Il concetto di informazione, noto come Nor, è sensibile al contesto e varia in base al tempo, ai riceventi individuali e ad altri fattori. Per esempio, l'affermazione "Terrence Deacon è un membro della facoltà del Dipartimento di Antropologia, Università della California, Berkeley" non è informazione Nor per me, ma lo è per mia madre. Questo esempio mostra come il significato di un messaggio non sia universale, ma dipenda dalle condizioni e dalla conoscenza individuale di chi lo riceve.

L'informazione Nor ha una funzione stabilizzante e affidabile. Questo significa che un messaggio, per essere Nor, deve essere utile per l'utente in modo costante, cioè deve servire a un fine specifico ogni volta che viene ricevuto. Per esempio, nel messaggio "Ti amo" (A ♥ B), la funzione di tale messaggio è sempre quella di esprimere l'amore di una persona verso un'altra, senza variazioni nel suo scopo. La stabilità di questa funzione è ciò che permette la comunicazione interpersonale. Tuttavia, non ogni modo di interpretare un segno fisico serve a questo scopo. Solo quei riferimenti (Ref) che hanno contribuito alla realizzazione di una funzione nel passato sono stabilizzati come Nor per quel determinato messaggio.

La relazione tra il segno fisico (Str) e il riferimento (Ref) è cruciale nella determinazione di Nor. Quando un segno viene utilizzato in modo corretto per trasmettere un messaggio, il suo riferimento è stabilizzato e l'effetto prodotto è determinato dal contesto in cui il messaggio è stato emesso e ricevuto. È importante comprendere che Nor dipende gerarchicamente da Ref, e Ref, a sua volta, dipende da Str. Quindi, Nor è un concetto che non esiste isolatamente, ma è il risultato della relazione tra Str e Ref. Inoltre, Nor implica che l'informazione possieda un potere causale. Questo potere causale non deriva dal supporto fisico su cui l'informazione è realizzata, ma piuttosto dal suo contenuto e dalla sua capacità di produrre effetti.

Nor può essere inteso a due livelli distinti: come tipo (un modello astratto di informazione) e come token (un'istanza reale che realizza tale tipo). Quando si parla di Nor in termini di tipo, ci si riferisce alla sua funzione stabilizzata e universale, mentre quando si parla di Nor come token, si parla delle sue manifestazioni reali in contesti concreti. L’esempio dell’amore (A ♥ B) aiuta a illustrare come Nor operi su tre livelli: Nor1 (il tipo, il significato generale), Nor2 (l’intenzione di A di comunicare l’amore a B) e Nor3 (l’effetto di B che apprende che A lo ama). Questi livelli di Nor possono essere coerenti o incoerenti tra loro, come nel caso in cui A non ami veramente B, ma invii comunque il messaggio con l’intenzione di ingannarlo.

La domanda che sorge è: come emerge Nor1 come tipo? Come si passa dal tipo al token e viceversa? La risposta a queste domande riguarda non solo la teoria dell’informazione, ma anche questioni metafisiche: possono gli enti non fisici avere conseguenze fisiche? Queste problematiche si ricollegano alla teoria della doppia contingenza nella comunicazione, proposta da Talcott Parsons e sviluppata ulteriormente da Niklas Luhmann. La doppia contingenza riguarda la libertà di ciascun partecipante nella comunicazione di interpretare un segno in modo diverso, il che apre la porta alla possibilità di incomprensioni. In altre parole, la comprensione del segno da parte di Amy e Billy è contingente e potrebbe non coincidere, portando a una miscommunication. Tuttavia, nonostante questa possibilità, la comunicazione è generalmente efficace, poiché i messaggi sono in grado di stabilire un riferimento comune che evita le disfunzioni.

Un concetto importante legato alla misurabilità di Nor è quello delle aspettative e degli effetti che derivano dall’azione. Mark Burgin, nel 2010, ha discusso tre approcci teorici per misurare Nor: economico, orientato alla missione e trasformazionale. Secondo Burgin, Nor si misura in base ai cambiamenti nelle distribuzioni di probabilità delle aspettative e degli effetti delle azioni, che sono determinati dal valore che l'informazione ha per il decisore. Il passaggio da Nor2 (l’interpretazione personale del messaggio) a Nor3 (l’effetto delle azioni conseguenti) è cruciale, ma ciò che definisce Nor1 è la stabilizzazione di queste probabilità. Questo approccio permette di legare teoria e pratica nella misurazione dell’informazione, pur riconoscendo che la misurabilità di Nor3 è ancora un terreno da esplorare in modo più formale.

Il gioco dei segnali, proposto da David Lewis e sviluppato da Brian Skyrms, potrebbe fornire un modello utile per comprendere come il significato (Nor) dei segnali emerga e si evolva nel tempo. La teoria dei giochi dei segnali si concentra su come le informazioni vengono scambiate tra individui, come il significato si costruisce attraverso l'interazione e come le intenzioni comunicative si traducono in effetti reali.

Infine, è essenziale notare che Nor non è mai la media di Nor2 e Nor3, come alcuni teorici hanno suggerito. Ogni livello di Nor (1, 2, 3) ha una sua valenza che non si sovrappone in modo semplice. La teoria della comunicazione deve pertanto affrontare questi livelli e le loro interrelazioni per capire come l'informazione si traduca in effetti concreti. La distinzione tra tipo e token, e la stabilizzazione di queste relazioni, sono alla base della comprensione di come l'informazione funziona in un mondo fisico e sociale.

Come l’informazione fisica si manifesta attraverso i vincoli e l’entropia: quale relazione tra lavoro, media informativi e sistemi lontani dall’equilibrio?

Le interazioni tra un sistema e un evento esterno possono essere considerate un canale di comunicazione in cui i vincoli imposti dall’evento esterno si trasmettono al sistema, modificandolo e generando così un nuovo vincolo. Questo processo può essere descritto come un’accoppiamento tra gli stati o le dinamiche di due sistemi, tale per cui il comportamento di uno incorpora parzialmente alcune regolarità o vincoli dell’altro rispetto alle modalità possibili di interazione. Tale connessione fisica rappresenta una base naturale per l’informazione correlazionale.

È importante distinguere tra entropia di Shannon e entropia termodinamica di Boltzmann, poiché non sono equivalenti: l’entropia di Shannon misura l’incertezza o la varietà statistica di un segnale, mentre l’entropia di Boltzmann riguarda la varietà assoluta degli stati fisici di un mezzo. Un cambiamento nell’entropia di Shannon deve però corrispondere a un cambiamento nell’entropia di Boltzmann, anche se il contrario non è sempre vero, dato che l’entropia di Shannon riflette solo una sottoinsieme degli stati fisici possibili.

Nel caso di un mezzo informativo passivo vicino all’equilibrio termodinamico, la riduzione dell’entropia di Shannon – che equivale alla riduzione dell’incertezza sul segnale ricevuto – comporta una riduzione dell’entropia di Boltzmann del mezzo stesso. Questo si traduce in un vincolo fisico, una limitazione sui possibili stati o traiettorie dinamiche del mezzo. La creazione di tali vincoli richiede lavoro fisico, cioè energia spesa per diminuire l’entropia del mezzo, in accordo con la seconda legge della termodinamica.

Nel caso di un mezzo passivo, il lavoro necessario a ridurre l’entropia di Boltzmann deve provenire da una fonte esterna. Così, il vincolo che determina la riduzione dell’entropia di Shannon è la rappresentazione fisica del lavoro esterno applicato. Questa corrispondenza tra la forma del vincolo e la natura del lavoro esterno conferisce significato all’informazione che il mezzo porta, cioè ciò che essa “rappresenta”. L’informazione diventa così un riflesso della relazione fisica tra il mezzo informativo e i fattori contestuali esterni che hanno causato il cambiamento.

La capacità di un mezzo di fornire riferimento o informazione è quindi direttamente connessa alla sua possibilità di cambiare la propria entropia termodinamica sotto l’effetto di interazioni fisiche esterne. La varietà e la struttura dei vincoli emergenti indicano la complessità del lavoro esterno che li ha prodotti, e la molteplicità di modi in cui il mezzo può essere modificato determina la sua “entropia referenziale”, cioè la quantità e la qualità delle informazioni che può trasmettere.

È rilevante notare che anche l’assenza di un cambiamento di entropia può costituire informazione, come nel caso di un allarme antifurto che non si attiva o di un esperimento che non produce variazioni: ciò testimonia che non è stato esercitato alcun lavoro esterno sul mezzo.

Nel caso speciale di media informativi non passivi, mantenuti lontani dall’equilibrio termodinamico – come organi di senso negli organismi o dispositivi elettronici attivi – alcune dinamiche si invertano. Questi sistemi sono mantenuti in stati a bassa probabilità e bassa entropia tramite lavoro continuo o vincoli attivi che impediscono l’aumento di entropia. Un aumento dell’entropia di Shannon in questi casi indica un’interferenza esterna che ostacola il lavoro o i vincoli interni, provocando una perdita di ordine e un’alterazione dello stato del sistema.

La capacità referenziale di questi sistemi lontani dall’equilibrio dipende dalle loro proprietà dinamiche e fisiche e si estende a sistemi biologici e sociali, dove il mantenimento di ordini preferenziali richiede un continuo lavoro adattativo contro la tendenza naturale alla degradazione e all’aumento di entropia.

È quindi fondamentale comprendere che l’informazione, intesa come rappresentazione, non è un’entità astratta ma un fenomeno fisico, radicato nei processi di lavoro, vincoli e variazioni di entropia. Questa prospettiva implica che il significato informativo è intrinsecamente legato alle condizioni fisiche e dinamiche del mezzo che lo veicola e al contesto esterno che ne determina i cambiamenti.

L’analisi approfondita dei vincoli e delle dinamiche di entropia non solo chiarisce la natura fisica dell’informazione ma offre anche un quadro concettuale per interpretare fenomeni complessi, dal funzionamento di sistemi sensoriali biologici fino alle strutture di informazione in ambito sociale e culturale. La natura dinamica e spesso lontana dall’equilibrio di molti sistemi informativi richiede un’estensione dei principi termodinamici tradizionali e un’attenzione alle condizioni energetiche e materiali che sostengono tali stati.

Come comprendiamo i simboli? La gerarchia della referenza tra icone, indici e simboli

La comprensione simbolica si costruisce su una struttura referenziale stratificata, dove ogni livello superiore presuppone la competenza nei livelli inferiori. Questa gerarchia non è soltanto un ordine di complessità crescente, ma un'indicazione strutturale di come la mente umana (e, in forma più rudimentale, anche quella animale) elabora il significato.

Prendiamo, ad esempio, la danza delle api. I movimenti non comunicano semplicemente in modo meccanico una direzione o una distanza. Essi si riferiscono iconicamente a traiettorie reali, indicizzano la posizione di fonti di nettare passate e presenti, e correlano persino pattern ricorrenti nei messaggi con eventi precedenti. Solo attraverso l'integrazione di queste modalità l'ape sviluppa la capacità di riferimento indicale. L'indice, cioè il segno che punta verso qualcosa, si fonda sull'icona, ovvero su una somiglianza percettiva con ciò che rappresenta.

Nel caso umano, questo schema si intensifica e si raffina. Un esempio tratto dall'archeologia chiarisce come si passa dal livello iconico a quello simbolico. Un archeologo trova delle tavolette d’argilla con segni. All'inizio, li può leggere come semplici icone: segni simili tra loro, con strutture ricorrenti. Con l'osservazione di ripetizioni in contesti specifici — come la co-occorrenza con certi beni di scambio — quei segni acquisiscono funzione indicale: sono connessi regolarmente a oggetti concreti. Solo dopo questa fase diventa possibile l’interpretazione simbolica: quei segni non solo si collegano a oggetti presenti, ma possono rappresentare qualcosa di astratto, assente o immaginato.

La simbolizzazione si fonda quindi su un’abilità inferenziale pregressa: la capacità di riconoscere correlazioni, pattern e regolarità. Il riferimento simbolico non ha legami diretti con il mondo, ma è costruito su una base di correlazioni indicizzate. Come spiega Deacon, la decadenza nella comprensione avviene in modo ordinato: dal simbolico si retrocede all'indicale, e da lì all'iconico. Al contrario, l’ascesa nella competenza interpretativa avviene nello stesso ordine inverso. È una gerarchia epistemica ed evolutiva insieme.

Il riferimento simbolico si distingue per la sua convenzionalità. Un simbolo non rimanda a un referente tramite somiglianza (come l'icona), né per contiguità (come l'indice), ma per convenzione stabilita. Tuttavia, questa convenzionalità ha una doppia natura: riguarda sia il veicolo del segno, sia la relazione referenziale. Il simbolo è dunque autonomo, ma solo entro un contesto condiviso che ne stabilisce il significato.

Questa autonomia simbolica non è assoluta. I simboli mantengono una latente capacità indicale, che può riemergere in determinati contesti. Quando diciamo: "Il 47º presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che il Canada dovrebbe diventare il 51º stato", stiamo utilizzando simboli per riferirci a eventi specifici nel mondo. Sebbene il simbolo sia formalmente scollegato dalla realtà, riacquista la funzione referenziale nel contesto comunicativo.

In questo modo, la simbolizzazione non elimina l’iconicità o l’indicalità, ma le ingloba. Le lingue naturali, infatti, contengono al loro interno elementi iconici (ad esempio, onomatopee, analogie strutturali) e indicativi (come i deittici: “qui”, “là”, “ora”). Questo non è un residuo primitivo, ma un principio strutturale che mostra come la lingua stessa sia una ricostruzione della gerarchia della referenza.

Il problema centrale per l’intelligenza artificiale, come formulato da Harnad, è proprio quello del symbol grounding: come può un sistema formale, composto di simboli manipolati unicamente in base alla forma, acquisire significato? I simboli usati nell’IA sono simili ai legisign di Peirce: segni convenzionali senza legame diretto con la realtà. Il problema diventa dunque come regolare questi simboli su una base referenziale che non sia solo formale ma anche semantica.

Per affrontare questa questione, è necessario comprendere come il simbolico emerga dall’indicale. Un simbolo diventa significativo solo se può essere ancorato in una rete di relazioni che, a loro volta, derivano da esperienze contestuali. Per esempio, il termine “cane” ha una definizione astratta e convenzionale, ma per diventare referenziale deve inserirsi in una situazione: vedere un cane, dire “cane!”, e in questo modo ricollegare la parola a un’entità concreta. L’intero contesto — spaziale, temporale, intenzionale — fa parte del segno. La parola è solo un componente della semiosi.

Il simbolo, quindi, non è una fuga dalla realtà, ma una sua astrazione dinamica. È una modalità che consente di trattare l’assente come se fosse presente, l’ipotetico come se fosse reale, l’astratto come se fosse tangibile. Tuttavia, per fare ciò, il simbolo deve sempre conservare un legame residuo con le modalità precedenti: l’indicale e l’iconico.

È fondamentale comprendere che l’autonomia simbolica non significa indipen

Come la Malinteso Reciproco Può Contribuire all'Equilibrio di Segnalazione

Il fenomeno del malinteso reciproco, come descritto nel contesto dei giochi di segnalazione, rivela che la comprensione imperfetta tra i giocatori non solo non impedisce il raggiungimento di un equilibrio di segnalazione, ma anzi può addirittura favorirlo. In un gioco di segnalazione, dove il mittente e il ricevente cercano di coordinarsi in base a segnali inviati e ricevuti, un malinteso reciproco può portare entrambi i partecipanti a convergere verso un equilibrio in cui non viene effettivamente trasmessa alcuna informazione. Questo scenario è definito in modo formale come una situazione in cui le credenze soggettive di ciascun giocatore, nonostante la mancanza di un’informazione chiara e condivisa, portano a comportamenti che stabilizzano l’equilibrio del gioco.

Nel caso di un malinteso reciproco, il mittente crede che il ricevente stia giocando una strategia basata su segnali come RH o RS, mentre il ricevente, nella sua interpretazione del gioco, potrebbe pensare che il mittente stia utilizzando strategie diverse. Un esempio concreto di come ciò si manifesta nelle strategie di gioco è che se il mittente gioca una mossa specifica, ad esempio SH (che rappresenta un segnale di tipo "Hare"), e il ricevente ottiene un guadagno di 2 unità giocando HF, allora il ricevente potrebbe credere che il mittente stia effettivamente giocando una strategia differente, come WF (un altro segnale). In questo contesto, i segnali e le risposte dei giocatori sono legati da una sorta di interpretazione soggettiva che non riflette esattamente la realtà oggettiva della situazione.

L’interazione tra segnali e risposte si complica ulteriormente nel momento in cui i giocatori non sono in grado di trasmettere informazioni esplicite a causa di incomprensioni reciproche. Tuttavia, è interessante osservare che queste incomprensioni non portano alla disintegrazione del gioco, ma piuttosto facilitano la stabilizzazione di un equilibrio attraverso una serie di scelte strategiche inconsapevoli. Sebbene i partecipanti non possano comunicare chiaramente le proprie intenzioni, l'equilibrio viene mantenuto grazie alla coordinazione automatica dei loro comportamenti, che risulta essere il vero obiettivo finale del gioco.

Quando si analizzano i giochi di segnalazione, è fondamentale distinguere tra due tipi di contenuti che i segnali possono trasmettere: il contenuto informativo e quello funzionale. Il contenuto informativo si riferisce alla probabilità che uno stato del mondo cambi a seguito dell’invio di un segnale, mentre il contenuto funzionale riguarda come i segnali stabilizzano il sistema di segnalazione, facilitando la coordinazione tra mittente e ricevente. In uno scenario di malinteso reciproco, la mancanza di chiarezza nei segnali non impedisce l’efficacia funzionale del sistema di segnalazione. Anzi, attraverso la manipolazione delle probabilità condizionali e l’adattamento delle strategie, i giocatori riescono comunque a raggiungere un risultato utile, pur senza condividere una comprensione comune delle azioni.

In un gioco di segnalazione ideale, il segnale inviato dal mittente dovrebbe ridurre l'incertezza del ricevente riguardo lo stato del mondo. Tuttavia, nel caso di un malinteso reciproco, questa riduzione dell'incertezza non avviene nella maniera tradizionale, ma piuttosto attraverso una serie di azioni che si basano sulle credenze soggettive dei partecipanti. In altre parole, anche se i giocatori non sono in grado di scambiarsi informazioni esplicite, le loro credenze circa le azioni dell'altro li portano comunque a scegliere comportamenti che, sebbene imperfetti, sono funzionali al mantenimento dell'equilibrio.

Questa dinamica evidenzia una delle principali caratteristiche dei giochi di segnalazione: il fatto che non tutta l'informazione trasmessa sia di tipo esplicito e osservabile. Sebbene i segnali possano non fornire informazioni perfette o dirette sui comportamenti futuri, il loro contenuto funzionale gioca un ruolo cruciale nel mantenere l'equilibrio del gioco. La stabilizzazione dell'equilibrio avviene tramite un processo di selezione che consente ai segnali di influenzare indirettamente le strategie dei giocatori, guidando le loro azioni verso una coordinazione mutua senza necessità di comunicazione chiara.

Quando analizziamo le strategie in scenari di malinteso reciproco, dobbiamo anche considerare l’importanza delle credenze soggettive, che giocano un ruolo fondamentale nella determinazione dei comportamenti dei partecipanti. Ogni giocatore è influenzato dalla propria comprensione del gioco e dalle sue aspettative riguardo le azioni dell'altro. Queste credenze possono divergono dalle intenzioni reali dei giocatori, ma sono essenziali per il funzionamento del gioco. In pratica, ciò significa che, pur non comunicando direttamente, i giocatori possono comunque coordinarsi efficacemente basandosi su percezioni e credenze soggettive, che, in ultima analisi, stabilizzano il sistema di segnalazione.

La comprensione della distinzione tra contenuti informativi e funzionali è cruciale per l’analisi di giochi complessi come quelli di segnalazione. Mentre il contenuto informativo si concentra sul trasferimento di conoscenze esplicite tra i giocatori, il contenuto funzionale riguarda l'efficacia di tali segnali nel facilitare la coordinazione. In uno scenario di malinteso reciproco, ciò che importa non è tanto l'informazione trasmessa in modo esplicito, ma piuttosto come le credenze e le percezioni dei giocatori influiscono sulla stabilità dell'equilibrio.

L’approccio teorico a queste dinamiche è complesso, e sebbene non esista una visione univoca sui contenuti dei segnali, l'analisi dei giochi di segnalazione attraverso il prisma del malinteso reciproco offre interessanti spunti su come la coordinazione possa avvenire in assenza di chiarezza. In ogni caso, è fondamentale riconoscere che la stabilizzazione dell’equilibrio dipende dalle credenze e dalle percezioni individuali, che, pur non riflettendo la realtà oggettiva, sono centrali nel determinare i risultati del gioco.