I raggi X nei dispositivi di laboratorio vengono generati quando un filamento elettricamente riscaldato, normalmente fatto di tungsteno, emette elettroni accelerati da una grande differenza di potenziale (tra i 20 e i 50 kV). Questi elettroni colpiscono poi un bersaglio metallico, normalmente raffreddato ad acqua, dove lo spettro risultante dei raggi X è composto da due parti distinte. La prima parte, illustrata nella Figura 2.1, è nota come radiazione di Bremsstrahlung (o radiazione di frenamento), che è uno spettro continuo di radiazione "bianca" dei raggi X e viene causato dal rallentamento e dal cambiamento di direzione degli elettroni quando entrano nel bersaglio metallico. Sopra questa radiazione, si sovrappongono dei picchi intensi e nitidi, come mostrato nella Figura 2.2. Questi picchi sono causati dall'ionizzazione degli elettroni vicino al nucleo nel bersaglio metallico. Un elettrone proveniente da un livello energetico superiore cade per riempire il vuoto, e vengono prodotti raggi X secondari che corrispondono alla differenza di energia tra i due orbitali, come mostrato nella Figura 2.3. Questi picchi nitidi sono noti come raggi X caratteristici e hanno lunghezze d'onda ben definite, dipendenti dall'elemento del bersaglio.

Le linee Kα e Kβ, mostrate nella Figura 2.2, sono prodotte dall'ionizzazione di un elettrone proveniente dalla shell K (n = 1) e dal successivo riempimento del vuoto da parte di un elettrone proveniente dalla shell L (n = 2) per produrre la linea Kα, e dalla shell M (n = 3) per ottenere la linea Kβ. La linea Kα è composta da due linee molto ravvicinate, Kα1 e Kα2, causate dai diversi stati di spin degli elettroni nella shell L. Con l'aumento del numero atomico del bersaglio metallico, la lunghezza d'onda delle linee caratteristiche diminuisce. La Tabella 2.1 elenca i materiali bersaglio più comuni e le lunghezze d'onda corrispondenti. Nella maggior parte degli esperimenti di diffrazione dei raggi X, è necessaria una radiazione monocromatica. Di solito, la linea Kβ viene filtrata, e viene utilizzata la linea Kα (o talvolta anche Kα1). Il filtro è tipicamente costituito da una sottile pellicola metallica dell'elemento adiacente (Z-1) nella tavola periodica, quindi un filtro di nichel viene usato per una sorgente di raggi X in rame, mentre il niobio viene utilizzato con una sorgente di raggi X al molibdeno. La componente Kα2 può essere rimossa utilizzando un monocromatore, un cristallo singolo di silicio, germanio o talvolta grafite, e il fascio di raggi X viene riflesso sulla superficie del monocromatore ad un angolo tale da selezionare solo la lunghezza d'onda Kα1.

Oltre alla tipica sorgente sigillata mostrata nella Figura 2.4, sono stati sviluppati altre sorgenti da laboratorio per soddisfare la domanda di un flusso maggiore e per raccogliere dati più velocemente, come i dispositivi con anodo rotante che producono fasci di raggi X intensi, con un'intensità superiore di un ordine di grandezza rispetto ai tubi convenzionali. Ciò è possibile perché il bersaglio metallico ruota, e il carico di calore viene dissipato su tutta la superficie del bersaglio.

Nel contesto della diffrazione dei raggi X, il fenomeno della dispersione riveste un ruolo centrale. I raggi X possono interagire con la materia in due modi principali: dispersione e assorbimento. La dispersione è l'oggetto principale di discussione in questa sezione, mentre l'assorbimento e le tecniche ad esso collegate saranno trattati in un capitolo successivo. Nella materia solida, i raggi X vengono dispersi dalla nuvola elettronica attorno agli atomi. Quando non vi è perdita di energia durante il processo di dispersione, si parla di dispersione elastica o coerente, ed è questa tipologia di raggi X che viene utilizzata negli esperimenti di diffrazione. Se invece i raggi X perdono energia durante il processo di dispersione, si parla di dispersione anelastica o incoerente.

Per visualizzare la diffrazione dei raggi X da parte degli atomi, si può fare un parallelismo con esperimenti fisici semplici in cui la luce viene dispersa da reticoli ottici. Questo è un analogo unidimensionale del processo tridimensionale che avviene nei solidi. In un reticolo ottico, se la separazione tra le linee è leggermente maggiore della lunghezza d'onda della luce, quando la luce colpisce il reticolo, questo agisce come una sorgente secondaria di luce e riemette la luce in tutte le direzioni, come mostrato nella Figura 2.5. Quando ci sono più di queste sorgenti secondarie, la luce diffratta da ciascuna di esse può interferire, dando luogo a interferenze costruttive e distruttive.

I solidi cristallini presentano una regolare disposizione ripetitiva di atomi, e quindi possono disperdere la "luce" in maniera simile. La separazione tra gli atomi è molto più piccola rispetto alla separazione nelle linee del reticolo ottico, ed è per questo che devono essere usati raggi X, che possiedono lunghezze d'onda comparabili alla separazione tra gli atomi. I raggi X, infatti, sono ideali per condurre esperimenti di diffrazione. Per analizzare i modelli di diffrazione ottenuti, è necessario un metodo che colleghi i raggi X diffusi all'arrangiamento degli atomi all'interno del materiale solido. Esistono due approcci principali: il metodo di von Laue e il metodo di Bragg.

Il primo metodo fu sviluppato da Max von Laue all'inizio del XX secolo, ed utilizzava tre equazioni simultanee che rappresentavano ogni dimensione, legando l'angolo di diffrazione alla lunghezza d'onda dei raggi X. Affinché avvenisse la diffrazione, tutte e tre le equazioni dovevano essere soddisfatte simultaneamente. Sebbene questo metodo fosse matematicamente corretto, risultava piuttosto scomodo e fu soppiantato dall'equazione di Bragg, che è ancora in uso oggi. Intorno allo stesso periodo in cui von Laue sviluppava il suo metodo, William Bragg e suo figlio Lawrence sviluppavano un approccio differente, che venne pubblicato per la prima volta nel 1913. Trattarono i cristalli come se fossero composti da piani che agivano come specchi semitrasparenti. Alcuni dei raggi X vengono riflessi da un piano con l'angolo di riflessione uguale all'angolo di incidenza, come mostrato nella Figura 2.6. Il resto dei raggi X percorre una distanza maggiore all'interno del cristallo e può essere riflesso da piani successivi. Affinché si verifichi l'interferenza costruttiva, i raggi X riflessi devono essere in fase e la legge di Bragg deve essere soddisfatta; altrimenti si verifica un'interferenza distruttiva.

La legge di Bragg, che si esprime con la formula:
nλ=2dsinθn\lambda = 2d \sin \theta

dove λ\lambda è la lunghezza d'onda dei raggi X, θ\theta è l'angolo di incidenza e riflessione, e dd è la distanza perpendicolare tra i piani di reticolo adiacenti, descrive le condizioni per la diffrazione dei raggi X. La derivazione di questa legge avviene considerando le differenze nei percorsi percorsi dai raggi X riflessi da piani adiacenti, e stabilendo che la differenza tra questi percorsi deve essere un multiplo intero della lunghezza d'onda, affinché avvenga l'interferenza costruttiva.

Come l'energia e la conducibilità ionica influenzano le batterie al solido

Le batterie, come dispositivi fondamentali di accumulo energetico, sono alla base di numerose tecnologie moderne, dalle automobili elettriche agli smartphone. Tuttavia, per comprendere appieno il loro funzionamento, è necessario esplorare i principi fisici che ne determinano l'efficienza, come l'energia libera di Gibbs e la conduttività ionica nei solidi. La relazione fondamentale tra la forza elettromotrice (emf) di una cella e il cambiamento dell'energia libera di Gibbs per una reazione chimica è data dalla seguente equazione: ∆G° = −nE°F, dove n è il numero di elettroni trasferiti, è la forza elettromotrice standard della cella, e F è la costante di Faraday (96,485 C/mol).

Questa equazione mette in evidenza come l'energia immagazzinata in una batteria dipenda dall'energia generata dalla reazione elettrochimica e dalla quantità di materiale utilizzato, ed è solitamente espressa in watt-ore (Wh). Le batterie ricaricabili, come quelle al piombo-acido (comuni nelle automobili) e le batterie agli ioni di litio, sono esempi di sistemi che sfruttano queste reazioni per accumulare energia. Tuttavia, un tipo particolare di batteria che sta guadagnando attenzione è la batteria allo stato solido, che offre vantaggi significativi in termini di durata della batteria, resistenza a temperature estreme e possibilità di miniaturizzazione.

Le batterie allo stato solido si distinguono per l'uso di un elettrolita solido, un materiale che deve possedere una conduttività ionica elevata ma rimanere un isolante elettronico. Questo è fondamentale, poiché permette di separare i due reagenti della batteria e consente solo agli ioni di muoversi attraverso il solido, evitando cortocircuiti. Prima di analizzare le batterie allo stato solido in dettaglio, è necessario comprendere il comportamento della conduttività ionica nei solidi e i materiali che meglio la facilitano.

La conduttività ionica nei solidi

La conduttività ionica in un solido, ovvero il movimento degli ioni sotto l'influenza di un campo elettrico esterno, è possibile grazie alla presenza di difetti puntuali nel reticolo cristallino. Esistono due meccanismi principali per il movimento degli ioni: il meccanismo di vacanza e quello interstiziale. Nel primo caso, un ione si sposta da una posizione normale del reticolo a un sito vacante adiacente (meccanismo di vacanza). Nel secondo, un ione interstiziale si muove verso un sito equivalente adiacente (meccanismo interstiziale). Questi modelli semplificati di movimento, noti come modelli di salto, ignorano i movimenti cooperativi più complessi, ma forniscono una base utile per comprendere la conduttività ionica.

La conduttività ionica (σ) viene definita come σ = nZeμ, dove n è la concentrazione di portatori di carica per unità di volume, Ze è la carica degli ioni e μ è la loro mobilità, che misura la velocità di deriva in un campo elettrico costante. I cristalli ionici, pur conducendo, sono generalmente cattivi conduttori rispetto ai metalli. Questo è dovuto alla difficoltà che gli ioni incontrano nel muoversi attraverso il reticolo cristallino, dovendo superare barriere energetiche interne.

La mobilità e la temperatura

Nel caso di composti come il cloruro di sodio (NaCl), che presenta difetti di Schottky, le particelle di Na+ si muovono con maggiore facilità rispetto agli altri ioni, ma si trovano ad affrontare resistenze interne. La mobilità di un ione può essere espressa in termini di un'energia di attivazione (Ea), che rappresenta l'energia richiesta per "saltare" da un sito del reticolo a un altro. L'espressione che descrive questa dipendenza dalla temperatura è data dall'equazione di Arrhenius, μ ∝ −Ea exp(−Ea / kT), dove k è la costante di Boltzmann e T la temperatura assoluta.

Questo comportamento termico implica che la conduttività ionica aumenti con l'aumentare della temperatura, e la variazione di σ con la temperatura segue una legge che può essere espressa come σ = σ0 exp(−Ea / kT). In pratica, se si tracciano i valori di log(σ) contro 1/T, si ottiene una linea retta il cui coefficiente angolare fornisce il valore dell'energia di attivazione Ea. Questi risultati sono fondamentali per comprendere come la temperatura influisca sulle performance delle batterie, in particolare quelle che utilizzano elettroliti solidi.

Materiali con alta conduttività ionica

La ricerca sui materiali con alta conduttività ionica è fondamentale per lo sviluppo delle batterie allo stato solido. I materiali migliori in questo contesto sono quelli che presentano una struttura cristallina che consente il facile movimento degli ioni, come alcuni ossidi e solfuri. La ricerca continua a concentrarsi sulla scoperta di nuovi materiali che possano migliorare la conduttività e la stabilità a lungo termine delle batterie, riducendo al contempo i costi di produzione e aumentando la sicurezza, specialmente in condizioni di temperature estreme.

Importanza della comprensione dei principi elettrochimici

La comprensione approfondita dei principi elettrochimici, come l'interazione tra energia libera di Gibbs, la forza elettromotrice e la conduttività ionica, è essenziale non solo per sviluppare tecnologie avanzate nel campo delle batterie e dei dispositivi energetici, ma anche per migliorare l'efficienza energetica globale. La ricerca continua su materiali innovativi, l'ottimizzazione dei processi chimici e la gestione dei difetti nei reticoli cristallini sono elementi chiave per il progresso delle tecnologie delle batterie moderne, che sono destinate a svolgere un ruolo sempre più importante nel futuro energetico sostenibile.

Come Funziona il Laser al Rubino e Altri Dispositivi Ottici a Stato Solido

Nel contesto della chimica dello stato solido, uno degli esempi più affascinanti di applicazione pratica è il laser al rubino. Per comprendere il funzionamento di questo dispositivo, è necessario considerare come gli ioni di metalli di transizione, come il Ti3+, interagiscono in un cristallo. In un ione isolato, le cinque orbite 3d hanno la stessa energia. Tuttavia, all'interno di un cristallo, queste energie si separano. Per esempio, se l'ione occupa una posizione ottaedrica, i livelli 3d si separano in due gruppi: uno inferiore, con triplice degenerazione (t2g), e uno superiore, con doppia degenerazione (eg). Questo fenomeno, che permette la transizione elettronica tra i livelli, è cruciale per il funzionamento di laser come quello al rubino.

In un ione isolato, una transizione tra livelli d non implica alcuna variazione energetica. Al contrario, nel cristallo, tale transizione avviene con un cambiamento energetico, ma è ancora proibita dalle regole di selezione. Sebbene non sia “consentita” in senso stretto, la vibrazione del cristallo può mescolare i livelli energetici elettronici, permettendo alla transizione di avvenire con una bassa intensità. Ad esempio, la transizione t2g → eg per l’ione Ti3+ è visibile in uno spettro come una banda di assorbimento, come mostrato in Figura 9.3.

Nel caso specifico del laser al rubino, il materiale di partenza è il corindone (una forma di Al2O3) con piccole impurità di Cr3+ (da 0.04% a 0.5%) che sostituiscono gli ioni di alluminio. Gli ioni di cromo occupano siti ottaedrici distorti, dove i livelli 3d sono separati e permangono transizioni elettroniche, nonostante siano proibite dalle regole di selezione. Gli ioni di Cr3+ possiedono tre elettroni nei livelli 3d, i quali, nello stato fondamentale, occupano orbitali separati con spin paralleli. Quando la luce viene assorbita, uno di questi elettroni può essere eccitato a un livello energetico superiore, ma il passaggio tra questi livelli non è istantaneamente “permesso” dalla natura quantistica del sistema. Questo processo è simile a quanto descritto precedentemente per il Ti3+, ma con una differenza sostanziale: essendo presenti tre elettroni, occorre considerare anche la repulsione tra gli elettroni oltre alle modifiche degli orbitali energetici.

Dopo l’assorbimento di luce, gli elettroni possono subire una transizione senza emissione di radiazione (transizione senza radiazione) in cui l’energia dell’elettrone eccitato si perde sotto forma di energia vibrazionale del cristallo. In questa fase, l’ione di Cr3+ si trova in uno stato eccitato che può solo ritornare allo stato fondamentale attraverso una transizione proibita, dove l’elettrone cambia spin. Poiché tale transizione è doppiamente proibita, è molto meno probabile che avvenga rispetto al normale processo di assorbimento. La probabilità di emissione spontanea da parte dello stato 2 è bassa e non esistono altre vie non radiative che possano portare allo stato fondamentale, il che consente la formazione di una popolazione considerevole nello stato 2. Col tempo, circa 5 ms dopo, alcuni ioni nello stato 2 ritornano allo stato fondamentale, e i fotoni emessi spontaneamente interagiscono con altri ioni nello stesso stato, inducendo ulteriori emissioni. I fotoni emessi sono coerenti tra loro e si muovono nella stessa direzione, amplificando il fascio di luce attraverso il cristallo. In un laser, questo processo avviene all’interno di una cavità riflettente, che riflette i fotoni all’interno del cristallo, inducendo ulteriori emissioni. Alla fine, quando la cavità è aperta, si emette un impulso di luce coerente. Il termine "laser" deriva proprio da questa amplificazione della luce per emissione stimolata di radiazione.

Nel laser al rubino, un lampada a flash ad alta intensità eccita gli ioni di Cr3+ dal livello 1 ai livelli 3 e 4. Un interruttore Q, situato a un'estremità della cavità riflettente, regola il passaggio dalla riflessione alla trasmissione della luce laser. Questo dispositivo è cruciale per la produzione di impulsi di luce coerente.

Anche se il rubino è stato il primo materiale utilizzato per i laser a stato solido, oggi si utilizzano numerosi altri cristalli con impurezze di ioni di metalli di transizione o ioni lanthanidi. Questi cristalli devono contenere ioni che abbiano un livello energetico che consenta una transizione proibita verso lo stato fondamentale, ma che possa essere raggiunto tramite una transizione meno proibita. Alcuni degli esempi più significativi includono Ti3+ (sapphire), Nd3+ (fluorite, YAG), Sm3+ (fluorite), e Ho3+ (YAG, YAP), tra gli altri. Ogni tipo di ione e materiale ospite ha caratteristiche di emissione specifiche, che vanno dal vicino infrarosso alla luce visibile.

Oltre alla ricerca sui laser, un altro campo che ha beneficiato dello studio delle transizioni elettroniche in solidi è quello dei fosfori, utilizzati in LED e altre tecnologie di illuminazione. I fosfori sono solidi che assorbono energia e la riemettono sotto forma di luce. A differenza dei laser, dove il processo di emissione è stimolato, nei fosfori la luce è emessa spontaneamente. Ad esempio, le luci bianche degli LED sono prodotte da un LED che emette radiazione nella regione blu/viola, parte della quale viene assorbita da un rivestimento di fosforo che la riemette come luce gialla, verde o rossa. I fosfori comunemente usano ioni di lanthanidi, come il Ce3+ in YAG, per produrre bande di luce di diverse lunghezze d'onda.

La comprensione di questi processi di transizione elettronica e delle loro applicazioni è fondamentale non solo per la progettazione di dispositivi ottici avanzati, ma anche per sviluppi tecnologici che riguardano l'illuminazione, le comunicazioni e la medicina.