La peliosi epatica è una rara patologia che comporta una distruzione focale degli epatociti e delle cellule endoteliali sinusoidi, generando numerosi spazi cistici pieni di sangue all'interno del fegato. Sebbene i pazienti siano generalmente asintomatici, in rari casi si può verificare una emorragia intra-addominale fatale o insufficienza epatica acuta. Tra i fattori che contribuiscono alla patogenesi della peliosi epatica troviamo l'infezione da Bartonella, le infezioni come la tubercolosi, il virus dell'immunodeficienza umana (HIV) e la sifilide, disordini immunitari come le neoplasie ematologiche o l'uso di farmaci immunosoppressori post-trapianto, nonché l'assunzione di farmaci come steroidi, contraccettivi orali e azatioprina.
Un’altra condizione vascolare epatica rilevante è l'aneurisma dell'arteria epatica (HAAs). Questi aneurismi possono essere causati da aterosclerosi, degenerazione delle pareti arteriose, trauma o infezioni. Se non trattati, gli aneurismi possono rimanere asintomatici fino a quando non si verificano complicazioni come la rottura nel tratto biliare, presentandosi come emobilia con ittero, dolore e sanguinamento gastrointestinale. In rari casi, gli aneurismi possono diventare infetti, portando a complicazioni retroperitoneali o peritoneali. Il trattamento di solito prevede un monitoraggio con imaging seriale per aneurismi di dimensioni inferiori a 2 cm, mentre per quelli superiori a 2 cm si raccomanda un intervento endovascolare o chirurgico.
Un'altra patologia vascolare epatica comune è l'epatite ischemica, che si manifesta con un aumento significativo degli enzimi epatici come AST, ALT, bilirubina, e la lattato deidrogenasi dopo un episodio di ipotensione sistemica o ridotto output cardiaco. Questi valori tornano nella norma entro 7-10 giorni dopo che l'instabilità emodinamica è stata corretta. Nonostante la gravità della condizione, la maggior parte dei pazienti tende a essere anziana e gravemente malata, e le morti sono spesso dovute a shock settico, cardiogenico o arresto cardiaco. L'insufficienza epatica fulminante è rara e generalmente limitata a pazienti con insufficienza cardiaca congestizia cronica e cirrosi cardiaca.
L'epatopatia congestizia è una forma di danno epatico cronico causato da una serie di condizioni cardiovascolari, in particolare da insufficienza cardiaca destra, che porta ad un aumento della pressione venosa centrale. Questo aumento della pressione è correlato all'aspetto caratteristico del "fegato noce moscata", che si manifesta come un'alterazione nelle zone 3 dei lobuli epatici, con emorragia delle vene centrali e ingorgo sinusoidale. Il fegato appare come se avesse una colorazione e una struttura simile a quella di una noce moscata, riflettendo un pattern alternato di necrosi e emorragia.
Una delle complicazioni vascolari epatiche rare ma significative è la polyarterite nodosa (PAN), una vasculite sistemica che porta a infarti epatici, ascessi e colecistite nei casi più gravi. La diagnosi viene confermata tramite biopsia tissutale che evidenzia l'arterite necrotizzante. Sebbene la PAN possa influire su molteplici organi, la sua manifestazione epatica può causare complicazioni cliniche gravi.
Un altro tumore vascolare epatico comune è l'emangioma epatico, un tumore benigno che può manifestarsi con sintomi come dolore addominale se di dimensioni superiori a 5 cm. In casi estremi, gli emangiomi più grandi possono rompersi e causare sanguinamento o persino sindrome da coagulazione intravascolare disseminata (sindrome di Kasabach-Merritt). Questi tumori sono più comuni nelle donne e, sebbene di solito non siano sintomatici, possono essere pericolosi se non trattati, con il trattamento che include resezione chirurgica o trapianto di fegato per i tumori di grandi dimensioni.
In sintesi, le patologie vascolari epatiche, sebbene variegate e a volte asintomatiche, rappresentano un gruppo di malattie che possono evolvere in situazioni gravi se non diagnosticate tempestivamente. L'accurata valutazione dei sintomi e l'uso delle tecniche di imaging sono essenziali per una gestione efficace di queste condizioni.
Come si determina la necessità di un trapianto di fegato per una paziente con insufficienza epatica acuta?
L'insufficienza epatica acuta (ALF) rappresenta una condizione critica e complessa, spesso legata a eventi tossici come l'overdose da paracetamolo. L'uso del paracetamolo in dosi elevate può causare danni epatici gravi attraverso la formazione di un metabolita tossico, il N-acetil-p-benzochinone immina, mediato dal sistema del citocromo P450. Questa sostanza, se accumulata, provoca danni diretti alle cellule epatiche, portando a una necrosi epatica. Inoltre, il consumo cronico di alcol può stimolare il sistema del citocromo P450, aumentando la sensibilità del fegato agli effetti tossici del paracetamolo, riducendo così la quantità necessaria per scatenare una epatotossicità.
Il trattamento tempestivo con N-acetilcisteina (NAC), un precursore del glutatione, è fondamentale in tutti i casi di sospetta overdose da paracetamolo, indipendentemente dalla dose o dal tempo trascorso dall'ingestione. L'amministrazione precoce di NAC migliora significativamente la sopravvivenza, non solo nei pazienti con epatotossicità da paracetamolo, ma anche nei casi di ALF non causati da paracetamolo, quando è presente una encefalopatia di grado 1 o 2.
La necessità di un trapianto di fegato in pazienti con ALF dipende da vari fattori clinici, e il sistema di allocazione degli organi per trapianti dà priorità ai pazienti con ALF, affinché ricevano il trapianto entro 48-72 ore dalla messa in lista. La mortalità durante l'attesa è particolarmente alta nei casi di ALF causata da paracetamolo. Studi clinici hanno identificato cinque fattori predittivi di un esito negativo: indice di massa corporea (BMI) ≥30 kg/m², livello di creatinina sierica ≥2 mg/dL, età del ricevente ≥50 anni, necessità di supporto inotropico e utilizzo di supporto vitale. Nei pazienti che non presentano nessuno di questi fattori, la sopravvivenza è dell'81%, mentre scende al 42% se sono presenti quattro di questi fattori. L'evidenza oggettiva di danni al tronco cerebrale esclude la possibilità di trapianto di fegato, così come la conferma di infezioni fungine sistemiche.
Il trapianto di fegato in caso di ALF ha una sopravvivenza a un anno del 78,6% negli Stati Uniti. Tuttavia, in pazienti con danno cerebrale grave o infezioni sistemiche, la prospettiva di successo diminuisce drasticamente.
La questione del trapianto di fegato per i pazienti affetti da HIV ha visto un cambiamento significativo con l'approvazione dell'HIV Organ Policy Equity (HOPE) Act nel 2013, che ha annullato il divieto federale di utilizzare organi da donatori infetti da HIV. Con l'avvento della terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART), la selezione dei pazienti HIV-positivi per il trapianto è cambiata, permettendo a un numero crescente di persone di accedere a questa procedura. I criteri di selezione per i pazienti HIV-positivi richiedono che siano in trattamento con HAART, con un conteggio di CD4 ≥200/mm³, e l'assenza di infezioni o neoplasie correlate all'HIV. Tuttavia, i pazienti coinfettati con HIV e HCV hanno tassi di sopravvivenza post-trapianto significativamente inferiori.
Un altro aspetto importante riguarda il trattamento del colangiocarcinoma. Sebbene il colangiocarcinoma, specialmente nelle sue forme intraepatiche, rimanga generalmente una controindicazione relativa al trapianto di fegato, alcuni centri di trapianto hanno ottenuto buoni risultati in pazienti con colangiocarcinoma perihilare in fase precoce, che sono trattati con chemioterapia neoadiuvante seguita dal trapianto. In questi casi, la sopravvivenza senza recidiva nei successivi cinque anni è di circa il 65%. Tuttavia, i tassi di recidiva elevati nelle forme intraepatiche impediscono l'adozione di questa pratica come opzione terapeutica standard.
La selezione dei candidati per il trapianto di fegato deve inoltre tenere conto di una serie di controindicazioni assolute, tra cui malignità extraepatiche, infezioni attive non controllabili, uso attivo di alcol o droghe, e patologie psicosociali che precludono la possibilità di un recupero dopo il trapianto. La malattia cardiopolmonare non controllata, inclusi disturbi come l'insufficienza cardiaca congestizia e l'ipertensione polmonare, è un'altra controindicazione assoluta. Anche l'età avanzata e l'obesità grave sono considerate controindicazioni relative, così come la trombosi della vena porta o mesenterica.
Per i pazienti con sindrome epatorenale (HRS), che si verifica in presenza di cirrosi e ascite, l'indicazione al trapianto di fegato dipende dall'evoluzione del danno renale. La HRS è caratterizzata da insufficienza renale acuta o cronica in un contesto di ipovolemia e ipoperfusione renale, con la circolazione iperdinamica che contribuisce alla progressiva vasocostrizione renale. Nei casi di AKI-HRS, l'uso di terapia vasocostrittrice e albumina è essenziale, e se non vi è recupero renale, il trapianto di fegato deve essere considerato insieme alla necessità di trapianto renale.
Le condizioni cliniche di un candidato al trapianto di fegato devono essere valutate con attenzione per garantire il miglior risultato possibile. Sebbene il trapianto di fegato rappresenti una soluzione efficace in molte situazioni di insufficienza epatica acuta, è essenziale che ogni caso venga esaminato individualmente, considerando non solo la gravità del danno epatico ma anche l'interazione con altri organi e la situazione generale di salute del paziente.
Qual è il ruolo della sorveglianza endoscopica nella gestione della metaplasia intestinale gastrica (GIM)?
La metaplasia intestinale gastrica (GIM) è un importante fattore di rischio per lo sviluppo del cancro gastrico, e la sua gestione gioca un ruolo cruciale nella prevenzione. Tuttavia, le linee guida dell'American Gastroenterological Association del 2020 sconsigliano l'uso routinario della sorveglianza endoscopica per la GIM. Nonostante ciò, viene riconosciuto che la sorveglianza può essere utile in alcuni pazienti, soprattutto quelli a rischio aumentato di cancro gastrico.
I pazienti più vulnerabili includono coloro con una storia familiare di cancro gastrico, le minoranze razziali o etniche, e gli immigrati provenienti da regioni ad alta incidenza di cancro gastrico. Altri fattori che giustificano la sorveglianza sono la forma incompleta di GIM, che mostra almeno una componente di tipo colonico, e la forma estesa di GIM, che coinvolge l'intero corpo gastrico, l'antro e/o l'incisura. In questi casi, l'esecuzione di una gastroscopia ogni 3-5 anni è una strategia ragionevole, con biopsie eseguite nei siti tipici (antro, corpo e lesioni focali).
Un altro aspetto cruciale è il trattamento dell'infezione da Helicobacter pylori in pazienti con GIM, che deve essere effettuato in ogni caso, poiché questa infezione è fortemente correlata alla progressione verso il cancro gastrico. Nei casi di GIM con displasia, il rischio di sviluppo del cancro è significativamente più elevato, il che richiede una sorveglianza stretta e, se necessario, un trattamento endoscopico o ablazione delle aree displasiche visibili.
La metaplasia intestinale gastrica non è l'unico fattore di rischio per il cancro gastrico. I pazienti con anemia perniciosa, una condizione che aumenta il rischio di cancro gastrico di due o tre volte, dovrebbero sottoporsi a una gastroscopia entro sei mesi dalla diagnosi. Sebbene i dati per una sorveglianza successiva siano insufficienti, è importante che questi pazienti vengano monitorati da vicino per identificare eventuali neoplasie precoci.
Un'altra condizione che merita attenzione è la gastrectomia parziale, che, sebbene oggi venga eseguita raramente per ulcere gastriche o duodenali benigne, può comportare un rischio aumentato di cancro gastrico a lungo termine, in particolare a partire dai 15-20 anni dopo l'intervento. In questi pazienti, la sorveglianza endoscopica periodica può essere indicata.
Infine, l'esecuzione della sorveglianza endoscopica nelle adenomi duodenali ampullari e non ampullari deve essere presa in considerazione, poiché questi adenomi hanno il potenziale di trasformarsi in neoplasie maligne. Gli adenomi sporadici del duodeno dovrebbero essere rimossi completamente, preferibilmente con tecniche endoscopiche standard, e la sorveglianza dovrebbe essere effettuata a intervalli regolari, con una endoscopia di follow-up ogni 5 anni per polipi di piccole dimensioni e più frequente per polipi di grandi dimensioni.
La sorveglianza endoscopica del tratto gastrointestinale superiore in pazienti con poliposi adenomatosa familiare (FAP) o sindrome di Lynch (MAP) è essenziale per rilevare e monitorare adenomi duodenali, con un inizio della sorveglianza tra i 20 e i 25 anni per i pazienti con FAP. La tecnica di scelta per questa sorveglianza include l'uso di una gastroscopia con duodenoscopio o gastroscopio assistito da cappuccio, per esaminare adeguatamente l'ampolla.
Le linee guida per la sorveglianza endoscopica in questi pazienti variano in base alla gravità della poliposi duodenale e ai risultati ottenuti dalla stadiazione modificata di Spiegelman. Inoltre, il trattamento endoscopico o la sorveglianza più ravvicinata possono essere necessari per le lesioni ampullari, che sono particolarmente ad alto rischio di malignità.
Quando si tratta di sorveglianza del cancro pancreatico, la situazione è altrettanto delicata, soprattutto per i pazienti con pancreatite ereditaria o una storia familiare forte di cancro pancreatico. Lo screening endoscopico deve essere avviato a 50 anni per la maggior parte dei pazienti, con eccezioni per chi presenta mutazioni genetiche specifiche come quelle del gene PRSS1 o BRCA2. In questi casi, lo screening deve iniziare già a 40 anni, e la frequenza dello screening successivo dipenderà dalle caratteristiche individuali del paziente.
Infine, è essenziale che la sorveglianza endoscopica nel contesto del cancro pancreatico e gastrointestinale sia personalizzata in base al rischio specifico del paziente, considerando la sua storia familiare, le condizioni preesistenti e i risultati precedenti delle indagini diagnostiche. La gestione precoce di queste condizioni può fare la differenza nella prevenzione e nel trattamento del cancro.
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