Negli ultimi 50 anni, diversi approcci chirurgici per il trattamento dei tumori talamici e dei gangli della base sono stati descritti, con un’evoluzione continua delle tecniche e delle strategie operative. Steiger e i suoi colleghi hanno recentemente riportato un’indagine su 14 pazienti trattati chirurgicamente, portando alla luce la varietà di approcci utilizzati e le difficoltà che questi interventi comportano. Tra i primi a sostenere un intervento chirurgico aggressivo per i tumori dei gangli della base e del talamo è stato Arseni, nel 1958, nonostante le notevoli complicanze perioperative e la mortalità elevata [1]. Da quell’esperienza, sono emersi vari percorsi chirurgici con tassi differenti di complicanze dirette e indirette, nonché di risultati oncologici. Inizialmente, gli approcci interemisferici transcorticali (frontal o parietale) e transcallosali sono stati tra i più descritti, sebbene l’approccio transcorticale presentasse un tasso di mortalità relativamente alto nelle prime relazioni, pari al 5%, e un numero significativo di complicanze. In effetti, alcuni studi hanno evidenziato che il danno alle strutture del circuito di Papez, cruciale per la funzione cognitiva, rappresenta uno degli svantaggi principali dell’approccio transcallosale [65].

Un altro aspetto interessante riguarda la serie di 27 bambini con tumori talamici, descritta da autori [54], che hanno selezionato approcci chirurgici differenti a seconda della posizione del tumore. L'approccio interemisferico transcallosale è stato utilizzato per i tumori paramediani con componente intraventricolare o situati immediatamente sotto la membrana ependimale, mentre l'approccio subtemporale è stato scelto per i tumori con componente peduncolare e l’approccio interemisferico transtentorico posteriore è stato applicato per le lesioni localizzate nella regione del pulvinar o con prevalente localizzazione mediana. In generale, l'obiettivo è stato ottenere una resezione totale del tumore in otto casi, una resezione subtotale in nove e parziale in otto, con un miglioramento significativo dei sintomi nei pazienti, sebbene la prognosi a lungo termine per i gliomi talamici di alto grado rimanga sfavorevole.

Una delle rivoluzioni più recenti nel trattamento chirurgico dei tumori dei gangli della base è stata l’introduzione della chirurgia portale, che ha ridotto la morbidità legata all’intervento. L'uso del retrattore tubolare transcorticale minimizza l’area di resezione corticale, riducendo il danno tissutale focalizzato e permettendo una distribuzione più omogenea della pressione di retrazione, il che diminuisce l’effetto sulle fibre bianche e sulle strutture corticali. Questo approccio è stato ulteriormente migliorato dall’uso della neuro navigazione, che ha aumentato l'accuratezza durante l'intervento, con una maggiore possibilità di conservare l'integrità funzionale delle fibre nervose [79]. Inoltre, la possibilità di regolare intraoperatoriamente la direzione del corridoio chirurgico ha permesso di aumentare l’esposizione chirurgica, migliorando così l’accesso al tumore.

Anche la biopsia stereotassica ha visto un significativo sviluppo come tecnica diagnostica, particolarmente utile per i tumori talamici. In passato, la biopsia aperta era preferita per ottenere un materiale rappresentativo, ma grazie ai progressi delle tecniche di imaging neurochirurgico, la biopsia stereotassica è diventata un’opzione sempre più valida, riducendo al minimo il rischio di danneggiare le strutture circostanti e migliorando la precisione nella raccolta dei campioni.

La gestione dell’idrocefalo, complicanza severa associata ai tumori dei gangli della base, merita un’attenzione particolare. In caso di ostruzione acuta del forame di Monro, la ventricolostomia di terzo ventricolo rappresenta la prima opzione terapeutica. Quando l’ostruzione è parziale, con un’estrusione ventricolare singola, la septostomia endoscopica è la tecnica indicata. L’idrocefalo può derivare dal tumore stesso, che occlude il flusso del liquido cerebrospinale, e la gestione di questa condizione è fondamentale per evitare danni cerebrali permanenti.

In conclusione, sebbene diversi approcci chirurgici per il trattamento dei tumori talamici e dei gangli della base siano stati sviluppati e migliorati nel corso degli anni, la scelta del percorso migliore dipende dalla posizione specifica del tumore, dalla sua natura (benigna o maligna) e dalla condizione generale del paziente. L'uso di tecniche minimamente invasive e la neuro navigazione avanzata hanno contribuito a ridurre la morbidità associata a questi interventi, migliorando così la qualità della vita dei pazienti e, in alcuni casi, prolungando la loro sopravvivenza.

Qual è il trattamento ottimale per i meningiomi del seno cavernoso e della guaina del nervo ottico?

I meningiomi del seno cavernoso (CSM) e i meningiomi della guaina del nervo ottico (ONSM) rappresentano una delle sfide più complesse nella neurochirurgia. Questi tumori, sebbene rari, richiedono un approccio terapeutico ben definito a causa della loro posizione anatomica delicata e della stretta relazione con strutture neuro-vascolari cruciali. Nonostante i progressi, non esiste ancora un consenso definitivo riguardo al trattamento ideale per i meningiomi della guaina del nervo ottico, in particolare quando la chirurgia non è indicata o è controindicata.

Nel trattamento di questi tumori, la radioterapia ha guadagnato un ruolo centrale negli ultimi decenni, con una varietà di tecniche che vanno dalla radioterapia stereotassica a frazionamento (SFRT) alla radioterapia stereotassica con Gamma Knife (SRS). I dati più recenti suggeriscono che la radioterapia, in particolare quella stereotassica, può portare a un controllo del tumore altamente efficace, con minori effetti collaterali rispetto alla resezione chirurgica. Alcuni studi indicano che la perdita della vista si verifica in circa l'86% dei pazienti non trattati chirurgicamente, ma è significativamente ridotta nei pazienti sottoposti a radioterapia.

Nonostante la sua efficacia, la radioterapia non è priva di rischi. La neuropatia ottica radiante è una delle complicanze più temute, con una potenziale perdita della vista che può insorgere anche anni dopo il trattamento. Tuttavia, uno studio meta-analitico ha dimostrato che la radioterapia, anche con tecniche meno sofisticate come la radioterapia bidimensionale (2DRT), offre un buon tasso di controllo tumorale, senza differenze significative rispetto alle tecniche più avanzate come la radioterapia conformazionale tridimensionale (3CRT) o la radioterapia a intensità modulata (IMRT).

Il trattamento dei meningiomi del seno cavernoso, d'altro canto, rimane ancora più controverso. La chirurgia, pur avendo un ruolo storico, è generalmente riservata a casi selezionati, in particolare quando il tumore mostra un'estensione intracranica o quando vi è una rapida perdita di vista. L'approccio multi-modale, che combina chirurgia e radioterapia, è spesso la strategia più sicura ed efficace. Tuttavia, è importante notare che la resezione chirurgica da sola può comportare un significativo deterioramento della funzione visiva, a causa del danneggiamento dei vasi piali che irrorano il nervo ottico.

I pazienti con meningiomi del seno cavernoso o della guaina del nervo ottico devono essere monitorati attentamente durante il follow-up, in quanto l’evoluzione dei tumori può essere imprevedibile. La maggior parte degli studi suggerisce un monitoraggio annuale per i primi cinque anni, con successivi controlli biennali, al fine di rilevare tempestivamente eventuali segni di progressione o deterioramento. In alcuni casi, la resezione parziale del tumore può essere presa in considerazione, sempre con l'intento di preservare la funzione visiva.

Sebbene la radioterapia rappresenti la pietra angolare del trattamento, la decisione su quando iniziare il trattamento rimane delicata. Il momento ideale per iniziare il trattamento non è chiaro e dipende fortemente dall'evoluzione dei sintomi. È generalmente consigliato avviare il trattamento non appena si riscontra un declino della vista, poiché il tempo di insorgenza dei sintomi è correlato negativamente all'esito del trattamento. Se non trattato, un ONSM può comportare un progressivo danneggiamento del nervo ottico, portando a una perdita permanente della vista.

Per quanto riguarda le modalità chirurgiche, l’intervento è raccomandato solo in rari casi in cui il tumore presenti un’invasione significativa dei tessuti circostanti o una rapida crescita. L'approccio chirurgico prevede una resezione, che può essere intradurale o extradural, con l’obiettivo di evitare danni al nervo ottico. In questi casi, la resezione parziale accompagnata da radioterapia sembra essere la strategia più promettente.

Un aspetto cruciale nella gestione di questi tumori è l'accuratezza della valutazione pre-operatoria e l’imaging avanzato. L'utilizzo di tecniche come la risonanza magnetica con contrasto (RMN) e la tomografia computerizzata (TC) permette una valutazione dettagliata della relazione del tumore con le strutture neuro-vascolari circostanti, fondamentale per pianificare sia l’intervento chirurgico che la radioterapia. L’imaging preciso consente anche di individuare tempestivamente eventuali recidive.

Infine, è essenziale che i pazienti siano informati riguardo ai rischi e ai benefici dei vari trattamenti disponibili, in quanto la scelta del trattamento può variare in base alla posizione e alle caratteristiche del tumore, così come alla salute generale del paziente. Il monitoraggio a lungo termine e una gestione attenta sono fondamentali per ottenere i migliori risultati terapeutici e preservare la qualità della vita.