Il potenziale di riutilizzo dei rifiuti di costruzione e demolizione è strettamente legato al confronto tra il consumo di aggregati naturali e la quantità di materiali riciclati derivanti da questi rifiuti. Secondo i dati recenti, la quantità annuale di rifiuti da costruzione varia tra i 72 e gli 89 milioni di tonnellate, con fluttuazioni che possono essere attribuite alla situazione economica. I principali settori di applicazione dei materiali derivati da rifiuti di costruzione sono la costruzione di strade e i lavori di scavo, ma l'uso di aggregati riciclati provenienti da calcestruzzo frantumato nella produzione di cemento non ha ancora un ruolo significativo. Nonostante i progressi nel riciclaggio, gli aggregati naturali continuano a dominare il settore, il che evidenzia la lenta evoluzione delle tecniche di riciclo nell'edilizia.
Secondo i dati relativi all'industria tedesca di costruzione e riciclaggio, la quantità di rifiuti di costruzione e demolizione comprende diverse categorie, come terreni, pietre, materiali da demolizione e altri scarti provenienti da cantieri. La grande quantità di questi rifiuti, che si attesta su circa 72 milioni di tonnellate annuali, è un chiaro indicatore della necessità di sviluppare soluzioni più efficaci per il loro riutilizzo.
L'utilizzo degli aggregati riciclati da materiali di demolizione, come il calcestruzzo, ha visto un leggero aumento, ma questo non è sufficiente a ridurre in modo significativo la domanda di aggregati naturali, come sabbia e ghiaia, che rimangono la principale fonte di materiale per l'edilizia. Ad esempio, negli ultimi anni, la quantità di aggregati riciclati provenienti da macerie edilizie ha oscillato intorno ai 55 milioni di tonnellate, ma anche in questo caso la percentuale di sostituzione rispetto agli aggregati naturali rimane bassa, tra il 10 e il 15%.
Le differenze nei tassi di riciclaggio tra i vari tipi di rifiuti di costruzione dipendono dalla loro composizione. I materiali provenienti dalla demolizione di strade, come le miscele di bitume, tendono ad avere una composizione omogenea, facilitando così il processo di riciclaggio. I detriti edilizi, dominati da componenti minerali, sono anch'essi riciclabili, sebbene a un livello inferiore. Tuttavia, materiali come il suolo e il materiale da dragaggio, che sono spesso inclusi nei rifiuti di costruzione, presentano difficoltà nel processo di riciclo, limitando il loro riutilizzo diretto nel settore edile.
Il tasso di sostituzione indica quanto dei materiali utilizzati nell'industria delle costruzioni può essere sostituito da materiali riciclati. Nonostante le fluttuazioni, tale tasso si aggira intorno al 10-15% rispetto alla domanda totale di aggregati minerali nell'edilizia. Questo valore relativamente basso è dovuto al fatto che una gran parte dei materiali consumati si fissa nell'ambiente costruito, come edifici e infrastrutture, e solo una piccola parte è disponibile come risorsa da riciclare.
Tuttavia, esiste un potenziale teorico di sostituzione che potrebbe raggiungere il 20%, se tutto il materiale demolito venisse processato in materiali da costruzione riciclati senza perdite. Questo valore rappresenta un limite teorico, dato che gran parte dei materiali è destinata a rimanere nel ciclo produttivo edile, ma una maggiore efficienza nel riciclo potrebbe portare a un incremento dei materiali riutilizzati.
I dati relativi alla produzione di rifiuti di costruzione e demolizione sono fondamentali per comprendere il flusso dei materiali e per stimare l'efficacia delle politiche di riciclo. In Germania, ad esempio, il valore medio di rifiuti da costruzione per abitante è di circa 0,9 tonnellate all'anno, esclusi i rifiuti di suolo e materiali da dragaggio. Per poter confrontare questo dato a livello internazionale, sono necessari indicatori omogenei basati su definizioni comuni e metodi di raccolta simili, che consentano di valutare con precisione le performance del riciclo.
La crescita del riciclaggio dipende quindi dalla capacità di sviluppare tecnologie più avanzate per trattare i diversi tipi di rifiuti e di implementare politiche che incentivino l'uso di materiali riciclati. Un ulteriore passo fondamentale in questa direzione è il miglioramento della consapevolezza sull'importanza del riciclo e sull'evoluzione delle normative che possano favorire l'uso di materiali riciclati nel settore edile.
Il miglioramento del riciclaggio, tuttavia, non dipende solo dal volume dei rifiuti trattati, ma anche dalla qualità del processo di selezione, dalla disponibilità di infrastrutture adeguate e dalla regolamentazione in materia di costruzione sostenibile. La sfida è riuscire a integrare il riciclo non solo come una risposta alle necessità ambientali, ma come un elemento strutturale della progettazione e costruzione moderna, in grado di ridurre significativamente la domanda di risorse naturali, preservando così l'equilibrio ecologico e la sostenibilità delle città future.
Quali sono i vantaggi e le sfide nell’uso degli aggregati riciclati nel calcestruzzo architettonico e nei prodotti prefabbricati?
Nel contesto attuale dell’edilizia sostenibile, l’impiego di aggregati riciclati nel calcestruzzo si sta affermando come una soluzione concreta per la riduzione dell’impatto ambientale e l’ottimizzazione delle risorse. Un esempio significativo è rappresentato dalla costruzione di un edificio scolastico nel 2020, realizzato con 2.500 m³ di calcestruzzo architettonico contenente aggregati riciclati. La peculiarità di questi aggregati risiede nella loro capacità di assorbimento dell’acqua, che riduce significativamente la formazione di bolle d’aria (blowholes) e le tracce di scorrimento superficiale, caratteristiche che migliorano l’estetica del calcestruzzo a vista, rendendolo particolarmente indicato per applicazioni dove l’aspetto visivo è fondamentale.
Nei contesti urbani, dove gli aggregati naturali devono spesso essere trasportati su lunghe distanze con conseguenti costi elevati e impatto ambientale, l’utilizzo di aggregati riciclati assume un vantaggio competitivo decisivo, essendo disponibili localmente o in prossimità del cantiere. Questo aspetto si traduce in concrete opportunità per la produzione di calcestruzzo definito “resource-saving”, che sfrutta al meglio le risorse esistenti e si propone come risposta efficace alla crescente domanda edilizia nelle aree metropolitane. La sostenibilità economica del riciclo è condizionata dalla disponibilità delle materie prime e dai costi di trasporto, oltre che dalla presenza di un mercato sufficientemente ampio, favorito spesso da committenze pubbliche attente ai criteri di appalto verde.
In ambito non strutturale, il calcestruzzo con aggregati riciclati trova impiego in numerose applicazioni quali fondazioni leggere, riempimento di cavità e trincee, posa di cordoli, paletti e recinzioni. Per queste destinazioni d’uso si utilizzano calcestruzzi a bassa resistenza e consistenza variabile: dai materiali molto fluidi, simili a “terre liquide”, fino a consistenze più rigide o umide. Questi materiali, autopacchettanti e facilmente posizionabili senza ulteriori compattazioni, permettono un’installazione rapida ed economica, con resistenze mantenute inferiori a 1 MPa per consentire eventuali rimozioni future senza difficoltà.
Particolare interesse rivestono i blocchi di calcestruzzo di grandi dimensioni, non armati e impilabili, prodotti con aggregati riciclati. Essi sono destinati a usi come muri di contenimento, protezione dei pendii e pareti divisorie, e sono spesso realizzati da aziende di riciclo che li impiegano prima per uso interno e successivamente per la vendita. L’impiego di materiali contenenti mattoni e sabbie naturali o riciclate garantisce prestazioni meccaniche tipiche comprese tra le classi C16/20 e C20/25, sufficienti per le finalità progettuali previste.
Diversamente dal calcestruzzo strutturale, per i prodotti prefabbricati non esistono norme specifiche sugli aggregati, ma solo requisiti sulle prestazioni finali, quali resistenza meccanica, durabilità agli agenti atmosferici e resistenza al gelo e disgelo. Nel caso dei blocchi per pavimentazioni, la parte superficiale (face concrete) deve essere particolarmente resistente al gelo, motivo per cui non si impiegano aggregati riciclati in questa porzione. Il nucleo interno può invece contenere una quota significativa di aggregati riciclati, come dimostrato da ricerche degli anni ’90, sebbene la variabilità qualitativa di questi materiali, specialmente per la presenza di componenti di minore resistenza come mattoni, ponga limiti alla loro diffusione su larga scala.
Tuttavia, materiali provenienti esclusivamente da processi produttivi interni, cioè da scarti aziendali selezionati, offrono maggiori garanzie di qualità e permettono di raggiungere resistenze elevate, con valori medi sperimentali di oltre 77 MPa. Il riciclo chiuso, con il recupero dei materiali di pavimentazioni demolite, rappresenta una prospettiva concreta ma richiede l’istituzione di sistemi di ritorno e raccolta ben organizzati.
La produzione di blocchi per murature è particolarmente favorevole all’impiego di aggregati riciclati, poiché le esigenze meccaniche sono meno stringenti rispetto al calcestruzzo strutturale. Studi sperimentali hanno confermato la fattibilità della produzione senza aumenti significativi del contenuto di cemento, con realizzazioni industriali già applicate in interventi di ristrutturazione.
Un ulteriore aspetto rilevante riguarda la necessità di mantenere una qualità costante degli aggregati per garantire la stabilità delle prestazioni nei prodotti prefabbricati. Questo rappresenta una sfida importante, soprattutto nel caso di aggregati provenienti da fonti eterogenee o miste.
Il quadro complessivo evidenzia come l’uso degli aggregati riciclati nel calcestruzzo architettonico e nei prodotti prefabbricati sia non solo possibile ma auspicabile, con benefici ambientali ed economici tangibili. Tuttavia, il successo di tali applicazioni dipende da un controllo rigoroso della qualità dei materiali e dalla capacità di adattare le miscele e le tecnologie di produzione alle caratteristiche specifiche degli aggregati riciclati.
È importante considerare anche la dimensione sistemica del riciclo, che coinvolge non solo la produzione e il cantiere, ma l’intera filiera, dalla raccolta e selezione dei materiali demoliti fino alla gestione degli scarti e all’integrazione nei processi produttivi. Un approccio integrato garantisce la sostenibilità a lungo termine, riducendo la dipendenza da risorse naturali non rinnovabili e contribuendo alla circolarità dell’economia delle costruzioni.
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Come possono essere riciclati i materiali da costruzione e demolizione nella produzione di nuovi materiali da costruzione?
Il recupero e il riutilizzo dei materiali derivanti da demolizioni edilizie rappresentano oggi una delle sfide più rilevanti per l’industria dei materiali da costruzione. I rifiuti provenienti da murature in laterizio, calcestruzzo cellulare, pietra calcarea silicizzata (KS), porenbeton, e altri conglomerati vengono progressivamente reintegrati nel ciclo produttivo con l’obiettivo di ridurre l’estrazione di materie prime naturali e minimizzare l’impatto ambientale dell’intero comparto.
Diversi studi e sperimentazioni condotti in Germania, Paesi Bassi e altri paesi europei dimostrano l'efficacia e le potenzialità del riutilizzo dei materiali inerti frantumati, sia provenienti da demolizioni sia da scarti di produzione, nella fabbricazione di nuovi mattoni, blocchi, malte e substrati vegetativi. Il materiale ceramico frantumato, ad esempio, può essere reintrodotto nel processo produttivo del laterizio grazie alle sue caratteristiche di compatibilità con le temperature di cottura e la granulometria desiderata, come illustrato in ricerche pubblicate a partire dagli anni Novanta.
Nel caso dei calcestruzzi leggeri e cellulari, studi come quelli condotti da Hlawatsch e Kropp hanno esplorato l’integrazione di granulati fini derivanti da porenbeton nella produzione di malte leggere e blocchi da costruzione. Il comportamento termo-meccanico e l'interazione con i leganti idraulici risultano generalmente favorevoli, sebbene siano necessarie opportune modifiche ai processi di miscelazione e maturazione. La riciclabilità dei KS (Kalksandstein) è anch’essa oggetto di ampi approfondimenti: numerosi progetti sperimentali dimostrano che anche materiali contaminati da residui di isolamento o da altri componenti edilizi possono essere lavorati, trattati e reimmessi nella produzione di nuovi mattoni calcico-silicici, spesso con modificazioni microstrutturali utili ai fini della resistenza e della durabilità.
Non meno importante è il recupero degli aggregati provenienti dal ballast ferroviario dismesso, un materiale con elevata resistenza agli agenti atmosferici e a granulometria controllata, che può trovare impiego nella produzione di conglomerati cementizi e come base per pavimentazioni e fondazioni. Anche la presenza di vetro, plastiche, metalli e legno nei rifiuti di demolizione pone questioni di trattamento differenziato, dove il settore edilizio assume un ruolo nella selezione e nel pre-trattamento, mentre il riciclo vero e proprio viene spesso affidato ad attori specializzati esterni.
In ambito brevettuale, vari procedimenti sono stati sviluppati per la produzione di nuovi elementi in laterizio, calcestruzzo o silicato utilizzando scarti di demolizione. Tali procedimenti includono frantumazione selettiva, rimozione di contaminanti, formatura e successiva autoclave o cottura in forni ad alta temperatura. È stato anche esplorato l’impiego di batteri metanotrofici per la bio-attivazione dei granulati riciclati, al fine di ridurre le emissioni di metano dalle discariche, mostrando una convergenza tra riciclo dei materiali e protezione climatica.
La ricerca accademica e industriale prosegue anche sul fronte delle tecnologie di separazione ottica, come l’impiego della spettroscopia nel vicino infrarosso (NIR) per identificare e separare in modo efficiente le frazioni eterogenee nei rifiuti da demolizione. Lo sviluppo di metodi di macinazione selettiva e sistemi di classificazione granulometrica avanzata consente un arricchimento delle frazioni utili e l’eliminazione dei componenti indesider
Quali sono le tecnologie per il riciclo del cemento fibrorinforzato e la gestione dei suoi rifiuti?
Il cemento fibrorinforzato è uno dei materiali più diffusi nell'edilizia e nell'ingegneria civile, utilizzato principalmente per la produzione di lastre ondulate, pannelli per facciate e coperture, tubi per drenaggio e ventilazione, e altri prodotti strutturali. Il processo di produzione di questo materiale è complesso e richiede diverse fasi, che vanno dalla preparazione della sospensione di cemento, attraverso la dewatering in più fasi, fino alla formazione finale delle lastre. Questo tipo di cemento è stato storicamente prodotto con fibre di amianto, ma dal 1990, con l’introduzione di tecnologie più sicure, è stato sviluppato un cemento fibrorinforzato privo di amianto.
Il cambiamento della composizione del materiale, con l'uso di fibre di cellulosa e fibre plastiche al posto delle pericolose fibre di amianto, ha ridotto significativamente i rischi per la salute. Le fibre di cellulosa sono utilizzate per mantenere le particelle di cemento durante la fase di dewatering, mentre le fibre sintetiche, come il polivinil alcolico e il poliacrilonitrile, sono impiegate come rinforzi. Queste fibre non si dividono longitudinalmente, come avveniva per le fibre di amianto, riducendo così la formazione di polveri dannose.
A partire dagli anni '90, la produzione di cemento fibrorinforzato senza amianto è diventata la norma. In Germania, dal 1994, non è stato più utilizzato amianto nei prodotti per l'ingegneria civile. Tuttavia, la produzione e la demolizione di edifici comportano una significativa quantità di rifiuti di cemento fibrorinforzato, che, sebbene non richiedano una gestione speciale come nel caso dei materiali contenenti amianto, necessitano comunque di una corretta classificazione e gestione per il loro riciclo.
Il rifiuto di cemento fibrorinforzato non contiene amianto e, pertanto, non necessita di etichettatura separata come materiale pericoloso. Nella classificazione dei rifiuti, la sua gestione è inclusa nei rifiuti misti da costruzione e demolizione, mentre per i rifiuti derivanti da ristrutturazioni e demolizioni, è considerato un materiale non pericoloso, a condizione che si possa dimostrare che non contenga amianto. Per garantire tale verifica, si possono utilizzare spettrometri portatili che permettono una rapida determinazione della presenza di amianto.
Dal punto di vista chimico, il cemento fibrorinforzato ha una composizione molto simile a quella del cemento Portland, composto principalmente da una pasta di cemento indurita. Nonostante la sua elevata porosità, il materiale mostra resistenza al gelo e all’abrasione comparabile a quella del cemento. Le fibre agiscono come rinforzo, prevenendo la formazione di fessure e migliorando la resistenza generale del materiale.
Con l'aumento della produzione di cemento fibrorinforzato senza amianto, cresce anche la quantità di rifiuti generata durante la demolizione o la ristrutturazione degli edifici. Il riciclo di questi rifiuti è possibile in vari modi. Uno dei metodi più promettenti è l'incorporazione del cemento fibrorinforzato nel processo di produzione del clinker, dove le fibre vengono bruciate e la pasta cementizia indurita viene scomposta termicamente, con i relativi ossidi che si integrano nel clinker stesso. Inoltre, è possibile riutilizzare il cemento fibrorinforzato come componente secondario nel calcestruzzo riciclato, senza compromettere significativamente le sue proprietà meccaniche.
Durante i test sul campo, è stato osservato che il materiale riciclato, se frantumato a particelle di dimensioni adeguate (inferiori agli 8 mm per lastre di circa 10 mm di spessore), non ha mostrato una diminuzione significativa delle prestazioni, come la resistenza al gelo e al disfacimento. In effetti, la combinazione di cemento fibrorinforzato e materiali da costruzione riciclati ha portato a un miglioramento della densità di compattamento e della capacità di carico dei materiali da base.
Oltre a queste applicazioni dirette, il riciclo del cemento fibrorinforzato ha un impatto positivo anche sul piano ambientale, riducendo la necessità di estrazione di risorse naturali e contribuendo alla sostenibilità del settore edilizio. È fondamentale che le normative continue sulla gestione dei rifiuti edilizi garantiscano una separazione corretta dei materiali e l'uso di tecnologie avanzate per il riciclo, al fine di minimizzare l'impatto ambientale e preservare la salute pubblica.
In sintesi, il cemento fibrorinforzato è un materiale complesso che, attraverso innovazioni tecnologiche e pratiche di riciclo, sta diventando più sicuro ed ecologicamente responsabile. La corretta gestione dei rifiuti di questo materiale è fondamentale per garantire che gli edifici demoliti non generino pericoli per la salute e che il materiale venga riutilizzato in modo sostenibile per la costruzione di nuove strutture.

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