L'idea centrale della categoria specifica nel contesto degli aeromobili senza pilota è che il rischio associato all'operazione possa essere incorporato nell'argomentazione di sicurezza, consentendo così un adattamento proporzionato dei requisiti di sicurezza del velivolo. Questo approccio si distingue nettamente dall'aviazione con equipaggio, dove il rischio di volo è sempre massimo, data la presenza di vite umane a bordo. Nella categoria certificata, la stessa logica si applica, poiché ogni volo è considerato potenzialmente pericoloso per persone a bordo o a terra. Nel caso degli aeromobili senza pilota che operano nello spazio aereo generale, si deve sempre assumere la presenza di rischio verso terzi, siano essi altri utenti dello spazio aereo o popolazioni sul terreno.

Tuttavia, nella categoria specifica, l’operazione è caratterizzata da limitazioni definite nel Concept of Operations (ConOps) che riducono il rischio. Un esempio semplice è un drone che vola su un’area disabitata: in questo scenario, la probabilità di causare danni a persone è minima. Anche in caso di guasto tecnico e conseguente perdita del velivolo, l’operazione rimane sicura proprio per la natura dell’ambiente di volo e per l’assenza di pilota a bordo. L’aumento significativo del rischio si verifica se il drone esce dall’area prevista e si sposta sopra zone popolate. La sicurezza dipende quindi dalla rigorosa osservanza delle limitazioni operative definite nel ConOps.

È qui che entra in gioco il concetto di monitoraggio della sicurezza operativa, un sistema che supervisiona costantemente il rispetto dei limiti operativi e attiva contromisure, come l’interruzione sicura del volo, qualora vi sia rischio di violazione. Il livello di sicurezza richiesto a questo sistema è estremamente elevato, poiché un suo malfunzionamento potrebbe portare a superare i confini operativi e quindi a perdere i fattori di mitigazione del rischio.

Il monitoraggio deve quindi controllare sia lo stato complessivo del velivolo sia le restrizioni specifiche del volo. Le proprietà di supervisione si suddividono in più categorie: missione, velivolo, componenti e sensori, carico, ambiente e hardware. Alcune proprietà sono più facilmente monitorabili di altre, e per molte di esse sarà necessario definire con precisione i limiti di operazione, che per alcuni parametri possono risultare difficili da quantificare esplicitamente.

Tra tutte, una delle funzioni più cruciali è il geofencing, ovvero il controllo che il velivolo rimanga entro un’area geografica predefinita, spesso definita no-fly zone. Questo confine virtuale, se oltrepassato, attiva azioni di mitigazione che possono essere contingenti (permettere un ritorno all’area nominale) o definitive, come l’interruzione sicura del volo. Nel modello SORA, il volume nominale di volo è denominato Flight Geography, mentre lo spazio riservato a manovre contingenti è il Contingency Volume; il Contingency Buffer e il Risk Buffer sono invece spazi dedicati a procedure di emergenza per garantire che il velivolo non superi mai i limiti consentiti.

Per rilevare automaticamente le violazioni di geofencing si rappresenta la Flight Geography come una catena poligonale e si verifica se la traiettoria del drone la attraversa. Il controllo avviene in due dimensioni più un limite in altezza: se il drone supera un’altezza massima definita, scatta la mitigazione. L’algoritmo calcola l’intersezione tra segmenti della traiettoria e segmenti della catena poligonale, utilizzando parametri geometrici e controlli basati sul teorema della curva di Jordan per stabilire se il drone si trovi dentro o fuori dall’area autorizzata.

Oltre a comprendere il funzionamento di questo sistema, è fondamentale che il lettore consideri l’importanza dell’interazione tra tutti i livelli di supervisione. Non è sufficiente monitorare solo la posizione geografica: la sicurezza dipende anche da una molteplicità di fattori ambientali, tecnici e di performance che devono essere continuamente valutati in sinergia. Per esempio, condizioni meteorologiche avverse, stato di carico o malfunzionamenti hardware possono influire sulla capacità del drone di rispettare i limiti di volo. L’integrazione di tutte queste informazioni in un sistema di monitoraggio robusto è la chiave per garantire operazioni sicure nella categoria specifica.

La definizione chiara e precisa dei limiti di sicurezza, in particolare per parametri dinamici come segnali sensoriali o prestazioni di sistema, rappresenta una sfida fondamentale. Saranno necessari ulteriori studi per stabilire confini affidabili e adattabili alle diverse condizioni operative, garantendo che il sistema di monitoraggio non solo reagisca correttamente alle violazioni, ma sia anche proattivo nel prevenire situazioni di rischio.

Come si valida e progetta un velivolo autonomo a bassa quota: simulazioni di scenario per sicurezza e integrazione

La simulazione di scenario per velivoli autonomi a bassa quota come quelli progettati nel contesto ALAADy rappresenta uno strumento imprescindibile per validare e ottimizzare il complesso sistema di volo e controllo. Questo approccio multidisciplinare si articola nella modellazione simultanea di molteplici componenti critici: la dinamica di volo del velivolo, i sensori per la stima dello stato, i sistemi di controllo per la stabilizzazione e la protezione dai limiti di volo, la gestione della missione con comunicazione comando-controllo (C2), il sistema di terminazione di volo e il monitoraggio della sicurezza operativa. Accanto a questi elementi, la rappresentazione dell’ambiente circostante, inclusi il terreno, il vento e il traffico aereo (sia con pilota che autonomo), è fondamentale per assicurare un realismo adeguato alla simulazione.

L’utilizzo principale di queste simulazioni è duplice: validazione e ottimizzazione del design. Le attività di validazione riguardano il volo autonomo sicuro in condizioni operative nominali, dove è essenziale verificare l’interazione armonica tra sensori, controllo di volo e gestione missione. La simulazione consente inoltre di testare le procedure a terra, come il monitoraggio e la guida da parte della stazione di controllo.

Un altro aspetto cruciale è la verifica delle procedure di terminazione sicura del volo. Il concetto chiave di ALAADy prevede la possibilità di interrompere il volo in qualsiasi momento, soprattutto sopra aree scarsamente popolate, tramite un monitor di sicurezza che rileva violazioni dei vincoli operativi e attiva un sistema di terminazione. Questo meccanismo deve garantire che il velivolo rientri in un’area di sicurezza prestabilita, nonostante le variabili ambientali come vento o deviazioni di traiettoria. La formalizzazione delle regole di sicurezza in specifiche tecniche permette di automatizzare decisioni complesse, ma la vastità delle combinazioni possibili di parametri rende indispensabile un’ampia copertura di scenari simulati per aumentare la fiducia nel sistema.

La gestione della perdita del collegamento C2 rappresenta un’altra sfida importante. La simulazione deve replicare l’affidabilità e le caratteristiche di questo link, valutando procedure di mitigazione quali manovre autonome per facilitare il recupero della connessione e attivazione di un conto alla rovescia per la terminazione del volo in caso di perdita prolungata. Allo stesso modo, la simulazione è uno strumento utile per addestrare il personale a gestire situazioni critiche e a prendere decisioni informate.

L’integrazione nello spazio aereo condiviso con traffico pilotato rimane un tema di grande rilevanza. Sebbene si cerchi di separare il traffico autonomo da quello tradizionale per motivi di sicurezza, in situazioni come l’atterraggio di velivoli cargo autonomi in aeroporti regionali è necessario sviluppare procedure che garantiscano la coesistenza senza interferenze. La simulazione permette di validare l’uso di dispositivi come transponder e sistemi di comunicazione vocale, nonché di definire protocolli di interazione con il controllo del traffico aereo.

Oltre alla validazione, la simulazione permette di affrontare compromessi progettuali complessi. Il design di velivoli senza pilota si distingue per la rapidità di sviluppo e la diversità delle missioni, richiedendo una personalizzazione delle configurazioni del velivolo. Non esistono criteri universali consolidati come per gli aeromobili con equipaggio; è necessario analizzare l’interazione tra il veicolo, i sistemi di bordo e a terra, e i vincoli operativi specifici per ogni scenario. La simulazione fornisce un ambiente integrato per confrontare prestazioni, sicurezza ed efficienza in contesti reali.

Inoltre, l’approccio di certificazione basato su vincoli operativi consente di effettuare bilanciamenti tra rischi residui e misure di mitigazione, modulando ad esempio le restrizioni del corridoio di volo per evitare aree sensibili e ottimizzare la performance missione-sicurezza.

È fondamentale comprendere che la complessità di un sistema autonomo non risiede solo nel velivolo, ma nell’interazione continua tra il mezzo, l’ambiente e i sistemi di controllo umani e automatici. La simulazione integrata si configura così come un campo di prova essenziale per garantire non solo la sicurezza, ma anche l’efficacia operativa, l’adattabilità a contesti variabili e la capacità di gestire eventi imprevisti. Solo grazie a questa visione olistica è possibile sviluppare sistemi di trasporto aereo autonomo affidabili e pronti per un’integrazione sicura nel panorama aeronautico futuro.

Come è organizzato il sistema di controllo a terra e il software nel testing di un dimostratore tecnologico aeronautico?

Il sistema di controllo a terra (Ground Control Station, GCS) per il testing di un dimostratore tecnologico è progettato con un’attenzione maniacale alla ridondanza, affidabilità e modularità. I veicoli utilizzati per il trasporto del personale e delle apparecchiature verso i siti di volo sono dotati di alimentazione elettrica ininterrotta (UPS) e di router di rete con interfacce LAN e WLAN, che interconnettono i computer del GCS. I posti di lavoro all’interno dei veicoli sono ergonomici e proteggono gli operatori da condizioni meteorologiche avverse e da riflessi luminosi che potrebbero compromettere la visibilità dei display. Questi veicoli sono inoltre predisposti per il montaggio standardizzato di antenne e strumenti di monitoraggio meteorologico, garantendo un’infrastruttura tecnica robusta anche in condizioni esterne ostili.

La fornitura di energia elettrica in loco rappresenta una sfida significativa: non si può presupporre la presenza di infrastrutture elettriche stabili, quindi la strategia adottata prevede una doppia alimentazione ridondata, basata su generatori da 230 V affiancati da batterie di backup. Questa doppia alimentazione è ulteriormente integrata da batterie interne agli apparati critici come laptop o dispositivi di terminazione del volo. Tuttavia, alcuni strumenti essenziali come il telecomando del pilota in volo o i tablet di monitoraggio, per vincoli tecnici, non possono disporre di una doppia fonte energetica; per questi si adottano sistemi di avviso e controlli dello stato di carica effettuati scrupolosamente prima del decollo. Sono definiti e addestrati protocolli di emergenza da applicare in caso di perdita di energia.

La supervisione del volo si basa su un’infrastruttura informatica complessa: i dati dei sistemi di bordo e degli stati di volo sono trasmessi al GCS tramite un segmento di comando e controllo (C2) e distribuiti attraverso reti Ethernet, sia cablate che wireless, verso laptop e tablet. I tablet permettono al pilota di monitoraggio di effettuare rapidi controlli degli indicatori di volo fondamentali, mentre i laptop, posizionati all’interno dei veicoli, offrono un monitoraggio più esteso e un controllo automatico del volo. L’architettura software e hardware del sistema di terra è modulare per adattarsi rapidamente a cambiamenti nelle necessità operative e alle configurazioni del GCS.

La sicurezza dello spazio aereo è assicurata da un sistema di terminazione del volo separato e ridondante, dotato di due viste topografiche per verificare che il veicolo non esca dall’area di test. Questo sistema può attivare la terminazione del volo in caso di emergenza. Il monitoraggio dello spazio aereo è inoltre supportato da un osservatore esterno che utilizza le infrastrutture della torre aeroportuale e un display FLARM, alimentato anch’esso da fonti ridondanti.

Il telecomando del pilota in volo conferisce il controllo completo e diretto del veicolo, permettendo di passare dalla modalità automatica a quella manuale e di attivare la terminazione del volo in emergenza. Il pilota di monitoraggio, grazie a un tablet che sintetizza i dati di sistema e la posizione attuale, può consigliare tempestivamente il pilota di comando in situazioni critiche, basandosi su una rappresentazione chiara e aggiornata dell’area di volo.

Il software di bordo e del GCS è fondamentale per il funzionamento dell’intero sistema. Oltre alle modifiche fisiche al velivolo e all’avionica, sono necessari molteplici moduli software, molti dei quali basati su firmware COTS (Commercial Off-The-Shelf), mentre altri, come il firmware dei componenti sviluppati internamente, sono gestiti tramite un rigoroso sistema di versionamento e configurazione. La modularità e l’isolamento delle componenti critiche e sperimentali costituiscono i principi guida del design software. In particolare, le parti più critiche sono implementate con semplicità per garantirne l’affidabilità, evitando blocchi e interferenze nell’uso delle risorse condivise come memoria e capacità di calcolo.

L’architettura software è scalabile per includere, se necessario, ulteriori risorse di calcolo a bordo in risposta alle esigenze di sviluppo e complessità crescente. Due computer principali a bordo, denominati CIC e FCC, suddividono i compiti di controllo. Il CIC gestisce le funzioni di base, come l’invio di comandi agli attuatori in base ai segnali del telecomando del pilota o del FCC, raccoglie e trasmette dati verso il FCC e i computer di terra. Il software del CIC include un’applicazione di fly-by-wire e un sistema di comunicazione e logging, che dialogano con il FCC e il collegamento dati verso terra tramite un middleware di comunicazione sviluppato internamente. Il FCC, invece, elabora i dati dei sensori per calcolare i comandi automatici di volo, eseguire software sperimentale e gestire la comunicazione C2. Il software del GCS mostra in tempo reale lo stato del sistema e le condizioni di volo, permettendo al personale a terra di impartire comandi di alto livello, modificare modalità di controllo, livelli di automazione, traiettorie di volo o attivare funzioni sperimentali.

Questa complessa integrazione di hardware, software e procedure operative sottolinea come la progettazione di un sistema di controllo a terra e di bordo per un dimostratore tecnologico richieda un equilibrio raffinato tra innovazione sperimentale e robustezza operativa. La gestione delle risorse energetiche, la ridondanza, la modularità software, la supervisione continua e la capacità di reazione rapida sono elementi imprescindibili per garantire la sicurezza e il successo dei test di volo in contesti reali.

È fondamentale comprendere che la sicurezza e l’affidabilità di questi sistemi non derivano solo dalla tecnologia, ma anche dalla rigorosa definizione di procedure operative e dall’addestramento costante degli operatori. La complessità crescente dei sistemi di controllo richiede un approccio integrato che consideri ogni componente come parte di un ecosistema interdipendente, dove il fallimento di uno può compromettere l’intera missione. Solo attraverso una progettazione olistica e un monitoraggio attento è possibile garantire l’efficacia e la sicurezza delle operazioni di volo sperimentali.

Quali sono i requisiti di affidabilità e sicurezza nei sistemi di terminazione per droni e come si riflettono sulle architetture di sistema?

Per ogni variante di terminazione, come indicato nella tabella 5, è necessario predisporre un albero dei guasti specifico. In assenza di evidenze comprovate sull’affidabilità del pilota, i sistemi tecnici devono soddisfare autonomamente i requisiti stabiliti dal Step #9. Per entrambe le varianti di terminazione si assume che il percorso di volo debba restare all’interno del Volume Operativo e del Ground Risk Buffer, evitando quindi di superare limiti critici di sicurezza.

Nel caso della variante 1, l’albero dei guasti (figura 2) evidenzia come il componente Flight Envelope and Human Error Protection (FEHEP) sia responsabile della prevenzione dell’uscita dal Volume Operativo, dovendo garantire una affidabilità di 10⁻⁴ per ora di volo (FH). Sebbene il Deterministic Assurance Level (DAL) non possa essere direttamente collegato all’affidabilità, si assume che i sistemi critici di sicurezza, generalmente sviluppati con DAL D, non raggiungano la soglia di affidabilità richiesta da Step #9. Pertanto, FEHEP e i componenti con potenziali interferenze devono essere sviluppati con un livello di sicurezza DAL C, mentre gli altri sistemi, pur essendo potenzialmente causa di perdita del veicolo, mantengono un livello DAL D per ragioni di interesse operativo e non per obblighi normativi. In questa configurazione non sono previste ridondanze obbligatorie, poiché nessun guasto singolo può violare direttamente i requisiti di Step #9.

Per la variante 2, l’albero dei guasti presenta analogie con la prima, ma con la terminazione effettuata prima che il veicolo lasci il Volume Operativo (figura 3). Qui FEHEP e il sistema di monitoraggio combinati devono garantire la stessa affidabilità di 10⁻⁴/FH, comportando lo sviluppo di entrambi come DAL D. Anche in questo caso, nessuna ridondanza è obbligatoria, sebbene gli altri sistemi siano sviluppati come DAL D per mitigare rischi di perdita del veicolo.

Le architetture SAIL V e VI richiedono un livello di robustezza superiore, in linea con i criteri OSO #5, che definisce limiti severi sulle frequenze di guasto per condizioni di fallimento maggiori, pericolose e catastrofiche. La letteratura di riferimento AMC RPAS. 1309 fissa soglie quantitative molto basse per tali condizioni: fallimenti maggiori non più frequenti di 10⁻⁵/FH, pericolosi 10⁻⁷/FH, e catastrofici 10⁻⁸/FH.

Il superamento del Volume Operativo è classificato come condizione di guasto pericolosa, potenzialmente responsabile di atterraggi di emergenza o perdita del veicolo; mentre l’uscita dal Ground Risk Buffer è considerata una condizione catastrofica, poiché è associata a possibili fatalità. Questo comporta che i requisiti di Step #9 risultano superati dalle condizioni di sicurezza più restrittive previste da OSO #5.

L’albero dei guasti per SAIL V/VI (figura 4) mostra come la maggior parte dei sistemi debba essere sviluppata con livello DAL B, dovendo rispettare le probabilità quantitative di guasto più stringenti, e pertanto necessiti di ridondanze. Alcune eccezioni riguardano sistemi come il MDS, che pur essendo DAL B, non richiede ridondanza perché la sua perdita determina solo un atterraggio di sicurezza, considerato non critico. Analogamente, sistemi come SAS, sviluppati a DAL C, non necessitano di ridondanza salvo specifiche configurazioni che possano trasformare un guasto in una condizione più grave.

L’ARP4754A prevede la possibilità di ridurre il livello DAL in presenza di ridondanze indipendenti, potenzialmente abbassando sistemi da DAL B a DAL C, ma la complessità di valutare le interdipendenze ha limitato l’applicazione di questa opzione in questo contesto, suggerendo una direzione per future analisi.

In sintesi, le architetture dei sistemi di terminazione per droni si sviluppano attorno all’equilibrio tra affidabilità e sicurezza, con livelli di integrità che variano in funzione del rischio associato alle condizioni di guasto, e con ridondanze adottate solo dove necessario per mantenere le probabilità di guasto entro limiti normativi rigorosi.

È fondamentale comprendere che il raggiungimento di alti livelli di affidabilità non si limita alla progettazione dei singoli componenti, ma coinvolge un’approfondita analisi sistemica delle interazioni e delle possibili interferenze tra i sottosistemi, al fine di garantire che nessun guasto singolo o combinato comprometta la sicurezza complessiva dell’operazione. Inoltre, la distinzione tra livelli di fallimento (maggiore, pericoloso, catastrofico) e la loro traduzione in requisiti di progetto sono la chiave per comprendere la struttura dei livelli di sicurezza DAL e la necessità o meno di ridondanze.

L’adeguatezza dei livelli DAL e la presenza di ridondanze devono sempre essere valutate in relazione alle specifiche condizioni operative e al contesto normativo di riferimento, che evolve nel tempo e può richiedere adeguamenti progettuali continui. In questo senso, la certificazione e la validazione di sistemi complessi come quelli di terminazione per droni rappresentano una sfida cruciale e dinamica nel campo dell’ingegneria aerospaziale.

Qual è il ruolo dell'emulatore di collegamento dati LTE nella simulazione delle comunicazioni tra veicoli aerei senza pilota?

L'emulatore di collegamento dati LTE è uno degli elementi principali di un framework di simulazione destinato a emulare il comportamento delle comunicazioni in tempo reale tra veicoli aerei senza pilota (UA, Unmanned Aircraft) e stazioni di base LTE (eNodeB). La qualità di questo collegamento dipende principalmente dalla velocità dei dati ottenuta e dalla dimensione dei pacchetti trasmessi, e viene determinata stimando il rapporto segnale/rumore (SNR) ricevuto all'interno dei blocchi di controllo del canale, sia per il canale di discesa (A2GChannelControl) che per quello di salita (G2AChannelControl). Questi blocchi interagiscono con i blocchi di canale dati assegnati, come mostrato nell'esempio che illustra il flusso di messaggi nel canale di discesa.

La gestione dei canali di collegamento dati è supervisionata dal blocco DatalinkControl, che si occupa di stabilire la connessione con una stazione base LTE (eNodeB). Per fare ciò, il blocco tiene conto delle angolazioni di visualizzazione tra l'antenna della stazione base e quella dell'UA, permettendo così di calcolare i guadagni delle antenne in base ai modelli di radiazione descritti nella sezione 5.4. Inoltre, per determinare quale stazione base collegare, si considera la posizione corrente dell'UA, le stazioni base visibili e la qualità del collegamento per ciascuna stazione connessa. Se la qualità del collegamento scende sotto una soglia definita di SNR, viene avviata una procedura di "handover" (cambio di stazione base) verso una nuova stazione, purché essa sia visibile e offra una qualità di collegamento sufficiente. Durante questo processo, la connessione può essere temporaneamente interrotta se la qualità del collegamento è insufficiente o se non esistono stazioni base visibili nell'area circostante.

L'implementazione dell'emulatore di collegamento dati LTE deve essere ottimizzata per simulare una comunicazione in tempo reale. Un aspetto critico in questo contesto è la capacità di ridurre al minimo il tempo di elaborazione, in modo che la simulazione possa essere eseguita in tempo reale. Una delle principali difficoltà è determinare quale stazione base eNodeB debba essere utilizzata per una connessione valida. Poiché può esserci una grande quantità di stazioni base visibili da una posizione dell'UA, questo processo di selezione può risultare molto oneroso a livello computazionale. Per ottimizzare questa fase, vengono utilizzati dati preprocessati che classificano le stazioni base in base alla distanza dall'UA e alla visibilità, con un raggio massimo di 5 km per ogni stazione base, riducendo così il numero di stazioni da valutare. La risoluzione orizzontale è definita dai dati del terreno con una risoluzione di 3 arcosecondi, mentre la risoluzione verticale è fissata a 50 m. Il risultato di questa preprocessazione è una griglia che rappresenta la distribuzione delle stazioni base visibili in relazione all'altitudine e alla posizione dell'UA.

Nel caso di missioni reali, come quelle simulate per il percorso ALAADy (Hamm-Neubrandenburg, Hamm-Schoenenberg, Hamm-Waldkappel), la disponibilità del collegamento LTE è stata valutata a diverse altitudini, da bassa a media, sotto i 150 m. Durante la simulazione sono stati inviati messaggi di stato da 232 byte nel canale di discesa (A2G) e comandi da 128 byte nel canale di salita (G2A), con una cadenza di invio di un messaggio al secondo. L'analisi della disponibilità del collegamento LTE ha rivelato che il collegamento non è disponibile se non c'è una stazione base connessa o se la qualità del collegamento è scarsa, ovvero quando il SINR scende sotto la soglia di -6 dBm. La connessione viene persa se non ci sono stazioni base visibili o se tutte quelle visibili non offrono una qualità di collegamento adeguata. In questi casi, i pacchetti vengono ritardati fino a quando non viene stabilita una nuova connessione, oppure vengono aggiornati con un messaggio più recente.

La simulazione ha mostrato che il collegamento LTE era generalmente affidabile, con poche perdite di pacchetti. Solo nel volo Hamm-Schoenenberg a maggiore altitudine si è verificata una perdita di pacchetto, causata da un angolo di visualizzazione sfavorevole che ha portato a un forte indebolimento del segnale. Le interruzioni del collegamento LTE sono avvenute principalmente quando l'UA si trovava a bassa altitudine, dove la probabilità di ostacoli aumenta e le stazioni base potrebbero non essere più visibili. La latenza durante la trasmissione è stata generalmente bassa grazie a un elevato SNR che ha permesso di raggiungere alte velocità di trasmissione dati, ma nei casi in cui non era disponibile una connessione LTE, la latenza è aumentata, poiché i pacchetti venivano ritardati fino alla ristabilizzazione del collegamento.

In conclusione, la simulazione ha evidenziato che la qualità del collegamento LTE dipende fortemente dalla visibilità delle stazioni base e dalla posizione dell'UA, e che l'interruzione della connessione può verificarsi soprattutto in zone con obiettivi di visibilità limitata o con ostacoli nel terreno. La gestione in tempo reale dei collegamenti LTE, e la possibilità di ottimizzare i tempi di elaborazione, rappresentano una sfida fondamentale per garantire un'emulazione accurata e realistica delle comunicazioni tra veicoli aerei senza pilota.