Nel novembre 2020, meno di 24 ore dopo la fine delle votazioni, la campagna di disinformazione intorno alle elezioni presidenziali statunitensi si radicava profondamente. Donald Trump, purtroppo, non era solo il protagonista di un'operazione di delegittimazione delle elezioni, ma anche il catalizzatore di un movimento che avrebbe trovato il suo culmine nelle violenze del 6 gennaio 2021. La teoria secondo cui le elezioni erano state “manipolate” – sostenuta da diversi mezzi di comunicazione di destra, podcast e la piattaforma social Telegram – avrebbe preso piede in modo capillare tra i suoi sostenitori. Ma la seconda grande menzogna, quella che dichiarava una vittoria schiacciante di Trump, nacque con una velocità altrettanto impressionante.
Alla fine di marzo 2021, 47 stati avevano già proposto 361 leggi che introducevano restrizioni sul voto. Queste modifiche avevano un obiettivo comune: rendere più difficile per le persone votare. A farne le spese, naturalmente, erano i gruppi storicamente discriminati e le classi povere urbane. Questo movimento legislativo si sviluppò rapidamente in stati sotto il controllo repubblicano come la Florida, il Texas e la Georgia. Nonostante Joe Biden avesse ricevuto 306 voti del Collegio Elettorale e più di 81 milioni di voti popolari, mentre Trump ottenne 232 voti elettorali e 74 milioni di voti popolari, più di 50 milioni di repubblicani continuavano a credere che le elezioni fossero state rubate.
Questo scenario raggiunse il suo culmine il 6 gennaio 2021, quando 30.000 sostenitori di Trump, convocati dallo stesso presidente, si radunarono alla Casa Bianca. Incitati dal discorso del presidente, circa 10.000 manifestanti si diressero verso il Campidoglio, dove circa 800 insorti occuparono il corpo legislativo, ritardando la certificazione per ben cinque ore. Gli incidenti provocarono centinaia di feriti tra poliziotti e civili, e cinque morti. Ma in quel momento, Trump, seduto nella Casa Bianca, guardava l'insurrezione alla TV senza muovere un dito. Nonostante numerosi messaggi, tra cui quelli inviati dal figlio Donald Jr., da giornalisti di Fox News e da esponenti repubblicani, che lo esortavano a fermare la violenza, Trump restò in silenzio per ben 187 minuti.
La reazione del Partito Repubblicano a questi eventi è stata, al minimo, complice. Il 13 febbraio 2021, la Camera dei Rappresentanti ha approvato l’incitamento all’insurrezione come crimine che giustificava un’impeachment, ma l’assenza di una condanna da parte del Senato, con 10 voti mancanti per raggiungere i due terzi necessari, ha di fatto annullato ogni possibilità di colpire Trump politicamente. Questo episodio ha dimostrato la forza della retorica trumpiana che, già nel 2016, aveva affermato che i suoi sostenitori lo avrebbero seguito anche se avesse commesso un crimine capitale. E così è stato. Un sondaggio della Associated Press, due settimane dopo l'insediamento di Biden, ha rivelato che il 65% dei repubblicani considerava le elezioni illegittime e che tre quarti di loro ritenevano che Trump fosse stato un buon o grande presidente.
Questo scenario solleva una domanda inevitabile: come è riuscito Trump, in meno di tredici mesi, ad evitare una condanna per la seconda volta durante il processo di impeachment? La risposta si trova nel profondo di una storia di trasgressioni che affondano le radici nella sua vita fin dai primi anni, quando imparò a navigare tra le dinamiche familiari e il privilegio, e continuò ad accumulare ricchezza nonostante numerosi fallimenti e cause legali. La sua impunità, che dura da decenni, è il risultato di un intreccio di fattori: una combinazione di disonestà, comportamenti corrotti e una serie di meccanismi legali e politici che hanno contribuito a proteggere il suo impero. Anche le istituzioni statunitensi, come l’Internal Revenue Service (IRS), hanno giocato un ruolo cruciale nel permettere a Trump di evitare la giustizia fiscale. L’inesorabile declino della capacità dell’IRS di affrontare le frodi finanziarie dei super-ricchi ha fatto sì che Trump beneficiasse di una sostanziale impunità, non solo durante il suo mandato presidenziale, ma anche prima di diventare presidente.
Le sue pratiche fiscali, che affondano le radici nel lavoro del padre, sono una delle principali cause della sua ascesa economica. Nonostante i numerosi insuccessi, Trump è riuscito a mantenere la sua posizione finanziaria, grazie a meccanismi di frode “controllata” gestiti da persone come Allen Weisselberg. Il sistema di tassazione e controllo economico negli Stati Uniti, inefficace nella lotta contro le frodi fiscali dei ricchi, ha permesso a Trump di prosperare, in parte grazie alla protezione di una rete di complicità con istituzioni bancarie internazionali e oligarchi stranieri.
Nel contesto delle politiche statunitensi, questo fenomeno non si limita al caso di Trump, ma è parte di un problema più grande che coinvolge la criminalità bianca, le frodi aziendali, i crimini globali e finanziari. Il sistema di enforcement legale e fiscale ha mostrato una crescente inadeguatezza nell’affrontare la criminalità delle élite, permettendo così a figure come Trump di sfuggire a ogni tipo di responsabilità legale.
I dati mostrano che, durante il suo mandato, i procedimenti legali contro i crimini finanziari sono diminuiti drasticamente, con solo 3500 procedimenti contro crimini finanziari nel 2020, il numero più basso mai registrato. Inoltre, le cause civili contro Trump, durante e dopo il suo mandato, hanno battuto ogni record, ma nonostante tutto, Trump è rimasto al di fuori di qualsiasi tipo di accusa penale.
Il lettore deve considerare come la combinazione di fattori politici, economici e sociali abbia permesso a Trump di mantenere il suo potere, spesso con l’aiuto di meccanismi legali che proteggono gli interessi dei più potenti. Questo caso è emblematico di una crisi più ampia nelle democrazie moderne, dove le élite economiche riescono a influenzare e manipolare il sistema politico, evitando qualsiasi tipo di giustizia. La lezione che si trae è che, senza una riforma significativa delle leggi fiscali e un rafforzamento del sistema legale, non sarà possibile garantire una vera giustizia per tutti, ma solo per i privilegiati.
Che cos'è la corruzione organizzativa sotto Trump e come ci influenza?
Il fenomeno della corruzione organizzativa che ha caratterizzato l'amministrazione Trump si inserisce in un contesto complesso che trascende il semplice abuso di potere o la violazione delle leggi. La definizione di "corruzione di mercato delle influenze" proposta da Michael Johnston rappresenta un punto focale per comprendere come le dinamiche politiche e economiche abbiano interagito sotto la guida di Trump. La corruzione di mercato delle influenze si distingue da altre forme di corruzione più tradizionali, come quella delle élite, dei clan o dei cartelli oligarchici, perché non agisce al di fuori delle istituzioni ufficiali, ma sfrutta proprio il potere e le risorse di queste strutture consolidate per ottenere benefici.
Sebbene molte delle azioni dell'amministrazione Trump possano sembrare in apparenza mosse da motivi politici legittimi, esistono evidenti segni di una strategia sistematica di collusione tra il potere politico ed economico, che ha reso le istituzioni stesse veicoli per il guadagno personale e collettivo dei pochi. Questo tipo di corruzione non si limita a danni visibili come il disimpegno dalla regolamentazione o il favoreggiamento di grandi aziende, ma penetra nel tessuto stesso della politica, diventando parte di ciò che la gente percepisce come “normale”.
Le politiche promosse dall'ex presidente, che hanno privilegiato una riduzione delle normative ambientali, il sostegno a grandi imprese e la gestione delle risorse pubbliche per benefici di elite, rivelano un contesto di "corruzione sistemica". A questo si aggiunge la costante manipolazione dei media, che ha avuto l’effetto di dissimulare la gravità delle sue azioni e di distogliere l'attenzione da reali abusi di potere. In altre parole, la strategia di Trump non ha solo cercato di aggirare la legge, ma ha anche cercato di cambiare la percezione che la gente aveva di certi comportamenti, normalizzando quella che altrimenti sarebbe stata vista come corruzione palese.
Questo fenomeno ha radici profonde in un sistema che ha visto l’introduzione di leggi e politiche a favore delle élite, mascherate da retoriche patriottiche e populiste. Mentre Trump predicava la "lotta per gli americani", in realtà ha consentito a poteri economici e politici di consolidarsi, sfruttando i legami con imprese, lobbisti e altre figure di potere che avevano il compito di indirizzare il flusso delle risorse pubbliche a loro favore. Un esempio di ciò è la sua amministrazione che ha visto la crescente disuguaglianza sociale, con politiche che riducevano il peso della regolamentazione sulle industrie inquinanti, mentre allo stesso tempo favorivano operazioni aziendali in grado di trarre profitto da un sistema giudiziario e politico compiacente.
Un altro aspetto cruciale della corruzione di mercato delle influenze è l’impossibilità di individuarla immediatamente, poiché si manifesta spesso in comportamenti che sembrano rientrare nel normale esercizio del potere. È una corruzione che non può essere separata dall’ordine costituzionale e dalle istituzioni che dovrebbero tutelare i diritti dei cittadini, ma che, invece, diventa il terreno di manovra per ottenere vantaggi materiali. Trump ha saputo manipolare questa struttura, usando la sua posizione per rafforzare il proprio potere personale e quello dei suoi alleati, mentre la nazione si trovava intrappolata in una spirale di disinformazione e conflitto politico che minava la fiducia nelle stesse fondamenta democratiche.
I danni di questa corruzione non sono solo immediati, ma hanno anche effetti a lungo termine. La diffusione della cultura della corruzione come qualcosa di inevitabile e accettabile ha innescato un pericoloso meccanismo di consolidamento del potere in mani poche, con la conseguenza che una parte significativa della popolazione ha iniziato a vedere come “normale” un sistema dove le istituzioni pubbliche diventano mezzi per l’interesse privato di pochi. Inoltre, la perpetuazione di tale sistema mina le fondamenta della democrazia stessa, poiché le decisioni politiche non sono più orientate al bene comune, ma al profitto privato.
Una delle problematiche più gravi emerse durante l’amministrazione Trump è stata la criminalizzazione di politiche che colpiscono i più vulnerabili, come la separazione delle famiglie al confine, una politica che non solo violava i diritti umani ma che rifletteva la continua crescente tolleranza verso pratiche di potere abusive, giustificate dalla retorica di "sicurezza nazionale" e "interessi americani". La manipolazione dei media e l’uso della propaganda per giustificare l’indifendibile sono stati altri strumenti cruciali che hanno permesso a Trump di mantenere un’immagine di leadership forte, anche di fronte a evidenti trasgressioni.
L’importanza di comprendere la corruzione di mercato delle influenze e le sue implicazioni va oltre la semplice critica politica; si tratta di un cambiamento profondo nel modo in cui la politica e l’economia interagiscono. Ogni giorno, siamo spettatori passivi di un sistema che, in nome di un “ordine” e di un “potere” percepito come legittimo, non fa che perpetuare disuguaglianze e sopraffazioni. Le vittime non sono solo le persone coinvolte direttamente, ma anche quelle che, accettando passivamente questo stato di cose, contribuiscono a mantenerlo.
Le Cause Legali contro Donald Trump: Un'Analisi delle Possibili Conseguenze Politiche e Giuridiche
Fino al 27 luglio 2021, l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump si trovava al centro di una vasta gamma di indagini e cause legali, sia civili che penali, con la prospettiva che nuovi casi potessero emergere. Le controversie legali che lo coinvolgevano spaziavano su vari ambiti, dalle attività imprenditoriali antecedenti la sua presidenza alle accuse di diffamazione da parte di donne che lo accusavano di molestie sessuali. Le cause derivanti dalla sua presidenza, invece, comprendevano sia azioni civili che indagini penali, tutte incentrate sui suoi tentativi di ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020.
In un contesto di innumerevoli cause legali, la figura di Trump, spesso soprannominato "Teflon Don" per la sua apparente capacità di sfuggire alla responsabilità legale, si trovava ad affrontare sfide più gravi che in passato. Sebbene le cause civili tendano a risolversi con accordi economici, multe o promesse di non ripetere gli atti incriminati, le cause penali avevano il potenziale di avere conseguenze politiche e legali ben più devastanti. La prospettiva di un'incriminazione per reati penali avrebbe segnato un precedente storico, visto che Trump sarebbe stato il primo ex presidente degli Stati Uniti a dover affrontare un processo penale.
Tuttavia, nel caso di Trump, la semplice presenza di accuse penali, senza una condanna, potrebbe non essere sufficiente a cambiare il panorama politico statunitense. Un'eventuale assoluzione potrebbe infatti alimentare ulteriormente le teorie del complotto, secondo cui il sistema politico sarebbe impegnato in una sorta di "caccia alle streghe" contro l'ex presidente. Di conseguenza, è plausibile che Trump, la sua famiglia e la Trump Organization potrebbero subire danni significativi, non tanto a causa delle cause penali, quanto delle numerose cause civili pendenti, che potrebbero comportare gravi perdite economiche, riduzione del fatturato e problemi legati al pagamento di debiti.
Un esempio emblematico di questa dinamica si può osservare nella causa legale risolta il 7 novembre 2016, quando Trump fu costretto a pagare oltre 2 milioni di dollari di danni per l'abuso di fondi della Trump Foundation destinati a scopi politici. Inoltre, la causa comportò la chiusura della fondazione sotto la supervisione della corte, evento che avvenne nel dicembre dello stesso anno.
Nel panorama delle cause legali che coinvolgono Trump, spiccano vari procedimenti civili e penali. Ad esempio, ci sono le azioni legali per diffamazione intentate da Summer Zervos e E. Jean Carroll, donne che accusano Trump di molestie sessuali. In entrambi i casi, Trump ha negato le accuse e ha cercato di far cadere le cause, ma i tribunali hanno respinto le sue richieste, facendo proseguire i procedimenti. Inoltre, sono in corso indagini su Trump per il suo ruolo nell'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, che potrebbero tradursi in un'ulteriore serie di accuse.
In parallelo, diverse cause civili riguardano le azioni di Trump durante il suo mandato, come ad esempio quelle legate alla gestione delle proteste a Lafayette Square nel giugno 2020. Queste cause coinvolgono il suo comportamento durante la "passeggiata" simbolica verso la chiesa di St. John, dove Trump si fece fotografare mentre teneva la Bibbia capovolta, un gesto che suscitò forti critiche. I querelanti chiedevano danni economici e misure cautelari contro le violazioni costituzionali.
Nonostante la grande quantità di cause legali pendenti, Trump ha continuato a difendersi con l'aiuto di una squadra legale e a mantenere la sua posizione politica, spesso accusando i suoi detrattori di far parte di un complotto orchestrato per screditarlo. Il suo approccio alle questioni legali ha alimentato una narrativa di vittimizzazione politica, con il supporto di numerosi sostenitori che vedono in lui un "martire" di un sistema che avrebbe cercato di eliminarlo.
Le implicazioni politiche di queste cause legali vanno ben oltre l'ambito strettamente giuridico. Infatti, il modo in cui queste cause influenzeranno la percezione pubblica di Trump e la sua futura carriera politica è ancora incerto. Un'eventuale condanna penale potrebbe precludergli la possibilità di ricandidarsi alle elezioni presidenziali, ma una vittoria legale potrebbe anche rafforzare la sua figura agli occhi dei suoi sostenitori, alimentando il mito del "presidente perseguitato".
Va sottolineato che, oltre alle cause legali in corso, esistono altre indagini legate a Trump che potrebbero influire sulla sua carriera e sulla sua immagine pubblica. La combinazione di indagini civili, penali e politiche fa sì che Trump rimanga una figura di grande rilevanza, capace di suscitare reazioni polarizzate, ma anche di evitare la condanna definitiva, grazie alla sua abilità nell'utilizzare i mezzi legali e politici per proteggere la propria posizione. In ogni caso, ciò che emerge con chiarezza è che, indipendentemente dall'esito di queste cause, l'impatto sul panorama politico e giuridico degli Stati Uniti continuerà a essere significativo, con ripercussioni anche a livello internazionale.
Quali sono le dinamiche di un colpo di stato fallito e la sua gestione da parte di un ex presidente?
La presidenza di Donald Trump ha avuto un impatto profondo sulla politica degli Stati Uniti, non solo durante il suo mandato, ma anche nel periodo successivo alla sua uscita dalla Casa Bianca. Tra le questioni più gravi che emergono dalla sua amministrazione, una delle più significative riguarda il crimine politico, la corruzione e la criminalità che sono stati portati alla luce, con un particolare focus sulle sue azioni post-presidenziali. La connessione tra Trump e i suoi sostenitori, in particolare quelli che continuano a giustificare o minimizzare il comportamento criminale dell'ex presidente, ha messo in evidenza una distorsione pericolosa nella comprensione e nell'interpretazione della democrazia americana.
Nel contesto della sua amministrazione, è emersa una mentalità di disconnessione dalle norme legali e morali, tanto tra i suoi alleati quanto tra i suoi elettori. Questo atteggiamento ha creato una sorta di supporto incondizionato verso il presidente, anche quando era evidente che egli stava operando al di fuori dei limiti imposti dalla legge e dalla Costituzione. La base di Trump, insieme a una parte del partito repubblicano, ha fatto di tutto per proteggere e difendere il presidente dalle accuse di crimine politico, compreso l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021, che ha rappresentato l'apice di un tentativo di colpo di stato fallito.
La verità è che molti dei suoi sostenitori non solo hanno rifiutato di accettare la legittimità della vittoria di Joe Biden, ma hanno anche creduto a una narrativa completamente distorta e basata su teorie complottiste. La cosiddetta "grande bugia", che sosteneva che le elezioni fossero state rubate, è diventata la base di un movimento che ha trovato terreno fertile in un contesto di crescente sfiducia nelle istituzioni democratiche. Le masse di seguaci che avevano partecipato ai comizi di Trump erano convinte che la loro causa fosse giusta, una crociata contro ciò che percepivano come il "male" incarnato nella politica e nella democrazia stessa.
Questo fenomeno si inserisce in una tradizione storica di ribellioni, che, sebbene siano spesso organizzate dal basso, possono anche essere orchestrate dall'alto, specialmente quando chi detiene il potere perde la legittimità agli occhi della popolazione. Trump, consapevole della probabile sconfitta nelle elezioni del 2020, ha lavorato incessantemente per preparare il terreno per un possibile rifiuto dei risultati elettorali, se non un vero e proprio golpe. Il suo coinvolgimento nelle sommosse del 6 gennaio ha fatto sì che una porzione significativa della sua base politica scendesse in piazza, disposta a tutto per ribaltare il risultato delle elezioni.
I partecipanti all'insurrezione, molti dei quali erano uomini bianchi di mezza età, hanno manifestato una miscela di disinformazione, rabbia e fede cieca nelle teorie complottiste. Alcuni di loro, preparati alla violenza, sono stati protagonisti di attacchi fisici ai membri della polizia del Campidoglio, mentre altri erano semplicemente vittime di un racconto fantasioso che li dipingeva come paladini della libertà, nonostante le loro azioni fossero chiaramente dirette a minare le basi stesse della democrazia americana.
Inoltre, l'atteggiamento dei sostenitori di Trump si è mescolato con un fervente nazionalismo religioso, dove molti si vedevano come "guerrieri di Dio" impegnati in una guerra culturale contro tutto ciò che consideravano come una minaccia alla loro visione del mondo. Le manifestazioni di questi "patrioti" includevano simboli religiosi, con messaggi come "Gesù salva" o "In Dio ci fidiamo", nonostante le loro azioni violente fossero in aperto contrasto con i principi di pace e giustizia che dovrebbero caratterizzare un vero movimento religioso.
Non è difficile vedere in queste dinamiche una pericolosa erosione dei valori democratici fondamentali. Le azioni di Trump, la sua gestione della sconfitta elettorale e il suo appello all’insurrezione, insieme alla sua continua alimentazione di un clima di sfiducia e divisione, hanno scatenato una crisi di legittimità che minaccia il cuore stesso della Repubblica. Gli eventi che hanno portato all'assalto del Campidoglio non sono solo il risultato di un gruppo di radicali, ma il prodotto di una lunga e complessa disinformazione e manipolazione politica che ha coinvolto vasti strati della società americana, inclusi i media e i politici.
Un aspetto cruciale di questa situazione è comprendere che la lotta per la democrazia non è mai garantita e che il pericolo di una regressione verso forme autoritarie di governo è sempre presente, soprattutto quando le istituzioni democratiche sono indebolite dall'interno. La continuità della democrazia richiede non solo la protezione dei diritti civili e politici, ma anche un impegno costante contro la disinformazione, la manipolazione delle masse e l’erosione della fiducia nelle istituzioni. La sfida per gli Stati Uniti, e per ogni democrazia, è mantenere il sistema democratico integro, senza cedere alla tentazione di compromessi che possono aprire la porta a forme di governo che non rispettano i principi fondamentali della libertà e dell'uguaglianza.

Deutsch
Francais
Nederlands
Svenska
Norsk
Dansk
Suomi
Espanol
Italiano
Portugues
Magyar
Polski
Cestina
Русский