Nel corso della sua carriera, Donald Trump ha fatto della retorica della crudeltà e dell'ignoranza una caratteristica distintiva, che non solo ha alimentato la sua politica, ma ha contribuito a costruire una comunità tra i suoi sostenitori. Le sue dichiarazioni provocatorie, spesso cariche di misoginia, razzismo e violenza implicita, sono state acclamate da milioni di americani. Le sue frasi infuocate, come quella sulla presunta libertà di toccare le donne "perché sei una celebrità", o le sue allusioni alla violenza fisica contro i manifestanti e i giornalisti, non sono state considerate errori, ma una manifestazione di forza e di resistenza contro un sistema che lui stesso dipingeva come corrotto e incapace di affrontare le sue proposte.
Le sue opinioni su temi come l'aborto, la tortura, e le armi mostrano un atteggiamento che non solo sminuisce il valore della vita umana, ma lo fa in modo ostentato. La dichiarazione che, in caso di divieto dell'aborto, sarebbe stata necessaria una “punizione” per le donne che avrebbero violato la legge è un esempio di un pensiero che vede la legge come un mezzo per punire, piuttosto che per educare o comprendere le circostanze individuali. Allo stesso modo, la sua difesa delle tecniche di tortura come metodo di interrogatorio e la minaccia di violenza fisica, seppur minimizzata come "linguaggio da spogliatoio", rivelano un mondo in cui la forza è la risposta predefinita a qualsiasi tipo di disaccordo.
Questa retorica della violenza non si limita alla parola, ma diventa un elemento della strategia politica, un modo per rafforzare l'identità del gruppo. I suoi sostenitori si uniscono intorno alla negazione di valori condivisi di umanità, rispetto e comprensione. Trump ha spesso utilizzato la violenza verbale come un collante che unisce i suoi seguaci, creando una sorta di comunità di reazione che si definisce principalmente in opposizione a ciò che considera il nemico, sia esso rappresentato dalle élite, dai media o dai gruppi di minoranza.
L'ignoranza di Trump, tuttavia, non è solo una caratteristica della sua retorica, ma anche della sua gestione politica. La sua totale disinteresse per l'intelletto, il sapere e l'expertise è stato notoriamente documentato. Non solo non leggeva i briefing quotidiani dei servizi segreti, ma rifiutava anche di ascoltare consigli da esperti, preferendo fare affidamento sul proprio "istinto". Questo approccio ha portato a una serie di errori imbarazzanti, come la sua confusione sui dettagli più elementari della storia e della geopolitica, dimostrando non solo una mancanza di preparazione, ma anche una totale indifferenza per la complessità del mondo.
Un altro aspetto fondamentale della sua personalità politica è il suo narcisismo maligno. La sua convinzione di essere un "genio stabile", la sua fiducia implacabile nelle proprie capacità e il suo auto-elogio continuo si mescolano con una profonda sfiducia nei confronti di chiunque non sia allineato con lui. La sua visione del mondo è intrinsecamente egocentrica e riflette una concezione della politica come una partita a scacchi, in cui lui è sempre il pezzo più importante e più brillante. I suoi autoincensamenti, come quello di essere il più grande difensore dei diritti delle donne o il presidente più impegnato della storia, sono indicativi di un'incomprensione profonda delle dinamiche sociali e politiche in gioco.
Il discorso che Trump porta avanti è il prodotto di un lungo processo di delegittimazione delle istituzioni e degli esperti, che alimenta un'alternativa alla realtà che egli stesso costruisce, rendendo la sua ignoranza una virtù, piuttosto che una debolezza. La sua retorica non è solo una risposta ai problemi immediati, ma una costruzione ideologica che serve a creare una narrativa in cui i suoi sostenitori possono sentirsi superiori e in grado di combattere contro ciò che considerano ingiusto o corrotto.
Infine, è importante notare come, attraverso questa combinazione di ignoranza, crudeltà e narcisismo, Trump ha riuscito a catalizzare una parte significativa della popolazione americana, disposta a sacrificare la razionalità, l'evidenza e il rispetto reciproco per una politica della forza e del dominio. Non si tratta solo di un'ignoranza superficiale, ma di una retorica pericolosa che ha trovato terreno fertile in un contesto politico sempre più polarizzato.
Qual è il ruolo delle dinamiche elettorali e demografiche nella vittoria di Trump nelle elezioni del 2016?
Le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti sono state un evento storico che ha visto la vittoria di Donald Trump, contro ogni previsione. La sua ascesa alla Casa Bianca ha sollevato molte domande sulle dinamiche elettorali, le strategie politiche e il cambiamento dei gruppi demografici coinvolti nel voto. Un aspetto fondamentale per comprendere l’elezione di Trump è l’analisi del voto a livello distrettuale, demografico e geografico, con un’attenzione particolare ai cambiamenti nelle preferenze elettorali tra diversi gruppi sociali ed etnici.
Nel 2016, la sua vittoria è stata particolarmente marcata nelle aree rurali e in quelle che avevano visto un calo economico significativo negli ultimi decenni. Trump ha ottenuto un sostegno massiccio da parte degli elettori bianchi, in particolare quelli non laureati, il che ha rappresentato una parte cruciale della sua base di supporto. Questi elettori, storicamente legati al Partito Democratico o comunque più neutrali, si sono sentiti abbandonati dalla politica tradizionale e hanno risposto positivamente ai messaggi di Trump, che prometteva di "restaurare la grandezza dell'America" e di "riportare indietro i posti di lavoro persi".
Un altro elemento da considerare è il cambiamento nel panorama demografico degli Stati Uniti. Le elezioni hanno mostrato come l'America stesse cambiando, non solo in termini di etnia, ma anche riguardo all'educazione. Gli elettori meno istruiti, specialmente quelli bianchi, hanno gravemente influenzato i risultati. La crescita dei votanti che non possedevano un titolo di studio universitario è stata fondamentale. Trump è riuscito a mobilitare questi elettori, grazie alla sua retorica di protesta contro l'establishment politico e i suoi messaggi sui temi economici.
D'altra parte, l'analisi delle preferenze elettorali rivela che, sebbene Trump abbia ottenuto forti consensi nelle aree meno istruite e più rurali, Hillary Clinton ha conquistato un ampio supporto nelle aree urbane e tra le persone con un livello di istruzione superiore. La divisione geografica tra le aree urbane e rurali, così come quella tra elettori istruiti e non, è un elemento cruciale per capire i risultati finali delle elezioni. Le città di maggiori dimensioni, come Madison e Milwaukee in Wisconsin, sono state decisamente favorevoli a Clinton, ma la predominanza di Trump nelle aree rurali ha giocato un ruolo determinante nell'esito complessivo.
Un altro fattore significativo nella vittoria di Trump è l’uso dei media e delle piattaforme sociali. Le sue apparizioni in televisione, i tweet quotidiani e i comizi elettorali hanno avuto un impatto profondo. Il suo approccio alla politica attraverso i social media ha permesso di raggiungere direttamente gli elettori, bypassando i media tradizionali, che spesso lo criticavano. Questo gli ha dato una connessione unica con un elettorato che si sentiva ignorato dai canali di informazione tradizionali.
Oltre alle dinamiche elettorali, la comprensione di come le politiche di Trump abbiano reso evidenti certe divisioni nella società americana è fondamentale. La sua retorica, incentrata su temi come l’immigrazione, il nazionalismo e l’isolazionismo economico, ha alimentato la polarizzazione politica nel paese. Il sostegno a Trump non può essere visto come un semplice voto di protesta, ma piuttosto come una reazione a un sistema che molti elettori consideravano fuori contatto con le loro preoccupazioni quotidiane. Questo ha portato a una reazione di difesa dei valori tradizionali da parte di una fetta significativa della popolazione.
Inoltre, è importante notare come la percezione di legittimità delle elezioni e l’atteggiamento verso il governo abbia avuto un impatto sulle scelte elettorali. Trump è riuscito a capitalizzare sulla frustrazione diffusa verso le istituzioni, promuovendo l’idea di essere un outsider che avrebbe combattuto contro l’establishment politico, a differenza della Clinton, che era percepita come parte del "vecchio sistema".
Oltre a questo, è utile osservare l’evoluzione della strategia politica dei partiti. Sebbene i risultati elettorali del 2016 abbiano rappresentato una sorta di rottura con le aspettative tradizionali, l’ascesa di Trump è anche il frutto di un lungo processo di riorganizzazione interna al Partito Repubblicano. La crescente centralità del populismo all'interno del partito ha trovato in Trump un portavoce naturale, capace di raccogliere il consenso di una base di elettori sempre più orientata verso posizioni di destra radicale e di sovranismo.
Infine, l’impatto delle politiche di Trump, che hanno privilegiato l’interesse nazionale rispetto a quello internazionale, ha segnato un nuovo corso nella politica estera americana. Il suo approccio "America First" ha rappresentato un cambiamento radicale rispetto alle amministrazioni precedenti, che avevano puntato a un ruolo di leadership globale per gli Stati Uniti. Questo ha sollevato interrogativi su come gli Stati Uniti si sarebbero relazionati con il resto del mondo e ha avuto ripercussioni significative sulle politiche internazionali.
L’analisi dei risultati elettorali del 2016 dimostra come le elezioni non siano solo il riflesso di un voto su una singola figura politica, ma un complesso intreccio di cambiamenti sociali, demografici e culturali, che influenzano le preferenze politiche della nazione.
Come la lotta libera ha plasmato lo stile politico di Trump: la retorica da ring nella sua campagna elettorale
La relazione tra Donald Trump e la famiglia McMahon, titolari della WWE, non si limitò solo agli affari, ma si estese anche alla politica. I legami tra Trump e la McMahon si manifestano attraverso un mutuo interesse per il dramma e la spettacolarizzazione che caratterizzano il mondo del wrestling professionale. Trump non solo ha sostenuto la WWE, ma ha anche integrato nelle sue strategie politiche le tecniche e le tattiche che ha appreso nel mondo della lotta, influenzando profondamente il suo approccio alla comunicazione politica.
Molti critici, tra cui Josh Dawsey, hanno sottolineato l’influenza del wrestling sulla campagna elettorale di Trump, osservando che le sue modalità di interazione con il pubblico riprendono lo stile da "performer" del wrestling. Sam Nunberg, uno degli ex collaboratori della campagna di Trump, racconta che durante le prime fasi della sua corsa alla presidenza, si disse a Trump che avrebbero dovuto essere "la WWE delle primarie, con adrenalina e scontri fisici". Questo tipo di retorica, fatta di dramma e teatralità, si sposava perfettamente con il suo stile, intriso di sensazionalismo. Secondo i critici, questa "spettacolarizzazione" della politica è diventata una delle caratteristiche distintive della sua campagna, contribuendo a costruire la sua immagine come un "outsider" e una figura carismatica, ma anche provocatoria.
L’approccio di Trump a Wrestlemania, dove si presentò come un bullo, si rivelò anche un segno del suo stile politico: aggressivo e sopra le righe. Lo stesso linguaggio che utilizzò contro Vince McMahon, il presidente della WWE, venne riproposto durante gli scontri verbali con i suoi avversari politici, come Jeb Bush e Ted Cruz. Come evidenziato dal giornale The Economist, il pubblico non era attratto da politiche sofisticate, ma piuttosto dal "realismo" della figura di Trump, paragonato a una sorta di "cattivo" del wrestling. La politica, come il wrestling, si nutre della costruzione di personaggi estremi e di conflitti manichei tra "buoni" e "cattivi".
La retorica di Trump attinge profondamente dalle pratiche della lotta professionale, dove il wrestler crea una narrazione avvincente attraverso l’auto-esaltazione e l’insulto. Questo tipo di retorica si riflette nei discorsi pubblici di Trump, che abbondano di dichiarazioni autocelebrative come "nessuno conosce meglio il sistema di me, e per questo sono l’unico in grado di risolverlo" o "sono un uomo di successo, tutti mi adorano". Questi slanci di auto-promozione sono simili alla "braggadocio" dei wrestler, come Gorgeous George, che si definiva "la sensazione della nazione". In effetti, Trump ha saputo utilizzare queste tecniche, imparate dalla WWE, per costruire un marchio pubblico, presentandosi come l’unico in grado di cambiare le sorti dell’America.
Tuttavia, non è solo l’auto-esaltazione che caratterizza lo stile politico di Trump, ma anche la sua propensione all’insulto. Come il wrestler che sfida verbalmente il suo avversario, Trump ha fatto dell’insulto un elemento centrale della sua comunicazione. La lista di soprannomi e insulti che ha riservato ai suoi avversari politici è lunga e variegata, passando da "Lyin’ Ted" per Ted Cruz a "Little Marco" per Marco Rubio, fino ad arrivare a “Crooked Hillary” per Hillary Clinton. Questo tipo di linguaggio, che sembra ispirato alle "trash talk" del wrestling, ha avuto un effetto di polarizzazione, ma anche di attrazione del pubblico, contribuendo a mantenere vivo l'interesse per la sua campagna e ad accrescere la sua popolarità tra i suoi sostenitori.
Trump ha imparato l’importanza di "costruire il risentimento" attraverso le provocazioni e gli insulti. Come i wrestler che attaccano la figura e la reputazione dei loro avversari per creare tensione, Trump ha usato la stessa strategia, rinforzata dai social media, per aggredire verbalmente chiunque si ponesse come ostacolo alla sua ascesa politica. Insultare e deridere è diventato il suo modo per rafforzare la propria immagine e aumentare la propria visibilità, mentre nel contempo minava l’autorevolezza e l’immagine dei suoi oppositori.
Tuttavia, c'è un aspetto fondamentale che deve essere compreso oltre l'apparente spettacolarizzazione della politica di Trump: la creazione di personaggi attraverso il conflitto è una tecnica potente, ma rischia di ridurre il dibattito politico a un mero show, in cui l'abilità oratoria diventa più importante della sostanza delle proposte politiche. La spettacolarizzazione porta con sé il rischio di frammentare la comunicazione politica, facendo sì che gli elettori diventino spettatori piuttosto che partecipanti informati e consapevoli del processo democratico. Inoltre, la retorica da ring alimenta una cultura della divisione, dove l’obiettivo non è risolvere problemi comuni, ma accentuare le differenze per mantenere alta la tensione.

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