Nel 1987, l'Istituto Tata per la Ricerca Fondamentale (TIFR) si trovava ad un punto di svolta critico. Sebbene, a prima vista, l'istituto sembrasse prosperare, con la sua reputazione intatta e la sua facoltà ancora impegnata nella ricerca d'avanguardia, coloro che vi lavoravano al suo interno percepivano una realtà molto diversa. Nonostante la sua posizione di preminenza nel panorama scientifico indiano, TIFR stava vivendo un periodo di incertezze profonde, dovute principalmente alla lenta erosione della sua autonomia e ad una crisi interna di gestione.
Negli anni successivi alla morte di Homi Bhabha, il fondatore dell'Istituto, la capacità di TIFR di mantenere la sua indipendenza dagli ingerenze esterne era progressivamente diminuita. Sebbene l'Istituto fosse ancora considerato una delle istituzioni scientifiche di punta in India, la sua struttura era sempre più soggetta agli umori burocratici del Dipartimento di Energia Atomica (DAE), che ne influenzava pesantemente le decisioni, in particolare quelle relative alla gestione e alla crescita delle infrastrutture. Le decisioni, un tempo prese con autonomia e coraggio, venivano ora accettate passivamente dalla direzione, indebolendo il ruolo di TIFR come centro di eccellenza scientifica.
Un esempio lampante di questa crescente subalternità alla burocrazia è rappresentato dalla gestione dei lavori edilizi. Se in passato gli edifici di TIFR erano stati progettati e costruiti secondo standard che riflettevano la visione di Bhabha per l'Istituto, negli anni '80 la qualità delle nuove strutture era visibilmente inferiore. La costruzione dei nuovi blocchi, come il D-Block, mostrava chiaramente i segni di un tentativo di ridurre i costi, senza preoccuparsi della qualità, tanto che molte delle scelte edilizie venivano giustificate con il riferimento a presunti "normativi governativi". Le conseguenze di queste politiche erano evidenti: l'aspetto e la funzionalità degli edifici riflettevano un declino non solo fisico, ma anche morale dell'Istituto.
Ma il declino non era limitato all'aspetto fisico; la situazione accademica era altrettanto critica. Il panorama della scienza e della tecnologia in India stava cambiando rapidamente, e TIFR, pur mantenendo una facoltà di altissimo livello, stentava a rinnovarsi. Le aree di ricerca che un tempo avevano rappresentato l'avanguardia del progresso scientifico stavano diventando obsolete, ma i tentativi di rinnovamento erano lenti e superficiali. Non c'era una vera e propria "pulizia" delle aree di ricerca non più produttive, e questo, insieme alla politica di promozioni poco trasparenti e alla scarsa consultazione tra i vari livelli di staff, contribuiva a creare un ambiente di insoddisfazione diffusa.
Questa insoddisfazione si estendeva a tutti i livelli, sia tra il personale accademico che tra quello non accademico. I membri del personale scientifico di medio livello si sentivano frustrati dalla gestione arbitraria delle promozioni, mentre il personale non accademico si univa sempre più spesso in sindacati, lamentandosi di pratiche corrotte e di una gestione inefficiente delle risorse. L'Istituto, pur apparendo esternamente come un modello di successo, era interno alla deriva, senza una chiara direzione.
In questo contesto di crescente instabilità, la nomina del nuovo direttore divenne un passaggio cruciale. La gestione di TIFR era infatti nelle mani del Consiglio di Amministrazione, composto da membri del governo e della famiglia Tata, ma la sua capacità di agire in modo coeso e determinato era limitata. Il ruolo del presidente del consiglio, J.R.D. Tata, pur essendo di grande prestigio, non si traduceva in un'efficace guida direzionale. La sua lontananza dalle operazioni quotidiane dell'Istituto, unita alla mancanza di coinvolgimento attivo degli altri membri del consiglio, contribuiva a mantenere lo status quo senza affrontare i problemi strutturali e accademici che stava attraversando TIFR.
La vera crisi di TIFR, come di molte altre istituzioni, non proveniva tanto dalle difficoltà esterne quanto dall'incapacità della leadership di affrontare e risolvere i problemi interni. Quando un'istituzione scientifica non è in grado di rinnovare i suoi metodi di lavoro, di rivedere e aggiornare i suoi programmi di ricerca, e quando le sue strutture di potere non sono in grado di agire con decisione, il risultato è un lento declino. L'esperienza di TIFR ci insegna che la stagnazione interna, la mancanza di visione e la debolezza di una leadership capace di affrontare il cambiamento sono i veri nemici per la sopravvivenza di una grande istituzione scientifica.
Al di là degli aspetti pratici e gestionali, è fondamentale comprendere che ogni istituzione, per quanto solida e prestigiosa, è destinata a decadere se non riesce a evolversi in risposta ai cambiamenti nel contesto scientifico e sociale. La mancanza di un approccio critico e di un impegno continuo per l'innovazione e il miglioramento può minare anche le fondamenta più solide, trasformando un faro di eccellenza in un relitto del passato. Ogni grande istituzione, per restare tale, deve confrontarsi costantemente con le sfide del presente e del futuro, senza mai accontentarsi dei successi passati.
Qual è l'importanza di un viaggio che cambia la vita? Un racconto tra scienza e scoperte
Non poter viaggiare con noi, lui ci aveva chiesto di visitare alcuni villaggi pittoreschi nei dintorni, cosa che i suoi amici si premurarono di fare. Ci consigliarono anche su come pianificare il nostro itinerario per la crociera sul Reno. Così, una volta da soli, seguendo i suggerimenti, ci dirigemmo da Colonia a Bonn, per poi proseguire lungo il fiume Reno con un battello. Arrivammo anche fino alla Mosella, percorrendo una tratta che ci regalò paesaggi mozzafiato. Essendo partiti prima dell'afflusso turistico delle vacanze scolastiche, potevamo dedicarci al viaggio senza l'incombenza della prenotazione anticipata degli alberghi. Decidemmo di fermarci in luoghi che ci incuriosivano, dando a ciascun posto il tempo necessario per scoprire la sua unicità. Arrivammo fino a Heidelberg, prima di fare ritorno. Successivamente, proseguimmo in treno fino a Liegi e poi a Bruxelles, prima di tornare in Inghilterra. A Bruxelles, ricordai con affetto il mio fantastico soggiorno lì nel 1958, ospite della famiglia Mercier.
Contrariamente al congresso di Varsavia sulla gravitazione a cui avevo partecipato, quella volta a Londra ero presente solo per due giorni, facendo delle gite giornaliere da Cambridge. Le presentazioni che tenemmo, Fred e io, furono accolte con grande interesse, con discussioni animate da figure di rilievo come Bergmann, Hoffmann, Chandrasekhar, Wheeler, Misner, Deser, tra gli altri. Willy Fowler presiedeva la sessione, con circa 300 persone nel pubblico. Durante l'incontro, P.C. Vaidya e John Bahcall vennero a Cambridge, dove li accompagnai e li portai come miei ospiti al "High Table". Un altro ospite insolito di Cambridge fu Acharya Atre. Chitre e io, per una visita a Londra, avevamo incluso nel programma un pranzo da Sharuna, un ristorante indiano a Tottenham Court Road, dove si poteva gustare il famoso "bhel", uno snack tipico delle tradizioni Maharashtriane e Gujarati. Non avendolo mangiato da anni, ci recammo lì appositamente per quel piatto. Mentre eravamo assorti nel nostro pasto, una mano pesante si posò sulla mia spalla. Mi voltai e incontrai il sorriso di P.K. (Acharya) Atre. Mi salutò con la sua solita cordialità, e vedendo cosa stavo mangiando, esclamò: "Jayantrao, vieni fino a Londra per mangiare il bhel! Io ho appena fatto colazione con bacon e uova nel mio hotel". Gli risposi: "Sir, ognuno mangia con piacere ciò che è una novità per lui". Mi disse che stava programmando una visita a Cambridge e voleva incontrarmi nel mio "territorio". Lo invitai e pochi giorni dopo venne. Gli mostrai i luoghi più significativi di Cambridge, concludendo il tour con un pranzo. Rimase molto impressionato e scrisse un resoconto dettagliato della sua visita sul suo giornale, Maratha.
Nel corso dell'anno, i preparativi per il mio prossimo viaggio in India prendevano forma. L'invito del CSIR da parte di Hussain Zaheer si era concretizzato e avevo pianificato di trascorrere due settimane in ciascuno dei centri di ricerca: PRL ad Ahmedabad, Matscience a Madras e il Dipartimento di Matematica e Statistica dell'Università di Pune. Nessuno di questi luoghi apparteneva ai laboratori del CSIR, ma Zaheer era abbastanza aperto da ospitare la mia visita in quei centri dove le mie conferenze avrebbero avuto il massimo impatto. Acconsentii però alla sua richiesta di tenere una conferenza popolare in un laboratorio del CSIR, come il National Chemical Laboratory di Pune, e di organizzare un workshop sulla relatività al National Physical Laboratory di Delhi.
La mia partenza era stata pianificata intorno a un congresso a Miami Beach, in Florida, su un tema simile a quello dei congressi di Dallas e Austin. Non essendo programmato alcun incontro a Texas nel 1965, il congresso di Miami si presentava come un'opportunità imperdibile. La conferenza era prevista per metà dicembre, e partii da Londra con l'accordo di proseguire il viaggio verso Mumbai al ritorno. Arrivai a Miami intorno a mezzanotte, dopo aver affrontato un viaggio che iniziò con un volo cancellato da Londra a New York a causa di una fitta nebbia. Quando arrivai a New York, un rappresentante di Air India mi fece imbarcare sul volo successivo per Miami.
A New York, i Dilwalis mi accolsero calorosamente. Charat si stava riprendendo da un'operazione e si trovava a casa, ma entrambi mi offrirono un'ospitalità sontuosa. Per una sera, organizzarono una cena con alcuni amici. Il giorno dopo partii per Londra con Air India e da lì mi imbarcai per Mumbai con tutto il mio bagaglio, che avevo recuperato dal deposito. Poiché viaggiavo in prima classe, la compagnia aerea mi prenotò un hotel vicino all'aeroporto, dato il breve tempo di attesa tra i voli. Ero consapevole che questo viaggio in India avrebbe potuto segnare una svolta importante nella mia vita, ma prima di entrare nel merito di questa evoluzione, c’era un altro capitolo che stavo vivendo.
Nel frattempo, avevo seguito con molta attenzione le iniziative di Fred Hoyle per la creazione di un nuovo istituto di astronomia a Cambridge. I suoi primi tentativi nel 1964 erano falliti, ma poi fu fondato un centro di astronomia presso la nuova Università di Sussex. Sentiva che Cambridge, con la sua lunga tradizione astronomica che risaliva a Isaac Newton, meritava un istituto di astronomia teorica. Dopo il fallimento dei finanziamenti pubblici, Fred si rivolse a fonti private, ottenendo risposte positive dalla Wolfson Foundation, che avrebbe finanziato la costruzione dell'edificio, e dalla Nuffield Foundation, che si sarebbe occupata del funzionamento dell'istituto nei primi cinque anni. Una volta risolto il problema immediato della sede, la domanda che rimaneva era cosa sarebbe successo dopo i primi cinque anni, quando il supporto della Nuffield Foundation sarebbe scaduto.
Il destino dell'istituto dipendeva ora dalle decisioni dell'Università, che approvò l'acquisizione di un terreno vicino agli osservatori di Trinity College, lontano dal centro delle attività di fisica e matematica, ma comunque in una zona tranquilla. La proposta fu pubblicata e messa in circolazione per alcune settimane, seguita da una discussione pubblica e da un voto finale. La risposta da parte dei fisici del Cavendish fu positiva, ma la vera sfida era come avrebbe reagito George Batchelor, capo del DAMTP, riguardo alla proposta.
Qual è stato il futuro dell'Istituto di Astronomia dopo il 1972?
Nel periodo immediatamente successivo alla fine del finanziamento da parte della Nuffield Foundation, l'Istituto di Astronomia Teorica (IOTA) di Cambridge si trovò a un bivio cruciale. La scadenza di questo sostegno finanziario, prevista per la fine di luglio del 1972, portò l’università a riflettere sul futuro dell'Istituto. La situazione era complessa: da una parte c’era il successo scientifico che l'Istituto aveva conseguito, dall’altra le difficoltà pratiche derivanti dalla carenza di risorse e di supporto economico. Durante l’estate, furono numerosi i colloqui formali e informali sui possibili scenari futuri. La scelta finale dell’Università fu quella di fondere l’Istituto con gli Osservatori, creando un nuovo "Istituto di Astronomia" che avrebbe continuato a essere supportato dall’Università, ma con una struttura e un impegno più contenuti.
Questa decisione non fu ben accolta da tutti. Fred, uno dei protagonisti di questa vicenda, ritenne che la sua influenza nell'ambito della ricerca astronomica di Cambridge fosse destinata a diminuire significativamente. Per lui, la fusione tra IOTA e gli Osservatori non solo implicava una riduzione del suo potere decisionale, ma anche una serie di problematiche legate alla nomina dei futuri capi degli Osservatori. In particolare, Fred aveva fatto pressione affinché Wallace Sargent, uno dei suoi colleghi, fosse scelto come successore di R.O. Redman, che stava per andare in pensione. La sua frustrazione aumentò quando, invece di Sargent, la commissione optò per Donald Lynden Bell, un teorico brillante ma con una carriera principalmente dedicata alla teoria e non all'osservazione, un campo che Fred considerava essenziale per quel ruolo.
La nomina di Lynden Bell segnò una svolta definitiva nella carriera di Fred. Nel momento in cui apprese la notizia della sua nomina, decise di dimettersi immediatamente, lasciando Cambridge per sempre. Questo atto risoluto chiuse un capitolo fondamentale della sua vita accademica, nonostante le opportunità che Cambridge avrebbe continuato a offrirgli. Il suo gesto rappresentò un punto di non ritorno, una manifestazione di un disincanto profondo verso la politica accademica e le dinamiche interne all'università. Per molti dei suoi amici e collaboratori, la sua partenza segnò la fine di un'epoca, quella dei giorni d’oro di Cambridge, che sembravano ormai lontani.
Tuttavia, nonostante l’apparente negatività di questo passaggio, Fred rimase una figura di grande ispirazione per le generazioni future. La sua decisione di ritirarsi dall'ambito accademico ufficiale non annullò la sua rilevanza scientifica. La sua continua ricerca e il suo spirito di collaborazione fecero sì che il suo lavoro restasse un punto di riferimento per tanti giovani studiosi, che lo consideravano un esempio da seguire. La sua uscita dal sistema accademico tradizionale non ostacolò la sua produttività scientifica, ma cambiò semplicemente la modalità con cui si relazionava al mondo accademico.
Altri aspetti importanti che vanno considerati in questa fase sono le dinamiche politiche interne all'Università di Cambridge e come queste abbiano influenzato le scelte professionali e scientifiche di figure come Fred. La sua decisione di abbandonare l’ambiente accademico, purtroppo, non fu un caso isolato, ma rappresentò una forma di disillusione che molte altre figure di spicco del panorama accademico britannico vissero in quegli anni. La continua evoluzione del sistema universitario, l’introduzione di nuove regole e la difficoltà di portare avanti progetti di grande portata senza il giusto supporto finanziario sembrano aver contribuito a questo fenomeno di "migrazione" intellettuale, che ha portato molti studiosi a cercare opportunità all'estero.
In questo contesto, sarebbe utile per il lettore riflettere su come la politica universitaria possa influenzare non solo le carriere accademiche, ma anche la direzione scientifica di istituti e centri di ricerca. La scienza non è mai solo questione di risultati, ma anche di equilibri interni, risorse disponibili e, soprattutto, di chi riesce a influenzare le decisioni strategiche all'interno di istituzioni prestigiose come Cambridge. L’equilibrio tra ricerca teorica e osservativa, così come la capacità di navigare tra le correnti politiche interne, restano elementi cruciali per la prosperità di un ambiente scientifico.

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