Nel corso degli anni '80, l'economia statunitense ha attraversato uno dei periodi più turbolenti della sua storia recente. La stagflazione, caratterizzata dalla combinazione di un'alta inflazione e una crescita economica lenta, stava mettendo a dura prova i mercati e le politiche economiche. Nonostante la Federal Reserve, sotto la guida di Paul Volcker, avesse implementato politiche monetarie restrittive, l'incertezza regnava sovrana. Tuttavia, a partire dal 1982, l'economia ha cominciato a vedere un'inversione di tendenza. L'inizio della ripresa economica ha portato un ritorno positivo anche sui mercati azionari, con l'indice Dow Jones che ha registrato un'impennata del 50% dal 1982 al 1985, ma non senza suscitare preoccupazioni. Se il mercato avesse di nuovo invertito la sua direzione, come sarebbe stato possibile proteggere i guadagni appena ottenuti?

Una delle risposte a questa domanda è l'uso delle opzioni put. Acquistare un'opzione put su un titolo consente di proteggersi contro una sua eventuale svalutazione. L'opzione put conferisce al possessore il diritto di vendere l'asset a un prezzo predefinito, detto "strike price". In sostanza, si tratta di un'assicurazione contro il rischio di perdita di valore di un'azione. Acquistando un'opzione put, l'investitore può proteggere se stesso, o il proprio portafoglio, da un potenziale calo del mercato.

Tuttavia, questa protezione non è gratuita. Chi vende l'opzione put si assume il rischio di dover acquistare il titolo al prezzo stabilito, qualora l'investitore decida di esercitare l'opzione. Per compensare questo rischio, il venditore chiederà un premio che rappresenta il costo per l'acquisto dell'opzione. Per gli investitori con portafogli diversificati, l'uso delle opzioni put può diventare molto costoso, dato che potrebbe essere necessario acquistare una quantità elevata di opzioni per coprire ogni singolo titolo. Di conseguenza, l'assicurazione contro le perdite potrebbe consumare gran parte dei guadagni ottenuti.

Tuttavia, a metà degli anni '80, alcuni economisti finanziari iniziarono a ideare soluzioni più sofisticate per rispondere alle esigenze degli investitori. L'opzione put tradizionale, che copriva singoli titoli o portafogli, si scontrava con l'alto costo derivante dalla necessità di acquistare molteplici opzioni. Fu in questo periodo che venne sviluppata la teoria della replicazione, che ha come obiettivo la creazione di un portafoglio che replicasse il comportamento di un altro asse

Quali sono le dinamiche di una crisi valutaria e come possiamo proteggerci?

Quando una valuta perde valore in modo drammatico in un breve periodo di tempo, si parla di crisi valutaria. Questo fenomeno non solo porta a un'impennata dei prezzi dei beni e dei servizi importati, ma costringe anche le famiglie a ridurre i consumi e può portare le aziende che dipendono da forniture estere a fermare la produzione. Di solito, la domanda aggregata diminuisce rapidamente, innescando una recessione grave, e il sistema finanziario del paese coinvolto viene paralizzato. La svalutazione di una valuta rende, però, le esportazioni del paese più competitive sui mercati globali, cosa che generalmente favorisce una ripresa economica nel lungo termine. Tuttavia, nel breve periodo, i costi economici e finanziari sono così elevati che i benefici difficilmente giustificano la crisi. La maggior parte dei paesi cercherebbe di evitare una crisi valutaria se potesse, ma spesso ciò risulta estremamente difficile.

Per comprendere meglio i meccanismi di una crisi valutaria, possiamo paragonare il tasso di cambio a qualsiasi altro prezzo: come quello di un prodotto alimentare o di un carburante. Il tasso di cambio può essere definito come il prezzo di una moneta estera espresso in termini di una valuta di riferimento, come il dollaro. Ad esempio, il tasso di cambio tra il dollaro e la sterlina britannica può essere espresso come il numero di sterline per dollaro, o viceversa, a seconda del mercato. Valute come lo yen giapponese, che è meno costoso del dollaro, vengono solitamente quotate in maniera inversa, ad esempio 100 yen per un dollaro. Questo metodo di espressione rende più facile analizzare le fluttuazioni del valore di una valuta, rappresentandole graficamente e calcolando la percentuale di perdita o guadagno in relazione al dollaro.

Un esempio concreto di crisi valutaria è stato quello del baht thailandese negli anni '90. Nel 1997, il tasso di cambio del baht è crollato drasticamente da circa 4 centesimi per baht a circa 2 centesimi per baht. Tale deprezzamento si è verificato in un breve arco di tempo, innescando un'ampia crisi economica. La caduta nel valore del baht è stata causata da una combinazione di fattori: una riduzione della domanda per i prodotti thailandesi, un calo degli investimenti esteri e il ritiro dei speculatori che non vedevano più il baht come un asset da mantenere.

La domanda per una valuta, come il baht, è influenzata da tre principali fattori: la domanda di beni e servizi prodotti dal paese, l'interesse per gli asset finanziari del paese e la speculazione sul valore futuro della valuta. La diminuzione della domanda per i beni thailandesi o per gli asset del paese può ridurre la domanda di baht. Gli investitori esteri, inoltre, sono una delle forze più potenti dietro le fluttuazioni delle valute. Quando un paese perde attrattiva per gli investitori, la domanda di valuta diminuisce drasticamente, accelerando la svalutazione.

La fornitura di una valuta è influenzata da chi la possiede. Le principali fonti di offerta di baht includevano le aziende thailandesi che importavano prodotti dagli Stati Uniti, gli investitori che vendevano asset thailandesi per acquistare titoli statunitensi, e i speculatori che temevano una caduta ulteriore del valore della valuta e volevano scambiarla prima di perderne ancora di più. Questi movimenti nella domanda e nell'offerta possono provocare un rapido cambiamento nel valore di una valuta, con gravi conseguenze per l'economia nazionale.

Un altro elemento cruciale di una crisi valutaria è il cambiamento di sentimenti da parte degli investitori, che si riflettono sia nella domanda che nell'offerta di una valuta. Gli investitori che erano inizialmente attratti dagli asset di un paese possono cambiare opinione a causa di eventi politici, economici o sociali, spingendo a una discesa della domanda. D'altro canto, quelli che avevano già investito nel paese potrebbero decidere di ritirarsi, aumentando l'offerta della valuta sul mercato e accentuando la crisi.

Per prevenire situazioni simili, è fondamentale che le aziende e gli investitori comprendano a fondo i prodotti finanziari con cui si interfacciano. È essenziale non farsi coinvolgere in strumenti finanziari che non si comprendono appieno. Questo è valido tanto per gli individui quanto per le aziende. Quando emergono nuovi prodotti finanziari, ci sono sempre degli operatori più esperti che possono sfruttare la loro posizione a vantaggio proprio. Se si sta considerando l'investimento in un prodotto nuovo, è importante essere particolarmente cauti. Prima di impegnarsi, chiedetevi c

Come può un singolo trader causare miliardi di perdite a una delle più grandi banche europee?

Una posizione lunga su un indice e una posizione corta su un altro costituiscono una strategia di copertura, volta a ridurre l’esposizione ai movimenti sfavorevoli del mercato. Il principio è semplice: se i mercati scendono, la posizione corta genera guadagni che compensano le perdite sulla posizione lunga. Tuttavia, affinché questa strategia funzioni, gli indici scelti devono mostrare una correlazione significativa, ma non perfetta, nei movimenti. Ad esempio, se il DAX sale, è probabile che anche il FTSE salga, ma non necessariamente nella stessa misura. Questo crea un'opportunità: se il DAX sale più del FTSE, la posizione lunga sul DAX guadagna più di quanto si perde sulla posizione corta del FTSE.

I trader che utilizzano questa strategia possono sbilanciare leggermente le dimensioni delle due posizioni a favore del mercato che ritengono salirà. Così, anche in uno scenario in cui entrambi gli indici si muovano nella stessa direzione, il guadagno netto può essere positivo. Ma questi profitti sono generalmente modesti. Si punta su una frequenza di vittorie maggiore rispetto alle perdite, con occasionali colpi di fortuna che generano ritorni superiori alla media. La gestione del rischio resta al centro della strategia, e l'obiettivo è quello di garantire guadagni piccoli ma regolari, minimizzando il rischio di perdite sostanziali.

Alla scrivania Delta One della Société Générale, Jérôme Kerviel avrebbe dovuto operare all’interno di questi parametri ben definiti. I profitti attesi si aggiravano tra i 10 e i 15 milioni di euro l’anno. La differenza massima consentita tra posizioni lunghe e corte non doveva superare i 500.000 euro. Tuttavia, Kerviel decise di ignorare queste restrizioni. Invece di coprire le sue posizioni lunghe con vendite equivalenti, mise in piedi una rete di operazioni fittizie per nascondere l’assenza di copertura effettiva. Acquistava contratti futures in volumi sempre più ampi senza le necessarie controparti corte.

Ciò che rese possibile questa frode fu la sua conoscenza dettagliata del funzionamento dei sistemi di gestione del rischio. Avendo lavorato precedentemente nell’ufficio middle office della banca, conosceva le dinamiche interne, le procedure, le debolezze nei controlli e soprattutto il comportamento dei colleghi incaricati di farle rispettare. Sapeva come aggirare il sistema.

Kerviel simulava transazioni con altri trader, accordandosi apparentemente per vendere milioni di euro in indici azionari, operazioni equivalenti a posizioni corte. Per farlo, modificava semplicemente copie elettroniche di vecchie conferme di scambi reali, adattandole alle sue esigenze. Quando sapeva che sarebbe stata effettuata una verifica elettronica delle operazioni, cancellava temporaneamente le operazioni fittizie grazie a password

Perché le crisi finanziarie si propagano: La lezione dalla crisi del 2008 e il ruolo degli istituti bancari "ombra"

Nel 2008, la crisi finanziaria globale ha scosso profondamente il sistema economico mondiale, con effetti devastanti che hanno attraversato i mercati e le istituzioni finanziarie. Tra i protagonisti di questa tempesta ci fu Bear Stearns, una delle principali banche d'investimento statunitensi, che aveva accumulato enormi debiti derivanti da investimenti in asset tossici, in particolare quelli legati al mercato immobiliare subprime. Quando i creditori cominciarono a esprimere dubbi sulla sua solvibilità, Bear Stearns si trovò sotto una crescente pressione, innescando un fenomeno simile a una "corsa bancaria" moderna, dove gli investitori cercavano di ritirare i propri fondi temendo la bancarotta imminente. Il salvataggio da parte della Federal Reserve, che coordinò un intervento di aiuto congiunto con JPMorgan Chase, scongiurò il panico immediato, ma non risolse i problemi di fondo che affliggevano i mercati finanziari globali.

L'insolvenza di Bear Stearns segnalò un segnale chiaro: la fiducia tra gli attori finanziari stava svanendo, poiché ogni istituzione con esposizioni eccessive ai debiti subprime era vulnerabile. Tuttavia, la salvataggio della banca contribuì a creare un'aspettativa che qualsiasi altra istituzione in difficoltà sarebbe stata salvata dallo Stato. Quest'aspettativa si concretizzò nel settembre 2008, quando il governo degli Stati Uniti prese il controllo di Fannie Mae e Freddie Mac, due giganti del settore immobiliare, che stavano per fallire a causa dei loro ingenti investimenti in obbligazioni legate ai mutui subprime.

Lehman Brothers, un altro importante attore finanziario, fu l'istituzione successiva a incorrere in difficoltà. La banca aveva infatti fatto scommesse ingenti sul mercato immobiliare, accumulando enormi esposizioni a mutui ad alto rischio. A differenza di Bear Stearns, però, il governo non intervenne per salvarla. Quando Lehman dichiarò bancarotta il 15 settembre 2008, la reazione dei mercati fu devastante. La fiducia tra le istituzioni finanziarie crollò: le banche smisero di prestarsi denaro tra loro, e il mercato dei titoli di stato e delle obbligazioni si paralizzò. Questo segnò l'inizio della fase più critica della crisi, che si estese ben oltre i confini dei mercati finanziari e colpì l'intera economia globale, portando a una recessione profonda.

Il crollo di Lehman Brothers e la decisione di non intervenire con un salvataggio pubblico comunicò al mondo che ormai ogni attore del mercato doveva fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze. L'idea che le banche centrali, e in particolare la Federal Reserve, sarebbero sempre intervenute per salvare le istituzioni in difficoltà venne messa in discussione. Questo innescò una serie di corse bancarie tra istituti finanziari, dove nessuno voleva più fare affidamento sull'affidabilità degli altri. Il sistema finanziario globale rischiava di collassare sotto il peso della sfiducia.

In risposta a questo caos, la Fed implementò una serie di misure per ripristinare la stabilità, tra cui la conduzione di stress test su tutte le principali istituzioni finanziarie. Questi test avevano lo scopo di determinare quanto le banche fossero vulnerabili a perdite ulteriori a causa dei mutui subprime e di far emergere la reale situazione patrimoniale degli istituti. La trasparenza, sebbene tardiva, contribuì a ristabilire un certo grado di fiducia, anche se la recessione che ne seguì fu tra le più gravi dai tempi della Grande Depressione.

Tuttavia, sebbene questi interventi abbiano avuto l'effetto di fermare le "corse bancarie" immediate, il danno alla stabilità globale era ormai fatto. Non bastava più solo prevenire il collasso di singole istituzioni; il sistema finanziario doveva essere ripensato per evitare che simili crisi si ripetessero in futuro. Uno degli aspetti che spesso viene sottovalutato in queste crisi è l'importanza della regolamentazione e della trasparenza. Il sistema f

La Banca Ombra in Cina: Un Pericolo Incombente per l'Economia Globale?

La crescita accelerata del credito in Cina, alimentata in gran parte dalle banche, ha avuto il suo motore principale nel sistema bancario ombra, che ha permesso di mantenere il flusso di finanziamenti nonostante i desideri contraddittori del governo. La banca ombra ha infatti favorito un'espansione del credito senza precedenti, creando però un pericolo significativo per l'economia. L'accesso a prestiti rapidi e poco regolamentati ha portato a un tasso di crescita del credito preoccupante, che è diventato sempre più difficile da sostenere.

Per comprendere meglio la dimensione di questo fenomeno, è utile fare un confronto tra il volume dei prestiti non pagati nell'economia e il prodotto interno lordo (PIL), calcolando il cosiddetto rapporto credito/PIL. A fine 2008, il rapporto era pari al 125%, relativamente basso rispetto ad altre economie avanzate. Tuttavia, entro la fine del 2013, tale rapporto era salito al 216%, e nel 2016 aveva raggiunto il 260%. Questo tasso di crescita esplosiva ha allarmato molti economisti, poiché un aumento troppo rapido del credito rispetto al PIL è spesso un indicatore di una futura crisi bancaria. L'idea è che quando il credito cresce più rapidamente del PIL, la qualità del credito tende a deteriorarsi e i prestiti problematici si accumulano nel sistema, portando a fallimenti bancari diffusi.

Un altro elemento cruciale da analizzare riguarda la destinazione di questi prestiti. Gran parte del credito è stato indirizzato al settore industriale, dove molte aziende hanno preso in prestito per espandere la capacità produttiva o, più spesso, per mantenere attive le fabbriche. Un paradosso preoccupante si è verificato quando le aziende cinesi hanno continuato a investire in nuove capacità produttive in un contesto di crescita economica stagnante a livello globale. Questo ha portato alla costruzione di una capacità produttiva eccessiva, che ha portato a una situazione di sovrapproduzione, dove le fabbriche venivano costruite ma non c'erano abbastanza consumatori per acquistare i prodotti. Questo fenomeno di sovracapacità è stato uno dei fattori principali che ha contribuito a mantenere l'inflazione anormalmente bassa in molte economie dopo la Grande Recessione.

La consapevolezza della sovracapacità in Cina è alta, ma la necessità di crescita economica a breve termine spinge il governo a continuare a finanziare l'espansione industriale, nonostante la chiara inefficienza degli investimenti. Questo comporta un perpetuarsi di prestiti per finanziare investimenti in capacità inutilizzate, creando una spirale che non può continuare indefinitamente. Inoltre, molti prestiti ombra sono stati utilizzati dalle aziende per ripagare debiti preesistenti, con il risultato che nuove linee di credito venivano concesse per "salvare" le aziende già indebitate, piuttosto che per finanziare nuovi investimenti produttivi. Questo ciclo di indebitamento e rinnovamento dei prestiti ha avuto un impatto negativo sull'efficacia degli investimenti. La crescita del PIL derivante dai prestiti è diminuita significativamente, segnando un cambiamento nel rapporto tra crescita economica e crescita del credito.

Un aspetto significativo del credito ombra in Cina è rappresentato dai prestiti fiduciari, definiti come prestiti tra aziende non finanziarie, spesso mediati dalle banche che si occupano della gestione burocratica dei prestiti. Il settore delle costruzioni immobiliari è uno dei maggiori beneficiari di questi prestiti, alimentando una crescente bolla immobiliare. In alcune città cinesi, soprattutto quelle più piccole nell'entroterra, sono emersi fenomeni di espansione edilizia incontrollata, con la costruzione di interi quartieri residenziali, che rimangono vuoti, come nel caso delle cosiddette "città non nate". Nelle metropoli costiere, invece, il credito ha alimentato una domanda crescente di immobili, facendo lievitare i prezzi e creando una bolla immobiliare che preoccupa gli esperti.

Nel 2016, oltre un terzo dei nuovi prestiti in Cina sono stati indirizzati al settore immobiliare, con stime che indicano che più della metà delle vendite immobiliari a Shanghai erano legate a investimenti. I prezzi degli immobili nelle principali città sono saliti alle stelle, con valori che superano di oltre 30 volte il reddito medio della città, creando una situazione paragonabile a quella delle grandi bolle immobiliari degli anni precedenti, come quella americana del 2008.

Nonostante i timori di una crisi finanziaria imminente, molti esperti sottolineano che la Cina, a differenza di altre economie, possiede un governo centrale molto forte che potrebbe riuscire a guidare l'economia e i mercati finanziari al di là di una crisi come quella che ha colpito l'Occidente nel 2008. Il governo cinese, infatti, continua a esercitare un forte controllo sulle attività economiche e finanziarie, il che potrebbe consentirgli di evitare il disastro finanziario che ha afflitto altre nazioni.

Per evitare una crisi finanziaria, il governo cinese dovrebbe però concentrarsi meno sulla crescita del PIL e più sulla transizione verso un'economia basata sulla domanda interna, piuttosto che sull'esportazione. L'adozione di politiche più rigorose per limitare la crescita del credito ombra e l'adozione di misure che promuovano un'economia più equilibrata e meno dipendente dal debito potrebbero essere misure fondamentali per garantire la stabilità finanziaria del paese a lungo termine.