La verifica della qualità degli elementi finiti utilizzati nelle analisi non lineari rappresenta una sfida significativa e ancora poco affrontata in modo esaustivo nella letteratura tecnica. Se per gli elementi lineari è noto il "patch test", ovvero un test semplice ed efficace per la loro qualificazione, per quelli destinati a problemi non lineari un metodo analogo non è stato ancora definito con chiarezza. Nel contesto delle analisi geometricamente non lineari basate sulla formulazione di rigidezza, la matrice di rigidezza geometrica [kg] deve essere considerata insieme alla matrice di rigidezza lineare o elastica [ke]. La matrice [ke], derivata dall’energia di deformazione, è caratterizzata dal fatto di generare forze elementari nulle se sottoposta a un moto di corpo rigido, condizione che rappresenta la corretta derivazione o il superamento del patch test. Al contrario, la matrice [kg] riflette gli effetti delle forze iniziali dovute ai cambiamenti geometrici e costituisce la fonte delle instabilità strutturali; essa infatti produce forze non nulle durante un moto rigido del corpo. In questo senso, la matrice di rigidezza geometrica veicola il messaggio più rilevante relativo al comportamento di un elemento pre-caricato sottoposto a moto rigido.
Per valutare la legittimità di un elemento finito non lineare, tuttavia, non è sufficiente limitarsi a considerare la matrice di rigidezza geometrica, ma occorre esaminare l’intero sistema di equazioni di rigidezza incrementale, come quella relativa all’elemento trave a telaio piana, basata sulla formulazione lagrangiana aggiornata. Solo in tal modo si può verificare se l’elemento rispetta la regola fisica fondamentale del moto di corpo rigido. Porter e Powell, già nel 1971, hanno scomposto la matrice geometrica in due componenti, interna ed esterna: la prima legata alle variazioni delle forze nodali dovute alle deformazioni naturali dell’elemento, la seconda alle variazioni generate dai moti rigidi del corpo. Jagannathan e collaboratori, nel 1975, hanno dimostrato che l’omissione di termini di ordine superiore nelle relazioni tra deformazione e spostamento può indurre deformazioni fittizie in elementi soggetti a rotazioni rigide, generando così comportamenti strutturali incoerenti.
Il concetto di rigidezze interne ed esterne è stato ulteriormente sviluppato da Gattass (1982) per l’equilibrio di elementi trave bidimensionali in rotazione rigida, e da Yang e McGuire (1986a, 1986b) per elementi trave tridimensionali a sezione a I, comprendenti fino a sette gradi di libertà per estremità, inclusi quelli relativi alla distorsione. Sebbene tali studi si siano concentrati principalmente sulla matrice di rigidezza geometrica in relazione ai moti rigidi, essi non hanno approfondito l’influenza di tali moti sulla direzione e sull’intensità delle forze iniziali applicate all’elemento. Questo vuoto è stato colmato nel lavoro di Yang e Chiou (1987), da cui deriva il presente approfondimento.
Per illustrare i comportamenti fisici fondamentali, si considera un elemento trave bidimensionale con formulazione lagrangiana aggiornata, che prende come riferimento lo stato di equilibrio deformato più recente (configurazione C1) e valuta l’incremento di deformazione verso la configurazione attuale desiderata (C2). In questa formulazione, le quantità fisiche sono rappresentate con indici e simboli che indicano la configurazione di riferimento o l’incremento tra configurazioni, consentendo una descrizione precisa delle deformazioni e degli spostamenti incrementali.
La regola fondamentale del moto rigido prescrive che, in presenza di carichi iniziali, il comportamento dell’elemento debba essere coerente con l’effetto di tali carichi sotto moti rigidi: l’elemento deve rispondere in modo tale da rispettare l’equilibrio e l’invarianza fisica sotto spostamenti rigidi, senza introdurre forze o deformazioni spurie. Su questa base si propone il test del moto rigido, valido come criterio di legittimazione per gli elementi finiti nelle analisi incrementali non lineari.
Un elemento capace di superare questo test e unito a una procedura di calcolo coerente nell’iterazione incrementale produce soluzioni non lineari di elevata qualità. Sebbene il test sia qui illustrato in dettaglio per un elemento trave bidimensionale, il principio è estendibile a elementi solidi tridimensionali complessi, inclusi quelli a telaio spaziale.
Nel contesto delle formulazioni lagrangiane per l’analisi non lineare, la formulazione aggiornata (Updated Lagrangian) è preferibile per l’efficienza computazionale, specialmente per strutture di tipo trave, mantenendo però coerenza con la formulazione totale (Total Lagrangian). Essa consente di linearizzare le equazioni di equilibrio nello stato deformato corrente, trasformando le relazioni fisiche in una forma incrementale lineare, facilitando così l’implementazione numerica e l’interpretazione fisica.
In sintesi, la valutazione della validità di un elemento finito non lineare non può prescindere dall’analisi combinata delle sue matrici di rigidezza, considerando il comportamento sotto moti rigidi e la risposta alle forze iniziali. Il test del moto rigido, fondato su principi fisici rigorosi, fornisce uno strumento imprescindibile per la verifica preliminare di elementi destinati a simulazioni strutturali non lineari affidabili.
È cruciale comprendere che la corretta rappresentazione del comportamento strutturale non lineare passa attraverso la rigorosa verifica delle proprietà fisiche e matematiche degli elementi utilizzati, con particolare attenzione alla gestione dei termini non lineari e alle condizioni al contorno. La coerenza tra modello matematico e fenomeno fisico, testata attraverso procedure come il test del moto rigido, garantisce che le simulazioni non siano solo accurate dal punto di vista numerico, ma soprattutto attendibili dal punto di vista ingegneristico.
Come risolvere i problemi non lineari nei telai strutturali: Metodi numerici avanzati e applicazioni pratiche
In un approccio numerico per la risoluzione di problemi strutturali non lineari, un aspetto cruciale è la necessità di iterazioni multiple per ottenere una soluzione accurata. In particolare, sono stati osservati che in generale sono necessari tre cicli di iterazione per ogni passo incrementale, il che indica che i tre componenti principali della strategia di soluzione—matrice di rigidità, recupero delle forze e metodo di soluzione—funzionano perfettamente insieme per risolvere i problemi di interesse.
Per esempio, nell'analisi del "toggle" di Williams, ogni componente del telaio è rappresentato da dieci elementi finiti. I risultati numerici ottenuti sono stati confrontati con la soluzione analitica proposta da Williams (1964) e mostrano una stretta corrispondenza. Inoltre, il tempo computazionale consumato da questo approccio è stato paragonato a quello di Yang e Chiou (1987) usando il concetto di deformazione naturale, rivelando un’efficienza simile. Questo tipo di comparazioni sono fondamentali per validare il nuovo metodo e verificarne l'affidabilità rispetto a quelli già esistenti.
Un altro esempio significativo è il problema del cantilever compresso assialmente. La buckling di un cantilever assialmente compresso, in cui si verificano rotazioni molto grandi, è analizzata introducendo un'imperfezione del tipo momento al fine di evitare difficoltà numeriche vicino al punto di biforcazione. Il risultato numerico ottenuto mostra una buona corrispondenza con la soluzione di Southwell (1941), suggerendo che il nuovo approccio è robusto anche in situazioni complesse come queste.
Per quanto riguarda il problema di un cantilever sotto carico di taglio, questo caso rappresenta un ottimo banco di prova per testare la capacità dell'elemento derivato di risolvere problemi di tipo shear. In questo esempio, il cantilever è suddiviso in venti elementi. I risultati ottenuti sono in buon accordo con la soluzione di Mattiasson (1981), con tempi computazionali che mostrano un’efficienza comparabile tra i due approcci.
Il telaio quadrato a incastro-pinna, sia in tensione che in compressione, è un altro esempio utilizzato per testare la metodologia proposta. Data la simmetria del telaio, nell'analisi viene modellata solo metà della struttura. In entrambi i casi, i risultati numerici sono stati confrontati con le soluzioni analitiche di Mattiasson (1981) e si è osservato un buon accordo. L'efficienza del nuovo approccio è simile a quella di Yang e Chiou, come indicato dai tempi computazionali.
Infine, l'analisi del telaio quadrato a giunti rigidi, caricato al punto medio dei membri superiori e inferiori con forze di tensione e compressione, completa il panorama delle applicazioni numeriche. Anche in questo caso, la buona corrispondenza tra i risultati numerici e le soluzioni analitiche di Mattiasson (1981) conferma l'affidabilità della matrice di rigidità derivata e del metodo di recupero delle forze. Il metodo proposto si dimostra efficace nel trattare i problemi non lineari che coinvolgono punti di snap-through e biforcazione, così come grandi rotazioni.
È fondamentale sottolineare che i metodi numerici utilizzati in questi esempi si basano su una matrice di rigidità che include tutti i componenti di deformazione non lineare, così come una formula fisicamente giustificata per il recupero delle forze. Questi approcci si rivelano particolarmente utili per risolvere problemi strutturali complessi, come quelli che includono il punto di snap-through e biforcazione.
Un ulteriore aspetto importante da considerare riguarda la gestione dei problemi non lineari in prossimità dei punti critici, come quelli di snap-through. Le soluzioni numeriche per questi problemi sono strettamente legate alla scelta della strategia di controllo del percorso non lineare, ad esempio, l'uso del metodo di controllo del dislocamento generalizzato, che viene esplorato in dettaglio in un capitolo successivo. L'efficienza computazionale di questi metodi, pur essendo simile tra i vari approcci, dipende fortemente dall'accuratezza con cui vengono gestiti i cicli iterativi e i passaggi incrementali.
In conclusione, l'approccio presentato si dimostra valido per una vasta gamma di problemi strutturali non lineari, dai carichi di taglio alle deformazioni complesse, e fornisce una base solida per analisi numeriche avanzate nel campo della meccanica strutturale.
Come si applica la regola del corpo rigido nell’analisi non lineare delle strutture a traliccio?
L’analisi non lineare delle strutture a traliccio con grandi spostamenti e rotazioni richiede un’attenzione particolare alla corretta formulazione delle equazioni di equilibrio, specialmente nel rispetto della regola del corpo rigido. Tale regola impone che durante il moto rigido di un corpo – ossia un movimento senza deformazioni interne – le forze interne calcolate non debbano assumere valori fittizi o inesatti. La mancata osservanza di questa condizione comporta errori significativi nell’analisi, come evidenziato nel caso del traliccio a due membri. Qui, l’uso di equazioni basate su piccoli spostamenti e deformazioni conduce a risultati fortemente discordanti rispetto alle soluzioni corrette, soprattutto per incrementi di carico elevati. Al contrario, metodi che adottano formulazioni esatte o approssimate ma rigorose, quali quelle rappresentate dalle equazioni (4.78) e (4.81), garantiscono l’eliminazione di forze fittizie in presenza di moti rigidi, migliorando sensibilmente l’accuratezza delle analisi non lineari.
Un ulteriore esempio emblematico è costituito dalla cupola poco profonda composta da 24 membri. Questo modello rappresenta un benchmark consolidato nella verifica delle prestazioni degli elementi finiti e degli algoritmi di soluzione nell’ambito della meccanica non lineare. Le condizioni geometriche impongono stati di carico nulli particolari, che fungono da test per la precisione delle soluzioni ottenute. La corrispondenza tra i valori calcolati di deflessione e quelli teoricamente attesi – come nel caso della posizione verticale dei nodi rispetto all’anello interno – dimostra l’elevata fedeltà del modello numerico che rispetta la regola del corpo rigido. In particolare, la congruenza tra i risultati del presente metodo e quelli di studi consolidati sottolinea la validità delle procedure adottate.
Il metodo di controllo del dislocamento generalizzato, scelto per risolvere le equazioni di rigidezza non lineare, si rivela particolarmente efficace grazie alla sua capacità adattativa di gestire punti critici come punti limite e fenomeni di snap-back. L’adattamento della dimensione degli step di carico in funzione del grado di non linearità strutturale permette un’elevata robustezza e precisione nel percorso di soluzione, evitando instabilità numeriche e garantendo la convergenza anche in situazioni complesse.
L’approccio illustrato evidenzia l’importanza cruciale dell’incorporazione dei moti rigidi nella formulazione della risposta strutturale, condizione imprescindibile per evitare artefatti numerici e per assicurare che le forze interne siano fisicamente significative. Inoltre, la capacità di una procedura di recupero delle forze di rispettare la regola del corpo rigido rappresenta un elemento discriminante nell’accuratezza delle analisi non lineari.
Oltre agli esempi e alle formulazioni numeriche, è fondamentale che il lettore comprenda la natura delle difficoltà insite nell’analisi delle strutture spaziali tridimensionali, in particolare per quanto riguarda il fenomeno del buckling fuori piano e le grandi rotazioni. Le complessità matematiche derivano dal dover risolvere sistemi di equazioni differenziali simultanee soggetti a molteplici condizioni di continuità e vincoli. Ciò rende indispensabile l’adozione di metodi numerici, che seppur approssimativi, consentono di affrontare problemi altrimenti irrisolvibili. Tuttavia, la consapevolezza del carattere approssimato di questi metodi deve guidare la loro applicazione, assicurando un’attenta verifica della coerenza fisica delle soluzioni, soprattutto per fenomeni fortemente non lineari o per strutture con geometrie complesse.
Per una comprensione completa è altresì rilevante considerare che la modellazione accurata delle leggi costitutive e delle procedure di recupero delle forze influisce direttamente sul risultato finale dell’analisi. Trascurare effetti come l’influenza dei moti rigidi o l’adeguata rappresentazione delle deformazioni non lineari può condurre a errori sistematici difficili da correggere. Pertanto, la teoria e la pratica dell’analisi non lineare richiedono un equilibrio tra modellazione rigorosa, efficienza computazionale e verifica sperimentale, al fine di garantire soluzioni affidabili per strutture reali soggette a condizioni di carico estreme.
Come viene descritta la deformazione incrementale nelle strutture non lineari?
Nel campo dell'analisi strutturale non lineare, il moto incrementale di una struttura viene concettualmente descritto attraverso tre configurazioni: la configurazione iniziale non deformata , l’ultima configurazione nota e la configurazione attuale incognita . Al passo incrementale , si assume che tutte le informazioni dalla configurazione iniziale fino a siano note, compresa la storia dei carichi, le deformazioni strutturali e le forze interne agli elementi. L'interesse è quindi focalizzato sul comportamento della struttura durante l'incremento da a , causato da un piccolo aumento dei carichi esterni.
Sebbene le deformazioni durante ogni singolo passo incrementale siano piccole, le deformazioni totali accumulate fino a possono essere arbitrariamente grandi. Questo approccio incrementale offre un vantaggio significativo nella risoluzione di problemi non lineari con grandi deformazioni, poiché consente di suddividere il problema complesso in sottoproblemi più semplici, trattando ogni passo come una piccola deformazione incrementale, noto anche come teoria delle piccole deformazioni incrementali.
Secondo la formulazione di Lagrange aggiornata, la configurazione viene utilizzata come riferimento per descrivere il moto della struttura durante il passo incrementale verso . Le equazioni incrementali per gli elementi strutturali, come travi o aste, tengono conto di tre componenti principali della matrice di rigidezza: la rigidezza elastica , la rigidezza geometrica e la matrice dei momenti indotti , quest’ultima necessaria soprattutto per elementi spaziali prima del loro collegamento con altri elementi.
Per descrivere la compatibilità alle giunzioni tra elementi, si utilizza la matrice dei momenti di giunzione , simmetrica e inclusa nelle equazioni strutturali incrementali. L'equazione fondamentale che descrive il comportamento incrementale della struttura è quindi:
dove sono gli spostamenti incrementali e , sono i carichi nodali applicati rispettivamente nelle configurazioni e . Queste equazioni sono intrinsecamente non lineari perché le matrici di rigidezza geometrica e dei momenti dipendono dalle condizioni di carico e dalle forze interne precedenti. Di conseguenza, la risoluzione diretta non è possibile e si ricorre a metodi incrementali e iterativi, che prevedono una ripetizione sistematica del processo di soluzione ad ogni passo incrementale.
Il processo incrementale-iterativo si basa sull’adozione della cosiddetta regola del corpo rigido, applicata sia nella fase predittiva che in quella correttiva. Durante la fase predittiva, si utilizza la matrice di rigidezza tangente calcolata alla configurazione precedente per ottenere una soluzione approssimata dello spostamento incrementale. Sebbene questa soluzione non sia esatta, deve essere sufficientemente precisa da guidare correttamente le iterazioni successive.
La fase correttiva prevede l’aggiornamento della geometria degli elementi, ottenuto attraverso l’aggiornamento delle coordinate nodali con gli spostamenti incrementali appena calcolati. Contestualmente, le forze interne iniziali degli elementi vengono aggiornate per riflettere il nuovo stato deformato, seguendo il principio del corpo rigido che permette di trasferire le forze iniziali da a .
Questo meccanismo iterativo assicura la convergenza della soluzione incrementale, nonostante la complessità del comportamento non lineare e le grandi deformazioni totali accumulate.
È importante sottolineare che la gestione accurata della rigidezza geometrica e la considerazione degli effetti rotazionali rigidi sono fondamentali per garantire la correttezza delle soluzioni incrementali. La scelta di matrici di rigidezza capaci di superare il test del corpo rigido è essenziale per la stabilità e la convergenza numerica.
Inoltre, il modello deve tenere conto della proporzionalità dei carichi incrementali per semplificare la formulazione, ma in situazioni reali il caricamento può essere non proporzionale, richiedendo ulteriori sofisticazioni del modello e delle procedure iterative.
L’analisi incrementale-iterativa permette infine di rappresentare il comportamento non lineare della struttura mediante curve carico-deformazione, che sono essenziali per la progettazione e la valutazione della sicurezza strutturale.

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