre l’impatto ambientale.

Nel contesto del riciclo, uno degli aspetti determinanti per l’efficienza economica è rappresentato dai costi di smaltimento e trasporto. Se un progetto di demolizione prevede la possibilità di processare e riciclare tutti i materiali in loco, vengono eliminati sia i costi di discarica che quelli di trasporto. A condizione che il costo di produzione dei materiali riciclati non superi significativamente quello dei materiali nuovi e che il materiale riciclato soddisfi i requisiti di qualità per l’applicazione prevista, l’uso di materiali edilizi riciclati comporta vantaggi economici evidenti.

Nel modello descritto, il processo di costruzione tradizionale prevede l’uso esclusivo di materiali primari. Allo stesso tempo, si esegue una demolizione tradizionale, e i materiali di demolizione vengono successivamente smaltiti. Se, invece, una parte di questi materiali di demolizione viene riutilizzata nel nuovo edificio, si ottengono risparmi significativi. Questo risparmio economico risulta particolarmente evidente quando i costi per la discarica sono elevati. Inoltre, l’uso di materiali riciclati riduce anche i costi di trasporto, poiché la fonte del materiale si sposta vicino al cantiere.

Un esempio emblematico di questi vantaggi è rappresentato dal progetto di rinnovamento dell’autostrada Edens a Chicago nel 1978. Senza il riciclo in loco dei detriti di calcestruzzo, sarebbero stati necessari 350.000 tonnellate di aggregati naturali, da trasportare per 29 km. Invece, il calcestruzzo demolito è stato riutilizzato per l’85%, riducendo drasticamente le quantità da trasportare e facendo risparmiare 200.000 galloni (circa 750.000 litri) di carburante diesel. L’impatto energetico di questo approccio è stato notevole, dimostrando come il riciclo possa ridurre significativamente non solo i costi economici, ma anche i consumi energetici legati al trasporto e alla lavorazione dei materiali.

Lo stesso approccio è stato adottato anche per la preparazione delle strutture per le Olimpiadi di Londra nel 2012, dove 434.000 tonnellate di rifiuti di costruzione e demolizione sono state in gran parte riciclate in loco. L’uso dei materiali riciclati ha permesso di risparmiare 20.000 tonnellate di aggregati naturali e di ridurre il numero di trasporti necessari per smaltire i materiali. L’efficienza del riciclo ha contribuito a risparmiare risorse naturali e a ridurre le emissioni legate ai trasporti, con un impatto positivo sull’intero ciclo di vita del progetto edilizio.

Esistono tre principali cicli di materiali nell’edilizia: i cicli interni, il riciclo intermedio (l’utilizzo di sottoprodotti provenienti da altri settori) e i cicli per i prodotti usati. Nei cicli interni, i rifiuti generati vengono reintrodotti nel processo produttivo, mentre nel riciclo intermedio i materiali di scarto di altre industrie vengono riutilizzati nel settore edile. L’adozione di questi cicli sta diventando sempre più comune e rappresenta una risposta concreta alla necessità di ridurre il consumo di risorse naturali e limitare l’impatto ambientale delle costruzioni.

In sintesi, l’adozione di pratiche di riciclo nel settore edilizio non solo riduce i costi e i consumi energetici, ma contribuisce anche alla sostenibilità ambientale. La chiave per un futuro più verde ed economico nell’edilizia risiede nell'ottimizzazione dei cicli di materiale, nella riduzione dei trasporti e nel riutilizzo dei materiali di demolizione. Il riciclo non è solo una scelta ecologica, ma una vera e propria necessità economica in un mondo in cui le risorse naturali sono limitate e la domanda di materiali da costruzione è in continua crescita.

Qual è il processo di trattamento dei rifiuti di costruzione e demolizione e come viene gestito l'energia nelle piante di riciclaggio?

Il trattamento dei rifiuti di costruzione e demolizione (C&D) comporta una serie complessa di operazioni, tutte finalizzate a separare e recuperare i materiali utili per nuovi cicli produttivi. La gestione di una pianta di riciclaggio inizia con il ricevimento e la classificazione del materiale in base alla sua dimensione. Le frazioni più piccole, come quelle sotto i 45 mm, vengono separate tramite schermi vibranti e l'aria viene utilizzata per ottimizzare il flusso del materiale. Ogni frazione di materiale, sia essa di dimensione inferiore a 45 mm o superiore, è soggetta a un trattamento specifico, che può includere frantumazione, separazione magnetica e successiva classificazione tramite vibrazioni o separatori ad aria.

Per esempio, nel caso di una frazione di materiale compresa tra 0 e 5 mm, il materiale viene accumulato in cumuli, mentre frazioni come 16/45 mm vengono trattate separatamente. Le frazioni superiori a 32 mm vengono inviate a separatori magnetici per il recupero di metalli, e le frazioni più grandi di 32 mm vengono ulteriormente frantumate.

Nel trattamento di rifiuti di costruzione, la frantumazione è un passaggio cruciale. Viene eseguita utilizzando frantoi a impatto, che riducono il materiale in dimensioni più piccole e omogenee, e può includere un'ulteriore separazione, come il lavaggio o l'utilizzo di impianti idraulici. Le frazioni più fini, come quelle inferiori a 8 mm, vengono infine accumulate per essere vendute o riutilizzate in nuove costruzioni.

Un aspetto fondamentale del processo di trattamento è l'energia. L'energia richiesta per il trattamento dei rifiuti da costruzione dipende fortemente dalle attrezzature utilizzate, dalla loro potenza nominale e dal throughput del sistema. Gli impianti di riciclaggio che operano a throughput maggiori richiedono in genere meno energia per tonnellata di materiale trattato. Tuttavia, l'utilizzo di attrezzature mobili per la pre-frantumazione e il trasporto, nonché l'uso di nastri trasportatori, può comportare un consumo energetico significativo, che talvolta supera il 50% del totale. In generale, la richiesta di energia per il trattamento dei rifiuti di costruzione varia tra i 18 e gli 84 MJ per tonnellata, a seconda della configurazione dell'impianto e dei materiali trattati.

Un'altra considerazione importante riguarda la gestione delle polveri generate durante il trattamento. Specialmente in ambienti secchi, la polverizzazione è inevitabile. Per questo motivo, è essenziale adottare tecniche di umidificazione o sistemi di estrazione dell'aria polverosa. In presenza di macchine frantumatrici e vagli, è necessario un sistema di separazione della polvere per garantire che l'ambiente di lavoro rimanga sicuro e che il materiale riciclato non venga contaminato.

Oltre ai macchinari necessari per la lavorazione, l'infrastruttura di un impianto di riciclaggio comprende anche una serie di impianti ausiliari, come una bilancia per i camion, il trattamento delle acque e un'adeguata pavimentazione dell'area di lavoro, inclusa la gestione delle acque reflue. All'interno di un impianto di riciclaggio, è indispensabile la presenza di un laboratorio per il monitoraggio della qualità dei materiali riciclati e un'officina per la manutenzione delle attrezzature.

Un altro aspetto critico da considerare è l'eventuale necessità di sistemi di lavaggio delle ruote per evitare la contaminazione delle strade di accesso. La logistica e la gestione efficiente del flusso di materiali, unita alla manutenzione e al monitoraggio continuo dell'impianto, sono essenziali per mantenere i costi operativi sotto controllo e garantire che i materiali riciclati soddisfino gli standard di qualità richiesti.

Infine, l'energia è un aspetto fondamentale, ma non l'unico. La pianificazione di un impianto di trattamento dei rifiuti di costruzione deve considerare anche i costi di gestione operativa, che includono la manutenzione delle macchine, il monitoraggio ambientale, e la gestione della qualità del materiale. Un impianto ben progettato non solo rispetta gli standard ecologici e normativi, ma contribuisce anche al recupero e riutilizzo di materiali, riducendo il bisogno di nuove risorse naturali e limitando l'impatto ambientale complessivo del settore delle costruzioni.

Come Funzionano le Nuove Tecnologie nel Riciclo del Calcestruzzo e Quali sono le Loro Implicazioni?

Nel campo del riciclo del calcestruzzo, l'innovazione tecnologica sta cambiando radicalmente il modo in cui vengono trattati i materiali derivanti da demolizioni e ricostruzioni. Tra le tecnologie emergenti, una delle più promettenti è quella dei "frantoi intelligenti" (smart crusher), che offrono soluzioni avanzate per separare il cemento indurito dalle particelle di aggregato senza danneggiare la struttura complessiva del materiale. Il frantoio intelligente opera modificando la cinematica delle mascelle, integrando componenti orizzontali e verticali, il che genera una combinazione di forze di taglio e compressione. Questo approccio consente di rimuovere il cemento indurito dalle superfici degli aggregati senza distruggerli.

Un altro sviluppo significativo è il metodo del "rotore a albero eccentrico", in cui il calcestruzzo frantumato viene trattato come un aggregato in un frantoio a cono. Il movimento eccentrico del rotore e la vibrazione a cui sono sottoposti i materiali generano stress di taglio, permettendo così la separazione della pasta di cemento senza danneggiare le particelle di aggregato. Il prodotto finale ottenuto da questi frantoi intelligenti ha una distribuzione granulometrica che va da 0 a 45 mm, con una percentuale significativa di sabbia fine (42,4%), un risultato particolarmente importante per l'industria del riciclo del calcestruzzo.

Le analisi dei materiali prodotti dal frantoio intelligente mostrano che la pasta di cemento indurito si concentra principalmente nelle frazioni fini, inferiori a 2 mm, ma è meno presente nelle frazioni medie e maggiori. Questo fenomeno si può spiegare considerando che nelle frazioni centrali si trovano aggregati di calcestruzzo i cui superfici sono state trattate abrasivamente. Al contrario, nelle frazioni più grosse (> 8 mm), il materiale tende a essere ancora composto da agglomerati che non possono essere facilmente separati.

I risultati ottenuti nell'uso di frazioni di calcestruzzo riciclato sono promettenti. Per esempio, l'utilizzo della sabbia fine (< 2 mm) per la produzione di malta ha mostrato buoni risultati, soprattutto per quanto riguarda la resistenza a flessione e compressione, soprattutto nelle fasi iniziali di indurimento. Questo è possibile grazie all'uso di additivi come plastificanti, che migliorano la lavorabilità della malta. Inoltre, l'utilizzo della frazione fine (< 150 µm), ricca di pasta di cemento indurito, come sostituto del cemento Portland, comporta una diminuzione della resistenza meccanica, ma in un contesto controllato può comunque portare a un prodotto valido per diverse applicazioni.

Un'altra tecnologia avanzata nel riciclo del calcestruzzo è il trattamento termico, che sfrutta la disidratazione delle fasi di pasta di cemento indurito per ridurre la resistenza del materiale e facilitare la separazione degli aggregati. I risultati dei test di laboratorio dimostrano che, al raggiungimento di temperature fino a 600 °C, si riduce progressivamente la quantità di pasta di cemento nei grossi aggregati riciclati. Questo processo di trattamento termico, che può essere effettuato in forni rotanti, permette di ottenere aggregati quasi privi di pasta di cemento indurito a temperature superiori a 800 °C. La separazione dell'aggregato fine avviene tramite classificazione ad aria, un processo che risulta fondamentale per ottenere materiali di qualità per la produzione di calcestruzzo.

Sebbene il trattamento termico sia un metodo molto efficace, esistono limitazioni legate alle temperature di trattamento. A 600 °C, circa il 15-35% della pasta di cemento indurito rimane ancora aderente alle superfici degli aggregati grossi, ma a 700 °C questa percentuale si riduce drasticamente al 2%. Il trattamento a 800 °C produce aggregati quasi completamente privi di pasta di cemento indurito. Il trattamento termico, tuttavia, è un processo costoso che deve essere gestito con attenzione, in quanto l'efficienza dipende strettamente dalla temperatura e dalla velocità di riscaldamento.

Infine, un altro metodo interessante per il trattamento del calcestruzzo riciclato è il processo di "riscaldamento e sfregamento", che utilizza aria preriscaldata a 300 °C per trattare il calcestruzzo frantumato in un forno verticale. Tuttavia, questo metodo non è sufficientemente efficace per ottenere una disidratazione completa della pasta di cemento e la separazione degli aggregati. Per questo motivo, successivamente il materiale trattato viene sottoposto a una macinazione ulteriore. Nonostante ciò, i risultati ottenuti con questo processo sono meno efficaci rispetto a quelli ottenuti con il trattamento termico ad alte temperature.

Oltre alla ricerca sulle tecnologie di frantumazione e trattamento termico, la comunità scientifica ha esplorato anche la possibilità di riattivare la capacità di indurimento della pasta di cemento idratata attraverso trattamenti termici del calcestruzzo riciclato. Tuttavia, i risultati non sono ancora conclusivi, e ulteriori studi sono necessari per comprendere appieno l'efficacia di tali trattamenti.

L'adozione su larga scala di queste tecnologie avanzate nel riciclo del calcestruzzo non solo contribuirà a ridurre l'impatto ambientale associato alla produzione di nuovi materiali da costruzione, ma migliorerà anche la qualità degli aggregati riciclati, rendendo il calcestruzzo riciclato una risorsa sempre più competitiva rispetto ai materiali vergini.