Molti investitori ritengono che gli investimenti immobiliari diretti e indiretti, come i fondi REIT (Real Estate Investment Trusts), siano intercambiabili in quanto entrambe le categorie sono classificate come investimenti immobiliari. Tuttavia, sebbene entrambe le forme siano legate al mercato immobiliare, vi sono differenze strutturali e di performance che devono essere comprese appieno per una corretta valutazione degli asset.
I REIT offrono un’importante vantaggio rispetto agli investimenti diretti nel settore immobiliare: la liquidità. Tuttavia, questa caratteristica non sembra essere sufficiente a giustificare l’interesse diffuso per i REIT. Ad esempio, nel 2012, la capitalizzazione di mercato complessiva dei REIT nel New York Stock Exchange era di circa 545 miliardi di dollari, con una media di 3,6 miliardi per ciascun REIT, un valore inferiore a quello di molte grandi operazioni immobiliari nelle principali città mondiali. Nonostante i REIT offrano liquidità, una percentuale molto bassa dell’intero mercato immobiliare commerciale viene effettivamente investita attraverso di essi, lasciando aperta la domanda: perché i REIT non sono più popolari tra gli investitori?
Le risposte vanno ricercate nella struttura legale dei REIT, che li rende diversi dagli investimenti immobiliari diretti. Prima degli anni '90, l’industria dei REIT era relativamente piccola, in parte a causa della necessità di affidarsi a consulenti esterni per selezionare e attuare strategie di investimento. Solo a partire dagli anni '90, con la possibilità di gestire in modo autonomo gli asset, la struttura dei REIT è cambiata significativamente, ma non senza lasciare qualche traccia delle precedenti problematiche legate alla gestione delegata. I REIT sono soggetti a costi legali e agenziali che li rendono meno efficienti di altre forme di investimento. Ad esempio, il 75% dei ricavi dei REIT deve derivare da investimenti immobiliari, il che incentiva la gestione verso acquisizioni sovrapprezzo piuttosto che verso sviluppi con potenzialità future di rendimento. Inoltre, la struttura che obbliga i REIT a distribuire il 90% dei loro profitti ogni anno può limitare la loro capacità di investire in progetti che richiedono capitali a lungo termine per generare rendimenti futuri.
Anche se le differenze strutturali e legali tra REIT e investimenti diretti sono evidenti, con il passare del tempo, le performance dei due tipi di investimento tendono a convergere. Sebbene i REIT tendano a produrre rendimenti superiori a quelli di NCREIF (National Council of Real Estate Investment Fiduciaries), ciò è dovuto in gran parte al fatto che i REIT sono considerati più rischiosi, e i loro rendimenti più elevati compensano questo rischio aggiuntivo. La realtà è che, sebbene i REIT e l’immobiliare diretto siano influenzati da fattori simili, la loro differente gestione e struttura legale fanno sì che si comportino in modo diverso nel breve periodo, mentre tendono a seguire dinamiche simili nel lungo periodo.
Un’altra differenza significativa riguarda l'impatto dell’inflazione sui due tipi di investimento. La letteratura accademica non fornisce una risposta chiara sul fatto che l’immobiliare costituisca un efficace strumento di copertura contro l’inflazione. Mentre alcuni studi suggeriscono che l’immobiliare diretto possa essere un buon strumento di protezione contro l’inflazione, altri mettono in dubbio tale efficacia. Ad esempio, Goetzmann e Valaitis (2006) sostengono che l’immobiliare diretto sia un valido rifugio contro l’inflazione, mentre Huang e Hudson-Wilson (2007) argomentano che la convinzione che l’immobiliare costituisca un’ottima copertura contro l’inflazione sia eccessiva. I REIT, d'altra parte, sembrano non offrire protezione contro l'inflazione, soprattutto nel breve termine. Studi come quello di Gyourko e Linneman (1998) evidenziano che i REIT possiedono una correlazione negativa con l’inflazione nel breve periodo, il che li rende, in effetti, una copertura inefficace.
Quando si esaminano i ritorni degli investimenti immobiliari, sia diretti che indiretti, in relazione all’inflazione, emerge che entrambi i tipi di investimento forniscono una copertura parziale, ma solo su orizzonti temporali lunghi. I REIT, in particolare, mostrano una correlazione più forte con l’inflazione nel lungo periodo, ma a breve termine, questa correlazione è pressoché insignificante, evidenziando una protezione inefficace contro l’inflazione a breve termine. Analogamente, i ritorni degli investimenti diretti in immobili mostrano una correlazione modesta con l'inflazione, che si stabilizza intorno allo 0,3-0,4 su orizzonti a lungo termine, ma rimane piuttosto debole a breve termine.
In conclusione, sebbene l’immobiliare sia spesso visto come una copertura contro l’inflazione, va compreso che, in realtà, questa protezione è limitata e dipende fortemente dal tipo di investimento e dall’orizzonte temporale considerato. Gli investitori devono quindi essere consapevoli che l’efficacia di tale copertura è parziale e può variare significativamente a seconda delle specificità del mercato e del tipo di immobile o di REIT in cui investono. Questo aspetto diventa particolarmente rilevante quando si considerano i periodi di alta volatilità economica o inflazione elevata.
Come i Fondi Sovrani Stanno Cambiando la Geopolitica e l'Economia Globale
I Fondi Sovrani di Ricchezza (SWF) sono oggi tra gli attori più influenti nelle economie globali, con un valore che supera i 5 trilioni di dollari e continua a crescere. Un esempio notevole è il fondo sovrano della Norvegia, che gestisce oltre mezzo trilione di dollari. Altri fondi significativi includono la China Investment Corporation (CIC) e la Saudi Arabian Monetary Authority (SAMA), che sono quasi delle dimensioni equivalenti. Sebbene alcuni di questi fondi non pubblicano i dati ufficiali riguardanti le loro riserve, come l'Abu Dhabi Investment Authority (ADIA) e il Government of Singapore Investment Corporation (GIC), si stima che questi fondi siano altrettanto grandi. La crescente quantità di capitale gestito da questi fondi sta ridisegnando la mappa economica e geopolitica del mondo.
Dal punto di vista geoeconomico, il fenomeno dei fondi sovrani di ricchezza si inserisce in una più ampia tendenza di redistribuzione della ricchezza, che va dal mondo occidentale verso i paesi emergenti. Non si tratta tanto di una diminuzione della ricchezza nei paesi sviluppati, quanto di un rapido aumento della ricchezza nelle economie in via di sviluppo, principalmente nell'Asia e nel Medio Oriente. Questo fenomeno è in gran parte legato all'andamento dei prezzi delle materie prime, come il petrolio, il cui prezzo è salito in modo esponenziale dagli anni '90, passando da circa 20 dollari al barile a 147 dollari nel 2008. Paesi come Timor-Leste, che beneficiano di entrate derivanti dalle risorse naturali, hanno scelto di utilizzare i loro guadagni in eccesso per creare fondi sovrani, proteggendo così le proprie economie da eventuali turbolenze future.
L'espansione dei SWF non è solo una risposta ai cambiamenti economici globali, ma anche una reazione alla crescente importanza dei governi nel gestire la propria economia. Seppur la crisi finanziaria del 2008 abbia evidenziato l'importanza di un intervento governativo nelle economie avanzate, i paesi emergenti, in particolare in Asia, hanno svolto un ruolo ancora più attivo nell'amministrare le loro risorse, gestendo tassi di cambio, politiche industriali e surplus di bilancio con l'obiettivo di stimolare una crescita economica sostenibile. Paesi come Singapore, Australia e Corea del Sud hanno utilizzato i surplus di bilancio per alimentare i propri SWF, mirando a un investimento strategico e a un rafforzamento della propria stabilità economica.
Uno degli aspetti più importanti che ha contribuito alla crescita dei SWF è stata la spinta, inizialmente proveniente dagli Stati Uniti, verso i paesi emergenti affinché aumentassero i loro risparmi. Le crisi economiche degli anni '80 in America Latina e le turbolenze finanziarie del 1997-98 in Asia hanno spinto i paesi a seguire le indicazioni degli esperti economici, in particolare l'economista Martin Feldstein. Nel suo articolo del 1999, Feldstein ha sostenuto che i paesi emergenti dovevano aumentare la loro liquidità per proteggersi da future crisi economiche, riducendo così il rischio di attacchi speculativi. Questa riflessione ha avuto un grande impatto sul modo in cui i paesi in via di sviluppo hanno pensato alla gestione delle loro riserve finanziarie.
Il concetto di "liquidità internazionale" è fondamentale: paesi con grandi riserve di valuta estera sono meno vulnerabili agli attacchi speculativi, poiché possiedono una risorsa che consente loro di difendersi meglio e di effettuare aggiustamenti finanziari in modo più ordinato. Tuttavia, la crescente accumulazione di riserve solleva anche interrogativi sull'uso efficiente di questi fondi. I paesi emergenti, concentrati nel costruire riserve, potrebbero non sfruttare appieno il potenziale di crescita interno, riducendo i consumi e rallentando lo sviluppo sociale, proprio come il personaggio di Ebenezer Scrooge nel celebre romanzo di Charles Dickens, che, nel suo eccessivo risparmio, dimentica il valore del benessere comune.
Un altro fenomeno strettamente connesso alla gestione dei fondi sovrani è la "malattia olandese", un concetto che descrive l'effetto negativo sulla produzione manifatturiera che può derivare dalla scoperta di risorse naturali, come nel caso dei Paesi Bassi negli anni '70 e del Regno Unito con il petrolio del Mare del Nord. I paesi che dipendono in modo eccessivo dalle risorse naturali rischiano di assistere a una contrazione dei settori manifatturieri e a un apprezzamento del tasso di cambio che rende meno competitivi i loro settori commerciali. L'esempio più emblematico di questo fenomeno è forse quello della Nigeria, dove l'industria petrolifera non è riuscita a tradursi in una prosperità duratura per la popolazione, alimentando invece la corruzione e il malgoverno.
L'esperienza di Timor-Leste mostra come l'intenzione di evitare la "malattia olandese" abbia portato alla creazione di un SWF per proteggere la propria economia da fluttuazioni estreme dei prezzi delle risorse naturali. Piuttosto che accumulare riserve per precauzione, questo paese ha cercato di limitare il danno economico derivante dalla dipendenza da un'unica risorsa. La lezione che emerge è che la gestione di un fondo sovrano non riguarda solo la protezione dalle crisi, ma anche la diversificazione economica per evitare i rischi legati a una dipendenza eccessiva dalle risorse naturali.
Un altro aspetto che caratterizza la crescita dei fondi sovrani è la loro capacità di fungere da assicurazione contro le turbolenze economiche globali. I paesi emergenti che hanno accumulato ingenti riserve di capitale possono affrontare le difficoltà con una maggiore resilienza, riducendo la vulnerabilità a eventuali shock economici. Tuttavia, l'eccessiva accumulazione di riserve senza una pianificazione strategica può portare a inefficienze e opportunità mancate per gli investimenti in settori più produttivi dell'economia interna.
In sintesi, l'aumento dei fondi sovrani di ricchezza è il risultato di un intreccio di fattori economici, geopolitici e strategici che riflettono il cambiamento delle dinamiche di potere e ricchezza nel panorama globale. I paesi che sanno gestire questi fondi con lungimiranza possono trarne enormi benefici, proteggendo la loro stabilità economica e riducendo il rischio di crisi future. Tuttavia, la creazione e la gestione di questi fondi richiedono un equilibrio delicato, in cui la sicurezza economica e il benessere sociale sono posti in relazione, affinché non si ripeta l'errore di concentrarsi esclusivamente sul risparmio a discapito dello sviluppo economico complessivo.
Qual è il valore di mercato del ribilanciamento?
Nel contesto degli investimenti, il ribilanciamento periodico di un portafoglio può apparire come una strategia attraente per ottimizzare i rendimenti. Tuttavia, un'analisi più approfondita mostra che questa strategia può essere replicata da posizioni corte in opzioni, unendo l'acquisto di obbligazioni con la strategia buy-and-hold. In sostanza, il ribilanciamento si comporta come una posizione corta sulla volatilità, un concetto che può sembrare difficile da comprendere ma che in realtà si traduce in un trasferimento di guadagni e perdite da scenari estremi a quelli più centrali.
Nel modello binomiale a due periodi, il ribilanciamento viene effettuato riportando la composizione del portafoglio al 60% di azioni e al 40% di obbligazioni al termine del primo periodo. La ricchezza finale al secondo periodo per la strategia ribilanciata è calcolata come segue: se il prezzo delle azioni al secondo periodo è alto (Suu = 4), la ricchezza finale raggiunge 2.6896, mentre in uno scenario intermedio (Sud = Sdd = 1) è 1.2136, e nel caso di un calo significativo dei prezzi (Sdd = 0.5), la ricchezza scende a 0.5476. Questi risultati evidenziano un comportamento concavo della strategia ribilanciata, con i guadagni massimi realizzati quando i prezzi si stabilizzano a livelli intermedi.
Al contrario, una strategia buy-and-hold (acquisto e mantenimento) mostra un andamento lineare dei guadagni, senza alcuna interazione dinamica con le fluttuazioni del mercato. Questo approccio, purtroppo, non è in grado di trarre vantaggio dalle oscillazioni di prezzo, e infatti, in scenari estremi, tende a comportarsi peggio rispetto alla strategia ribilanciata. Il vantaggio del ribilanciamento è evidente quando il prezzo delle azioni ritorna al valore di 1, dove i guadagni del ribilanciamento superano quelli del buy-and-hold.
Una posizione corta sulla volatilità, che consiste nell'acquisto di obbligazioni insieme a opzioni call e put, può essere vista come una replica della strategia di ribilanciamento. La strategia di vendita di opzioni call e put fuori dal denaro si traduce infatti in una posizione corta sulla volatilità, comportandosi in maniera analoga a quella di un portafoglio ribilanciato. L'acquisto di obbligazioni, a sua volta, limita il rischio complessivo del portafoglio, creando una protezione contro movimenti estremi del mercato.
Un aspetto interessante da osservare è che, mentre il ribilanciamento è efficace per l'investitore individuale nel ridurre il rischio e ottimizzare i rendimenti, non è valorizzato dal mercato. La strategia di ribilanciamento, infatti, è una strategia di equilibrio parziale: non tutti gli investitori possono ribilanciare simultaneamente. Per ogni investitore che ribilancia, esiste un altro che non lo fa. Questo fenomeno, per cui non tutti gli attori di mercato possono agire nella stessa direzione contemporaneamente, implica che il mercato stesso non valorizza il ribilanciamento come una strategia vantaggiosa. L'analisi delle opzioni e del mercato mostra che la strategia buy-and-hold rimane, in termini di rendimento e valore di mercato, il comportamento più comune e più "naturale" per gli investitori medi.
Dal punto di vista pratico, il ribilanciamento è utile per gli investitori che desiderano spostare i guadagni da posizioni azionarie estreme (siano esse molto alte o molto basse) verso una posizione più equilibrata. Questo comportamento riduce il rischio complessivo del portafoglio, ma può risultare svantaggioso quando i movimenti di mercato sono molto forti o imprevedibili. In altri termini, il ribilanciamento è una strategia che dipende fortemente dalla capacità dell'investitore di interpretare correttamente le dinamiche di mercato e agire in modo tempestivo.
In sintesi, la strategia di ribilanciamento non è percepita dal mercato come una posizione di valore, ma rappresenta un'opzione interessante per gli investitori individuali che cercano di ridurre il rischio. Il valore di questa strategia è quindi personale e specifico per ogni investitore, in quanto dipende dalle sue preferenze di rischio e dai suoi obiettivi finanziari. Tuttavia, non tutti gli investitori sono in grado o disposti a ribilanciare regolarmente, e per molti, mantenere una strategia passiva come il buy-and-hold potrebbe risultare più semplice e altrettanto efficace nel lungo termine.
Gli Annuities: Una Soluzione Complessa o un Vantaggio a Lungo Periodo?
Gli annuities rappresentano uno strumento di investimento finanziario molto complesso, che suscita spesso confusione e dubbi tra gli investitori. Questi strumenti permettono di convertire un capitale iniziale in una serie di pagamenti regolari per un periodo di tempo determinato o per tutta la vita dell'investitore. Nonostante la loro apparente semplicità, gli annuities sono afflitti da numerosi aspetti complicati, sia per quanto riguarda la struttura dei prodotti che la loro valutazione. La difficoltà maggiore per i consumatori è legata alla comprensione del reale valore di tali strumenti e al rischio di incorrere in costi più elevati di quanto ragionevolmente giustificato.
Gli annuities più vicini ai modelli teorici di ciclo di vita proposti dalla finanza accademica sono quelli che si acquistano con un unico pagamento iniziale, garantendo rendite vitalizie. Tuttavia, i costi associati a questi strumenti possono essere significativamente più alti rispetto al loro valore atteso in base alla valutazione attuariale. Studi come quello di Milevsky e Posner (2001) dimostrano che le garanzie assicurative incluse negli annuities potrebbero avere un valore che va dallo 0,01% allo 0,10% rispetto al costo effettivo, ma le compagnie assicurative applicano tariffe che raggiungono anche l'1,15%. Questo implica che, a parità di valore attuariale, gli annuities vengono venduti a prezzi ben superiori a quelli che sarebbero giustificabili.
Inoltre, un altro aspetto che complica l'uso degli annuities è il fenomeno della selezione avversa. Le compagnie assicurative considerano attentamente il rischio che gli acquirenti possano essere persone con aspettative di vita più lunghe, il che aumenta il rischio di dover pagare per un periodo superiore alle stime iniziali. Questo porta a un aumento dei costi per tutti gli acquirenti, in particolare per coloro che non rientrano in categorie "a rischio", come gli uomini sani di 65 anni, che potrebbero ottenere un valore di 91 centesimi per ogni dollaro investito, mentre altri gruppi potrebbero ricevere solo 81 centesimi. Questo aspetto, unito alla struttura complessa e poco trasparente dei prodotti, contribuisce a una diffusa sfiducia nei confronti delle compagnie che offrono annuities.
Anche la percezione degli annuities da parte dei consumatori gioca un ruolo cruciale nel determinare il loro utilizzo.
Quali sono i fattori decisivi nella scelta di uno scambiatore di calore per applicazioni industriali avanzate?
Come la neurodiversità e i disturbi neurologici influenzano il pensiero e la creatività
La Paradosso degli Strumenti e l’Indispensabilità della Matematica nelle Teorie Scientifiche
Relazione sull'esame della decisione del Consiglio dell'ente municipale distretto di Tuapsinsk
Commissione Elettorale Territoriale del Distretto di Tuapse
Programma di formazione professionale aggiuntiva "Progettazione nell'attività socioculturale"
PIANO INDIVIDUALE DI LAVORO

Deutsch
Francais
Nederlands
Svenska
Norsk
Dansk
Suomi
Espanol
Italiano
Portugues
Magyar
Polski
Cestina
Русский