Il concetto di "contropossibile" gioca un ruolo fondamentale nelle spiegazioni deduttive, in quanto serve a stabilire come un risultato avrebbe potuto essere diverso qualora una condizione antecedente fosse stata diversa. Perché un contropossibile sia essenziale nell’ambito di una spiegazione, deve essere non triviale. Se fosse triviale, ovvero sempre vero a prescindere, non apporterebbe alcuna nuova comprensione al fenomeno in questione. In altre parole, la verità non triviale del contropossibile è necessaria affinché la connessione tra antecedente e conseguente non possa essere ignorata e assuma una rilevanza teorica.
In ambito matematico, i contropossibili sono spesso utilizzati per comprendere la relazione tra modelli teorici e fenomeni empirici, esplorando ciò che sarebbe successo se una certa variabile matematica fosse stata modificata. Per esempio, consideriamo l’esempio del ciclo di vita periodico della cicala, che si ripete ogni 13 o 17 anni. Questi cicli sono numeri primi, e la teoria dei numeri suggerisce che tale periodicità potrebbe minimizzare l'intersezione con altri cicli biologici e, di conseguenza, offrire vantaggi evolutivi. Supponiamo ora di ipotizzare un cambiamento di questa periodicità in un contropossibile, variando il numero che definisce il ciclo di vita della cicala: come cambierebbe la sua interazione con l'ambiente e con altre specie? In questo caso, la variabilità della condizione antecedente e le sue implicazioni sul conseguente sono centrali per comprendere il valore del contropossibile.
Un altro aspetto interessante riguarda le contraddizioni che possono emergere variando le proprietà necessarie nell’antecedente. In un sistema logico tollerante alle contraddizioni, queste potrebbero essere trattate senza invalidare il ragionamento, ma ciò non risolve tutte le problematiche. Quando il sistema numerico non è chiuso rispetto alla successione, come avviene ad esempio nel caso della teoria dei numeri di Peano, il modello risultante non è più isomorfo all’interpretazione standard dell'aritmetica. Ciò implica che una modifica di una proprietà matematica, come l'antecedente di un contropossibile, potrebbe alterare la struttura stessa del sistema numerico, sollevando interrogativi sulla validità delle implicazioni empiriche che ne derivano.
Nel contesto delle spiegazioni extra-matematiche, ovvero quelle in cui la matematica gioca un ruolo nel chiarire fenomeni empirici, i contropossibili offrono un interessante strumento per esplorare come le modifiche matematiche influenzano le osservazioni fisiche. Un esempio di ciò è l'analisi dei cicli di vita delle cicale periodiche e la struttura esagonale delle celle di un favo. La teoria controfattuale, che generalmente cerca di stabilire una relazione tra ciò che è e ciò che sarebbe stato sotto altre circostanze, può essere applicata per comprendere come la matematica possa contribuire a spiegare fenomeni empirici in modo nuovo, fornendo una connessione tra le leggi della natura e le leggi della matematica.
Un ulteriore problema che emerge quando si affrontano contropossibili con antecedenti matematici è come trattare le contraddizioni che inevitabilmente sorgono quando la matematica viene modificata. Poiché le proprietà matematiche sono necessarie e immutabili per il funzionamento di un sistema coerente, qualsiasi variazione dell'antecedente che modifichi una proprietà fondamentale del sistema numerico può portare a risultati impossibili, creando una tensione tra ciò che è matematicamente possibile e ciò che è fisicamente interpretabile. La questione centrale, quindi, è come possiamo mantenere costante il contesto e, al contempo, modificare una parte della matematica coinvolta nell’esplicazione del fenomeno senza invalidare la spiegazione stessa.
La discussione sulle implicazioni dei contropossibili matematici richiede dunque un’attenta riflessione sulla natura della matematica, sul suo rapporto con la realtà empirica e sulle sfide che sorgono quando tentiamo di usare modelli matematici per spiegare il mondo fisico. In particolare, è fondamentale comprendere come la matematica, nonostante la sua apparente immutabilità, possa essere utilizzata in modo flessibile per esplorare nuove spiegazioni e per chiarire il funzionamento dei fenomeni naturali. La modifica di un elemento matematico, come il ciclo di vita delle cicale o la forma di una cella di favo, potrebbe non solo influenzare l'esito empirico ma anche alterare la struttura logica su cui si basa la teoria stessa.
L'importanza di trattare i contropossibili come strumento teorico non si limita alla filosofia della scienza o alla logica matematica, ma si estende alla nostra comprensione della scienza in generale. Essi ci permettono di esplorare il confine tra ciò che è concepibile, ciò che è possibile e ciò che è empiricamente vero, gettando luce su come le leggi matematiche possano illuminare, modificare e talvolta riscrivere le leggi della natura.
Come si giustifica la generalizzazione esistenziale nelle proposizioni de re?
Il concetto di generalizzazione esistenziale in contesti cognitivi è strettamente legato alla natura delle descrizioni e alla loro capacità di rappresentare singoli individui. Ad esempio, quando sostituiamo una variabile come "x" con un nome proprio come "Ortcutt", l'inferenza che "Ralph crede che x sia una spia" diventa valida solo se il nome utilizzato designa un individuo unico e ben definito, come nel caso del nome "Ortcutt". Kaplan, nel 1968, afferma che, in tal caso, la descrizione è corretta solo se il nome usato identifica in modo esclusivo l'individuo di riferimento (Kaplan, 1968, p. 192). In altre parole, l'inferenza che "Ralph crede che Ortcutt sia una spia" si basa sulla relazione specifica tra il nome e l'individuo, che deve essere unica e distintiva. Questo tipo di nome è ciò che Kaplan definisce "vivid", poiché ha un potere referenziale specifico.
Tuttavia, il filosofo Quine sostiene che la distinzione tra termini esistenziali e descrizioni contestuali non può essere tracciata in modo rigoroso, a causa della sensibilità contestuale dei termini e delle descrizioni (Rescorla, 2015, p. 359). Questa osservazione implica che, nei casi discussi, non sia sempre possibile stabilire una linea chiara tra i diversi tipi di nomi e le loro applicazioni all'interno di proposizioni cognitive. Tale problematica emerge particolarmente quando si considerano termini aritmetici, che possono complicare ulteriormente la questione della quantificazione esistenziale nei contesti di credenza.
L'interrogativo si sposta successivamente verso l'applicazione della generalizzazione esistenziale agli oggetti aritmetici. Ackerman (1978) si chiede, ad esempio, se la stessa logica possa essere applicata quando si sostituisce una proposizione come "x è una spia" con "x è un numero perfetto". Un numero perfetto è definito come un numero pari alla somma dei suoi divisori propri. La domanda qui è se le descrizioni matematiche siano soggette alla stessa logica di inferenza esistenziale che si applica a descrizioni come "x è una spia".
Nel caso delle proposizioni aritmetiche, l'inferenza esistenziale può essere problematica. Ad esempio, quando Ralph crede che 6 sia il numero perfetto più piccolo, la proposizione "Ralph crede che x sia un numero perfetto" può essere inferita validamente, poiché il credere che 6 sia un numero perfetto è un atto de re, che implica una conoscenza diretta dell'oggetto (Ackerman, 1978, p. 147). Invece, se Ralph non ha conoscenza di numeri perfetti o non sa a quale numero si stia riferendo, l'inferenza non è giustificata, poiché la credenza sarebbe de dicto, cioè relativa alla formulazione linguistica piuttosto che a un oggetto concreto e distintivo.
Questo ci porta a una riflessione importante sulla natura dei numeri e delle loro rappresentazioni. I numeri, infatti, non sono semplicemente oggetti isolati da manipolare o trattare separatamente; essi sono concetti che acquisiscono significato all'interno di un sistema numerico più ampio. La comprensione di un numero non è quindi solo una questione di conoscere il numero in sé, ma implica anche una comprensione della sua posizione in una progressione numerica. Un numerale come "6", ad esempio, non è solo un simbolo astratto, ma rappresenta una posizione specifica nella sequenza naturale dei numeri.
Ackerman (1978) osserva che un numerale specifica direttamente la posizione del suo referente nella sequenza numerica, ma questa comprensione avviene solo se il numerale viene compreso all'interno di un sistema numerico, come nella numerazione dei numeri naturali. Questo è un punto cruciale: per capire un numero, dobbiamo non solo riconoscere il simbolo, ma anche essere in grado di collocarlo correttamente nel contesto della numerazione. Inoltre, i numeri devono essere visti in relazione tra loro, attraverso funzioni come la funzione successore, che gioca un ruolo fondamentale nel determinare l'ordine dei numeri.
Quando si parla di numeri, infatti, è essenziale comprendere non solo la loro posizione nella sequenza, ma anche come questi si sviluppano attraverso operazioni come il conteggio. In questo contesto, il conteggio non è solo una forma di enumerazione, ma un processo che stabilisce la relazione tra i numeri e la cardinalità delle collezioni che rappresentano. La comprensione dei numeri, quindi, dipende anche dal loro ruolo in un sistema e dal modo in cui possiamo manipolarli e operare su di essi in modo coerente.
In sintesi, mentre la generalizzazione esistenziale nelle proposizioni de re si applica in modo valido quando la relazione tra il nome e l'individuo è chiara e unica, il caso dei numeri introduce una dimensione più complessa, dove la conoscenza del numero e la sua posizione nel sistema numerico sono interdipendenti. La nozione di successore e la comprensione della progressione numerica sono essenziali per comprendere come i numeri siano legati tra loro, e non devono essere trattati come entità separate e isolabili, ma come parte di un contesto sistemico più ampio.
La modificazione della struttura numerica: implicazioni e riflessioni sulla logica dei numeri naturali
Le semplici operazioni aritmetiche di addizione e moltiplicazione non sono più computabili. Va osservato che, sebbene la funzione di moltiplicazione* proposta sia sia ricorsiva che computabile, il modello risultante non instaura comunque il modello standard. È per questa ragione che si richiede che anche gli assiomi di Peano siano soddisfatti. Il contropossibile relativo al numero 13 che non è primo non è l'unico esempio di contropossibile riguardante i numeri naturali, come mostrato da Baron et al. (2020). In un altro, ma simile, esempio di "twiddle" (distorsione) dei numeri naturali si verifica lo stesso problema. Stavolta, si parla di numeri che, contropossibilmente, sono pari o dispari, mentre non lo sono. Anche in questo caso, è evidente che la struttura dei numeri è effettivamente cambiata e si allontana da quella dei numeri naturali.
Consideriamo il seguente contropossibile: "twiddliamo" i numeri naturali in modo che nessuno tra 503, 504 o 505 sia pari. La distorsione si sviluppa come segue: il prodotto di due numeri naturali è pari (se e) solo se uno dei numeri è pari (Baron et al., 2020, p. 29). Ciò che si menziona qui dovrebbe riguardare i numeri naturali, proprio come nel contropossibile relativo al 13 non primo. Tuttavia, in base alle osservazioni precedenti, se 504 è considerato non pari, ciò implica che l'operazione aritmetica standard di divisione per 2 non può essere eseguita su di esso. Una delle ramificazioni di ciò è che la struttura sottostante non soddisfa più gli assiomi di Peano. In altre parole, riprendendo l'argomento precedente, il modello che ne risulta non è isomorfo al modello standard dell'aritmetica. Poiché il modello standard dell'aritmetica doveva riguardare i numeri naturali, anche in questo caso ciò che ne risulta è una struttura diversa da quella dei numeri naturali. Inoltre, dato lo schema di induzione standard, l'assioma di Peano (3) e le funzioni per l'addizione (4 e 5) e la moltiplicazione (6 e 7), segue che tra tre numeri consecutivi, almeno uno deve essere pari (o dispari, a seconda del numero iniziale della serie di tre). Nella situazione controfattuale, tuttavia, questo non è il caso, per stipulazione, e così vediamo che anche in questo caso la struttura è cambiata e successivamente differisce da quella dei numeri naturali.
Queste osservazioni suggeriscono che cambiare un aspetto apparentemente locale in un sistema numerico, come la fattorizzazione di 13 in 2 e 6 così come in 1 e 13, o fare in modo che nessuno dei numeri 503, 504, 505 sia pari, ha la conseguenza che si finisce per parlare di due strutture diverse. Una di esse è quella dei numeri naturali, l'altra è qualche altro tipo di numeri. E questo fatto stesso, a sua volta, significa che il controfattuale supposto non è effettivamente un controfattuale che contenga un numero naturale, nel nostro esempio principale il numero primo 13 utilizzato nella funzione di moltiplicazione. Questo è così perché il numerale 13 ora significa qualcosa di diverso rispetto al numerale nella funzione moltiplicazione*, risultante dai cambiamenti alla struttura. In un argomento a favore del realismo sui numeri naturali, questo è davvero problematico.
Un'idea simile si può trovare già nella sezione 6 di Quine (1986), intitolata "Cambio di logica, cambio di soggetto". Ora, qualcuno come Williamson (2007) potrebbe sostenere che il focus sulla successione come requisito per l'oggetto di studio dei controfattuali matematici sia mal posto, almeno in un contesto epistemico, e che si potrebbe comunque parlare in modo significativo del numero naturale 13 nella situazione controfattuale, analogamente alla sua discussione sul modus ponens. Sebbene un inferenzialista possa argomentare che il modus ponens sia costitutivo del significato del condizionale, il disaccordo tra esperti su tali questioni può certamente sorgere, ma lascia aperta la domanda se ciò possa avvenire nello stesso senso nel caso specifico della teoria dei numeri, a causa della stretta connessione tra la struttura di un sistema numerico, o l'idea di successione, e i numeri stessi.
Focalizzandoci ora sulle ulteriori implicazioni della distorsione locale, il tema finora trattato riguardava l'antecedente del controfattuale, ma anche il conseguente riveste una certa importanza. Se il significato dell'antecedente cambia, come dovrebbe quindi agganciarsi al contenuto empirico del conseguente? In un certo senso, con moltiplicazione* abbiamo perso la procedura di conteggio per la misurazione dei cicli vitali effettivi. Senza di essa, come possiamo decidere la cardinalità dell'insieme di questi cicli vitali? Per ricordarci, una procedura di conteggio, anche semplice come segnare colpi su un foglio, già ci fornisce qualcosa che è isomorfo ai numerali di Peano. E lo fa, perché fornisce un elemento iniziale e una procedura di successione. Il timore riguardo al legame tra l'antecedente e il conseguente, dovuto alla differenza di contesto tra i due lati del controfattuale, è simile al problema sollevato nella Sezione 4.1.2 in relazione all'EIA, dal quale è tratto il caso della spiegazione matematica dei cicli vitali delle Cicale Periodiche.
Per quanto riguarda il contropossibile in questione, ovvero se 13 non fosse primo, allora le Cicale non avrebbero avuto cicli vitali di durata 13 anni, due questioni devono essere affrontate. La prima riguarda la differenza di significato tra antecedente e conseguente dopo la modifica dell'antecedente. La seconda riguarda il fatto che, affinché un contropossibile possa essere utilizzato in una spiegazione, esso dovrebbe essere vero in modo non banale. Queste due problematiche si uniscono nel problema che verrà formulato in questa sezione. Come già accennato nella Sezione 2.3, l'EIA è essenzialmente un'inferenza alla migliore spiegazione. E per farla funzionare, sia l'explanans che l'explanandum devono essere assunti veri. Per questo motivo, il riferimento ai numeri nell'explanandum, a causa della nozione di primalità, doveva essere parafrasato via dalla logica del primo ordine con identità per evitare la circolarità (Bangu, 2008; Baker, 2009). Si è quindi osservato che il contesto tra explanans e explanandum cambia dopo questa modifica. L'explanans tratta di un'entità, cioè il numero 13 (o 17), mentre l'explanandum tratta di una pluralità, cioè la raccolta di oggetti della proposizione nella logica del primo ordine con identità. Da qui l'osservazione che è necessario un principio di collegamento. Si è quindi suggerito che l'HP, dato il requisito rigoroso ma non banale che non deve essere un principio analitico, potrebbe collegare le entità alle pluralità. Allo stesso modo, per collegare la differenza di significato nel caso della proposizione controfattuale sul numero 13, è necessario un criterio che garantisca che ci sia almeno una certa sovrapposizione tra i due significati su entrambi i lati del controfattuale.
La natura dialettica delle spiegazioni matematiche nei fenomeni empirici
Nel corso della nostra indagine, sono emerse diverse questioni cruciali relative al ruolo della matematica nelle scienze empiriche. Mentre la logica ha dominato gran parte della discussione, alcune aree sono andate oltre la semplice analisi formale, coinvolgendo questioni che trascendono la logica in senso stretto. In particolare, la seconda parte della trattazione ha rivelato che la risoluzione delle contraddizioni logiche all’interno di un contesto numerico non è sufficiente a dissipare tutte le preoccupazioni relative al contropossibile. Questo ha evidenziato un aspetto importante: anche quando le contraddizioni logiche vengono superate, persiste una difficoltà legata al cambiamento nella struttura dei numeri alla luce delle spiegazioni extra-matematiche, un problema che rimane aperto per future ricerche.
L’approccio che abbiamo scelto ha rivelato che le problematiche relative alla natura delle spiegazioni matematiche non possono essere comprese pienamente senza considerare un ampio spettro di esempi. La relazione tra matematica e scienza empirica è intrinsecamente complessa e coinvolge una molteplicità di variabili che non si esauriscono nell’ambito delle formule matematiche. In effetti, la discussione ha messo in evidenza che le spiegazioni matematiche dei fenomeni empirici si trovano a fare i conti con limiti che non possono essere facilmente superati. Questi limiti non si limitano ai confini delle singole discipline, ma si espandono ben oltre, toccando questioni ontologiche e epistemologiche di vasta portata.
Un aspetto centrale della discussione riguarda l’argomento dell’indispensabilità della matematica nelle scienze naturali. Questo argomento sostiene che, se una teoria scientifica richiede l’utilizzo di entità matematiche per essere formulata correttamente, allora tale teoria è ontologicamente impegnata nell’esistenza di tali entità. Tuttavia, sebbene questo argomento possa sembrare convincente, non basta a risolvere le difficoltà teoriche legate all’ontologia delle entità matematiche. In effetti, la matematica utilizzata nelle scienze non è sempre libera da ambiguità ontologiche, soprattutto quando si considerano concetti come le idealizzazioni, che, pur essendo essenziali in molte teorie, sono esplicitamente falsi.
Anche se l’argomento dell’indispensabilità per le scienze è cruciale, non è sufficiente per determinare l’impegno ontologico a meno che non venga preso in considerazione il ruolo esplicativo della matematica. Le teorie scientifiche, infatti, non solo descrivono fenomeni naturali, ma li spiegano, e in alcune di queste spiegazioni la matematica gioca un ruolo imprescindibile. Quando un’entità matematica è necessaria per fornire una spiegazione soddisfacente di un fenomeno empirico, l’esistenza di quella entità diventa giustificata, ma solo se la matematica è realmente parte integrante del processo esplicativo.
Un esempio di questo processo è l’argomento della “matematica come spiegazione” che è stato sviluppato nel primo capitolo, in particolare attraverso l’analisi di teorie numeriche. Qui, il dibattito si è concentrato su come la matematica possa fornire risposte che vanno al di là di semplici modelli descrittivi, arrivando a spiegare cause e meccanismi sottostanti. In questo contesto, si è discusso anche della questione della circolarità dell’argomento, sollevata dal principio di Hume, che è stato messo in discussione per il suo status analitico. La risposta a questa difficoltà dipenderà in larga misura dalla capacità di distinguere tra le diverse modalità in cui la matematica viene impiegata nelle teorie scientifiche.
Tuttavia, come osservato, esistono spiegazioni alternative che non si fondano sulla matematica pura, ma che possono essere altrettanto valide, sebbene con un campo d’applicazione più ristretto. Un esempio di ciò è l’uso di sistemi aritmetici elementari, come il sistema di Robinson Q, che permette di fare delle considerazioni sulle scienze naturali senza ricorrere a strutture matematiche complesse. Sebbene questa strategia sia limitata, essa offre comunque una difesa robusta contro alcuni dei più complessi problemi filosofici riguardanti l’ontologia della matematica.
Il discorso riguardante l’indispensabilità della matematica nelle scienze naturali, sebbene cruciale, non è in alcun modo definitivo. Ciò che è fondamentale è comprendere che le spiegazioni scientifiche, anche quando utilizzano la matematica, non sono semplicemente riducibili a entità matematiche. Le teorie scientifiche sono, per loro natura, complesse e interconnesse con le scoperte empiriche, e la matematica, sebbene fondamentale, non è sempre la chiave per comprendere appieno la natura dei fenomeni che si cercano di spiegare.
Per il lettore, è essenziale riconoscere che le spiegazioni matematiche nelle scienze non sono prive di controversie ontologiche e che la loro efficacia dipende dalla capacità di risolvere questi dilemmi senza cadere nell’eccessivo dogmatismo. Le difficoltà teoretiche che emergono in questo ambito sono destinate a rimanere un campo fertile per la ricerca, ma esse devono essere affrontate con un approccio aperto e critico, che riconosca sia il potere che i limiti della matematica nelle scienze naturali.

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