Nel 2019, un rover cinese, Yutu-2 della missione Chang’e 4, ha rivelato al mondo il volto nascosto della Luna, un mondo misterioso che fino ad allora era stato invisibile. Questo evento ha segnato la fine di una lunga era di enigma, una delle ultime barriere tra l’uomo e l’universo che si dissolveva, un po’ come accadde nel 1969, quando Neil Armstrong divenne il primo uomo a mettere piede sulla superficie lunare. Tuttavia, quel passo storico, pur rappresentando un apice della nostra esplorazione spaziale, non segnò un inizio di una nuova era di viaggi lunari, come molti avevano sperato, ma piuttosto l’inizio di un cambiamento radicale nelle nostre possibilità di comprendere il cosmo.

Nel 1969, il mondo tratteneva il respiro mentre Armstrong e Buzz Aldrin camminavano sulla Luna. Seicento milioni di persone seguirono in diretta quel momento incredibile. Ma, a dispetto di ciò, la questione di come la Luna apparisse e perché il nostro satellite non ruotasse in modo visibile per noi restava irrisolta per molti. All’epoca, l’idea che la faccia nascosta fosse di per sé un oggetto di fascino romantico, lontano e celato, sembrava come un dettaglio significativo che aggiungeva alla mitologia di un altro mondo. Oggi, quando la Luna è stata esplorata in modo più intimo, questo mistero è stato dissolto, ma il senso di meraviglia non si è esaurito.

Molti ricordano la stessa sensazione di estasi collettiva che invase il pianeta con le immagini dello sbarco sulla Luna, ma quello che cambiò per sempre fu la consapevolezza che la frontiera tra l’uomo e l'universo si fosse abbassata, e che, purtroppo, il viaggio verso la Luna non fosse destinato a essere il primo di tanti. Dopo Eugene Cernan, l'ultimo uomo a camminare sulla Luna nel 1972, nessun altro ha più messo piede su quel terreno. La Luna, che per secoli è stata un simbolo di sogno e conquista, ha così fatto il suo posto nell’immaginario collettivo come una meta che, pur essendo stata raggiunta, non è stata ripercorsa.

Nel 1968, prima dell’arrivo di Armstrong, una visione diversa della Luna venne offerta da un altro storico volo: quello della missione Apollo 8. I suoi astronauti furono i primi a vedere la faccia nascosta del nostro satellite e, durante un trasmissione televisiva, videro un fenomeno che divenne iconico: l'”Earthrise”, l’alba della Terra sopra l’orizzonte lunare. Questa fotografia, scattata da Bill Anders, cambiò profondamente la percezione che avevamo di noi stessi, di quanto siamo piccoli e fragili nell’immensità dell’universo.

Non sono solo gli eventi straordinari che segnano il progresso nell’esplorazione spaziale, ma anche le domande che questi eventi sollevano. La grande domanda che si pone da sempre, per esempio, è quella di Leibniz: “Perché c’è qualcosa piuttosto che niente?”. È una domanda che non ha risposta semplice, ma che ci spinge a comprendere la nostra esistenza come una ricerca di significato, un desiderio che viene dalla negazione di un vuoto cosmico. Quel vuoto, quello spazio che ci separa dalle stelle, è visto come una sfida alla nostra comprensione, ma anche come la spinta che ci induce a cercare.

Oggi, più che mai, questa tensione verso l'ignoto non si è attenuata, ma si è evoluta. Le sonde Voyager 1 e 2, partite nel 1977, sono ora viaggiatori solitari ai confini del nostro sistema solare e oltre. Ancora oggi, queste sonde, con il loro messaggio contenuto nel Golden Record, portano con sé una testimonianza della nostra civiltà, un tentativo di spiegare chi siamo a eventuali intelligenze extraterrestri che potrebbero trovarle. Il contenuto di questo disco d'oro è il risultato di un lungo dibattito su cosa rappresentare, una sintesi della nostra cultura, della nostra scienza e delle nostre aspirazioni.

A parte il lato romantico di questi eventi e il mistero che li circonda, è importante notare che, in fondo, tutte queste scoperte e progressi ci parlano di noi stessi. Il viaggio verso la Luna, la vista della Terra come un piccolo punto sospeso nell'immensità del cosmo, la creazione di messaggi destinati a interagire con chiunque potrebbe trovarli, tutto ciò ci ricorda la nostra piccolezza. Ma allo stesso tempo, ci insegna la forza del nostro spirito di esplorazione, la continua ricerca di risposte, l’impegno a decifrare l’universo e la nostra posizione in esso.

Se le sonde Voyager ci hanno portato al confine estremo del sistema solare, la domanda fondamentale rimane: perché esploriamo, perché cerchiamo? La risposta sembra nascosta nella natura stessa della conoscenza e del desiderio umano. Non è la scoperta che fa la differenza, ma il cammino verso di essa, il fatto stesso che siamo in grado di chiedere, di capire, di percorrere sentieri sconosciuti. Quello che ci spinge a guardare oltre il nostro orizzonte non è tanto la paura di rimanere ignoranti, ma piuttosto il desiderio di comprendere chi siamo veramente e cosa ci aspetta nel vasto mistero del cosmo.

La Relazione tra Gravità e Accelerazione: L'intuizione di Einstein

Immaginiamo di trovarci all'interno di un ascensore senza finestre. I nostri piedi sono saldamente piantati a terra, e, anche se non possiamo vedere l’esterno, possiamo facilmente ipotizzare che l'ascensore sia fermo e che la nostra posizione sia determinata dalla gravità terrestre. Tuttavia, per una condizione identica, potrebbe esserci un’altra spiegazione. Potremmo trovarci nello stesso ascensore, ma in viaggio nello spazio profondo, a una velocità di accelerazione pari a quella della gravità terrestre. Grazie all’effetto dell’accelerazione, i nostri piedi rimarrebbero saldamente ancorati al pavimento dell’ascensore. È lo stesso effetto che proviamo quando un’auto accelera improvvisamente e siamo spinti indietro, o quando un ascensore parte velocemente e avvertiamo una sensazione di trazione verso il basso.

Immaginiamo ora uno scenario diverso, con una dinamica invertita. Ci troviamo in un ascensore senza finestre che precipita dal trentesimo piano. Siamo dunque in caduta libera, senza alcun supporto, e galleggiamo nell’aria. Ma chi può assicurarci che siamo veramente in un ascensore il cui cavo si è rotto? Potremmo benissimo essere in una navetta spaziale che, in assenza di gravità, viaggia nello spazio a velocità costante. Senza nulla a cui aggrapparci, ci ritroviamo a fluttuare nell'aria. Quindi, per ricapitolare: essere fermi con i piedi saldamente a terra sotto l’effetto della gravità è equivalente a viaggiare nello spazio in una navetta che accelera. Essere in caduta libera dentro un ascensore che precipita è simile a trovarsi in una navetta spaziale che viaggia a velocità costante nello spazio.

Questa intuizione, sebbene straordinaria, è altamente controintuitiva. La relatività speciale stabiliva il principio di equivalenza per i sistemi inerziali, e qui troviamo la stessa equivalenza per i sistemi accelerati, semplicemente includendo la forza di gravità. La relatività speciale, valida per i sistemi inerziali, diventa relatività generale estendendo il suo campo di applicazione anche ai sistemi accelerati. L’equivalenza tra gravità e accelerazione rappresenta l’intuizione geniale di Einstein. Come scrisse lui stesso in seguito: "Ho avuto il pensiero più felice della mia vita nella seguente forma:... il campo gravitazionale ha un’esistenza relativa soltanto... perché per un osservatore in caduta libera dal tetto di una casa, durante la caduta—almeno nel suo immediato vicinato—non c’è alcun campo gravitazionale". In altre parole, in un sistema di riferimento in caduta libera non è possibile percepire la presenza della gravità terrestre in alcun modo. Quindi, la forza di gravità non sembra essere una vera forza, ma solo una forza apparente, poiché il suo effetto non viene avvertito quando si sceglie un sistema di riferimento conveniente. Semplicemente, in un sistema in caduta libera, la forza di gravità scompare, proprio come un trucco di magia.

In questo gioco di specchi, scatenato dall’intuizione geniale di Einstein sull’equivalenza tra gravità e accelerazione, la realtà e le apparenze vengono ricostruite da una nuova angolazione, e i pezzi del puzzle su cui Einstein aveva lavorato per tanto tempo cominciano a collocarsi con una straordinaria semplicità. Tuttavia, rimase irrisolto il problema cruciale dell’impossibile simultaneità dell’attrazione gravitazionale tra i corpi: un problema tutt’altro che secondario. Einstein si trovò di fronte a un dilemma. Esiste una distanza di circa 93 milioni di miglia tra il Sole e la Terra. E questo spazio, che era stato considerato nient’altro che uno sfondo passivo, potrebbe in effetti giocare un ruolo dinamico nell’attrazione reciproca tra i corpi. È interessante notare che i fisici avevano, poco prima, studiato un problema simile, ma riguardante due cariche elettriche che si attraggono. Avevano concluso che l’esistenza di un campo elettromagnetico, che permea lo spazio in cui le cariche sono immerse, è ciò che le informa della reciproca attrazione. Einstein partì da questa formulazione, ma la portò oltre: non è il campo gravitazionale che, permeando lo spazio-tempo, comunica la presenza della forza gravitazionale ai corpi. Lo spazio-tempo stesso—e qui avviene il salto concettuale incredibile—è il campo gravitazionale.

Per proseguire la sua ricerca, Einstein dovette apprendere nuovi metodi matematici, superare pregiudizi radicati e studiare geometrie alternative. Nel novembre del 1915 scrisse quattro articoli, pubblicati una settimana l’uno dall’altro, che definivano l’ambito della rivoluzione della relatività generale. La versione finale della teoria generale della relatività fu pubblicata nel maggio del 1916 con il titolo "Le Fondamenta della Teoria Generale della Relatività". Il cambiamento di prospettiva fu radicale. Einstein argomentava che, in assenza di materia, lo spazio-tempo potesse essere pensato come una membrana di gomma, liscia e tesa. Se mettessimo una palla sulla membrana e la spingessimo in avanti, la palla seguirebbe una traiettoria rettilinea. Tuttavia, se mettessimo una grande sfera di marmo al centro della membrana elastica, questa si deformerebbe, creando una sorta di depressione. La palla che scivola in avanti non seguirebbe più una linea retta, ma seguirebbe la nuova curvatura. Pensiamo all’Universo allo stesso modo. Se posizionassimo i corpi celesti sulla membrana liscia e tesa, essa si deformerebbe. La forma risultante determinerebbe il moto degli oggetti che si muovono lungo di essa.

Definire questo paesaggio dinamico e flessibile conferisce alla forza di gravità una connotazione geometrica, distogliendola dall’idea newtoniana di un’azione misteriosa a distanza. Nel contesto della relatività generale, il movimento di due corpi che si attraggono non è altro che l’effetto della curvatura dello spazio-tempo deformato dalla presenza stessa della massa. Possiamo ora riconsiderare i movimenti delle sfere celesti in questa luce. La Terra gira attorno al Sole non perché la sua orbita sia il risultato di un equilibrio tra la forza di gravità e la velocità inerziale. Piuttosto, il suo moto è la naturale traiettoria di una palla lanciata in linea retta su una superficie elastica che trova una valle immaginaria nel suo percorso—lo spazio-tempo curvato dalla presenza del nostro Sole. Il cammino della Terra si piega, e scivola lungo una pista nello spazio-tempo tracciata attorno al Sole, in un’orbita perpetua. La natura della gravità è rivelata. Non più una forza che attira e trattiene un corpo che vorrebbe sfuggire, ma una traiettoria modellata dalla curvatura dello spazio-tempo, una linea lungo cui gli oggetti scorrono senza sforzo. L’Universo diventa un paesaggio morbido e dinamico, pieno di valli e depressioni, linee curve in cui gli oggetti si muovono fluidamente, non più sbattuti dal tirare e spingere della gravità. I ruoli cambiano. E quella forza, la gravità, si trasforma in un disegno sinuoso intessuto dalla mano della materia e dell’energia nella trama elastica dell’Universo.

Einstein impiegò dieci anni per determinare esattamente come lo spazio-tempo fosse deformato da una data quantità di materia o energia. Per lungo tempo, lavorò sulle equazioni del campo da una prospettiva geometrica, il che gli permise di calcolare con grande precisione le traiettorie di tutto ciò che si muoveva nello spazio-tempo—pianeti, satelliti, ma anche raggi di luce le cui traiettorie dovevano necessariamente piegarsi mentre passano attraverso la valle dello spazio-tempo creata da una stella. E sì, anche un raggio di luce, pur essendo composto da fotoni che non hanno massa, può “sentire la gravità”, poiché la sua traiettoria segue la geometria curvata dello spazio-tempo. Una sorpresa che avrebbe sorpreso Newton. Essere capaci di cadere senza avere massa. Un raggio di luce come una mela. La prova sperimentale che un raggio di luce piega il suo cammino quando si avvicina a una grande massa arrivò nel 1919, durante un’eclissi totale del Sole. La Royal Astronomical Society inviò due spedizioni a osservarla da due luoghi molto distanti.

Qual è il vero ruolo della gravità nell'universo e come influenza la nostra realtà?

La gravità è una delle forze più misteriose e fondamentali che regolano l'universo. La sua forza, pur essendo infinita, è paradossalmente debole rispetto ad altre forze che governano il microcosmo, come la forza nucleare forte, la forza nucleare debole e l'elettromagnetismo. Ma, nonostante la sua apparente debolezza, è la gravità che tiene insieme il nostro mondo, che permette alla Terra di orbitare attorno al Sole e che regola il movimento delle stelle, dei pianeti e delle galassie. Ed è, in fondo, la stessa forza che permette l'esistenza stessa della vita, influenzando anche la nostra percezione del peso e della forma degli oggetti.

Se una persona salisse su una bilancia al vertice di un grattacielo, peserebbe circa il 10% in meno rispetto al suo peso a livello del mare. Questo fenomeno, che potrebbe sembrare dovuto alla "perdita" di peso in alta quota, è in realtà il risultato della differenza di forza gravitazionale che agisce a diverse altezze. Ma la gravità, in realtà, non è solo la causa del nostro peso sulla Terra, è anche la chiave per comprendere il mistero che si nasconde dietro la sensazione di assenza di peso che provano gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).

La ISS orbita attorno alla Terra a una velocità di circa 28.000 km/h, completando un'intera orbita ogni 90 minuti. Ogni giorno, quindi, gli astronauti assistono a circa 15-16 albe e tramonti. Ma, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non sono in assenza di gravità. Anzi, sono in caduta libera continua. La gravità, infatti, non li abbandona mai; piuttosto, sono in una sorta di “perpetuo cadere” attorno alla Terra, mentre la loro velocità è tale da impedire loro di schiantarsi contro il pianeta. In realtà, la gravità li tiene in orbita, proprio come tiene in orbita i satelliti, la Luna e persino i corpi celesti più lontani.

La gravità è anche il motivo per cui i pianeti e le stelle si formano nella loro sfera perfetta. Ogni corpo celeste, per quanto grande, è inevitabilmente modellato dalla gravità. I pianeti più massicci, come la Terra, sono diventati quasi perfettamente sferici a causa della forza gravitazionale che ha livellato le loro irregolarità. I corpi più piccoli, come gli asteroidi e le comete, spesso conservano forme più irregolari, come nel caso della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, che è stata studiata dalla sonda Rosetta. Dopo un viaggio di dieci anni attraverso il sistema solare, Rosetta è riuscita a raggiungere questa cometa, che appare simile a un’anatra, ed è riuscita a depositare un piccolo robot, Philae, sulla sua superficie.

Il viaggio della sonda Rosetta è stato reso possibile proprio grazie alla gravità. Attraverso un complicato gioco di "slingshot" gravitazionali, Rosetta ha sfruttato la gravità di vari pianeti per accelerare il suo cammino. Questo fenomeno non è altro che una manifestazione pratica della legge di Newton sulla gravitazione universale. Nonostante il suo essere una forza relativamente debole, la gravità ha permesso a Rosetta di compiere un viaggio straordinario di 6,5 miliardi di chilometri, giungendo infine a un piccolo corpo celeste lontano milioni di chilometri dalla Terra.

La missione Rosetta aveva anche l'obiettivo di rispondere a un grande mistero: l'origine dell'acqua sulla Terra. Una delle ipotesi più affascinanti è che l'acqua che riempie i nostri oceani possa essere arrivata sulla Terra proprio grazie alle comete. Tuttavia, l’acqua sulla cometa 67P non era identica a quella terrestre. Pur essendo composta dallo stesso H2O, l’acqua della cometa era arricchita di deuterio, un isotopo dell'idrogeno che rende la sua composizione chimica più "pesante". Questa scoperta ha reso ancora più enigmatico il viaggio dell'acqua sulla Terra.

Quando ci imbattiamo nella formula della legge di gravitazione universale di Newton, ci chiediamo perché non possiamo percepire la forza di attrazione tra gli oggetti intorno a noi. Ad esempio, perché una tazza di caffè non si avvicina automaticamente alla caffettiera? La risposta è semplice: sebbene la gravità sia una forza che agisce su tutti gli oggetti con massa, essa è anche incredibilmente debole rispetto ad altre forze fondamentali, come l'elettromagnetismo. Sebbene la gravità sia una forza che si estende all'infinito, la sua intensità è significativamente inferiore rispetto a quella della forza elettromagnetica, che è circa 10^39 volte più forte a livello microscopico. Questo spiega perché, nel nostro quotidiano, non percepiamo facilmente l'effetto della gravità a meno che non sia esercitato su corpi di grande massa, come nel caso di un razzo o di un satellite che vengono lanciati nello spazio.

Questa disparità tra le forze fondamentali ci aiuta a comprendere un aspetto affascinante dell'universo. La forza di gravità è forse la più accessibile a tutti noi, poiché è quella che modella il nostro mondo fisico e ci permette di esistere in una realtà che altrimenti sarebbe caotica e disorganizzata. Ma c'è di più: la gravità è anche la chiave per comprendere fenomeni come l'origine dei corpi celesti e l'evoluzione delle galassie. Il suo ruolo fondamentale non si limita solo a quella che percepiamo come “attrazione”, ma si estende alla creazione stessa dell’universo, rendendo l'universo un luogo in cui ordine e caos si intrecciano in modo straordinario.

La comprensione della gravità non si limita dunque alla sola scoperta del suo funzionamento. Essa ci apre le porte a una comprensione più profonda di come il nostro pianeta e l'intero universo siano strutturati. Nonostante la sua "debolezza" relativa, la gravità è la forza che lega ogni cosa insieme, dalla caduta di una mela dal ramo alla formazione di un pianeta, fino all'orchestrazione dei movimenti cosmici a una scala che sfida la nostra immaginazione.