L’idea che l’informazione sia un elemento fondamentale dell’universo, presente ovunque vi siano correlazioni e propagazioni di vincoli, ha portato alcuni a sostenere una visione “fondamentalista” dell’informazione. Ma una tale posizione, per quanto suggestiva, si scontra con due problemi concettuali profondi: il problema della disinformazione e il problema dell’indeterminatezza del contenuto. Entrambi rivelano che la correlazione da sola non basta per definire il significato.

Paul Grice ha distinto tra significato naturale e non-naturale. Il significato non-naturale, come quello linguistico o intenzionale, può essere falso. Un ragazzo può gridare “Arriva il lupo!” anche se nessun lupo è presente: qui c’è rappresentazione, e con essa la possibilità di errore. Al contrario, un segnale naturale come una nuvola scura non può mentire: o piove, o non piove, ma la nuvola non ha intenzione. La possibilità di sbagliare è ciò che definisce l’intenzionalità: rappresentare implica la possibilità di rappresentare falsamente. Come ha osservato Dretske, è proprio la capacità di sbagliare che definisce il significato in senso normativo.

Questa normatività è ciò che manca nelle mere correlazioni fisiche. I vincoli che si propagano nel mondo naturale sono ciechi allo scopo. Non si orientano verso un fine, e dunque non possono essere giudicati come veri o falsi. Sono, semplicemente, accadimenti. La normatività, invece, implica una direzionalità teleologica: qualcosa è vero o falso rispetto a uno scopo, a una funzione, a un interesse. Ed è questa direzione che manca nei sistemi puramente fisici, anche se riccamente correlati.

Il secondo problema che mina il fondamentalismo è quello dell’indeterminatezza del contenuto. Prendiamo l’esempio di un campanello. Sentire il suono del campanello indica che un visitatore è alla porta. Ma ogni fase della catena causale – dalla pressione del pulsante alla vibrazione del timpano – è correlata con le altre. Ogni evento trasmette vincoli agli eventi successivi. In termini puramente fisici, non c’è nulla che ci dica che il suono si riferisce al visitatore (evento distante), piuttosto che, ad esempio, alla vibrazione del timpano (evento prossimo). Se la propagazione dei vincoli è tutto ciò che abbiamo, allora ogni evento nella catena ha uguale diritto a essere considerato il contenuto del segnale.

Il contenuto di una rappresentazione non è fissato dalla sua causa prossima né dalla sua correlazione statistica. Occorre qualcosa in più: un interesse, una funzione, un punto di vista che seleziona un elemento come referente. Senza questa selezione, ci troviamo davanti a un problema di disgiunzione: un unico segnale può essere correlato a molteplici eventi, tutti egualmente compatibili con la sua presenza. Ma la rappresentazione non è ambigua: essa ha, o deve avere, un contenuto determinato.

Un caso biologico rafforza il problema: i batteri magnetotattici nuotano verso il nord geomagnetico, il che li porta nelle profondità oceaniche prive di ossigeno, dove possono sopravvivere. Il campo magnetico e l’ambiente anossico co-occorrono sempre. Allora, cosa rappresenta la direzione magnetica? Il nord? O l’assenza di ossigeno? Nessuna delle due risposte può essere data basandosi solo sulla correlazione. Serve una selezione, un interesse evolutivo o funzionale che stabilisca che l’informazione veicolata è quella sull’ambiente privo di ossigeno.

La conclusione inevitabile è che la semplice correlazione – anche se costante, anche se affidabile – non può fondare il significato. Essa può, al massimo, offrire una base materiale sulla quale si innestano relazioni rappresentazionali, ma non può, da sola, determinarle. La propagazione dei vincoli può essere vista come un affordance, una condizione abilitante per la rappresentazione, ma non il principio che la fonda.

Per comprendere pienamente il significato, bisogna dunque risalire all’origine della normatività, alla fonte dell’“essere per qualcosa” che caratterizza ogni atto rappresentazionale. Ed è in questa direzione che si apre lo spazio per una vera teoria dell’intenzionalità: una teoria che spieghi come il significato emerga da vincoli fisici, ma non si esaurisca in essi.

Occorre inoltre comprendere che la normatività non è semplicemente una proprietà che si “aggiunge” alla materia, ma è una forma di organizzazione che presuppone la presenza di sistemi capaci di interpretare, selezionare, valutare. La distinzione tra rappresentazione e mera correlazione è, quindi, anche una distinzione tra livelli di organizzazione: tra la fisica e la semantica, tra l’essere e il significare.

Qual è la natura della differenza tra contenuto soggettivo e oggettivo nei giochi di segnalazione?

Nel contesto dei giochi di segnalazione, il contenuto informativo e funzionale di un segnale come M1 è duplice: da un lato, si tratta di una distribuzione di probabilità sulle azioni possibili di mittente e destinatario; dall’altro, rappresenta un impegno funzionale in una struttura di stabilizzazione di equilibri. Quando il mittente percepisce una lepre e compie l’azione SH, inviando M1, e il destinatario, ricevendo M1, risponde con HF, si stabilizza FoM1: un equilibrio che si fonda su <1, 0> sia nel contenuto informativo sia in quello funzionale. Questa relazione implica che M1 contribuisce alla stabilizzazione di FoM1, ma non a quella di FoM2.

La perfetta coincidenza tra contenuto informativo e funzionale, però, è solo una costruzione ideale. Se, nella dinamica reale del gioco, il mittente crede che M1 sia associato alla risposta RH del destinatario invece di HF, allora il suo contenuto funzionale soggettivo diverge da quello oggettivo. Tale differenza non è meramente quantitativa: essa esprime un’incongruenza di tipo, una discrepanza strutturale tra le rappresentazioni mentali degli agenti e la realtà oggettiva del gioco. Il mittente agisce secondo la propria credenza, nonostante sia errata rispetto alla mente del destinatario. Questo perché non vi è conoscenza comune: entrambi gli agenti sono costretti ad agire in base a credenze soggettive, ciascuno chiuso nel proprio universo epistemico.

Lo stesso vale per il destinatario. Incapace di percepire direttamente lo stato del mondo, il destinatario costruisce una rappresentazione soggettiva basata unicamente sul segnale ricevuto. Anche se è certo delle proprie azioni, egli può fraintendere sia l’intenzione del mittente che il valore semantico effettivo del segnale. Per esempio, se HF è attivato da una sua associazione con WF invece che con SH, allora la struttura funzionale che egli attribuisce a M1 differisce radicalmente da quella oggettiva. Di nuovo, il motivo di questa discrepanza è epistemico: l’assenza di una conoscenza condivisa che possa ancorare soggettività e oggettività a un terreno comune.

Il paradosso del gioco di segnalazione emerge chiaramente: anche quando le azioni coordinate portano a un esito funzionalmente stabile e ottimale per entrambe le parti, ciò può accadere senza che vi sia comprensione reciproca o corrispondenza tra i modelli mentali degli agenti. Questo scenario idealizzato di “incomprensione reciproca completa” mette in luce che il contenuto soggettivo di un segnale può differire radicalmente dal contenuto oggettivo non solo nei valori numerici ma anche nella struttura semantica.

L’interpretazione soggettiva, pertanto, è una funzione delle credenze: il mittente utilizza le probabilità soggettive sulle reazioni del destinatario per massimizzare il proprio risultato, mentre il destinatario fa lo stesso usando le proprie credenze sullo stato del mondo. Ma le credenze non sono vincoli oggettivi: esse evolvono, si raffinano, possono convergere o divergere dalla realtà. L’obiettivo di entrambi gli agenti diventa duplice: agire in modo ottimale rispetto alle proprie probabilità soggettive e apprendere per allineare tali probabilità a quelle oggettive. Tuttavia, il successo di tale apprendimento non è garantito.

L’elemento rivelatore in tutto ciò è che la teoria dei giochi di segnalazione, nella sua forma evolutiva, tende a trascurare la natura semiotica della convenzionalità, riducendo il segnale a un’entità funzionale che stabilizza comportamenti ma ignorando la complessità della rappresentazione. Qui la semiotica peirceana offre uno strumento analitico cruciale: distingue tra due forme di arbitrarietà e convenzionalità, ossia quella del veicolo segnico (legisign) e quella della relazione referenziale (simbolo).

Un legisign è definito dalle sue proprietà presentazionali, non rappresentazionali. Può funzionare anche come icona o indice, a seconda della relazione stabilita con l’oggetto. Per esempio, il simbolo “:)” è un legisign che agisce come icona del sorriso. D’altra parte, il simbolo, nella sua accezione rappresentazionale, è arbitrario rispetto alle proprietà intrinseche sia del segno che dell’oggetto: la parola “cane” non ha alcuna connessione fisica con l’animale cane. Solo i legisign possono diventare simboli in senso rappresentazionale, perché solo essi sono strutturalmente indifferenti rispetto al loro contenuto materiale.

Questa distinzione semiotica è fondamentale per comprendere ciò che la teoria dei giochi spesso ignora: la convenzionalità non è una proprietà monolitica, ma una struttura bifasica che coinvolge sia il mezzo che la relazione. Allora, quale aspetto della convenzionalità è realmente catturato dalla teoria dei giochi di segnalazione? Essa descrive la funzione, ma non sempre coglie il significato.

Importante notare che la distanza tra contenuto soggettivo e oggettivo può essere sistematica, strutturale e persistente. La credenza del mittente sulla reazio

Cos'è l'Informazione e Come si Organizza nel Mondo Naturale?

L'informazione è un concetto che ha affascinato filosofi, scienziati e teorici per secoli. Nella sua forma più semplice, l'informazione è ciò che permette di rappresentare, comprendere e, in un certo senso, manipolare il mondo che ci circonda. Tuttavia, il significato profondo e le implicazioni dell'informazione sono molto più complesse di quanto si possa immaginare.

Il concetto di informazione è emerso e si è evoluto nel corso degli anni, con contributi da vari campi del sapere, tra cui la filosofia, la biologia e la teoria dei giochi. In particolare, nel campo della biologia, l'informazione è diventata un concetto centrale per spiegare la natura stessa della vita. La teoria dell'informazione biologica, infatti, ha cercato di comprendere come l'informazione non solo supporti la comunicazione tra esseri viventi, ma anche come essa possa essere alla base dei processi evolutivi che governano la selezione naturale.

Uno degli aspetti fondamentali da considerare è la relazione tra informazione e autorganizzazione. Molte teorie suggeriscono che la vita, e in particolare i sistemi biologici, si organizzano spontaneamente grazie a principi di autoorganizzazione, nei quali l'informazione gioca un ruolo cruciale. La teoria dell'iper-ciclo di Eigen e Schuster (1979) è un esempio di tale concetto, dove un insieme di entità chimiche interagisce tra loro per creare cicli autoperpetuanti di replicazione, che portano alla formazione di strutture sempre più complesse e ordinate.

In un contesto biologico, la definizione di informazione si estende oltre il semplice scambio di dati. Ad esempio, nella teoria dell'autopoiesi di Maturana e Varela, l'informazione non è solo un contenuto trasmesso, ma anche un processo che consente a un organismo di mantenere e riprodurre se stesso, mantenendo la sua identità nel tempo. In altre parole, l'informazione è ciò che consente agli esseri viventi di "essere" e di "crescere", non solo di esistere.

Un altro importante concetto legato all'informazione è la veridicità. La relazione tra informazione e verità è stata discussa da vari filosofi e teorici, tra cui Floridi (2010, 2011), che ha introdotto la teoria dell'informazione fortemente semantica. Secondo questa teoria, l'informazione non è solo un’entità che rappresenta la realtà, ma deve anche rispettare determinate condizioni di verità. Ciò implica che l'informazione è legata alla qualità della sua rappresentazione del mondo, non solo alla quantità di dati che contiene.

Inoltre, l'informazione, nel contesto della selezione naturale e dell'evoluzione, non è una mera trasmissione di dati, ma un elemento chiave nei meccanismi di comunicazione tra gli esseri viventi. La teoria dei giochi evolutivi applicata alla comunicazione tra organismi, come quella sviluppata da Godfrey-Smith (2007, 2016), suggerisce che l'informazione evolve per massimizzare la cooperazione e l’efficacia nelle interazioni biologiche. Questo approccio teorico implica che l'informazione sia non solo una risorsa utile, ma anche un mezzo attraverso cui gli organismi evolvono per adattarsi al loro ambiente e per comunicare in modo più efficiente.

In questo contesto, la semantica dell'informazione assume un ruolo fondamentale. Non basta che i segnali siano inviati; è essenziale che il loro significato venga correttamente interpretato. I segnali, quindi, non sono semplici trasmissioni di dati, ma piuttosto vettori di significato che devono essere decodificati e compresi in modo appropriato. In altre parole, la semantica è il collegamento tra la struttura dell'informazione e il suo significato, e questa interazione è alla base della comunicazione biologica, culturale e sociale.

Un altro punto importante riguarda la questione della disinformazione, che ha guadagnato rilevanza nel contesto moderno. Come osservato da Fallis (2015), la disinformazione non è semplicemente l’errore o l’ignoranza, ma un processo intenzionale di trasmissione di informazioni false o ingannevoli. Questo solleva importanti questioni etiche e pratiche sulla responsabilità di chi produce e diffonde informazioni, e come tale responsabilità influenzi la società e la sua capacità di prendere decisioni informate.

Nel mondo moderno, il concetto di informazione non si limita più solo a un mezzo di comunicazione tra esseri viventi. Le moderne tecnologie dell'informazione, la crescente digitalizzazione e l'uso diffuso dei social media hanno trasformato il concetto stesso di informazione, rendendola sempre più onnipresente e accessibile, ma anche più suscettibile a distorsioni e manipolazioni. Il modo in cui le informazioni vengono elaborate e interpretate, quindi, non è solo una questione di dati oggettivi, ma anche di come questi dati vengano organizzati, presentati e utilizzati nella vita quotidiana.

Infine, è cruciale comprendere che l'informazione, in tutte le sue forme, è dinamica e in continua evoluzione. Non è una realtà statica, ma piuttosto un processo che si adatta alle esigenze degli individui e dei sistemi nei quali è inserita. Questo processo non avviene solo a livello di singoli individui o organismi, ma anche a livello di sistemi complessi, come le ecologie, le società e le reti globali.