La produzione di idrogeno verde, attraverso il processo di elettrolisi, è uno degli sviluppi più promettenti nel settore delle energie rinnovabili. La sua applicazione ha il potenziale di decarbonizzare numerosi settori industriali, ma per essere economicamente e tecnicamente sostenibile, è essenziale un'attenta pianificazione e l'uso di tecnologie adeguate. Un elemento cruciale in questo processo è la scelta e la configurazione degli elettrolizzatori, dei compressori e delle tecnologie di desalinizzazione dell'acqua, che interagiscono per garantire un’efficiente produzione di idrogeno a basso costo e basso impatto ambientale.

Un esempio di elettrolizzatore commerciale è il Plug EX-425D, sviluppato dalla compagnia Plug. Questo elettrolizzatore è progettato per produrre fino a 425 kg di idrogeno al giorno, adattandosi alla capacità elettrica disponibile. La sua flessibilità lo rende una soluzione ideale per l'integrazione con la rete elettrica o con risorse energetiche rinnovabili, come l'energia solare o eolica. L'EX-425D è un esempio di come gli elettrolizzatori possano essere utilizzati per produrre idrogeno in loco, riducendo la necessità di trasportare idrogeno su lunghe distanze e migliorando la sicurezza del processo.

Nel contesto di una produzione mensile di 25.500 kg di idrogeno tramite un impianto fotovoltaico, e considerando una media di 5 ore di sole giornaliere, la capacità di elettrolisi necessaria per soddisfare questa domanda si aggira intorno ai 170 kg/h. Utilizzando un elettrolizzatore con una capacità di 85 kg/h, si calcola che sarebbero necessari due elettrolizzatori per soddisfare la produzione richiesta. Questo calcolo dimostra l'importanza di dimensionare correttamente l'impianto per ottimizzare l’efficienza e i costi.

L’aspetto successivo da considerare è la compressione dell’idrogeno. Dopo la produzione tramite elettrolisi, l’idrogeno si trova a bassa pressione e deve essere compresso per soddisfare le specifiche richieste da diverse applicazioni, come i veicoli a celle a combustibile. La compressione dell’idrogeno richiede l'uso di compressori, che possono essere di vari tipi: meccanici, termici ed elettrochimici. La scelta del compressore dipende dal flusso richiesto e dalla pressione necessaria, nonché dalla specifica applicazione. Un esempio di compressore commerciale è l'MHE 400-22Ex, che ha una capacità di 173 Nm³/h con una pressione finale di 350 bar. Nel caso in cui due elettrolizzatori producano 400 Nm³/h di idrogeno, saranno necessari tre compressori di questo tipo, che devono essere collegati in parallelo per garantire la capacità di compressione richiesta.

Un altro aspetto fondamentale della produzione di idrogeno verde è la disponibilità di acqua. La quantità di acqua fresca necessaria per produrre idrogeno tramite elettrolisi è di circa 9 litri per ogni kg di idrogeno prodotto. Questa necessità di acqua fresca può rappresentare una sfida nelle regioni con risorse idriche limitate. Tuttavia, l'uso dell’acqua di mare, che è abbondante in molte aree, può rappresentare una soluzione praticabile, sebbene sia necessario adottare tecnologie di desalinizzazione per purificarla.

Il metodo più comune di desalinizzazione è l'osmosi inversa (RO), che è molto efficace, ma ha un alto costo energetico. Per rendere il processo economicamente sostenibile, è essenziale integrare la desalinizzazione con fonti di energia rinnovabile. Inoltre, è necessario un attento trattamento dell'acqua sia prima che dopo il processo di desalinizzazione per garantire che gli elettrolizzatori funzionino senza interruzioni e con una lunga durata. Oltre all'energia necessaria per il processo, un altro problema ambientale derivante dalla desalinizzazione è la gestione del salamoia, un sottoprodotto del processo che deve essere smaltito in modo responsabile.

I sistemi di desalinizzazione, come quelli a osmosi inversa, sono spesso progettati in modo da garantire una qualità dell'acqua adeguata per alimentare gli elettrolizzatori. L'uso di materiali avanzati per le membrane e l'introduzione di sistemi di recupero energetico può ridurre sia il costo che l’impatto ambientale del processo. L’integrazione ottimale dei sistemi di desalinizzazione con gli impianti di elettrolisi è cruciale per migliorare l'efficienza complessiva e ridurre i costi operativi.

In sintesi, la produzione di idrogeno verde richiede una sinergia tra elettrolizzatori, compressori e tecnologie di desalinizzazione. La scelta e la configurazione di questi componenti devono essere effettuate con attenzione per massimizzare l'efficienza energetica e ridurre i costi. Le innovazioni nei materiali dei compressori, nelle tecnologie di desalinizzazione e nei sistemi di recupero energetico sono fondamentali per rendere la produzione di idrogeno verde una soluzione economicamente competitiva e ambientalmente sostenibile. L'evoluzione di queste tecnologie, insieme all'adozione di soluzioni rinnovabili, giocherà un ruolo cruciale nel determinare la futura sostenibilità dell'industria dell'idrogeno verde.

Come viene immagazzinato l’idrogeno verde e perché è fondamentale per la transizione energetica?

L’immagazzinamento dell’idrogeno verde rappresenta una tappa cruciale nella catena di approvvigionamento di questo vettore energetico, soprattutto considerando la sua produzione intermittente tramite elettrolisi dell’acqua alimentata da energie rinnovabili. Infatti, la natura temporale variabile di queste fonti, come solare ed eolico, richiede sistemi di stoccaggio capaci di garantire una fornitura stabile e continua di idrogeno, nonostante le fluttuazioni nella produzione. Un ulteriore elemento di complessità deriva dalle caratteristiche fisiche dell’idrogeno: gas estremamente leggero, con una densità volumetrica molto bassa (circa 0,09 kg/m³ a condizioni standard), necessita di essere compresso o liquefatto per evitare volumi di stoccaggio insostenibili.

La necessità di aumentare la densità dell’idrogeno si traduce in tecnologie di stoccaggio “fisico”, le quali modificano le condizioni di pressione e temperatura del gas. Le tre modalità principali di stoccaggio fisico sono: l’immagazzinamento tramite compressione, quello mediante liquefazione e il cosiddetto stoccaggio criocompresso, che combina alte pressioni e basse temperature per ottimizzare la densità del gas. La tecnologia più diffusa e matura è senza dubbio quella del gas compresso, impiegata per circa l’80% dell’idrogeno stoccato e trasportato a livello mondiale. Tale metodo utilizza serbatoi ad alta pressione in grado di contenere grandi quantità di idrogeno in spazi relativamente ridotti, rendendo così la movimentazione e l’uso industriale più pratici ed efficienti.

Oltre alla sua funzione di vettore energetico per la generazione di elettricità in celle a combustibile, soprattutto in assenza o scarsità di energia rinnovabile, l’idrogeno verde trova applicazioni essenziali come materia prima chimica in molteplici settori industriali. Questi includono la raffinazione del petrolio, la produzione di fertilizzanti e la siderurgia, ambiti nei quali l’utilizzo di idrogeno a basso impatto ambientale rappresenta un elemento chiave per decarbonizzare processi tradizionalmente energivori e inquinanti.

La capacità di stoccare energia in forma di idrogeno costituisce una soluzione strategica per l’integrazione delle fonti rinnovabili su larga scala, superando le limitazioni delle loro caratteristiche intermittenti e facilitando l’adozione di un sistema energetico più sostenibile e resiliente. Inoltre, la compressione, la liquefazione e le tecniche criogeniche si presentano come leve tecnologiche fondamentali per ottimizzare la distribuzione e l’utilizzo dell’idrogeno, permettendo la creazione di reti di trasporto e distribuzione efficienti e sicure.

È importante comprendere che la sfida dello stoccaggio non è solo tecnica, ma anche economica e infrastrutturale: la realizzazione di impianti di compressione e raffreddamento richiede investimenti ingenti, mentre la gestione della sicurezza e della durata dei materiali impiegati rappresenta un ambito di ricerca continuo. Inoltre, la scelta del metodo di stoccaggio più adatto dipende fortemente dall’applicazione finale, dalla scala di utilizzo e dalle condizioni logistiche, elementi che influenzano direttamente la fattibilità e la sostenibilità complessiva del sistema energetico basato sull’idrogeno verde.

Il ruolo dell’idrogeno come vettore e stoccaggio dell’energia rinnovabile si inserisce in un contesto globale di decarbonizzazione e transizione energetica verso obiettivi di neutralità climatica. La sua integrazione con le fonti rinnovabili e la gestione efficiente dei sistemi di stoccaggio aprono la strada a nuovi paradigmi industriali e di consumo energetico, nei quali la flessibilità e l’ottimizzazione delle risorse saranno elementi imprescindibili.

Quali sono i rischi e le proprietà dell'idrogeno per la sicurezza industriale?

L'idrogeno, pur non essendo tossico e invisibile, rappresenta un serio rischio per la sicurezza, soprattutto quando viene gestito in ambienti industriali. Gli incidenti legati a questa sostanza possono derivare da numerosi fattori, tra cui errori umani, guasti meccanici o condizioni ambientali estreme. Nonostante le sue proprietà apparentemente innocue, l'idrogeno è un gas estremamente reattivo e pericoloso in determinate condizioni. Un errore umano durante un processo di produzione o manutenzione, come l'aggiunta di un ingrediente improprio o un malfunzionamento di apparecchiature, può portare a situazioni fatali, come esplosioni, in cui sono già avvenuti incidenti letali.

Il caso dell’incidente in Changhua City nel 2020, dove un camion cisterna di idrogeno ha causato un'esplosione, o quello della centrale elettrica Medupi in Sudafrica nel 2021, sono esempi di come piccole disattenzioni possano scatenare disastri gravi. Questi eventi hanno evidenziato l’importanza di comprendere a fondo le proprietà chimiche e fisiche dell'idrogeno e come queste interagiscono con gli impianti e gli ambienti di lavoro.

L'idrogeno, in condizioni atmosferiche normali, è in forma gassosa e non presenta né colore né odore. La sua natura insidiosa deriva dal fatto che non può essere rilevato facilmente dall'uomo senza l'ausilio di tecnologie specifiche. La sua trasformazione in forma liquida avviene solo sotto condizioni di temperatura e pressione estremamente basse, raggiungendo il punto di liquefazione a −252,87°C. Questo rende l'idrogeno liquido estremamente pericoloso se maneggiato in modo improprio, poiché può causare gravi ustioni da freddo o danni agli occhi e alla pelle se viene a contatto diretto.

Dal punto di vista fisico, l’idrogeno è un gas che può esistere anche in forme solide come l'idrogeno alfa o beta a temperature ancora più basse. La sua capacità di esistere in differenti fasi – solida, liquida e gassosa – è fondamentale per comprendere non solo le proprietà della materia, ma anche le applicazioni in tecnologie criogeniche e nei sistemi energetici avanzati. Tuttavia, la sua pericolosità non si limita alla fase liquida: l’idrogeno è estremamente infiammabile, con una gamma di infiammabilità che va dal 4% al 74% in volume nell'aria. La combustione di una miscela di idrogeno, aria e ossigeno produce una fiamma quasi invisibile alla luce del giorno, che può essere difficile da rilevare, aumentando il rischio di incidenti non segnalati.

L'idrogeno, pur non essendo tossico a basse concentrazioni, può sostituire l'ossigeno nell’aria in ambienti chiusi, portando a una situazione di asfissia. Questo rischio è particolarmente alto nelle aree dove vi sono perdite di gas o accumuli nei sistemi di stoccaggio. Inoltre, la fiamma che si origina dalla combustione di idrogeno è caratterizzata da una radiazione termica molto intensa che, se non adeguatamente gestita, può provocare danni gravi alle strutture e alle persone.

Per prevenire incidenti gravi legati all'idrogeno, è necessario adottare un approccio rigoroso alla manutenzione e alla gestione delle apparecchiature. Le ispezioni regolari e l'uso di dispositivi di sicurezza efficaci sono indispensabili per prevenire guasti meccanici, come quelli causati dalla fragilità dei materiali o dall'embrittlement idrogeno. Le strutture devono essere progettate in modo tale che un singolo guasto non provochi una serie di malfunzionamenti a catena che possano aumentare il rischio di danni. La formazione del personale sulla sicurezza deve essere continua, per garantire che tutti i rischi possibili siano conosciuti e gestiti in modo appropriato.

Anche se l'idrogeno è una delle risorse più promettenti per la transizione verso fonti di energia più pulite, il suo utilizzo comporta sfide significative. È essenziale che tutte le componenti dei sistemi che utilizzano idrogeno siano progettate per resistere agli impatti ambientali e alle sollecitazioni che potrebbero verificarsi durante la normale operatività o a seguito di eventi imprevisti. Inoltre, è necessario un monitoraggio costante per rilevare tempestivamente eventuali perdite di gas, che potrebbero portare a incidenti catastrofici. Le misure preventive, come il rilevamento tempestivo delle perdite e l'uso di dispositivi di spegnimento delle fiamme, sono fondamentali per proteggere sia gli operatori che l’ambiente circostante.

Per concludere, l'idrogeno, pur essendo una risorsa estremamente utile e promettente, presenta rischi significativi per la sicurezza se non gestito correttamente. La comprensione approfondita delle sue proprietà fisiche e chimiche è essenziale per la progettazione sicura di sistemi che lo utilizzano. La prevenzione degli incidenti richiede non solo l'adozione di pratiche sicure, ma anche l'implementazione di tecnologie avanzate in grado di monitorare costantemente i parametri di sicurezza. Il rischio di esplosioni, incendi e asfissia deve essere considerato in ogni fase del ciclo di vita dell’idrogeno, dalla produzione al consumo, per garantire la sicurezza delle persone e la protezione dell'ambiente.