Nel trattamento delle forze iniziali {1f}, è evidente che non possiamo giudicare se le forze iniziali {1f} agiscano sull'elemento in C1 siano state trattate correttamente in relazione alle rotazioni rigide per ogni passo incrementale. In effetti, le ipotesi cinematiche adottate per l'analisi delle strutture a travi sono state storicamente utilizzate per semplificare l'analisi di un solido tridimensionale in una struttura unidimensionale. Tra queste, l'ipotesi di Bernoulli–Euler, che afferma che le sezioni piane della trave rimangono piane dopo la deformazione, è stata una delle più adottate. Tale ipotesi si rivela efficace per l'analisi lineare ed elastica delle travi, ma può presentare difficoltà quando viene applicata a problemi non lineari o in presenza di deformazioni complesse.

In particolare, l’adozione di ipotesi cinematiche impone restrizioni artificiali al campo di spostamenti utilizzato per descrivere il comportamento di un solido. Ciò può introdurre termini nelle deformazioni non lineari che non sono fisicamente interpretabili, violando talvolta la regola del corpo rigido. Un esempio evidente di ciò è l’apparizione del termine finale yvv′′yv′v′′ nel termine di taglio non lineare ηxy\eta_{xy}, che, se adottato nella derivazione per la matrice di rigidezza dell'elemento, potrebbe generare termini non compatibili con la regola del corpo rigido.

Nel caso degli elementi reticolari, tuttavia, non è necessario adottare alcuna ipotesi cinematica per descrivere il comportamento della sezione trasversale dell'elemento. Di conseguenza, tutti i componenti di ordine superiore delle deformazioni non lineari non introducono difficoltà per gli elementi reticolari nel superare il test di movimento del corpo rigido. Questo aspetto diventa cruciale nell'analisi non lineare, dove il movimento rigido non è un fenomeno raro, ma piuttosto prevalente. Le strutture, come quelle rappresentate dalla trave cantilever o dal telaio portale, sono costituite da una serie di elementi che subiscono rotazioni rigide di entità variabile, anche in presenza di supporti fissi.

Nel contesto dell'analisi non lineare incrementale, è utile decomporre gli incrementi di spostamento {u} di ciascun elemento in due componenti: i dislocamenti rigidi {u}r e le deformazioni naturali {u}n. In pratica, i dislocamenti rigidi costituiscono una parte significativa degli spostamenti in condizioni di instabilità, come nel caso del collasso per instabilità della struttura. Le deformazioni naturali {u}n, che sono generalmente di entità inferiore, possono essere calcolate separatamente, come illustrato dai diagrammi delle strutture cantilever e del telaio portale. In questa formulazione, l'assunzione di passi incrementali piccoli, tipica nelle analisi non lineari, si mantiene coerente.

Un aspetto che non deve essere trascurato è che le forze iniziali {1f} che agiscono su ciascun elemento della struttura, accumulate nel corso dell'analisi non lineare, possono risultare notevolmente elevate. Fortunatamente, la combinazione di forze iniziali elevate e rotazioni rigide {u}r può essere facilmente trattata utilizzando la regola del corpo rigido nella procedura di aggiornamento delle forze, cioè trattando direttamente le forze {1f} al passo incrementale corrente come forze {2f} che agiscono all'inizio del prossimo passo incrementale.

Per il recupero delle forze durante ogni passo incrementale, si adotta un'equazione linearizzata che considera il contributo delle deformazioni elastiche, così come descritto dall'equazione Δf=[ke]un\Delta f = [ke]{u}_n, dove la matrice di rigidezza elastica [ke] non genera azioni quando è soggetta ai dislocamenti rigidi {u}r. In questo modo, il recupero delle forze alla fine di ciascun passo incrementale si esprime come la somma delle forze precedenti e dell'incremento dovuto alle deformazioni elastiche, come espresso nell'equazione:

2f=1f+[ke]u{2f} = {1f} + [ke]{u}

Questo approccio si fonda sull'uso della matrice di rigidezza elastica [ke] durante l'analisi iterativa e incrementale, in cui il termine che descrive la rotazione rigida viene separato da quello che descrive la deformazione elastica, permettendo una descrizione più precisa della risposta strutturale.

Infine, una delle caratteristiche distintive del metodo di analisi non lineare è la stabilità numerica dell'approccio, che può affrontare fenomeni di instabilità come il punto di "snap-through" e "snap-back". L'approccio adottato da Yang e Shieh (1990) attraverso il controllo generalizzato degli spostamenti si è dimostrato stabile per il tracciamento delle curve di carico-deflessione non lineare, permettendo di affrontare in modo efficiente i problemi di instabilità che potrebbero altrimenti complicare il processo di analisi incrementale.

Per garantire una soluzione numericamente stabile e coerente, è essenziale che la matrice di rigidezza dell'elemento sia qualificata dal test del corpo rigido e che venga adottata una procedura di recupero delle forze fisicamente giustificata, come quella descritta nell’equazione precedente. Inoltre, l'uso di metodi di soluzione incrementali-iterativi, come il controllo del carico proposto da Yang et al. (2019), è fondamentale per ottenere soluzioni stabili nei problemi di buckling e post-buckling.

Come si costruisce la matrice di rigidezza geometrica per elementi rigidi nel contesto della non linearità geometrica?

Nell'analisi non lineare delle strutture elastiche, un approccio particolarmente elegante consiste nel scomporre gli incrementi di spostamento in due componenti fondamentali: gli spostamenti rigidi e le deformazioni naturali. L'efficacia di questa decomposizione si fonda sull'assunto che, trattando correttamente gli effetti di rotazione rigida in ogni fase incrementale dell'analisi, si possano trattare le rimanenti deformazioni naturali utilizzando una teoria linearizzata per piccoli spostamenti. È proprio questa separazione concettuale che consente una formulazione compatta, con espressioni esplicite, e capace di integrare tutti i tipi di azioni all’interno della matrice di rigidezza.

L'approccio qui discusso si basa sulla formulazione lagrangiana aggiornata (UL) e trova applicazione diretta nella costruzione della matrice di rigidezza geometrica [kg] per un elemento rigido di trave tridimensionale. Il procedimento parte dall’equazione del lavoro virtuale, in cui il campo di spostamento è assunto come rigidamente cinematico. Ciò permette di derivare un'espressione della rigidezza geometrica completamente coerente con le ipotesi cinematiche imposte, evitando l’introduzione di deformazioni spurie dovute a discretizzazioni inappropriate.

La potenza di questo metodo si manifesta quando il concetto di rigidezza geometrica per travi rigide viene esteso a elementi triangolari piani a tre nodi (Triangular Plate Element, TPE). Considerando ogni lato del triangolo come una trave rigida, è possibile costruire la matrice [kg] dell'intero elemento triangolare come somma delle matrici di rigidezza delle tre travi componenti. Si tratta di una modellazione semplice, ma sorprendentemente robusta, capace di cogliere accuratamente il comportamento post-critico in configurazioni geometricamente instabili.

L’efficacia della formulazione è comprovata attraverso una serie di problemi classici di riferimento, in cui la risposta post-buckling è riprodotta con notevole precisione. Nonostante la semplicità formale del modello, i risultati ottenuti dimostrano una perfetta aderenza alle soluzioni più sofisticate ottenute con elementi elastici tridimensionali. Da un punto di vista computazionale, ciò significa una significativa riduzione dei costi senza compromettere l’accuratezza nei problemi dominati da instabilità geometrica.

È importante sottolineare che il contributo metodologico di Yang et al. (2007), su cui si basa questo sviluppo, è stato qui adattato per conformarsi allo stile espositivo del testo, mantenendo però intatta la struttura concettuale originaria. L’idea fondante – che la rigidità geometrica possa essere costruita direttamente da un campo di spostamento rigido – è alla base di un’intera classe di algoritmi incrementali-iterativi capaci di gestire la non linearità geometrica con efficienza e precisione.

Nel contesto di un’analisi incrementale non lineare, vengono utilizzate tre configurazioni: la configurazione iniziale deformata C0C_0, l'ultima configurazione nota C1C_1, e la configurazione attuale sconosciuta C2C_2. È in questo quadro che la form_

Come Derivare la Matrice di Rigidità Geometrica per un Elemento Triangolare Rigidamente Ruotato

Nel contesto dell'analisi strutturale avanzata, l'approccio della rigidità geometrica gioca un ruolo fondamentale nel descrivere il comportamento di strutture complesse, particolarmente quando si lavora con elementi triangolari e travi rigide. La rigidità geometrica di un elemento rappresenta come le deformazioni e le forze interne si distribuiscono attraverso la struttura, considerando le forze assiali, i momenti flettenti e le forze torcenti in relazione ai movimenti rotazionali.

Nel caso di una rotazione rigida, le deformazioni assiali e angolari possono essere espresse tramite equazioni che legano i vari spostamenti ai nodi dell'elemento. Le equazioni di spostamento possono essere scritte in modo che le deformazioni trasversali, come nel caso delle rotazioni, non vengano trascurate, ma siano considerate esplicitamente, portando a una formulazione che integra sia gli spostamenti trasversali che angolari. La relazione tra i vari gradi di libertà (DOF) nei nodi viene stabilita da un sistema di equazioni che legano i movimenti angolari e lineari, rispettando le condizioni al contorno imposte dalle rigidezze della struttura.

Quando si considera un elemento rigido, come una trave rigida o un piatto triangolare, la matrice di rigidità geometrica [kg] può essere derivata tenendo conto di come i vari spostamenti influenzano la risposta della struttura. Nel caso di una trave rigida, non è necessario eseguire alcuna integrazione numerica per derivare la matrice, poiché l’approccio rigido semplifica notevolmente i calcoli, riducendo la matrice a termini che descrivono in modo esplicito l'azione delle forze interne sul comportamento della struttura.

La matrice di rigidità geometrica per un elemento triangolare rigido può essere trattata come una combinazione di tre travi rigide che agiscono lungo i tre lati dell’elemento. Questo approccio è particolarmente utile quando si assembla l'elemento triangolare con altri elementi, come quelli a 12 gradi di libertà, per applicazioni generali nelle strutture spaziali. La rigidità geometrica di questo tipo di elemento può essere determinata a partire dalle forze nodali iniziali e dalla forma geometrica dell'elemento, trascurando le proprietà elastiche che normalmente influenzano la deformazione, come il modulo di Young, l'area della sezione trasversale e i momenti di inerzia.

L'analisi della matrice di rigidità geometrica per una trave rigida inizia con l'assunzione che tutte le forze interne derivino dalle forze assiali e dai momenti che agiscono sulla trave. La geometria dell'elemento stesso, compresa la sua posizione e la sua orientazione nello spazio, determina come le forze e i momenti vengano trasmessi ai nodi e, di conseguenza, come influenzano la deformazione complessiva della struttura.

Una volta derivata la matrice di rigidità geometrica per la trave rigida, questa può essere utilizzata anche per un elemento triangolare, che viene trattato come una composizione di tre travi rigide, ciascuna collegata ai nodi dell'elemento. Le proprietà rigide dell’elemento triangolare si riflettono nella matrice di rigidità geometrica, che permette di determinare l’effetto combinato delle forze e dei momenti che si generano a causa delle rotazioni rigide. Un aspetto interessante di questa formulazione è che le azioni di forze assiali, forze di taglio, momenti di flessione e torcenti che agiscono sulle rotazioni rigide sono tutte integrate nella matrice di rigidità geometrica, rendendo questa matrice estremamente utile per l’analisi di strutture non lineari.

A differenza della matrice di rigidità geometrica elastica, che considera la deformazione elastica e i momenti indotti, la matrice di rigidità geometrica per la trave rigida non richiede alcuna integrazione numerica complessa, poiché tiene conto direttamente dei momenti indotti dal comportamento rigido. In questo modo, la matrice di rigidità geometrica per la trave rigida può essere usata efficacemente nell'analisi iterativa e incrementale di strutture non lineari.

Il vantaggio principale di usare l'approccio della trave rigida sta nel fatto che la matrice di rigidità geometrica derivata è semplice e diretta, e può essere utilizzata senza la necessità di calcoli numerici complessi. Inoltre, l’inclusione della matrice di rigidità geometrica in un’analisi incrementale-iterativa permette di ridurre il tempo di calcolo, facilitando la simulazione di comportamenti strutturali complessi in scenari reali.

In questa configurazione, la matrice di rigidità geometrica non solo descrive la risposta rigida del sistema ma diventa anche un utile strumento per prevedere il comportamento complessivo delle strutture in grado di sottoporsi a deformazioni non lineari. La sua applicazione in sistemi più complessi è resa possibile dal fatto che può essere combinata con altre matrici di rigidità, come quelle elastiche, per ottenere una soluzione che rappresenti in modo accurato la risposta della struttura.