L'economia e la finanza sono campi in cui i cicli di crescita e declino sono inevitabili, ma la storia ci insegna che gli errori del passato non devono essere ripetuti. Le crisi finanziarie, purtroppo, non sono eventi straordinari, ma fenomeni ricorrenti che offrono lezioni cruciali. Dallo scoppio di bolle speculative ai fallimenti di grandi istituzioni finanziarie, la storia è piena di esempi di come le crisi possano essere anticipate, evitate o, almeno, meglio gestite.

Le prime grandi crisi della storia finanziaria risalgono a secoli fa, ma le dinamiche che le hanno causate sono ancora attuali. Prendiamo, ad esempio, la "Bolla dei Tulipani" nei Paesi Bassi del XVII secolo. Questo fenomeno speculativo, che ha visto il prezzo dei bulbi di tulipano salire a livelli insostenibili, è un esempio lampante di come l'avidità possa travolgere anche le menti più razionali, portando a una crisi senza precedenti. Le persone investivano in bulbi, spesso senza comprendere la vera natura del mercato. Quando la bolla è scoppiata, i danni sono stati devastanti. Questo scenario non è isolato nella storia, ma si è ripetuto nel tempo, con sfumature diverse.

Un altro esempio significativo è la "Bolla del Mare del Sud" nel XVIII secolo. In questo caso, le speculazioni sugli investimenti in una compagnia che commerciava con il Sud America portarono a una crisi finanziaria che rovinò migliaia di risparmiatori. Qui, la lezione principale riguarda l'importanza di una regolamentazione adeguata e della trasparenza nei mercati. Le illusioni alimentate dalle false promesse di guadagni rapidi sono un tema ricorrente nelle crisi finanziarie. Quando gli investitori si affidano a promesse irrealistiche, il disastro è quasi inevitabile.

Le crisi non si limitano, però, a eventi di natura speculativa. Le paniche bancarie, come quella del 1907 negli Stati Uniti, sono esemplificative di come una perdita di fiducia nelle istituzioni finanziarie possa scatenare il panico e portare a un crollo del sistema economico. In quel caso, la mancanza di una struttura di regolamentazione centralizzata e l'assenza di un intervento statale tempestivo contribuirono al panico che si diffuse rapidamente. Questa crisi evidenziò l'urgenza di creare istituzioni come la Federal Reserve, il cui obiettivo sarebbe stato quello di intervenire nei momenti di difficoltà per evitare il caos.

La Grande Depressione del 1929 e la successiva contrazione economica sono forse le crisi più emblematiche della storia finanziaria moderna. Questo periodo ha mostrato come un'eccessiva speculazione sul mercato azionario possa, in tempi di instabilità, causare una catastrofe economica su scala globale. La lezione fondamentale della Grande Depressione riguarda la necessità di una regolamentazione dei mercati e la creazione di politiche economiche che possano prevenire l'accentramento del potere finanziario in poche mani. I fallimenti bancari di quel periodo hanno avuto un impatto devastante su milioni di famiglie, costringendo i governi a riflettere seriamente sulla protezione del risparmio delle persone comuni.

Passando a periodi più recenti, la crisi del 2007-2008 è un esempio di come i mercati globalizzati siano interconnessi e di come la mancanza di regolamentazione nel settore dei derivati e dei mutui subprime abbia scatenato un collasso che ha avuto effetti devastanti su tutte le economie mondiali. Le banche centrali, che avevano precedentemente allentato la supervisione del sistema finanziario, si sono trovate a dover intervenire massicciamente per evitare un crollo totale. Questo evento ha anche messo in evidenza i rischi legati alla deregolamentazione dei mercati e la nece

Perché il modello VaR non ha impedito la crisi del London Whale?

Nel gennaio del 2012, il trader Bruno Iksil di JPMorgan Chase si lamentò del fatto che il modello di Value at Risk (VaR) esistente stesse sopravvalutando il rischio del suo portafoglio. Di conseguenza, chiese agli analisti del suo team di sviluppare un nuovo modello che fornisse stime di rischio più basse. Il risultato fu un cambiamento significativo nei calcoli di rischio: il VaR giornaliero, che inizialmente superava i 130 milioni di dollari con il modello precedente, scese a 66 milioni con il nuovo modello. Un abbassamento così drastico, che superò ogni aspettativa, fece sì che il modello venisse adottato velocemente, nonostante fosse stato sviluppato in modo affrettato e con parametri inseriti manualmente, anziché automatizzati come avrebbe dovuto essere.

La reazione fu immediata: il nuovo modello venne considerato un successo, permettendo a Iksil di triplicare la dimensione del suo portafoglio di credit default swaps (CDS) mantenendo il rischio sotto il limite giornaliero del VaR. Entro metà marzo 2012, la sua unità aveva comprato o venduto assicurazioni su default per un valore equivalente a 150 miliardi di dollari in obbligazioni. Tuttavia, nonostante l’apparente successo del modello, l'adozione affrettata e le modifiche non sufficientemente testate cominciarono a rivelarsi problematiche.

Poco dopo l'introduzione del nuovo modello, Iksil iniziò a fare scommesse molto grandi sul mercato dei CDS, manovre che influenzavano direttamente i prezzi di mercato. Nonostante la crescente quantità di posizioni assunte, altre forze di mercato, tra cui i venditori di CDS, iniziarono a contrapporsi, creando una battaglia di volontà che si concluse in una serie di perdite. La situazione si complicò ulteriormente a causa del cambiamento nel sentiment del mercato: i rischi di default percepiti per molte aziende, inclusa quella greca, si ridussero, portando a una diminuzione dei premi sui CDS, proprio su quei titoli in cui Iksil aveva investito. Questo portò a una perdita complessiva di oltre 600 milioni di dollari entro la fine di marzo 2012.

Nonostante il calo del rischio segnalato dal modello, i trader non avevano compreso completamente che l’adozione del modello rischiava di sottovalutare il rischio reale, ignorando correzioni cruciali. Di fatto, i parametri errati avevano sottovalutato le correlazioni e la probabilità di perdite gravi. Anche se non c'era prova che questi errori fossero intenzionali, erano comunque evitabili, e la loro esistenza avrebbe dovuto sollevare forti preoccupazioni tra i dirigenti della banca.

Le perdite continuarono a crescere in aprile e maggio, superando i 2 miliardi di dollari. Alla fine dell’anno, le perdite superarono i 6 miliardi di dollari. Sebbene la grandezza di JPMorgan Chase le permettesse di assorbire queste perdite senza mettere a rischio la sua solvibilità, l'episodio divenne un caso emblematico delle potenzialità devastanti dell'uso non critico dei modelli finanziari.

Il caso del London Whale mette in luce la problematica dell’affidarsi ciecamente ai modelli quantitativi senza una comprensione adeguata dei rischi sottostanti. Questo episodio ha mostrato come il rischio di fare affidamento esclusivamente su modelli matematici senza una valutazione realistica del contesto di mercato possa portare a disastri. La fiducia eccessiva nei modelli può portare a decisioni errate, come nel caso in cui il modello VaR ha suggerito che l’esposizione al rischio fosse sotto controllo, mentre i trader stavano effettivamente compiendo operazioni enormi che influenzavano i mercati.

La lezione fondamentale è che i modelli, per quanto