Nel 2020, Yang e i suoi collaboratori hanno sintetizzato varianti della tioxantone (TX) introducendo gruppi alcossili nella posizione 2 per affinare l’impacchettamento molecolare. Questa modifica strategica ha portato a un miglioramento straordinario sia nell'intensità della fluorescenza che della fosforescenza, con un aumento significativo dell'efficienza di emissione complessiva, passando dal 1,5% per TX al 45,0% per TX–OCH–(CH3)2. Le sostanze TX–OCH3 e TX–OCH(CH3)2 hanno mostrato emissione di luce bianca (WLE), con coordinate CIE rispettivamente di (0.33, 0.33) e (0.40, 0.32). I polveri hanno rivelato bande di emissione doppie: un picco di emissione a lunghezza d'onda corta intorno ai 450 nm, con tempi di vita brevi, variabili tra 1.6 e 2.5 ns, e un picco di emissione a lunghezza d'onda lunga, circa 580 nm, caratterizzato da tempi di vita lunghi, che spaziano da 209.5 a 739.6 μs.
Secondo gli autori, tre fattori cruciali sono stati determinanti nell’ottenere la WLE. Innanzitutto, l'unità di tioxantone contenente zolfo, modificata con gruppi alcossili, ha mostrato un alto tasso di attraversamento inter-sistemico (ISC), facilitando la popolazione dello stato T1. In seguito, l'influenza sterica dei gruppi alcossili ha determinato uno spostamento nell'impacchettamento delle unità TX, passando da aggregazione H a aggregazione J. Questa alterazione ha accelerato significativamente i tassi radiativi provenienti sia dallo stato singoletto che dallo stato tripletto. Infine, le interazioni dei legami idrogeno derivanti dai gruppi alcossili hanno giocato un ruolo fondamentale nel ridurre ulteriormente i percorsi di decadimento non radiativo.
Un altro approccio interessante è stato sviluppato nel 2017 da Chi e colleghi, che hanno scoperto un materiale innovativo, SOBF-OMe, capace di emettere sia fluorescenza ritardata termicamente attivata (TADF) che fosforescenza ritardata (RTP). Questo composto integra un’unità di dibenzofurano accoppiata con un gruppo solfone, emettendo TADF blu a 476 nm e fosforescenza arancione a 580 nm, con tempi di vita di 204 e 627 ms, rispettivamente. L'inclusione degli atomi di ossigeno e zolfo nel quadro molecolare svolge un duplice ruolo: facilita il processo di ISC e favorisce interazioni intermolecolari critiche, come i legami C–H–O. Queste interazioni sono fondamentali per frenare il decadimento non radiativo, contribuendo alla lunga durata del bagliore residuo quando il materiale è in stato cristallino. Durante il processo di decadimento, le modifiche dinamiche nel rapporto di fluorescenza ritardata e fosforescenza causano una graduale variazione del colore del bagliore, passando da una luce bianca fredda a una luce arancione durante il ritardo che va da 0 ms a circa 800 ms.
Un’altra ricerca interessante, nel 2022, ha esaminato gli effetti del regioisomerismo sulla fosforescenza usando una serie di 12 derivati del benzenesolfone, con sostituzioni sia alogene che non alogene, connessi al dibenzofurano. Alterando strategicamente la posizione del sostituente sulfone, i ricercatori sono riusciti a manipolare con precisione l’impacchettamento molecolare, ottenendo un’emissione a colori completi nell’intero spettro visibile. La WLE risultante da questa ricerca è stata ottenuta dalla doppia emissione di fluorescenza blu e fosforescenza gialla, con un rendimento quantico complessivo superiore al 16%. La presenza di gruppi alogeni e sulfone ha migliorato significativamente il processo ISC, mentre le interazioni C–H–P hanno giocato un ruolo cruciale nel conseguire tempi di vita della fosforescenza prolungati, rispettivamente di 164 e 84 ms.
Questi studi mostrano il progresso nelle emissioni di luce bianca, ma nonostante i successi ottenuti con molecole organiche pure, l'emissione di luce bianca continua a rappresentare una sfida, specialmente quando si cerca di ottenere una sola molecola organica in grado di emettere fosforescenza bianca pura. Per ottenere una WLE da una molecola organica singola, è necessario avere almeno due bande fosforescenti distinte, il che implica un’emissione simultanea sia dallo stato tripletto eccitato superiore (come T2) che dallo stato tripletto più basso (T1), portando così all’emissione doppia di fosforescenza.
Inoltre, i meccanismi elettroluminescenti, responsabili della WLE, sono cruciali in contesti come l’illuminazione a LED, in cui l'emissione di luce avviene senza necessità di riscaldamento del materiale, migliorando l'efficienza energetica e la versatilità dei dispositivi. Nella WLE, la comprensione dei meccanismi alla base delle interazioni molecolari e dei cambiamenti nelle emissioni di luce può avere un impatto significativo su una varietà di applicazioni tecnologiche future. La combinazione di fluorofori, fosfori e altri materiali organici con proprietà avanzate potrebbe aprire nuove strade per la produzione di luci a bassa potenza e lunga durata.
Come i Materiali Organici Possano Creare Emissioni di Luce Bianca Efficaci: Dalla Sperimentazione alla Tecnologia
I materiali organici emettitori di luce (OLED) hanno attratto un enorme interesse per il loro potenziale nell'illuminazione e nelle tecnologie dei display. Recenti scoperte e innovazioni hanno ampliato le possibilità di utilizzo, mirando a soluzioni più efficienti e stabili. La creazione di dispositivi di illuminazione a luce bianca (WLE) è uno degli sviluppi chiave, con numerosi approcci proposti per ottimizzare le prestazioni e garantire una qualità della luce superiore.
Un esempio significativo di progresso è rappresentato dai polimeri a base di copolimeri, che hanno dimostrato un'efficienza quantistica elevata, arrivando fino al 46%. I copolimeri con BPPTA (un composto a base di benzenotiazolo) in soluzione e in film sottile sono stati analizzati per osservare le loro proprietà di assorbimento e fotoluminescenza. Sia in soluzione che in film sottile, questi materiali mostrano uno spettro di assorbimento e fotoluminescenza che consente di manipolare le lunghezze d'onda e migliorare la qualità della luce emessa. Inoltre, il tempo di decadimento della luminescenza in queste soluzioni offre indicazioni sulle potenzialità di durata dei dispositivi.
Altri sviluppi significativi sono stati ottenuti con l'uso di polimeri emettitori di luce blu. Per esempio, il polimero poly[(9,9-bis(4-(2-ethylhexyloxy)phenyl)fluorene)-co-(3,7-dibenziothiene-S,S-dioxide10)] (PPF-3,7SO10) ha dimostrato di poter fungere da materiale host e da emettitore blu, grazie alla sua capacità di essere combinato con altri polimeri elettroluminescenti per ottenere luce bianca. In particolare, la miscela di PPF-3,7SO10 con polimeri verdi (P-PPV) e arancioni-rossi (MEH-PPV) ha prodotto una luce bianca stabile ed efficiente.
Il concetto di sistemi compositi e dopaggio, in particolare con gel autoassemblanti luminescenti organici, sta emergendo come una direzione interessante. I composti derivati dal benzotiazolo, come BPO, BHPO1 e BHPO2, emettono luce di colori diversi (blu, verde e arancione) in stati aggregati, e il loro dopaggio in matrici polimeriche, come il PMMA (polimetilmetacrilato), ha permesso di raggiungere una luce bianca di alta qualità. In effetti, la combinazione di diverse lunghezze d'onda provenienti da queste molecole consente di ottenere una luce equilibrata, con coordinate cromatiche CIE (0.31, 0.32), che corrispondono a un’emissione bianca perfettamente bilanciata.
Le gel luminescenti, come quelle a base di idrogeli auto-riparanti combinati con punti di carbonio (CDs), riboflavina (Ri) e rodamina B (RhB), sono un altro esempio di innovazione. Questi materiali sfruttano il trasferimento di energia risonante della fluorescenza (FRET) per produrre emissioni di luce bianca. La capacità di regolare le emissioni semplicemente variando la composizione o la lunghezza d'onda di eccitazione è una caratteristica notevole di queste soluzioni, che le rende altamente versatili e adattabili a diverse applicazioni.
A livello di materiali puri, il phosphore organico puro 4-clorobenzoyldibenzothiophene (CIDBT) ha aperto nuove strade nella creazione di emettitori di luce bianca a temperatura ambiente, mostrando emissioni fosforescenti in due stati eccitati distinti. L'efficienza e la stabilità della luce bianca ottenuta da questa miscela di fosforescenze offrono una visione promettente per ottenere dispositivi senza metalli che producono luce bianca attraverso un singolo materiale molecolare.
Anche il composto aza-aromatico dibenzo[a,c]phenazine (DPPZ) ha dimostrato di essere capace di emettere luce bianca attraverso un processo di emissione ternaria che include fluorescenza e due transizioni di fosforescenza a temperatura ambiente. Le coordinate cromatiche CIE di (0.28, 0.33) ottenute dimostrano la versatilità del materiale nell'ambito dell'illuminazione a luce bianca senza l'uso di metalli pesanti.
L'integrazione di questi materiali organici con tecniche avanzate di dopaggio o con l'aggiunta di composti inorganici sta creando opportunità interessanti per sviluppare dispositivi ibridi di illuminazione a luce bianca (Hybrid White LEDs). I dispositivi a LED ibridi, che combinano componenti organici e inorganici, offrono prestazioni superiori rispetto alle soluzioni tradizionali, riuscendo a ridurre le interazioni tra i materiali inorganici e organici, migliorando così l'efficienza e la durata dei dispositivi.
Per il lettore che si addentra in queste tecnologie, è importante comprendere non solo i benefici di ciascun materiale ma anche le sfide pratiche e teoriche che emergono nel processo di ottimizzazione dell'efficienza luminosa. La stabilità a lungo termine delle emissioni, la gestione delle diverse transizioni elettroniche e l'affidabilità delle soluzioni polimeriche o organiche sono aspetti cruciali che influenzano l'applicabilità industriale di queste innovazioni.
Tecniche di Assemblaggio per la Produzione di LED ad Alta Efficienza: Dall'Unione Eutettica al Flip-Chip
L’industria dei semiconduttori ha visto un rapido sviluppo nelle tecniche di assemblaggio dei dispositivi LED, con particolare attenzione ai metodi che migliorano le prestazioni elettriche e termiche dei dispositivi finali. Una delle tecniche più promettenti riguarda l’unione eutettica di materiali come oro e silicio, che permette di ottenere connessioni più stabili e durature a temperature relativamente basse, una caratteristica fondamentale per l’evoluzione delle tecnologie LED.
Il punto eutettico dell’oro-silicio (Au-Si) si raggiunge a 363 °C, mantenuto per circa 40 minuti. Questo processo si basa su un legame tra i due materiali attraverso l'oro, che viene impiegato con uno strato di adesione, come il cromo (Cr) o il titanio (Ti), insieme ad una barriera di diffusione, come il platino (Pt). In uno degli esempi tipici illustrati, un wafer SOI (Silicon on Insulator), che comprende un wafer di silicio, uno strato di isolamento in SiO2 e uno strato di silicio per il dispositivo, viene legato a un altro wafer di silicio con uno strato di oro spesso 5000 Å. Una variazione di questa tecnica prevede l'integrazione di una barriera di diffusione SiO2, per evitare la diffusione tra l'oro e il silicio, nonché uno strato di adesione in cromo e uno strato di oro con un successivo strato di indio per garantire la stabilità del legame.
Accanto a questi legami eutettici, un’altra tecnica in espansione riguarda l’uso di adesivi polimerici per il bonding dei wafer. Come evidenziato dai ricercatori Niklaus et al., questa tecnologia permette di utilizzare un sottile strato di polimero come intermedio tra i substrati. La tecnica prevede l’applicazione uniforme del polimero mediante spin coating, seguito dall’applicazione di calore o luce UV per solidificare il polimero e stabilire una connessione tra le superfici dei wafer. Questo tipo di bonding è particolarmente utile per la creazione di legami temporanei e può essere impiegato anche per dispositivi che richiedono una buona flessibilità meccanica.
Un’altra tecnica ampiamente utilizzata per i dispositivi LED è l'assemblaggio Flip-Chip, che prevede l'affissione diretta del chip LED al substrato con la parte attiva del chip rivolta verso il basso. Questo approccio offre numerosi vantaggi, tra cui prestazioni elettriche superiori grazie alla riduzione della resistenza, della capacità e dell’induttanza nei percorsi elettrici. La configurazione a bump consente di ridurre significativamente l'area occupata dal chip e di ottenere una riduzione delle dimensioni e del peso del dispositivo finale. Tuttavia, uno degli svantaggi principali di questa tecnologia riguarda la differenza significativa nel coefficiente di espansione termica (CTE) tra il chip di silicio e il substrato, che può causare sollecitazioni ai giunti durante i cicli di temperatura operativi. Per affrontare questo problema, si ricorre all’applicazione di un materiale di underfill, che colma lo spazio tra il chip e il substrato, riducendo lo stress dovuto alla disomogeneità termica.
Nel contesto del bonding Flip-Chip, l'uso di adesivi conduttivi e non conduttivi è fondamentale. Gli adesivi conduttivi anisotropici (ACA), che utilizzano particelle conduttive in piccole quantità, e gli adesivi conduttivi isotropici (ICA), che presentano una maggiore concentrazione di particelle conduttive come fiocchi di argento, sono ampiamente utilizzati. Questi adesivi stabiliscono connessioni elettriche durante il processo di compressione del chip sul substrato. In alternativa, gli adesivi non conduttivi vengono utilizzati quando non è necessaria la conduzione elettrica immediata e la connessione viene realizzata applicando pressione.
Le tecniche di bonding Flip-Chip, sebbene estremamente vantaggiose per applicazioni ad alta densità di interconnessione, come quelle impiegate nei dispositivi LED, possono comportare sfide significative, specialmente in termini di gestione termica e durabilità dei materiali. In particolare, l’uso di adesivi a base di indio e oro, come nel caso del bonding termocompressivo, richiede temperature superiori ai 300°C, il che può danneggiare alcuni materiali di confezionamento e substrati sensibili. La tecnologia termosonica, che sfrutta vibrazioni ultrasoniche per ridurre la necessità di alte temperature e forze elevate, è una soluzione emergente in applicazioni a bassa densità di pin, come nei smart card e nei filtri SAW utilizzati nelle telecomunicazioni.
Infine, il miglioramento dell’efficienza luminosa nei dispositivi LED ha portato alla creazione dei WLEMs (White Light Emitting LEDs), che utilizzano particelle di fosforo per convertire la luce blu o UV in luce bianca. I WLEMs, in particolare quelli convertiti tramite fosforo (PC-WLEMs), si distinguono per l’efficienza superiore rispetto alle tradizionali lampade ad incandescenza e fluorescenti, offrendo anche una durata maggiore. I metodi di stampa a schermo, utilizzati per creare strati spessi di fosforo e altre sostanze, sono ampiamente impiegati per produrre questi dispositivi, consentendo di ottenere film sottili e ben definiti che ottimizzano le caratteristiche spettrali della luce emessa.
Le tecniche di assemblaggio e produzione dei dispositivi LED, quindi, sono in continua evoluzione, mirando non solo a migliorare l’efficienza energetica, ma anche a superare le sfide termiche, meccaniche e chimiche legate alla miniaturizzazione e alla durevolezza dei componenti elettronici. La combinazione di materiali avanzati e metodi di bonding innovativi continua a spingere i limiti delle prestazioni dei dispositivi, contribuendo alla diffusione e alla crescita della tecnologia LED nei settori industriale, commerciale e di consumo.
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